La stazione appaltante può pretendere che la prova della congruità di un costo venga fornita tramite la produzione di “fatture quietanzate”?

15 Gennaio 2020

Non è certamente irragionevole, né discriminatoria, la scelta della Stazione Appaltante di non ritenere sufficiente la giustificazione di taluni costi mediante “preventivi”, e quindi, mediante mere proposte contrattuali provenienti da terzi, in luogo di “fatture”, ossia di documenti che comprovino l'avvenuta esecuzione di un contratto a determinate condizioni.

Il principio di diritto enucleato nella sentenza in commento. Secondo pacifica giurisprudenza, gli scritti giustificativi “per essere ritenuti fondati non debbono risolversi in asserzioni meramente apodittiche"(T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 25 maggio 2011, n. 1320). Vi è, dunque, la necessità che le giustificazioni prodotte in occasione del procedimento di verifica dell'anomalia siano accompagnate da documenti idonei a provare la veridicità dei costi ivi esposti.

Ebbene, muovendo da tale principio il T.A.R. Lombardia ha con la sentenza di cui si dà notizia ritenuto legittimo che la Stazione appaltante pretenda, a tali fini, «la presentazione di recenti fatture di acquisto quietanziate, da cui risulti il costo dichiarato per le quantità necessarie e similari a quelle poste a base di gara», non accontentandosi, di contro, della produzione di «preventivi dei fornitori».

Le ragioni poste a fondamento della decisione assunta. Secondo il Collegio, la richiesta di produrre a corredo delle giustifiche fatture quietanzate, in luogo di preventivi, non può ritenersi, come sostenuto dalla ricorrente, né «irragionevole, [essendo] finalizzata alla necessità di verificare l'effettiva reperibilità sul mercato di taluni materiali, alle condizioni particolarmente favorevoli allegate dalla ricorrente, né particolarmente gravosa, alla luce del loro ampio utilizzo e diffusione sul mercato (ad es. ghiaia)».

Il che, si badi bene, non significa, come il Collegio ha tenuto a precisare, che la produzione di preventivi, che di regola vengono ritenuti idonei a dimostrare la congruità dei costi esposti, sia da ritenersi dunque in sé e per sé inidonea allo scopo.

Come si legge nella sentenza in questione, infatti, oggetto del contendere «non [era] (…) la legittimità di un giudizio di anomalia fondato sulla produzione di preventivi, (…) che, in taluni casi, e nell'ambito della sua discrezionalità, una stazione appaltante può certamente consentire», sibbene «la legittimità della decisione della p.a. di richiedere necessariamente ed esclusivamente le fatture». Decisione, quest'ultima, rimessa alla discrezionalità tecnica della Stazione appaltante e che il Collegio -lo si ripete- ha ritenuto non essere «né irragionevole, rispondendo (…) all'esigenza di tutelare la stazione appaltante da offerte eccessivamente basse, né discriminatoria, in quanto riferita a materiali di uso comune e facilmente reperibili».

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