Femminicidio

Carmine Russo
25 Novembre 2019

Con l'espressione "femminicidio" si intende, al di là del suo significato letterale che richiamerebbe l'omicidio commesso in danno di persona di sesso femminile, più genericamente un delitto contro la persona, che sia espressione di violenza di genere, commesso da soggetto che è, o che è stato, legato alla vittima da una relazione di tipo affettivo.
Inquadramento

Il fenomeno sociale della violenza di genere è stato affrontato dal legislatore in un primo momento con l'emanazione del d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito in l. 23 aprile 2009, n. 38 (normativa che ha, tra l'altro, introdotto il reato di stalking), poi con la l. 1° ottobre 2012, n. 172 (che ha riformato il reato dell'art. 572 c.p.), poi con il d.l. 1° luglio 2013, n. 78, convertito in l. 9 agosto 2013, n. 94 (che ha operato la miniriforma del reato dell'art. 612- bis c.p.), poi con il d.l. 14 agosto 2013 n. 93 convertito in l. 15 ottobre 2013 n. 119 (che ha, tra l'altro rafforzato la posizione processuale della vittima di reato e modificato il regime della audizione protetta), e da ultimo con la l. 19 luglio2019 n. 69, pubblicata in G.U., serie generale, 25 luglio 2019, n. 173, conosciuta mediaticamente come Codice rosso, e che ha introdotto nuovi reati e dettato disposizioni acceleratorie delle indagini preliminari.

Lo stalking

Il reato di atti persecutori, inserito nell'art. 612- bis c.p. dal d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito nella l. 23 aprile 2009, n. 38 punta a garantire alla persona vittima non di violenza fisica, ma di molestie e minacce, uno strumentario di tutela maggiore rispetto a quello che potevano offrire la contravvenzione di molestia o disturbo alla persona dell'art. 660 c.p. o il delitto, nella sua forma base attribuito alla competenza del giudice di pace, di minaccia dell'art. 612 c.p. .

Il reato di atti persecutori ha anche il merito di aver apprestato una specifica tutela ad una fase dei rapporti personali tra vittima ed autore del reato, quella che è successiva alla fine della relazione affettiva, che in precedenza non era presidiata da alcuna norma penale ed in cui gli eventuali illeciti commessi potevano trovare sanzione solo nei reati comuni contro la persona obliterando la maggiore afflittività che la condotta ha per l'essere stata commessa tra soggetti che hanno avuto una relazione affettiva.

Il reato dell'art. 612- bis c.p., peraltro, sanzionando genericamente chi con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o da costringere ad alterare le proprie abitudini di vita, si presta ad essere utilizzato anche in vicende personali prive di un substrato di pregresse relazioni affettive tra vittima ed autore del reato (ed, in effetti, la prassi ha finito per conoscere casi di denunce per stalking all'interno di rapporti di tipo lavorativo e finanche condominiale, posto che tutto ciò che impone strutturalmente la norma è soltanto la reiterazione del contatto tra persona offesa e autore del reato).

I nuovi reati introdotti dalla l. 69/2019

Il legislatore della l. 69/2019 ha, invece, introdotto quattro nuovi reati: il delitto di costrizione o induzione al matrimonio, il delitto di deformazione dell'aspetto della persona, il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare o di avvicinamento alla persona offesa.

Dell'art. 558- bis c.p., che introduce il delitto di costrizione o induzione al matrimonio, va evidenziata la disposizione sulla giurisdizione, che introduce un'ulteriore ipotesi di perseguibilità secondo la legge italiana di fatti commessi all'estero a quelle già previste dall'art. 7 c.p.. In base alle regole generali elaborate sulla norma dell'art. 7 c.p. non sarà necessaria la condizione obiettiva di punibilità della presenza dell'autore del reato nel territorio dello Stato, il giudizio si estenderà anche ai concorrenti all'estero, e non sarà precluso dall'essere stato effettuato già un giudizio nel paese in cui è avvenuto il fatto attesa la inesistenza nel sistema processuale penale di un principio de ne bis in idem internazionale (cfr. per tutti Cass. pen., sez. II, 21 maggio 2013, n. 40533), a meno che non si tratti di giudizio effettuato in un paese dell'Unione europea, operando a quel punto il limite dell'art. 50 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea.

In ordine al trattamento processuale: il reato è procedibile d'ufficio; è ammesso l'arresto facoltativo in flagranza;

sono consentite misure cautelari, anche quella carceraria; è astrattamente ammissibile l'applicazione dell'istituto della particolare tenuità del fatto, salvo che nel reato commesso in danno dell'infraquattrodicenne; non è applicabile l'istituto della messa alla prova.

Del delitto di “Deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso”, previsto dall'art. 583- quinquies c.p., va evidenziato che il fatto, in realtà, era già previsto dalla legge come reato dagli artt. 582 e 583, comma 2, n. 4, c.p., norma quest'ultima che è stata conseguentemente abrogata.

Il legislatore ha scelto di spostare la sanzione di questo comportamento dal vecchio art. 583, comma 2, n. 2, c.p. al nuovo art. 583- quinquies c.p.; la ratio della scelta legislativa va rinvenuta nella volontà di trasformare il comportamento in esame in fattispecie penale autonoma rispetto al reato base di lesioni volontarie dell'art. 582 c.p. (alla stregua di quanto avvenne in occasione dell'introduzione dell'art. 624- bis c.p.; cfr. per tutte Cass. pen., sez. IV, 14 ottobre 2009, n. 43452), e quindi di sottrarre l'aggravante della deformazione del viso al giudizio di bilanciamento previsto dall'art. 69 c.p., che consentiva attraverso una qualsiasi attenuante di tornare alla mite cornice edittale del reato base di lesioni volontarie.

In ordine al trattamento processuale: il reato è procedibile d'ufficio; è ammesso l'arresto facoltativo in flagranza;

sono consentite misure cautelari, anche quella carceraria; non è applicabile l'istituto della particolare tenuità del fatto; non è applicabile l'istituto della messa alla prova.

Dell'art. 612- ter c.p., che introduce il reato di “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, va evidenziato che la condotta è punita sia quando posta in essere da persona che ha partecipato alla realizzazione del video o del fotogramma (comma 1) sia quando perpetrata da persona estranea, che, in ipotesi, potrebbe non aver mai avuto contatti diretti con la vittima del reato (comma 2). La seconda previsione, che sul piano strettamente oggettivo, potrebbe aumentare in modo sensibile l'ambito di applicazione di tale nuovo reato è stata, però, limitata dall'introduzione in essa del dolo specifico del “fine di recare nocumento”, che non è presente, invece, nel primo comma.

Per entrambe le fattispecie sono previste una aggravante ad effetto ordinario (l'essere stato commesso il fatto da persona che è, o è stata, legata alla vittima da relazione affettiva o l'essere stato commesso il fatto con strumenti informatici o telematici, comma 3) ed una ad effetto speciale (l'essere stato commesso il fatto in danno di persona in condizioni di inferiorità fisica o psichica o di donna in gravidanza, comma 4).

Il regime della procedibilità (comma 5) è modellato sulla falsariga di quello del delitto di atti persecutori, in quanto il reato è di regola procedibile a querela, che può essere presentata entro sei mesi, e può essere oggetto solo di remissione processuale, ed è procedibile d'ufficio solo nelle ipotesi dell'aggravante ad effetto speciale o della connessione con fatto procedibile d'ufficio, che renda, quindi, non evitabile il c.d. strepitus fori.

In ordine alle ulteriori questioni sul trattamento processuale: è ammesso l'arresto facoltativo in flagranza; sono consentite misure cautelari, anche quella carceraria; non è applicabile l'istituto della particolare tenuità del fatto;

non è applicabile l'istituto della messa alla prova.

Il nuovo delitto di “Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare o di avvicinamento alla persona offesa”, previsto dall'art. 387-bis c.p., è una eccezione alla regola generale secondo cui la violazione di misure cautelari non custodiali disposte nel processo penale non è assistita da sanzione penale e deve essere sanzionata solo all'interno dello stesso processo in cui la misura è stata disposta attraverso ordinanza di aggravamento.

Con l'introduzione dell'art. 387-bis c.p., l'allontanamento dalla casa familiare ed il divieto di avvicinamento alla persona offesa diventano le prime misure cautelari non custodiali a godere di tutela penale in caso di violazione.

Nelle intenzioni del legislatore la nuova norma penale dovrebbe rendere più effettiva la tutela cautelare nei reati espressione di violenza di genere. Peraltro, per il nuovo reato dell'art. 387- bis c.p. non è ammesso l'arresto in flagranza, e non sono possibili misure cautelari di alcun tipo, talchè la effettività della tutela contro le violazioni di questo tipo di misure continuerà ad essere affidata in modo più efficace all'aggravamento della misura cautelare violata nel procedimento originario in cui la stessa era stata disposta.

La norma penale dell'art. 387- bis c.p. sconta anche un difetto di tassatività. Il legislatore della l. 69/2019, infatti, non ha descritto in modo completo il comportamento integrante reato, ma si è limitato a richiamare per relationem i provvedimenti degli artt. 282- bis, 282- ter, 384- bis c.p., che però sono ordinanze che possono avere anche un contenuto complesso, potendo essere affiancata la disposizione principale da statuizioni accessorie, come l'ingiunzione di pagamento di un assegno periodico ex art. 282-bis, comma 3, c.p.p., il divieto di comunicare con qualsiasi mezzo con la vittima dell'art. 282 ter, comma 3, c.p.p., la cui violazione, a prima lettura, sembrerebbe integrare anch'essa il nuovo precetto penale, atteso che lo stesso sanziona in modo generico la violazione de “gli obblighi o i divieti derivanti dalla ordinanza cautelare”.

In ordine alle ulteriori questioni sul trattamento processuale: il reato è procedibile d'ufficio; è applicabile l'istituto della particolare tenuità del fatto; è applicabile l'istituto della messa alla prova.

La violenza sessuale aggravata

Gli interventi legislativi sul reato di violenza sessuale hanno portato ad un inasprimento delle sanzioni; dapprima, con il d.l. 14 agosto 2013 n. 93 e la legge di conversione 15 ottobre 2013, n. 119, sono state introdotte due nuove aggravanti ad effetto speciale, quella del fatto commesso in danno di donna in stato di gravidanza (art. 609- ter 1, lett. 5-ter, c.p.) e quella del fatto commesso dal coniuge, anche separato o divorziato ovvero da colui che alla persona offesa è stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza (art. 609-ter, co. 1 1, lett. 5 -quater, c.p.).

In un reato che già per sua natura è espressione di violenza di genere, questa seconda aggravante, tarata su quella già prevista per lo stalking , si presta a sanzionare in modo specifico le violenze avvenute in contesto di cessazione o deteriorarsi di relazione affettiva.

Essa punisce con un quid di pena in più la maggiore insidiosità di una condotta, parimenti violenta, tenuta, però, da un soggetto in grado di avvicinarsi più facilmente alla vittima per i pregressi rapporti personali esistenti con questa.

Il legislatore, quindi, condivide, ed anzi implementa quella giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. pen., sez. III, 12 luglio 2007 n. 36962) che già riteneva che il fatto di violenza sessuale commesso all'interno della coppia non potesse ritenersi meno grave del fatto commesso da estraneoDopo la novella della l. n. 119/2013 tale fatto è normativamente considerato più grave di quello commesso da un estraneo.

Poi con la l. 69/19, oltre ad un aumento della pena del reato base dell'art. 609- bis c.p., è stato riscritto il sistema delle aggravanti, che ha portato a rendere generale l'aggravante, prima riservata solo ai casi in cui la vittima è minorenne, dell'essere stato il fatto commesso nei confronti di persona della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il tutore; è stata introdotta un'aggravante per tutti i casi in cui la vittima sia minore, con ulteriore aumento di pena quando è infraquattordicenne ed aumento ancora ulteriore quando la vittima non ha compiuto neanche gli anni dieci; è stato inoltre eliminato il regime di procedibilità a querela del reato di atti sessuali con minorenne (art. 609 quater c.p.)

Arresto ed allontanamento in flagranza di reato

Sul piano processuale vanno evidenziate le modifiche sui poteri a disposizione della polizia giudiziaria in occasione di un intervento in flagranza di reato.

Con il d.l. n. 93/2013, convertito nella l. n. 119/2013, il legislatore, infatti, ha spostato i maltrattamenti in famiglia e lo stalking dai reati ad arresto facoltativo ai reati per i quali esso è obbligatorio.

Con le stesse norme il legislatore ha introdotto l'art. 384-bis c.p.p., che disciplina un nuovo istituto, che consente alla polizia giudiziaria di allontanare dalla casa familiare colui il quale sia colto nell'occasione di commettere un reato in danno di persona della famiglia. Questa norma, che non può applicarsi a maltrattamenti in famiglia e stalking (perché per essi è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza), ed è destinato ad essere applicata in caso di , lesioni volontarie ex art. 582 c.p., anche lievi o lievissime o di minaccia grave ex art. 612, comma 2, c.p..

Nel caso delle lesioni volontarie questo nuovo strumento concorre con la possibilità dell'arresto facoltativo in flagranza n el caso delle minacce gravi, invece, sarà applicabile solo la misura dell'allontanamento dalla casa familiare.

La procedura da applicare in caso di allontanamento in flagranza è la stessa dell'arresto in flagranza (convalida del giudice entro 96 ore, eventuale processo per direttissima entro 48 ore).

Nella versione prevista dal d.l. 93/13 e dalla l. 119/13 la violazione dell'ordine di allontanamento ex art. 384- bis c.p. non comportava la commissione di alcun reato, potendo soltanto essere sanzionata dal giudice mediante l'applicazione di una misura più grave ed adeguata a contenere le esigenze cautelari. Su questo sistema è intervenuto il legislatore della l. 69/19, che all'art. 4 ha introdotto il nuovo reato dell'art. 387- bis c.p., che punisce (anche) la violazione dell'ordine di allontanamento in flagranza.

Reato accertato nella flagranza e strumenti di tutela

Tipologia di reato

Rimedi

Violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.)

Allontanamento in flagranza

Maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.)

Arresto obbligatorio

Lesioni volontarie (art. 582 c.p.)

Arresto e allontanamento

Violenza sessuale (art. 609- bis c.p.)

Arresto obbligatorio

Violenza sessuale di minore gravità (art. 609-bis, comma 3, c.p.)

Arresto e allontanamento

Violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.)

Arresto obbligatorio

Minaccia grave (art. 612, comma 2, c.p.)

Allontanamento in flagranza

Stalking (art. 612-bis c.p.)

Arresto obbligatorio

La corsia preferenziale nelle indagini preliminari e nel processo

Direttrice comune a tutte le legislazioni che si sono succedute è il tentativo di accelerazione del processo penale.

Già il d.l. 93/13, aveva modificato l'art. 132-bis disp. att. c.p.p. sulla formazione dei ruoli d'udienza, inserendo i reati degli artt. 572, 612-bis, e da 609-bis a 609 octies c.p, tra quelli cui deve essere assicurata “priorità assoluta” (regola, peraltro, ordinatoria e priva di efficacia cogente, cfr. Cass. pen., sez. II, 26 settembre 2007, n. 39784), e modificato l'art. 406 c.p.p. sulla proroga del termine delle indagini preliminari, permettendo per i reati degli artt. 572 e 612- bis c.p.p. soltanto una proroga semestrale.

La l. 69/2019 detta ulteriori previsioni acceleratorie, concentrate stavolta sulla fase iniziale dell'indagine preliminare. E' stato, in particolare, disposto l'obbligo di immediata comunicazione orale della notizia di reato per i delitti degli artt. 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, 582 e 583-quinquies del codice penale aggravato ex artt. 576, comma 1, nn. 2, 5 e 5.1, e 577, comma 1, n. 1, e co. 2, c.p; per gli stessi reati l'obbligo di assumere le dichiarazioni della vittima entro 3 g. dalla iscrizione della notizia di reato e l'obbligo per la polizia giudiziaria di evadere senza ritardo le deleghe di indagine e di trasmettere senza ritardo la documentazione dell'evasione della delega.

Queste norme prevedono, peraltro, termini generici (“immediata”, “senza ritardo”), da ritenersi meramente sollecitatori.

Sulla disposizione,invece, che prevede un termine di tre giorni entro cui assumere le dichiarazioni della vittima, va rilevato che si tratta di adempimento delegabile alla polizia giudiziaria, perché l'art. 370 c.p.p. prevede il potere generale del p.m. di delegare alla polizia giudiziaria il compimento di singoli atti di indagine, salvo quelli che la legge processuale riserva al p.m. (ad esempio, l'interrogatorio dell'indagato che non sia in stato di libertà), e questa norma non è stata modificata dalla l. 69/19. Il verbale di dichiarazioni della vittima assunto fuori termine deve ritenersi non utilizzabile a favore dell'accusa (cfr. Cass. pen., sez. 4, 09 gennaio 2018, n. 6497, sull'interrogatorio reso fuori dal termine dei 30 gg. previsto dall'art. 415 bis, co. 4, c.p.p.), ma in concreto l'inutilizzabilità non inciderà sul processo perché non colpirà le dichiarazioni rese successivamente in dibattimento (cfr. Cass. pen., sez. 2, 10 luglio 2018, n. 34240 sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia rese oltre i 180 gg.) e non potrà essere dedotta in abbreviato non trattandosi di caso di assunzione di prova vietata dalla legge (cfr. Cass. pen., sez. 6, 24 ottobre 2017, n. 4694).

Obbligo di informare la vittima sulla misura cautelare

Con il d.l. n. 93/2013, il legislatore, modiciando l'art. 299, co. 3 bis c.p.p., ha previsto l'obbligo di informare la vittima del reato nel momento in cui si chiede la modifica o la revoca della misura cautelare in corso di esecuzione. Una volta ricevuta la notifica, la vittima ha due giorni per presentare memorie al giudice Questa nuova previsione di legge, pur avendo ad oggetto letteralmente solo i reati commessi con violenza alla persona, si applica anche allo stalking (Cass. pen., V, 20 settembre 2016, n. 7404).

Il diritto di ricevere notifiche sulla situazione cautelare dell'autore del reato, è diventato poi principio generale del processo penale con l'art. 90-ter c.p.p., inserito nel codice dal d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212, che ha previsto un generale obbligo di comunicare alla vittima di reato commesso con violenza alla persona i provvedimenti di cessazione della misura cautelare o di sicurezza detentiva, l'evasione dell'imputato o del condannato, o dell'internato (salvo il pericolo concreto di un danno per l'autore del reato). Nella versione originaria l'art. 90-ter c.p.p. prevedeva tale comunicazione solo a richiesta di parte, l'art. 15 della l. 69/19 ha modificato questa disposizione stabilendo l'obbligo di comunicazione d'ufficio quando si procede per i reati degli artt. 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, 582 e 583-quinquies del codice penale aggravato ex artt. 576, comma 1, nn. 2, 5 e 5.1, e 577, comma 1, n. 1, e co. 2, c.p.

La norma generale dell'art. 90- ter e quella speciale dell'art. 299, comma 3, hanno campi di applicazione differenti, in quanto la seconda prevede l'obbligo di notificare (a monte) le richieste di revoca o sostituzione della misura, laddove la prima dispone l'obbligo di notiziare (a valle) della scarcerazione.

Obbligo di notifica dell'esito dell'indagine

Con il d.l.n. 93/2013, il legislatore ha anche dettato norme destinate a farconoscere alle vittime l'esito delle indagini preliminari.

Nell'art. 415- bis c.p.p. è stato introdotto l'obbligo per il pubblico ministero di notificare l'avviso anche alla persona offesa nel caso in cui proceda per i reati di maltrattamenti in famiglia e stalking. La norma non è stata modificata, però, nella parte in cui prevede il diritto del solo indagato ad avere accesso al fascicolo d'indagine; pertanto, la persona offesa che, ricevuto l'avviso, voglia anche visionare gli atti di indagine, ne deve fare specifica richiesta ex art. 116 c.p.p..

Anche l'art. 408 c.p.p. è stato modificato, ed è stato introdotto l'obbligo per il pubblico ministero che chiede l'archiviazione di un procedimento per reato commesso con violenza alle persone di notificare tale richiesta alla persona offesa a prescindere dalla circostanza che questa ne abbia fatto richiesta) e di attendere un termine di 30 gg. perché questa possa presentare memorie; la norma non è esattamente simmetrica rispetto a quella che prevede l'obbligo di notifica dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p. e si applica, infatti, a tutti i reati commessi con violenza alla persona

L'audizione protetta della vittima

Il d.l. n. 93/2013 tutela la vittima dalla c.d. vittimizzazione secondaria che avviene nel momento in cui questa viene sentita nel corso del processo, prevedendo una forma di audizione protetta modellata su quella già prevista per la deposizione di minorenni. Mentre per l'audizione dei minorenni, però, è prevista anche una modalità specifica (audizione con vetro unidirezionale), per l'audizione della vittima maggiorenne il giudice può stabilire caso per caso le modalità di assunzione dell'esame.

La disciplina speciale sulla violenza di genere ha anticipato norme che sono state estese successivamente anche ad altre categorie di vittime del reato. Con il già citato d.lgs. 212/15 , infatti, è stata creata una figura soggettiva particolare di dichiarante, che è la vittima in condizioni di particolare vulnerabilità contemplata dall' art.90-quater c.p.p., la cui deposizione deve essere assunta con modalità più garantite sia in fase di indagini preliminari (art. 351, comma 1-ter c.p.p.), che in incidente probatorio (art. 398, comma 5- ter c.p.p.), che in dibattimento (cfr. art. 498, co. 4-quater c.p.p.). La novella della l. 212/15 , pur non essendo limitata alla violenza di genere, si presterà ad essere applicata soprattutto a casi espressione di tale tipologia di reati, posto che uno dei parametri individuati dalla norma per riconoscere la particolare vulnerabilità consiste proprio nella circostanza che la persona offesa sia affettivamente, psicologicamente o economicamente, dipendente dall'autore del reato.

Il patrocinio della vittima a spese dello Stato

Le vittime dei reati di cui agli articoli 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis c.p., possono beneficiare dell'assistenza legale gratuita, in quanto il d.l. n. 93/2013, ha deciso di inserire anche tali reati nel catalogo di quelli previsti dall'art. 76 d.P.R. n. 115/2002 che consentono il patrocinio a spese dello Stato anche in favore della persona offesa.

Questo beneficio è garantito a prescindere da limiti di reddito.

L'ammonimento per lo stalking e per le lesioni volontarie lievissime e le percosse

La tutela apprestata alle vittime di episodi di femminicidio si completa con due misure di prevenzione, che consistono nell'ammonimento dello stalker e di quello dell'autore di fatti di lesioni volontarie lievissime e percosse.

La prima tipologia di ammonimento è stata introdotta dal d.l. n. 11/2009 per i casi in cui non sia stata presentata querela per stalking e prevede comunque una richiesta della persona offesa; si tratta, quindi, di una tutela sussidiaria rispetto a quella del procedimento penale. Il d.l. n. 93/2013 ha completato la misura disponendo che l'autorità di pubblica sicurezza possa con l'ammonimento disporre anche il ritiro di armi e munizioni che questi dovesse eventualmente detenere legittimamente.

La seconda tipologia di ammonimento è stata introdotta dal d.l. n. 93/2013, e consente alla autorità di pubblica sicurezza di disporre l'ammonimento, anche senza richiesta, per il reato di lesioni volontarie lievissime (art. 582, comma 2, c.p.) o di percosse (art. 581 c.p.). In questa tipologia di misura è anche possibile disporre la sospensione della patente di guida per il soggetto ammonito.

Permesso di soggiorno per vittime di violenza domestica

Il legislatore del d.l. n. 93/2013 ha, inoltre, introdotto nel d.lgs. 286/98 la disposizione dell'art. 18-bis che prevede uno speciale titolo di soggiorno per la persona offesa dei reati di maltrattamenti in famiglia, lesioni volontarie, mutilazione degli organi genitali, sequestro di persona, violenza sessuale e stalking.

Il permesso per le vittime di violenza domestica ha la durata legale di un anno (cosi' modificata dall'art. 1 d.l. 113/18, conv. In l. 132/18) , e può essere convertito in permesso per lavoro subordinato, per lavoro autonomo e per motivi di studio.

Inoltre, la legge di conversione n. 119/2013 ha previsto che con la sentenza di condanna o di applicazione pena, anche non definitiva, può essere revocato il permesso di soggiorno e può essere disposta l'espulsione dell'autore del reato.

Da notare, peraltro, che la condanna per alcuni di questi reati (in particolare, maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale) comportava già ex art. 4, comma 4 d.lgs. 286/1998 la revoca automatica del permesso di soggiorno; perciò la norma dell'art.18, comma 4- bis, d.lgs. n. 286/1998, che introduce la revoca discrezionale del permesso di soggiorno per la persona condannata per reati espressione di violenza domestica, trasformando in discrezionale ciò che in altra disposizione preesistente era già conseguenza automatica, rischia di diminuire, anziché aumentare, la tutela apprestata alle vittime di questo tipo di reati.

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