È valida la notificazione telematica che – pur non prevista dal giudice - sia conforme ai parametri di legge

22 Gennaio 2020

La notificazione telematica di ricorso e decreto di convocazione dell'imprenditore, eseguita con l'osservanza del disposto di cui all'art. 15, comma 3, del r.d. n. 267/1942, è valida anche quando il giudice delegato all'istruttoria prefallimentare abbia prescritto una forma diversa per l'assolvimento dell'incombenza.
Massima

La notificazione telematica di ricorso e decreto di convocazione dell'imprenditore, eseguita con l'osservanza del disposto di cui all'art. 15, comma 3, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, è valida anche quando il giudice delegato all'istruttoria prefallimentare abbia prescritto una forma diversa per l'assolvimento dell'incombenza.

Il caso

Tizio proponeva dinanzi alla Corte d'Appello di Bari reclamo avverso la sentenza del Tribunale di Trani dichiarativa del fallimento della sua impresa individuale, eccependo vuoi l'irritualità della notifica della convocazione per l'udienza ex art. 15 l.f., vuoi l'avvenuto decorso del termine annuale dalla cancellazione dal registro delle imprese.

La Corte barese respingeva il reclamo con sentenza del 5 febbraio 2015.

Il soccombente ricorreva per cassazione contro tale provvedimento, lamentando – per quanto qui interessa – che (i) il Giudice designato per la trattazione del procedimento avesse disposto “in caso di società cancellata dal registro delle imprese” la notifica di ricorso e decreto “nelle forme ordinarie” e (ii) effettivamente l'impresa individuale di Tizio era già stata cancellata da detto registro (“R.I.”), per cui la convocazione del fallendo non avrebbe potuto avvenire legittimamente a mezzo posta elettronica certificata (“PEC”); Tizio, inoltre, affermava che il Tribunale, prima di dichiararne il fallimento, avrebbe dovuto esaminare la ricevuta di accettazione e quella di consegna del messaggio PEC di notifica e che l'obbligo di dotarsi di una casella PEC per le ditte individuali sarebbe entrato in vigore dal 31 dicembre 2013 (data a suo dire posteriore alla notifica di istanza e decreto ex art. 15 l.f.).

La questione

Il Supremo Collegio si è chiesto se l'omessa adozione della tipologia di notifica ordinata dal giudice per il caso di già avvenuta cancellazione dell'impresa dal R.I. sia stata – o meno – idonea a viziare l'iter di convocazione del debitore.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha fornito al quesito risposta negativa, affermando che:

  • la legittimità di una forma notificatoria adottata va apprezzata prendendo in considerazione la previsione di legge, e non il provvedimento giudiziale che se ne discosti”;
  • nella fattispecie, la notificazione a mezzo PEC, contemplata dal terzo comma dell'art. 15 della legge fallimentare, è ammessa anche quando l'imprenditore fallendo sia stato cancellato dal R.I. ed ha avuto regolare perfezionamento, essendo state generate le ricevute di accettazione e di avvenuta consegna (mentre a nulla rileva, ai fini di detto perfezionamento, l'asserita mancata visualizzazione/lettura del messaggio da parte del destinatario);
  • diventa allora superfluo aggiungere che il decreto di convocazione del debitore indicava le forme ordinarie di notifica qualora ad essere cancellata dal R.I. fosse stata una società e non – come nella vicenda in esame – una ditta individuale;
  • parimenti inutile s'appalesa, inoltre, evidenziare che la vigenza dell'obbligo per le imprese individuali di dotarsi di un indirizzo PEC è anteriore – e non successiva – alla data della notifica, risalendo al 31 dicembre 2013 (rectius, 30 giugno 2013: cfr. l'art. 5, c. 2, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221).

Alla luce dei suestesi rilievi (e di quelli ulteriori che qui non interessano), il gravame di Tizio è stato respinto, con ogni corollario in punto spese.

Osservazioni

L'ordinanza in commento interpreta il disposto dell'articolo 151 del codice di procedura civile – che pure essa non menziona – stabilendo che le peculiari modalità di notifica, prescritte dal giudice (la norma testé ricordata ammette tale facoltà “quando lo consigliano circostanze particolari o esigenze di maggiore celerità, di riservatezza o di tutela della dignità”), non impedisce all'interessato di avvalersi validamente delle forme di legge per curare l'attività notificatoria.

Una simile esegesi non convince del tutto: la ratio della disposizione, in realtà, sembrerebbe accreditare la tesi secondo la quale le forme speciali individuate dal giudice – essendo volte a salvaguardare esigenze meritevoli di tutela di rango così elevato da legittimare la deroga alle norme generali di legge – escludono la possibilità di notificare l'atto/provvedimento secondo le predette norme generali, queste ultime essendo state ritenute dal magistrato inidonee a garantire il soddisfacimento delle suindicate esigenze.

Nella vicenda sottoposta alla cognizione della Corte il decreto di convocazione del debitore – attraverso la prescrizione dell'uso delle “forme ordinarie” – intendeva probabilmente assicurare al destinatario (imprenditore individuale o collettivo: il distinguo operato dal decreto 25 giugno 2014 in relazione alle “società” pare frutto di un refuso) un maggior grado di certezza circa l'effettività della conoscenza della convocazione prefallimentare, sulla scorta del fatto che i soggetti cancellati dal R.I. spesso disattivano la casella PEC o cessano di presidiarla in maniera adeguata.

Il Supremo Collegio ha evidentemente ritenuto che una siffatta aspettativa debba recedere dinanzi al carattere di celerità e deformalizzazione del procedimento prefallimentare, contemplante un meccanismo notificatorio pienamente compatibile – anche nell'ipotesi di cancellazione dal R.I. – coi parametri costituzionali della ragionevolezza, del diritto di difesa e del giusto processo (cfr. Corte Cost. n. 146/2016), tutti rispettati nel momento in cui l'ineccepibile generazione della ricevuta di avvenuta consegna via PEC del messaggio recante ricorso e decreto ha reso conoscibile dall'imprenditore la sua convocazione avanti il Tribunale (sul tema si vedano, oltre alle pronunce citate dall'ordinanza in commento ed a Cass. civ., Sez. VI–1, 9 settembre 2016, n. 17884, la recentissima Cass. civ., Sez. I, ord., 28 ottobre 2019, n. 27452, la quale ha ribadito il principio per cui “in caso di società già cancellata dal registro delle imprese, il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere notificato, ai sensi dell'art. 15, comma 3, L. Fall. (nel testo successivo alle modifiche apportate dal d.l. n. 179 del 2012, art. 17 conv. con modif. nella l. n. 221 del 2012), all'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) della società cancellata in precedenza comunicato al registro delle imprese, ovvero, nel caso in cui non risulti possibile - per qualsiasi ragione - la notifica a mezzo Pec, direttamente presso la sua sede risultante dal registro delle imprese e, in ipotesi di ulteriore esito negativo, mediante deposito presso la casa comunale del luogo in cui la medesima aveva sede.”).

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