Disciplina dei reati fiscali e responsabilità amministrativa degli enti alla luce del D.L. fiscale: profili critici e perplessità

Sara Mecca
Valerio Silvetti
03 Dicembre 2019

Inasprimento delle pene principali e riduzione delle soglie di rilevanza penale. Sono alcune delle modifiche dettate dal decreto fiscale, collegato alla Legge di Bilancio 2020, alle norme sanzionatorie penali in materia tributaria. Il decreto estende al comparto penale tributario anche l'applicazione di misure e sanzioni di natura patrimoniale (sequestro e confisca “per sproporzione”) a carico di chi viene condannato per i delitti tributari più gravi. Ampliato, infine, l'ambito di applicazione del sistema della responsabilità degli enti anche al delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Le modifiche introdotte dal D.L. fiscale 2019

Il D.L. n. 124/2019, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 252 del 26 ottobre 2019, ha, tra le altre cose, modificato la disciplina dei reati tributari, apportando alcune modifiche al D.Lgs. n. 74/2000.

In particolare, vengono introdotti strumenti volti a rafforzare e a razionalizzare la risposta sanzionatoria che l'ordinamento prefigura in rapporto ai reati tributari.

Si interviene sull'apparato sanzionatorio, con un inasprimento delle pene principali ed una riduzione delle soglie di rilevanza penale delle violazioni fiscali. Inoltre, si estende ai reati tributari, con taluni limiti, uno strumento di contrasto di particolare rilievo, costituito dalla confisca c.d. di sproporzione o allargata, con conseguente possibilità di sequestro funzionale alla medesima.

Inserito, inoltre, il delitto di dichiarazione fraudolenta tramite fatture false del novero dei reati fonte di responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.

Tali modifiche – laddove verranno recepite anche in sede di conversione in legge (si ricorda che la conversione dovrà avvenire entro il 27 dicembre 2019) – faranno sorgere una serie di problematiche di cui è opportuno offrire una breve panoramica.

Dichiarazione fraudolenta tramite fatture false: aumenti di pena e problematiche connesse

La pena per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2) è innalzata: si passa dalla precedente reclusione da 18 mesi a sei anni a quella da quattro ad otto anni.

Introdotta un'attenuante (la pena rimane da 18 mesi a 4 anni), qualora l'ammontare complessivo degli elementi passivi fittizi indicati in dichiarazione siano inferiori a 100.000 euro.

L'aumento della reclusione per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture rischia di colpire i numerosi imprenditori che, spesso senza esserne consapevoli, vengono coinvolti in casi di fatturazioni soggettivamente inesistenti, riferite ad operazioni in cui l'emittente o il beneficiario dell'operazione - risultante dal documento - non sia quello reale.

La contestazione di fatture soggettivamente inesistenti, normalmente rilevata in occasione di controlli fiscali, scatta in genere quando il cedente o il prestatore non ha una struttura idonea ad effettuare l'operazione (c.d. società cartiere) o quando a seguito di alcune operazioni scompare e non adempie a obblighi fiscali come dichiarazione o versamento.

L'acquirente, non potendo conoscere la correttezza fiscale del suo fornitore, è spesso ignaro delle sue violazioni. Il fisco, però, gli contesta l'indebita detrazione dell'IVA.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, per simili contestazioni l'amministrazione ha l'onere iniziale di provare, anche in via presuntiva, l'interposizione fittizia del cedente ovvero la frode fiscale commessa a monte da altri soggetti. Compete poi all'acquirente provare la propria buona fede.

Tuttavia, l'amministrazione spesso non valuta la buona fede e presume, così, la responsabilità dell'acquirente, procedendo anche all'invio del Pvc e/o dell'avviso di accertamento in Procura perché la condotta ipotizzata integra il reato di dichiarazione fraudolenta. Il contribuente viene sottoposto ad un procedimento penale senza comprenderne le ragioni: ha contabilizzato la fattura, ricevuto i beni o i servizi, pagato regolarmente il documento, con l'unica “irregolarità” che avrebbe dovuto accorgersi della sospetta posizione del fornitore.

Con le modifiche apportate dal decreto fiscale rischierà addirittura la reclusione da 4 a 8 anni, qualora abbia ricevuto fatture per imponili superiori a 100.000 euro.

Il rischio è quello di addossare un onere esagerato ad imprenditori (medio/piccoli) e artigiani. Si auspica, allora, che i verificatori evitino di trasmettere sempre la notizia di reato in Procura in presenza di mere presunzioni tributarie o che comunque Pm e Gip, constatato che di presunzioni si tratti, non esitino a chiedere l'archiviazione.

Modifiche agli altri reati dichiarativi

Aumento significativo di pena anche per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3), che passa da 18 mesi/sei anni a tre anni di minimo edittale ed otto di massimo.

Il reato di omessa dichiarazione (art. 5) passa dalla pena della reclusione da 18 mesi a 4 anni, a quella da due a sei anni.

Inasprito anche il reato di dichiarazione infedele (art. 4) sia con riferimento alla pena (ora da due a cinque anni in sostituzione della precedente, da uno a tre anni) sia con riferimento alla soglia di punibilità, abbassata alla misura di centomila euro di imposta (precedente euro 150.000). Inoltre, l'ammontare complessivo degli elementi sottratti all'imposizione, che era fissato in via assoluta (art. 4, co. 1, lett. b) in tre milioni di euro, è ora abbassato a due milioni.

Infine, è stato abrogato il comma 1-ter dell'art. 4, introdotto con l'ultima riforma apportata dal D.Lgs. n. 158/2015. Tale disposizione consentiva di ritenere non punibili le valutazioni che singolarmente considerate, producessero una differenza inferiore al 10 per cento rispetto a quelle corrette.

Ai fini della configurazione della dichiarazione infedele in futuro, pertanto, saranno punibili le valutazioni che singolarmente considerate differiscano in misura inferiore al 10% da quelle ritenute corrette. Viene, invece, confermata la non punibilità nel caso in cui i criteri di valutazione concretamente applicati vengano enunciati in bilancio o in altra documentazione rilevante ai fini fiscali (art. 4, comma 1-bis).

Ne deriva, così, che per evitare che le valutazioni possano avere rilevanza penale – ancorché a seguito di errori anche percentualmente bassi (sotto il citato 10%) – sarà necessario in futuro adottare idonee cautele, fornendo in bilancio o in altra documentazione rilevante ai fini fiscali indicazioni chiare e puntuali circa i criteri valutativi concretamente applicati.

Modifiche alle altre fattispecie di reato

Modificate anche altre fattispecie penali-tributarie.

In particolare:

  • viene aumentata la pena per il reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8), punito con la reclusione da due a sei anni (precedenti da un anno e sei mesi a sei anni). Prevista una nuova attenuante (la pena rimane da 18 mesi a sei anni) qualora l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d'imposta, sia inferiore a 100.000 euro;
  • previsto un aumento di pena per il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10), che passa alla reclusione da tre a sette (precedenti 18 mesi/6 anni);
  • vengono abbassate le soglie di punibilità per i reati di omesso versamento delle ritenute dovute o certificate (si passa da 150.000 a 100.000 euro) e di omesso versamento IVA (da 250.000 a 150.000 euro), previsti rispettivamente dagli artt. 10-bis e 10-ter.

Applicazione e rilevanza temporale delle modifiche

Le modifiche previste dal decreto fiscale avranno efficacia dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione che, si ricorda, dovrà avvenire entro il 27 dicembre 2019.

Vi sono però reati che si consumano semplicemente con la presentazione della dichiarazione e altri in momenti differenti: il momento di consumazione del delitto diventa fondamentale per l'applicazione delle nuove previsioni (caratterizzate in generale da un inasprimento) o delle precedenti più favorevoli.

Ipotizzando la conversione in legge nella metà del mese di dicembre, sicuramente tutti le modifiche ai reati dichiarativi interesseranno le dichiarazioni del prossimo anno (relative quindi al periodo d'imposta 2019). Questi reati si consumano alla data di presentazione della dichiarazione, che quest'anno è il 30 novembre (2 dicembre). Difficile che la conversione avvenga entro questa data e quindi, con riferimento a queste dichiarazioni, gli eventuali delitti seguiranno le regole precedenti (pene più miti e soglie più basse).

Diverso è il caso del reato di omessa presentazione delle dichiarazioni del sostituto di imposta e dei redditi, scadenti rispettivamente alla fine del mese di ottobre e di novembre 2019: il reato omissivo si perfeziona, infatti, trascorsi infruttuosamente 90 giorni dalla scadenza. Tali 90 giorni saranno sicuramente successivi all'entrata in vigore delle modifiche. Ciò comporta che alle dichiarazioni delle imposte sui redditi e del sostituto di imposta omesse (con imposta evasa superiore a 50mila euro) si applicheranno da subito le nuove regole.

Per quanto riguarda l'emissione di false fatture, trattandosi di un reato che si consuma con il semplice rilascio del documento, le nuove norme troveranno immediata applicazione e quindi chi rilascerà una fattura falsa dal giorno di pubblicazione in G.U. della legge di conversione, andrà incontro immediatamente alla disciplina più grave.

Per il delitto di occultamento o sottrazione di scritture contabili le severe modifiche saranno immediatamente operative per le condotte di occultamento ma non di sottrazione. L'occultamento è infatti una condotta di tipo permanente poiché l'obbligo perdura fino a che sia consentito il controllo. Ne consegue che, in presenza di controllo successivo all'entrata in vigore della nuova normativa, troveranno applicazione le più severe pene, nonostante le scritture siano state materialmente occultate in precedenza. Al contrario, qualora sia possibile dimostrare la distruzione della documentazione in epoca antecedente l'entrata in vigore, troveranno applicazione le attuali regole e quindi le pene più miti.

Per il reato di omesso versamento IVA potrebbero porsi alcuni problemi.

Tale fattispecie si consuma alla scadenza del versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo e quindi, in genere, il 27 dicembre dell'anno successivo a quello cui si riferiscono gli omessi versamenti. Ad esempio, il 27 dicembre 2019 si perfezionerà il reato di omesso versamento per l'IVA 2018, qualora non sia stata versata imposta per importi superiori a 250.000 euro.

Tuttavia, se le modifiche entreranno in vigore prima del 27 dicembre, come si presume, scatteranno da subito le nuove regole, con applicazione della più bassa soglia di imposta evasa (150.000 euro) già per l'IVA 2018.

Ciò potrebbe comportare delle piuttosto serie: chi ha omesso di versare IVA nel 2018 per carenza di liquidità e ha provato nel corso del 2019 a pagare imposta in modo da collocarsi al di sotto della soglia di rilevanza penale di 250mila si troverebbe improvvisamente a confrontarsi con una nuova e più bassa soglia.

La nuova confisca per sproporzione

Il D.L. n. 124/19, oltre a inasprire il trattamento sanzionatorio dei reati tributari, introduce un'ipotesi di confisca per sproporzione (nuovo art. 12-ter del D.Lgs. n. 74/2000). Si tratta di un istituto previsto dapprima dall'art. 12-sexies del D.L. n. 306/1992 e poi confluito nell'art. 240-bis del Codice penale che, da strumento eccezionalissimo di lotta alla mafia qual era, ha attratto nel tempo numerosi altri reati e adesso, anche quelli tributari, seppur con alcuni limiti.

Esclusi, infatti, dal campo applicativo della misura, in virtù della loro minore gravità, i reati di omesso versamento.

Inoltre, per tutti gli altri delitti fiscali (ad eccezione della dichiarazione infedele e dell'occultamento o distruzione di documenti contabili per cui non è previsto alcun limite), è fissata la soglia di operatività della confisca allargata a 100.000 euro di imposta evasa o, a seconda della struttura del delitto, di redditi sottratti all'imposizione fiscale.

La confisca allargata, in sintesi, consente di sottoporre a confisca (e prodromico sequestro), in caso di condanna o patteggiamento, disponibilità finanziarie o patrimoniali “di cui il condannato in via definitiva non sia in grado di giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona […] risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo”.

L'estensione dell'istituto ai reati tributari presenta alcune criticità.

Anzitutto, non si comprende perché sia stato fissato il limite di 100.000 euro di imposta evasa o di elementi sottratti all'imposizione per tutti i reati dichiarativi tranne che per la dichiarazione infedele. Si presume si tratti di una “svista” del legislatore che verrà eliminata in sede di conversione del decreto.

Poi, una delle questioni più critiche attiene al fatto che, essendo formalmente concepita come misura di sicurezza atipica (Cass. Civ., n. 45105/2019), la confisca per sproporzione è idonea sia a operare per i reati tributari commessi precedentemente all'introduzione dell'articolo 12-ter, sia a estendere i propri effetti al patrimonio storico del destinatario, tenuto a giustificare la provenienza anche di beni acquisiti addietro nel tempo con la sola eccezione, peraltro indeterminata, di acquisti risalenti ad epoca eccessivamente lontana dalla commissione del reato (Cass. Civ., n. 10887/2013).

In sintesi, la nuova misura potrà essere disposta con riguardo a tutti quei beni dei quali, al momento in cui intervenga la sentenza di condanna o di patteggiamento, la provenienza risulti ingiustificata e il valore sproporzionato per eccesso rispetto al reddito dichiarato o all'attività economica esercitata: a quel punto, da ricomprendere astrattamente nella prevista ablazione vi sarebbero anche i beni che siano entrati nella proprietà del reo in modo legittimo e anche prima della commissione del reato.

Modifiche al D.Lgs. n. 231/2001: reati tributari e responsabilità amministrativa degli enti

L'art. 39, comma 2, del Decreto fiscale ha inserito l'art. 25-quinquiesdecies nel D.Lgs. n. 231/2001. L'effetto della previsione sarà, dunque, di veder inseriti - dopo anni di dibattiti dottrinali e giurisprudenziali - i reati fiscali (seppur in una minima parte) nel testo di riferimento della responsabilità penale per le società.

La novella legislativa è limitata al solo art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta tramite uso di fatture false) e prevede una sanzione pecuniaria fino a 500 quote, ovvero un importo pari a circa 800mila euro, senza la previsione di alcuna sanzione interdittiva.

Per le società, ove confermata la previsione in sede di conversione, si aprirebbero scenari meritevoli di riflessione poiché la risposta sanzionatoria per la condotta di dichiarazione fraudolenta tramite fatture false sarebbe addirittura triplice:

  • responsabilità fiscale per la società;
  • responsabilità penale per l'amministratore e;
  • responsabilità penale “231” per la società.

Per scongiurare il rischio di una condanna per la società la sola possibilità è dimostrare in giudizio la corretta adozione ed efficace attuazione del modello di organizzazione gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. 231, con tutto ciò che tale espressione sottende: nomina OdV, formazione a favore dei dipendenti, attività di verifica, aggiornamenti al documento, adozione del canale informatico per le segnalazioni (c.d. whistleblowing), etc.

I modelli adottati dovranno, infatti, essere aggiornati e considerare il “rischio fiscale” seppur limitatamente alle tre possibili condotte con cui si estrinseca la c.d. dichiarazione fraudolenta, ovvero:

  • fatture oggettivamente inesistenti (operazioni in concreto mai effettuate o avvenute);
  • sovrafatturazione (operazione avvenuta ma solo parzialmente rispetto all'importo fatturato);
  • soggettivamente inesistenti (operazioni avvenute ma tra soggetti diversi da quelli che appaiono nei documenti).

Partendo da questa tripartizione, i modelli dovranno prevedere presidi idonei a minimizzare il rischio del verificarsi del reato e così si può immaginare che per le fatture soggettivamente inesistenti ben potrebbero prevedersi dei controlli preventivi rispetto alla conclusione dell'affare, quali:

- verifica dell'esistenza del fornitore tramite visura camerale in grado di restituire una serie di informazioni, quali:

  • sede legale ed operativa (magazzini);
  • oggetto dell'attività;
  • dipendenti;
  • compagine societaria;
  • partecipazioni attive o passive;

- verifica dell'operatività del fornitore tramite il bilancio e le altre scritture contabili da cui estrapolare altre utili informazioni, quali a titolo esemplificativo:

  • concessioni;
  • licenze;
  • fabbricati;
  • partecipazioni;
  • crediti;
  • materie prime;
  • liquidità;
  • patrimonio netto;
  • TFR;
  • debiti e finanziamenti;
  • valore e costi della produzione.

- verifica dell'esistenza dei contatti con l'interlocutore appartenente al fornitore con cui si sono intrattenuti i rapporti commerciali.

È utile considerare che in molte verifiche fiscali focalizzate su frodi carosello, l'assenza di dipendenti, di un magazzino, di una struttura fisica minima, è considerata di per sé una presunzione qualificata, atta ad identificare un coinvolgimento o, quantomeno, una colpevole ignoranza di chi sta a valle della catena.

Per quanto attiene alle fatture oggettivamente inesistenti sarà opportuno prevedere controlli volti a verificare:

  • congruità tra fornitore e bene e/o prestazione effettuata;
  • congruità del valore di mercato del bene o della prestazione oggetto di transazione;
  • documentazione contrattuale a supporto dell'operazione con contenuto specifico;
  • documenti di trasporto (DDT/Bolla);
  • documentazione relativa alla fase negoziale/trattative;
  • tracciabilità dei pagamenti.

Per la sovrafatturazione si ritiene utile valutare la congruità dei prezzi di mercato dei beni/servizi offerti dalla società.

Tutti i presidi in precedenza indicati dovrebbero essere oggetto di una specifica procedura utile a integrare la parte speciale del modello legata, per l'appunto, ai reati tributari e poi formare parte integrante di controlli/audit eseguiti dall'OdV o dall'ufficio audit ove presente all'interno dell'organizzazione.

Altrettanto utile organizzare sessione formative per i dipendenti così da trasferire loro il concetto del “rischio fiscale” e coinvolgerli in un controllo di prima linea e non ultimo nel sistema del whistleblowing.

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