Illegittima l'esclusione per il mancato riscontro ad una richiesta di chiarimenti trasmessa ad un indirizzo PEC diverso da quello dichiarato in sede di gara

Rocco Steffenoni
13 Gennaio 2020

La questione giuridica sottesa alla decisione in commento concerne l'obbligatorietà per una stazione appaltante di utilizzare per le comunicazioni di gara, tra cui rientra anche una richiesta di chiarimenti, lo specifico indirizzo PEC indicato da un operatore economico in sede presentazione della domanda di ammissione.
Massima

La disciplina di gara può prevedere che al momento della presentazione della domanda di ammissione gli operatori economici indichino un indirizzo PEC che può essere utilizzato dalla stazione appaltante per le comunicazioni amministrative in alternativa alla piattaforma di gara. Ne consegue che è illegittimo il provvedimento di esclusione per il mancato riscontro ad una richiesta di chiarimenti trasmessa ad un indirizzo PEC diverso da quello indicato in sede di gara. Peraltro, in assenza di una previsione contraria, la stazione appaltante che intende avvalersi esclusivamente dell'indirizzo ufficiale risultante dai pubblici elenchi non è necessario che richieda agli operatori economici di indicare l'indirizzo PEC già pubblico, essendo a tal fine sufficiente specificare nel Capitolato d'oneri che le eventuali comunicazioni a mezzo PEC verranno effettuate esclusivamente agli indirizzi PEC risultanti dai pubblici elenchi.

Il caso

La vicenda che viene all'esame del TAR Lazio concerne l'esclusione di un operatore economico per non aver fornito nei termini un riscontro alla richiesta di chiarimenti proveniente da una stazione appaltante per l'affidamento di un appalto specifico indetto nell'ambito dello SDAPA per la fornitura di prodotti e servizi per l'informativa e le telecomunicazioni.

Nel caso di specie, la stazione appaltante aveva formulato una richiesta di chiarimenti volta a comprovare il possesso dell'hardware da parte del RTI, trasmettendo però tale richiesta ad un indirizzo PEC diverso da quello indicato dalla mandataria in sede di domanda di ammissione. Allo stesso tempo, la stazione appaltante aveva anche omesso di trasmettere tale richiesta alla mandante, limitandosi ad indirizzare il documento alla sola mandataria, in rappresentanza del RTI.

Il RTI ricorrente ha quindi impugnato la propria esclusione per non aver riscontrato alla richiesta della stazione appaltante, eccependo tre motivi. In primo luogo, il RTI ricorrente lamenta l'erronea comunicazione non già sulla piattaforma ma ad un indirizzo pec diverso da quello fornito al momento della domanda di ammissione. In secondo luogo, viene contestato il mero invio di una comunicazione alla mandataria, in luogo anche della mandante, in violazione dell'art. 48 del Codice. In terzo luogo, in via gradata, il RTI ricorrente ritiene che le specifiche tecniche indicate nella documentazione di gara violino l'art. 68 del Codice e comunque non possano costituire un motivo di esclusione in ragione del principio di tassatività delle cause di esclusione (art. 83,).

Sul punto, il Collegio dichiara inammissibile il terzo motivo, poichè l'esclusione è conseguita al mancato riscontro alla richiesta di chiarimenti della stazione appaltante (e quindi non in ragione di una valutazione sui contenuti dell'offerta). Similmente, il Collegio non riconosce meritevolezza all'eccezione del RTI ricorrente sulla supposta insufficienza della comunicazione diretta alla sola mandataria. Infatti, come confortato dalla giurisprudenza, l'onere di comunicazione è assolto dalla stazione appaltante quando avviene nei confronti della mandataria, in quanto “punto di riferimento unitario del costituendo raggruppamento” (Cons. Stato, sez. III, 10 luglio 2019, n. 4866).

Diversamente, per il Collegio è meritevole di accoglimento il primo motivo di ricorso, nella parte in cui contesta la legittimità di una comunicazione, e quindi della conseguente esclusione, trasmessa ad un indirizzo PEC diverso da quello indicato dal concorrente al momento della presentazione della domanda di ammissione. In favore di questo militano numerosi argomenti. L'argomento principale consiste nella legittima aspettativa di un operatore economico, cui è stato richiesto dalla stazione appaltante - conformemente alla lex specialis - di indicare ed eleggere un domicilio digitale in sede di partecipazione alla gara, di ricevere le comunicazioni a quello specifico indirizzo PEC e non ad altri indirizzi PEC.

Allo stesso tempo, il Collegio ha la premura di ricostruire la disciplina in materia (tra Codice dei contratti pubblici e Codice dell'Amministrazione Digitale, decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e ss.mm.ii.) e di fornire alcune indicazioni sul regime delle comunicazioni in assenza di una specifica disposizione della legge di gara. In merito, precisa opportunamente il Collegio che va «…evidenziato che, qualora la stazione appaltante avesse inteso utilizzare ai fini delle comunicazioni esclusivamente l'indirizzo ufficiale risultante dai pubblici elenchi, non sarebbe stato neppure necessario richiederne l'esplicita dichiarazione da parte dell'operatore economico all'atto della presentazione della domanda/registrazione, essendo a tal fine sufficiente specificare nel Capitolato d'oneri che le eventuali comunicazioni a mezzo PEC sarebbero state effettuate esclusivamente agli indirizzi PEC risultanti dai pubblici elenchi».

Per tali ragioni, in accoglimento del primo motivo di ricorso, il Collegio ha annullato il provvedimento di esclusione del RTI ricorrente in quanto la richiesta di chiarimenti non poteva dirsi correttamente comunicata (e quindi efficacemente conosciuta).

La questione

La questione giuridica sottesa alla decisione in commento concerne l'obbligatorietà per una stazione appaltante di utilizzare per le comunicazioni di gara, tra cui rientra anche una richiesta di chiarimenti, lo specifico indirizzo PEC indicato da un operatore economico in sede presentazione della domanda di ammissione, qualora tale adempimento sia stato previsto espressamente dalla legge di gara in luogo dell'indirizzo PEC rinvenibile nei pubblici elenchi.

Le soluzioni giuridiche

Nel caso di specie il Capitolato d'oneri prevedeva che l'operatore economico eleggesse obbligatoriamente il domicilio digitale presso un indirizzo PEC e che la stazione appaltante avesse facoltà di utilizzare per le comunicazioni sia la piattaforma di gara sia tale indirizzo PEC. Allo stesso tempo, nella decisione si precisa che la legge di gara avrebbe potuto prevedere anche che l'indirizzo PEC fosse obbligatoriamente quello risultante da pubblici elenchi, alla stregua di quanto avviene per le notificazioni telematiche ex art. 3-bis, l. 21 gennaio 1994, n. 53. Ciò che emerge, però, è che nella lex specialis non vi fosse una preclusione a consentire l'elezione di un domicilio digitale diverso da quello indicato nei pubblici elenchi. Del resto, come viene notato, tale aspetto viene oltretutto disciplinato espressamente nelle stesse Regole del Sistema di e-Procurement della Pubblica Amministrazione che all'art. 22, comma 3 prevedono che «laddove il soggetto aggiudicatore o Consip lo ritengano necessario […] od opportuno» le comunicazioni di gara «potranno essere inviate al Fornitore presso altri recapiti da questo dichiarati, quali l'indirizzo di Posta Elettronica Certificata».

Osservazioni

La decisione del TAR in esame si inserisce nell'ambito della più generale previsione sull'obbligo dell'uso dei mezzi di comunicazione elettronici nello svolgimento di procedure di aggiudicazione, come disciplinato all'art. 40 del Codice. In particolare, tale disposizione ha previsto che a partire dal 18 ottobre 2018 «le comunicazioni e gli scambi di informazioni” nell'ambito delle procedure di gara devono essere eseguiti “utilizzando mezzi di comunicazione elettronici ai sensi dell'articolo 5-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale”. Come noto, tale obbligo vale sia per le comunicazioni tra imprese e la pubblica amministrazione che viceversa.

Inoltre, sullo sfondo di tale decisione vi è anche la pacifica qualificazione della PEC come “domicilio digitale”, in quanto rientrante nella definizione legaledi «un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato [come definito dal Regolamento (UE) n. 910/2014, c.d. “Regolamento eIDAS”]” (art. 1, comma 1, lett. n-ter) del CAD).

Date queste premesse, la decisione si limita a riconoscere che la disciplina delle richiamate Regole del Sistema di e-Procurement della Pubblica Amministrazione consente alla stazione appaltante di domandare ad un operatore economico di fornire, quale domicilio digitale per le comunicazioni di gara, un indirizzo PEC che non sia necessariamente quello indicato nei pubblici elenchi. In questo senso, emerge come questa disciplina sia divergente rispetto a quella prevista dall'art. 16-ter, d.l. n. 179/2012 in materia di comunicazioni processuali. Quest'ultima impone, infatti, che vengano utilizzati solo gli indirizzi PEC risultanti dai pubblici elenchi, senza ulteriori possibilità di scelta da parte degli operatori economici. A fronte di questa constatazione, il Collegio riconosce quindi che nella procedura di gara in esame non solo non vi sono indici per ritenere come “esclusivo” il domicilio digitale risultante da un pubblico elenco ma anche che, in termini più generali, “la possibilità di eleggere un unico indirizzo PEC diverso da quello dei pubblici elenchi risulta peraltro rispondere alle esigenze del corretto svolgimento dell'iter procedimentale svolto con modalità telematiche”.

Guida all'approfondimento

In dottrina si segnala Gherardo Carullo, Elezione del domicilio digitale per la ricezione di notifiche di atti giudiziari: dubbi in relazione alla diversa disciplina dettata per i privati e per le pubbliche amministrazioni, Diritto Processuale Amministrativo, fasc. 1, 2019, pp. 228 e ss.

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