La rilevanza in ambito penale degli accordi a latere della sentenza di divorzio
09 Dicembre 2019
Massima
L'accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali concluso tra le parti a latere di un giudizio di divorzio ha natura negoziale e produce effetti per l'ordinamento giuridico, senza che sia necessario sottoporlo al vaglio del Tribunale, anche in fini della non sussistenza del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare ex art. 12-sexies l. n. 898 del 1970 e art. 570, comma 2, n. 2, c.p. (oggi recepito dall'art. 570-bis, c.p.). Il caso
Con la sentenza pronunciata all'esito del giudizio di primo grado, l'imputato L.F. veniva condannato per il reato ex art. 12-sexies l. n. 898/1970 e art. 570 c.p. per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza all'ex coniuge T.L.Y, omettendo il versamento in suo favore del contributo per il mantenimento stabilito nella scrittura privata sottoscritta dai coniugi il 22 novembre 1990, quale parte integrante della sentenza di divorzio n. 762/1991 del Tribunale di Milano. La sentenza veniva appellata sia dal P.G. sia dall'imputato, L.F e, con decisione dell' 11 ottobre 2018, la Corte d'Appello di Brescia riformava la decisione di primo grado assolvendo l'imputato dal reato ascrittogli perché il fatto non costituisce reato (e, dunque, ai sensi del secondo comma dell'art. 530 c.p.p.) e dichiarando, al contempo, inammissibile per rinunzia l'impugnazione proposta dal P.G. Avverso la sentenza di secondo grado, proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell'imputato, deducendo violazioni di legge e vizi della motivazione, anche per travisamento della prova, sostenendo che la Corte distrettuale avrebbe dovuto assolvere l'imputato con la diversa e più favorevole formula riferita alla non commissione del fatto (ai sensi dell'art. 530, comma 1, c.p.p.), atteso che la sentenza di divorzio consensuale del 1991, contrariamente a quanto sostenuto nell'impugnata sentenza, nulla prevedeva con riferimento all'obbligo di mantenimento in favore della persona offesa, avendo le parti regolato tale obbligo in forma pattizia, per il tramite di due scritture private successive le quali prevedevano, rispettivamente, quella del 1990 le condizioni per il mantenimento della ex coniuge e quella del 1995 la loro definitiva risoluzione. I Giudici della Suprema Corte, quindi, avendo ritenuto che il ricorso fosse fondato «non avendo la sentenza impugnata considerato le dirimenti risultanze probatorie emergenti dagli elementi documentai dal ricorrente prodotti nel giudizio di merito in ordine al contenuto delle pattuizioni liberamente concordate dalle parti e collegate alle sentenze di separazione e divorzio che definivano i rapporti fra le stesse intercorsi», accoglieva il ricorsoe, per l'effetto annullavasenza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. La questione
La Corte di Cassazione, dunque, con la sentenza in commento, nel trattare la vicenda sotto il profilo penalistico – di fatto – torna ad occuparsi ancora una volta della natura giuridica degli accordi transattivi relativi alle attribuzioni patrimoniali che vengono conclusi tra le parti a latere del divorzio, conformandosi al principio di diritto orami pacificamente affermato dalla giurisprudenza civile sia di merito sia di legittimità, secondo «cui l'accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali, concluso tra le parti ai margini di un giudizio di separazione o di divorzio, ha natura negoziale e produce effetti senza necessità di essere recepito dalla sentenza di divorzio congiunto o magari sulla base di conclusioni congiunte o, infine sottoposto al giudice per l'omologazione in caso di separazione» (Cass. civ., 3 dicembre 2015, n. 24621). Le soluzioni giuridiche
Al fine di comprendere la decisione penale, giova ricostruire la vicenda anche dal punto vista civile, giacché tale profilo rappresenta il presupposto fattuale e logico-giuridico della decisone in commento. La sentenza di divorzio, diversamente da quanto affermato nella sentenza penale di primo grado, (e in questo consiste il travisamento del Giudice territoriale), non conteneva alcuna statuizione circa le obbligazioni di ordine patrimoniale in favore della persona offesa (ex coniuge in sede civile). Le parti, infatti, avevano inteso regolare i loro rapporti economici non in sede giudiziaria, bensì sulla base di una scrittura privata predisposta a margine della sentenza di divorzio del 1991, poi superata da una successiva (sempre privata). In particolare, quest'ultima prevedeva la cessazione dell'obbligazione alimentare nel momento in cui l'ex moglie (persona offesa) avesse venduto un immobile precedentemente acquistato dall' ex coniuge (imputato) e ne avesse acquistato un altro di minor valore, trattenendo per sé la differenza di denaro, con la restituzione di tutti gli importi versati a titolo di obbligazione alimentare, sino al verificarsi della predetta condizione risolutiva. E così è stato. Gli Ermellini, quindi, correttamente hanno ritenuto che il risultato probatorio agli atti penali fosse stato travisato dal Giudice territoriale, posto che gli ex coniugi avevano inteso costituire tempi e modalità del rapporto obbligatorio con una scrittura privata, quella originariamente stipulata a margine della sentenza di divorzio. Si trattava, dunque, di un accordo transattivo, avente ad oggetto pattuizioni di ordine patrimoniale, utilmente raggiunto tra le parti in via extragiudiziale, di per sé non contrario all'ordine pubblico e pienamente idoneo a produrre autonomi effetti obbligatori tra le parti non solo in ambito civile ma anche penale. Ne consegue - seguendo l'iter motivazionale della sentenza in commento – che «le pattuizioni di ordine patrimoniale inter partes inizialmente convenute (con scrittura a latere della sentenza di divorzio) sono state superate sulla base di successivi accordi (la seconda scrittura privata sottoscritta dalle parti) cui le stesse hanno dato piena ed autonoma esecuzione, senza alcuna necessità di modificare o revocare statuizioni che in sede giurisdizionale non risultavano esser state pronunziate, perché la sentenza di divorzio nulla aveva previsto in tema di obbligazioni alimentari». In conclusione, poiché le obbligazioniassunte dalle parti in sede civile, sonostate ritenute puntualmente estinte anche in sede penale, in ragione dell'intervenuto puntuale adempimento, l'imputato non poteva che essere assolto dal reato contestatogli con la più favorevole formula della non sussistenza del fatto. Orbene, è di tutta evidenza che il caso in esame, del quale non constano precedenti negli stessi termini, rappresenta, da un lato, l'occasione per illustrare il punto d'arresto circa la validità degli accordi c.d. a latere del divorzio e della separazione in ambito civile, dall'altra, per individuare i margini di rilevanza dell'autodeterminazione negoziale dei coniugi anche in sede penale ed, infine, per domandarsi se le tesi che si illustreranno possono ritenersi compatibili anche con il disposto normativo dell'art. 570- bis c.p., rubricato «violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio» di recente introduzione. In assenza di previsione normativa, con il termine accordi a latere, si indicano genericamente tutte le pattuizioni che i coniugi stipulano a causa della separazione (o del divorzio), senza che il loro contenuto venga trasfuso nell'omologa o nella sentenza. Storicamente, la loro validità è stata fortemente influenzata dall'evoluzione della concezione della famiglia, che è passata progressivamente da una concezione pubblicistica (orientata a ritenere che ogni patto incidente sui diritti e doveri dei membri della famiglia dovesse essere sottoposto al controllo preventivo del Giudice) ad una privatistica (orientata a ritenere che gli accordi che non riguardano lo status possano produrre effetti a prescindere dal controllo giurisdizionale). Così è stata valorizzata l'autonomia negoziale privata dei coniugi, non solo nella fase fisiologica del sorgere dell'unione (artt. 144 c.c. e 180 c.c.) ma anche in quella patologica della crisi, nella parte in cui riconosce ai coniugi la possibilità di concordare le condizioni per la regolamentazione della crisi stessa (art. 4 l. n. 898/1970 e d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014). Ed è in questo solco che, parallelamente, si è gradualmente affermata la tesi della validità degli accordi in questione, considerandoli espressione dell'autonomia negoziale dei coniugi, in forza del principio generale di cui all'art. 1322 c.c.; fatti salvi, in ogni caso, i limiti invalicabili del buon costume e dell'ordine pubblico familiare (artt. 158 e 160 c.c., artt. 711 e art. 6 d.l. n. 132/2014 conv. in l. n. 162/2014) e delle norme imperative (Cass. civ., sez. I, 24 febbraio 1993, n. 2270; Cass. civ., sez. I, 22 gennaio 1994, n. 657). Tuttavia, una rapida disamina delle pronunce in materia, consente di poter affermare le soluzioni offerte dalla dottrina e dalla giurisprudenza non sono state sempre univoche e che ancora oggi vi sono numerosi dubbi interpretativi ed applicativi. Infatti, sebbene alcune isolate pronunce degli anni Cinquanta avessero affermato la liceità tali pattuizioni a condizione che non avessero ad oggetto diritti di natura indisponibile o inderogabile, la successiva giurisprudenza (di legittimità ed in parte di merito) degli anni Ottanta, ha registrato notevoli oscillazioni finché, in accoglimento della tesi pubblicistica, ha negato tanto la validità degli accordi antecedenti quanto di quelli successivi alla separazione, in quanto sottratti al controllo di legittimità del Tribunale (Cass. civ., 5 gennaio 1984, n. 14 e Cass civ., sez. I, 11 luglio 1985, n. 4124). Solo durante i successivi anni Novanta, viene valorizzata l'importanza dell'autonomia privata, riconoscendo la piena validità ed efficacia dei patti a latere, classificandoli in precedenti, coevi o posteriori (rispetto alla separazione o al divorzio)e limitando il controllo dell'autorità giudiziaria alle sole questioni che presentano peculiari ricadute di ordine pubblicistico. Secondo la giurisprudenza, gli accordi c.d. precedenti o coevi sono validi se, rispetto al provvedimento giurisdizionale, si pongono in posizione di conclamata ed incontestabile maggiore (o uguale) rispondenza all'interesse tutelato attraverso il controllo di cui all'art. 158 c.c., quelli c.d. successivi, invece, sono validi se non contrastano con l'art. 160 c.c. e rispondono all'esigenza di adeguare i singoli aspetti degli accordi all'esperienza reale del nucleo familiare (Cass. civ., sez. I, 20 ottobre 2005 n. 20290; in senso conforme, Cass. civ., sez. I, 6 febbraio 2009 n. 2997; App. Torino 22.2.1994, in Dir. Fam. e Pers., 1994, 1202; ed in tempi più recenti Cass. civ. 21 dicembre 2012, n. 23173). Con riguardo al più ampio profilo temporale (separazione-divorzio), se l'accordo a latere della separazione (avente ad oggetto, la disponibilità dell'utilizzo di un immobile da parte di uno dei coniugi all'altro), non viene recepito nella successiva sentenza di divorzio, secondo la Cassazione l'accordo a latere della separazione mantiene la sua piena efficacia e coesiste con la successiva sentenza di divorzio ( Cass. civ., sez. I, 24 aprile 2007, n. 9915). E ancora, se l'accordo è stato raggiunto al fine di consentire una complessiva definizione dei rapporti economici ma esula dal contenuto necessario del giudizio di divorzio, allora detto accordo non può essere modificato o revocato dal Giudice del divorzio, il quale, purtuttavia potrà tenerne conto con riguardo alle domande che costituiscono contenuto necessario del procedimento di divorzio, come ad esempio la quantificazione del c.d. assegno divorzile (Cass. civ., sez. I, 22 novembre 2007, n. 2007; Trib. Torino ord. Pres. 29 maggio 2018 e Trib. Torino 16 luglio 2018, entrambe inedite). Conseguentemente, con riferimento al mantenimento dell'ex coniuge, è stato deciso che gli importi extra-separazione versati al coniuge antecedentemente alla sentenza di divorzio non rendono inammissibile la domanda di assegno divorzile ma possono determinarne il rigetto nel merito qualora la percezione dell'importo possa determinare il venire meno dello squilibrio economico tra i coniugi(Cass. civ., sez. VI 30 aprile 2014, n. 9498). Non è pacifica, invece, la validità degli accordi che, a ben vedere, presentano un contenuto sostanzialmente “modificativo” dei provvedimenti giudiziari contenuti in una precedente omologa della separazione o sentenza di divorzio congiunto. Infatti, con la sentenza n. 20290/2005 la Cassazione ha definitivamente sancito la validità degli accordi modificativi pattuiti dai coniugi successivamente all'omologazione, trovando essi fondamento nell'art. 1322 c.c., con riferimento alle sole intese economiche rispetto all'ex coniuge o alla prole ovvero all'esercizio della responsabilità genitoriale, escludendo, invece, che potesse essere modificato il regime di affidamento da condiviso a esclusivo (ex multis, Cass. civ. Sez. I, 22 gennaio 1994, n. 657; Cass. civ., sez. I, 24 febbraio 1993, n. 2270; Cass. civ. Sez. III, 3 dicembre 2015, n. 24621). Non altrettanto pacifica, invece, è l'ammissibilità degli accordi modificativi delle statuizioni contenute di una sentenza di divorzio, poiché l'art. 9 l. div. sembra riservare al Tribunale il potere di disporre la modifica delle disposizioni sull'affidamento dei figli e sul contributo ai sensi dei precedenti artt. 5 e 6 della stessa legge, richiedendo, tra l'altro l'intervento del Pm in presenza di figli minori (Cass. civ., sez. I 11 giugno 1998, n. 5829; Cass. civ. sez. I 20 ottobre 2005 n. 20290; in senso contrario: Trib. Bari 18 settembre 2008; Trib. Pordenone 30 marzo 2010). Con riferimento all'interpretazione, poiché all'accordo transattivo è pacificamente riconosciuta la natura di un vero e proprio contratto (Cass. civ.,sez. III, 3 dicembre 2015, n. 24621), la Cassazione ha stabilito che soluzione dei contrasti interpretativi tra una pattuizione a latere ed il contenuto di una separazione omologata o sentenza di divorzio, spetta al Giudice di merito ordinario, il quale dovrà fare ricorso ai criteri dettati dagli artt. 1362 s.s. c.c. in tema di interpretazione dei contratti. Tale attività ermeneutica non è sindacabile in Cassazione se adeguatamente motivata (Cass. civ., sez. I 8 novembre 2006 n. 23801; Trib. Milano, 24 settembre 1987, in CED, Corte di Cassazione, Arc. Merito, pd 880191). Con riguardo alla forma, invece, si seguono le regole generali e, dunque, le intese verbali precedenti all'omologa ed alla sentenza di divorzio sono valide seppure con i limiti degli artt. 1349 e ss. c.c.; le pattuizioni coeve o successive dovranno, invece, sempre avere la forma scritta ad probationem. Quanto all'esecuzione, tutti gli accordi c.d. a latere non potranno mai essere fatti valere direttamente in via esecutiva, non costituendo un titolo valido ex art. 474 c.p.c. Inoltre, le scritture private stipulate inter coniuges relative a diritti reali (di abitazione ex art. 1022 c.c. o di traslazione del diritto dominicale su di un immobile), mancano dei presupposti necessari per la trascrivibilità cosicché non potranno essere opposte a terzi che, invece, vantino sugli stessi beni diritti in base ad atti soggetti a pubblicità immobiliare. Un'ulteriore questione, infine, riguarda gli accordi a latere relativi all'impegno assunto da uno dei coniugi di trasferimenti immobiliari a favore dell'altro. Pacificamente ammessi dalla giurisprudenza (ex multis, Cass. civ., sez. I, 11 novembre 1992, n. 12110 e Cass. civ., sez. I, 15 marzo 1991, n. 2788), in concreto, sollevano questioni di non poco conto, che vanno dall'esatta individuazione della causa che sorregge detti negozi patrimoniali, alle questioni relative alla forma che siffatti accordi (e successivi negozi traslativi) possono o debbono assumere, fino ad arrivare all'esatta individuazione del trattamento fiscale applicabile nel caso concreto. Si ritiene, pertanto, imprescindibile, l'indicazione dell'expressio causae nell'accordo traslativo a latere, non solo perché elemento essenziale del contratto (art. 1321 c.c.) ma anche per poter godere di maggiore tranquillità circa la possibilità di poter usufruire del trattamento fisale agevolato riconosciuto dalla legge (art. 19 l.74/1987), dopo il duplice intervento della Corte Costituzionale (Corte Cost. 15 aprile 1992, n. 176 e Corte Cost. 10 maggio 1999, n. 154). Questo è, in definitiva, l'attuale assetto giurisprudenziale civile nel quale si inserisce la decisione della Sesta Sezione della Cassazione in commento.
Osservazioni
Passando al secondo profilo prospettato in premessa, quindi, cioè quello relativo ai margini di rilevanza degli accordi a latere anche in sede penale, non si può non rilevare come con la sentenza n.36392/19, la Suprema Corte - per la prima volta in termini così espliciti - prende posizione, riconoscendone la validità. E così, nel caso di specie, preso atto delle due scritture private per mezzo delle quali le parti avevano previsto, rispettivamente, con la prima le condizioni per il mantenimento dell' ex coniuge e con la seconda loro definitiva risoluzione a seguito del puntuale adempimento dell'obbligazione assunta con il primo accordo, ha assolto l'imputato dal reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare perché il fatto contestato in sede penale non sussisteva. Trattasi – si ribadisce – di un precedente in termini, dopo un isolato precedente in cui in motivazione la Corte ha precisato che l'art. 3 L. 54/2006 sanziona la violazione degli “obblighi di natura economica”, senza operare alcuna distinzione quanto alla loro fonte” (Cass. civ. sez. VI, 24 Ottobre 2013, n. 1653, sebbene nel caso di specie l'obbligo di assistenza familiare discendesse da separazione consensuale). Ai fini che qui interessano, infine, è bene ricordare che «nell'ambito un'opera di revisione sistematica dell'ordinamento penale, finalizzata a garantire una maggiore organicità del sistema punitivo complessivamente considerato, si inserisce l'introduzione dell'art. 570-bis c.p. rubricato “Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio”, che sanziona, con le pene previste dall'art. 570 c.p. la condotta del coniuge che “si sottrae all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli». È lecito, dunque, chiedersi se i principi finora esposti siano “compatibili” con la ratio e con gli elementi costituivi del neo introdotto art. 570-bis c.p. In assenza di pronunce sul punto - a parere chi scrive - non pare che militino ragioni ostative a ritenere valide le considerazioni illustrate sugli accordi a latere e la loro “riconoscibilità” in sede penale, anche con riferimento all'art. 570-bis cp. Invero, quest'ultima norma riproduce, anche se non in modo letterale, le previgenti disposizioni penali contenute nell'art. 12-sexies della l. 1898/1970 e nell'art. 3 l. 54/2006, n. 54 (norme che, conseguentemente, sono state espressamente abrogate dall'art.7, lett. b) e d), d. l.gs. n. 21 del 2018), così rappresentando una semplice «attuazione, sia pure tendenziale, del principio della riserva di codice nella materia penale, al fine di una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni e quindi dell'effettività della funzione rieducativa della pena» (d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, pubblicato nella G. U. n. 63 del 22.3.2018, in attuazione della delega prevista all'art.1, comma 85, lett.q) della l. 23.6.2017, n. 103). In conclusione, con la pronuncia della sentenza in commento, un ulteriore passo in avanti è stato fatto lungo la strada dell'autonomia negoziale nell'ambito di diritto di famiglia.
A.Crespi, F. Stella, G. Zuccalà, Commentario breve al codice penale, Cedam, 2019, sub art. 570 c.p. e 570 bis, c.p.; P. Di Geronimo, Relazione tematica sull'introduzione dell'art. 570-bis cod. pen., 2018, 32.18, www.portaledelmassimario.ipzs.it; AA.VV. (Diretto da A. Fasano ed A. Figone), La crisi delle relazioni familiari, Giuffrè, 2019, 52 e ss.; G. Oberto, Gli accordi a latere nella separazione e nel divorzio, nota a Cass. 20 ottobre 2005, n. 20290, in www.giacomooberto.com; P. Giunchi, Accordi patrimoniali dei coniugi in occasione della crisi del matrimonio ed alla dottrina e giurisprudenza ivi citata in Formulario notarile commentato (a cura di G. Petrelli) vol. VI, Giuffrè, 2009, 474, ss.; A. Pischetola L'intervento del Notaio nella soluzione della crisi coniugale, delle unioni civili e della convivenza: profili fiscali, studio 31- T 2017 – Consiglio Nazionale del Notariato, approvato dalla Commissione studi Tributari, in www.notariato.it.
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