L'Europa riconosce le criticità dello Jugendamt: un passo avanti nella tutela dei minori

Laura Cossar
15 Gennaio 2020

Con la risoluzione del 28 novembre 2018, il Parlamento europeo, richiamato il principio di sussidiarietà, applicabile anche alle questioni di diritto di famiglia sostanziale, ha invitato la Commissione a garantire che vengano effettuati controlli accurati sulla natura non discriminatoria delle procedure e delle pratiche utilizzate nel sistema di diritto di famiglia tedesco, compreso lo Jugendamt, nel quadro delle controversie familiari transfrontaliere. L'Autrice analizza natura e ruolo dell'istituzione tedesca Jugendamt soffermandosi sull'impatto avuto nelle controversie transfrontaliere, anche con riguardo a quelle che interessano i cittadini italiani.
Premesse

Il documento in commento costituisce la risultante di una massiccia serie di sollecitazioni pervenute negli ultimi dieci anni alle Istituzioni europee da centinaia di genitori di figli nati da relazioni con un partner di nazionalità tedesca, che lamentavano di aver subito, in Germania, discriminazioni incompatibili con i diritti fondamentali del fanciullo, invece garantiti sia dalle Convenzioni Internazionali che dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea.

La Risoluzione, adottata ad esito di una lunga indagine da parte degli organi competenti, rappresenta pertanto un punto di approdo importantissimo sia sotto il profilo della tutela del fanciullo sia del principio di prevalenza dei diritti fondanti la Carta Edu sul diritto interno, in questo caso sul diritto tedesco, invitato conseguentemente dal Parlamento europeo ad adeguarsi alle normative comunitarie.

I diritti del minore, difatti, costituiscono parte integrante del diritto comunitario, come dispone l'articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e la loro tutela rientra tra gli obiettivi del Regolamento 2201/2003, entrato in vigore il 1° marzo 2005, con la finalità – tra le altre – di garantire il pieno rispetto del diritto del fanciullo a mantenere contatti con entrambi i genitori anche dopo la loro separazione ed anche quando questi ultimi vivano in Stati membri diversi.

Tali garanzie, nella prospettazione dei firmatari, non sarebbero assicurate in Germania proprio a cagione del particolare ruolo svolto dall'istituzione Jugendamt, perno centrale del sistema di diritto familiare tedesco.

Natura e ruolo dell'istituzione jugendamt

Lo Jugendamt, letteralmente traducibile in lingua italiana come “ufficio per la gioventù” è stato istituito durante la Repubblica di Weimar dal "Reichsgesetz für Jugendwohlfahrt" del 1922 ed ha iniziato la sua attività nel 1924, per essere poi riorganizzato nella sua forma odierna nel 1939. Da allora, detta Istituzione non ha modificato significativamente il proprio funzionamento interno, basato sul rispetto del principio del c.d. “Kindeswohl” che, ben lungi dall'essere assimilabile al concetto di “interesse o bene superiore del fanciullo”, consisterebbe invece “nell'interesse della Comunità dei tedeschi nelle questioni riguardanti i minori” o più sinteticamente nel “bene tedesco del bambino”.

Secondo le disposizioni del codice civile e familiare tedesco in vigore, lo Jugendamt è tutt'oggi parte necessaria in tutte le controversie familiari (giudiziali o amministrative) che coinvolgano minori, con potere di presentare istanze autonome sostanzialmente vincolanti per il Giudice (c.d. "Beistandschaft" - consulenza legale), di adottare misure temporanee e, infine, di dare attuazione alle decisioni adottate dai Tribunali.

L'interpretazione in generale e la concreta attuazione di queste decisioni finali (così come di quelle di natura cautelare), anch'esse di esclusivo appannaggio dello Jugendamt, renderebbero poi del tutto evanescenti le eventuali argomentazioni diverse o contrarie addotte dal genitore non-tedesco, a tutela dei diritti propri e dei figli, con conseguente impossibilità di opporvisi.

Lo Jugendamt, pertanto sarebbe, in sostanza, un'istituzione del tutto atipica, non assimilabile a nessun'altra, tantomeno ai Servizi Sociali latamente intesi, che, al contrario, intervengono nei differenti procedimenti giudiziari o amministrativi sempre e solo su disposizione di un Giudice, e i cui pareri e relazioni debbono sempre e comunque essere da questi vagliati e ponderati, ai fini della decisone finale, rimessa comunque ad un Tribunale, anche relativamente alla fase esecutiva.

Il lungo cammino verso la risoluzione del 28 novembre 2018

Risale al dicembre 2006 la prima formale petizione presentata all'attenzione della Commissione per le Petizioni del Parlamento europeo, a firma di dieci genitori di nazionalità differenti, tutti oggetto di procedure giudiziarie in Germania, nel quadro dei diritti di custodia, di visita o di autorità parentale sui loro figli nati da relazioni con un/a cittadino/a tedesco/a.

Con la succitata petizione, i firmatari - tutti di nazionalità non tedesca - denunciavano di aver subito sistematiche lesioni ai diritti fondamentali propri e dei figli, proprio a cagione del particolare ruolo svolto dallo Jugendamt in seno alle procedure familiari pendenti avanti alle Autorità giudiziarie di quel Paese.

Le discriminazioni denunciate, nello specifico, riguardavano in principalità la difficoltà o addirittura l'impossibilità per il genitore non-tedesco, di mantenere un contatto con i propri figli, che poteva incontrare solo alla presenza di funzionari appartenenti allo Jugendamt, incaricati, tra l'altro, di verificare che durante tali incontri protetti genitori e figli parlassero unicamente la lingua tedesca, pena l'immediata interruzione dell'incontro e l'allontanamento del genitore.

In seconda battuta, i petenti denunciavano di essere stati allontanati dai propri figli sulla base di decisioni dell'Istituzione Jugendamt e non ad esito di regolari procedimenti giudiziari. Le “perizie” redatte dai funzionari dello Jugendamt, spesso nemmeno precedute dalla convocazione del genitore non-tedesco, indi effettuate in sua assenza, concludevano infatti tutte per l'inidoneità (fisica o mentale) del genitore non-tedesco ad assumersi la responsabilità dell'educazione del figlio, anche solo in via condivisa. In nessun caso risulta sia mai stata anche solo presa in considerazione l'ipotesi di collocare il minore con il genitore non residente in Germania.

Infine, un terzo gruppo di petizioni, il più ampio e più “tecnico”, riguardava invece varie azioni intraprese dallo Jugendamt rispetto alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e i principi dell'UE, che proclamano il rispetto dei diritti fondamentali e dei diritti del fanciullo, e che denunciavano anche il mancato riconoscimento, da parte dei Tribunali tedeschi, delle sentenze rese all'interno dello spazio europeo, come invece garantito dagli articoli 21 e segg. del citato Regolamento Ue 2201/2003 (il cui articolo 21, n. 1, così dispone: «Le decisioni pronunciate in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento»).

Tutte le petizioni citate concludevano chiedendo al Parlamento europeo di intervenire e di garantire che lo Jugendamt venisse abolito.

Le varie petizioni che hanno continuato a pervenire, con allarmante sistematicità e persistenza alla Commissione per le Petizioni per oltre dieci anni (e continuano a pervenire) hanno dato impulso ad un lungo lavoro di approfondimento sia attraverso l'audizione dei petenti - tutti accomunati dalla una medesima storia di marginalizzazione e progressiva esclusione dalla vita del figlio nato da una relazione con cittadino tedesco - che dei controinteressati oltre che mediante raccolta di copiosa documentazione a sostegno delle supposte violazioni.

Il documento di lavoro del parlamento europeo del 22 dicembre 2008

Ad esito di questo lungo percorso, la Commissione per le Petizioni ha riferito al Parlamento che, nell'anno 2008, ha emesso un primo Documento di Lavoro che ricapitola le tappe dell'indagine avviata dalla medesima Commissione, riportando, ad esempio gli esiti della riunione svoltasi il 7 giugno 2007, in seno alla quale si è proceduto all'audizione dei rappresentati dello Stato tedesco per assumere informazioni dirette e ricevere chiarimenti in merito al ruolo concretamente svolto dallo Jugendamt nelle procedure concernenti i figli di coppe c.d. miste (un genitore tedesco, l'altro non-tedesco). Gilla Schindler, allora membro del Ministero federale della Famiglia, in risposta, aveva difeso l'integrità del sistema familiare tedesco relativamente ai diritti dei bambini e dei genitori, escludendo che potessero essersi verificate discriminazioni basate sulla nazionalità, pur riconoscendo che, in alcuni casi specifici riferiti dai firmatari, i funzionari dello Jugendamt erano venuti meno ai necessari requisiti di professionalità.

Sollecitati poi, nello specifico, a riferire rispetto alla comprovata imposizione della sola lingua tedesca durante gli incontri sorvegliati tra genitori e figli, organizzati e monitorati dai funzionari dello Jugendamt, i rappresentanti dello Sato tedesco avevano risposto minimizzando e sostenendo che «dal punto di vista della pedagogia professionale, non è nell'interesse del bambino partecipare a incontri con un funzionario accompagnatore in una lingua straniera. È vantaggioso per il bambino sviluppare il tedesco come propria lingua poiché il bambino sta crescendo in questo Paese, dove frequenta la scuola».

È invece scientificamente provato l'esatto contrario e cioè che la lingua svolga un ruolo fondamentale nei rapporti tra un genitore e un figlio che abbiano comunicato nella lingua madre sin dalla nascita. Grazie alla lingua, si sviluppa infatti un legame emotivo fra il bambino e il genitore e attraverso questa lingua il legame si intensifica progressivamente. Tale legame rappresenta il principale criterio cui riferirsi per stabilire “l'interesse superiore del minore” di talché il desiderio di parlare al proprio figlio nella lingua madre, anche durante visite alla presenza di supervisori, equivale al desiderio di mantenere un legame emotivo con il bambino.

Il Documento riassume anche quanto emerso al “Simposio Internazionale sullo Jugendamt e la Convenzione europea sui diritti umani” tenutosi a Bamberg (Germania) il successivo 20 e 21 ottobre 2007, ove si sono discussi ed analizzati casi concreti. Uno di essi, in particolare, era stato nel mentre sottoposto al vaglio della Corte europea dei diritti dell'uomo che, ad esito, aveva giudicato all'unanimità ritenendo sussistente la violazione dell'articolo 8 (diritto al rispetto della vita familiare) della Cedu e, ai sensi dell'articolo 41 della medesima Convenzione (equa soddisfazione) aveva concesso ai richiedenti la compensazione per i danni subiti, i costi e le spese oltre che ordinato alle autorità tedesche di restituire immediatamente i figli (figli nel mentre collocati in una casa famiglia dallo Jugendamt) alla famiglia di origine. Tuttavia, decorso oltre un anno dal pronunciamento, solo due dei sette bambini risultavano essere rientrati nelle proprie famiglie. Ad una bambina era stato riferito dai funzionari dello Jugendamt che i suoi genitori erano morti e un'altra, a seguito dell'ingiustificato allontanamento, si era suicidata, nella vana attesa di essere finalmente ricongiunta alla propria famiglia.

Il parlamento europeo, nel citato Documento di Lavoro, da un lato sottolinea l'impossibilità di ingerire e tantomeno esprimere critiche o condanne rispetto al sistema di amministrazione interna di uno Stato membro – non essendo questo il suo ruolo – ma, dall'altro, rivendica il potere/dovere di pretenderne l'adeguamento alle normative europee. Ecco perché è severo e fermo laddove «ritiene di poter riconoscere che, da quanto riferito nelle numerose petizioni, si sono effettivamente verificati numerosi abusi dei diritti genitoriali attraverso sistematiche discriminazioni basate su criteri etnici, nazionali o linguistici», e sottolinea che a detti abusi non è stato posto rimedio. E ciò, aggiunge, «ha nuociuto agli interessi del minore nella quasi totalità dei casi esaminati dalla Commissione per le Petizioni».

Il Documento di Lavoro del 2008 si conclude con una raccomandazione chiara rivolta alle istituzioni tedesche perché si adoperino per assicurare, attraverso il proprio sistema di diritto interno, il rispetto dei diritti fondamentali del minore e del genitore, dato «che l'operato dello Jugendamt sembra comunque essere una questione di reale preoccupazione per molti cittadini europei e deve quindi essere affrontata con urgenza dalle autorità responsabili a livello nazionale, regionale e locale in Germania, tra cui le commissioni competenti del Bundestag».

Il contenuto della risoluzione Ue del 28 novembre 2018

La Risoluzione del 29 novembre 2018, adottata a distanza di dieci anni dal citato Documento, conferma le violazioni commesse dallo Jugendamt in danno ai genitori non-tedeschi ed affronta anche al tema, non certo secondario, della libera circolazione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale all'interno dello spazio europeo, invece negata ai firmatari delle diverse petizioni.

Si legge infatti al punto F., nei considerando: «che il mancato riconoscimento e la mancata esecuzione, da parte delle competenti autorità tedesche, di decisioni e sentenze adottate dalle autorità giudiziarie di altri Stati membri dell'UE in controversie familiari con implicazioni transfrontaliere possono rappresentare una violazione del principio del riconoscimento reciproco e della fiducia reciproca tra Stati membri Stati, mettendo così a repentaglio l'effettiva tutela dell'interesse superiore del minore».

Al punto 22 della medesima Risoluzione, il Parlamento europeo sottolinea di conseguenza «la necessità di migliorare la cooperazione giudiziaria e amministrativa tra le autorità tedesche e le autorità degli altri Stati membri dell'UE al fine di garantire la fiducia reciproca in questioni relative al riconoscimento e all'esecuzione in Germania delle decisioni e delle sentenze adottate dalle autorità di altri Stati membri dell'UE in controversie familiari che presentano elementi transfrontalieri che coinvolgono minori».

Inoltre, tenuto conto che l'aumento della mobilità all'interno dell'UE ha portato a un numero crescente di controversie transfrontaliere sulla responsabilità genitoriale e la custodia dei minori, la recente Risoluzione raccomanda alla Commissione di intensificare gli sforzi per promuovere in tutti gli Stati membri, compresa la Germania, l'attuazione coerente e concreta dei principi stabiliti nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, ratificata da tutti gli Stati membri dell'UE. D'altronde, il campo di applicazione e gli obiettivi del regolamento Bruxelles II bis sono fondati proprio sul principio di non discriminazione in base alla nazionalità tra i cittadini dell'Unione e sul principio della fiducia reciproca tra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri.

La Risoluzione, ovviamente, ribadisce che l'UE non ha competenza generale ad agire in materia di diritto di famiglia poiché esso resta di esclusiva responsabilità degli Stati membri. Pertanto, laddove sussistano timori riguardo all'operato dello Jugendamt, occorrerà comunque avvalersi dei meccanismi di ricorso a livello nazionale. I genitori che ritengano che uno qualsiasi dei loro diritti fondamentali sia stato violato, potranno poi sempre presentare un ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, una volta esaurite le vie di ricorso interne.

La Risoluzione, tuttavia, è piuttosto esplicita nella sua sostanza e ricorda alla Germania i suoi obblighi internazionali ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, compreso l'articolo 8 e per ciò ritiene che tutte le autorità tedesche competenti debbano apportare miglioramenti sostanziali per salvaguardare adeguatamente il diritto dei bambini di coppie con nazionalità diversa da quella tedesca a preservare la loro identità, compresi i rapporti familiari, come riconosciuto dalla legge, senza interferenze illecite.

Nella stessa ottica, vale la pena rammentare anche come la Risoluzione raccomandi l'importanza di offrire senza indugio ai genitori non-tedeschi, sin dall'inizio e in ogni fase dei procedimenti relativi ai loro figli minori, informazioni complete e chiare sul procedimento e sulle sue possibili conseguenze, in una lingua che essi comprendano pienamente, al fine di evitare che prestino il loro consenso senza capire in toto le conseguenze dei loro impegni.

È infatti pacifico diritto di qualsiasi cittadino (non solo europeo) rifiutare documenti non scritti o tradotti in una lingua comprensibile, come previsto all'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1393/2007 relativo alla notificazione e comunicazione di atti e, in particolare, invita la Commissione a valutare attentamente l'attuazione in Germania delle disposizioni di tale regolamento al fine di affrontare adeguatamente tutte le possibili violazioni.

Conclusioni

La Risoluzione si pone l'obiettivo di supervisionare, anche a seguito di eventuali ulteriori segnalazioni pervenute a riguardo, il sistema di diritto familiare tedesco, proprio allo scopo di prevenire e/o evitare che i figli di genitori di nazionalità differenti, di cui uno tedesca, vedano pregiudicati i propri diritti fondamentali, tra i quali quello di mantenere un rapporto costante e significativo con entrambi i genitori, anche se residenti in Paesi diversi, di comunicare nella lingua madre e di veder riconosciute, anche in territorio tedesco, le decisioni eventualmente assunte da organi giurisdizionali di altri Paesi membri e che li riguardino.

Pertanto, il genitore che, trovandosi coinvolto in procedure giudiziarie o amministrative in Germania, tema di vedere compromessi o violati i propri diritti fondamentali, potrà conseguentemente richiamare la Risoluzione, chiedendo che le Autorità giudiziarie o amministrative rispettino le prescrizioni ivi contenute.

La Risoluzione in commento rappresenta quindi un risultato senz'altro significativo che, tuttavia, non potrà porre rimedio alle numerose violazioni già perpetrate in danno di centinaia di minori e delle loro famiglie.

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