La Corte di Cassazione torna sul tema della funzione del S.I.C.P.

29 Gennaio 2020

Il S.I.C.P. costituisce la banca informativa di tutti i dati fondamentali della fase di cognizione del processo penale e sostituisce i registri cartacei non più esistenti, assicurando, ai diversi attori del procedimento penale, la condivisione delle informazioni necessarie alle rispettive attività. I relativi estratti, pertanto, sono idonei a comprovare la data di iscrizione delle notizie di reato.
Massima

Il Sistema informativo della cognizione penale (S.I.C.P.), in base a quanto previsto dal d.m. 27 marzo 2000, n. 264 e dalle successive circolari del Ministero della Giustizia, costituisce la banca informativa di tutti i dati fondamentali della fase di cognizione del processo penale e sostituisce i registri cartacei non più esistenti, assicurando, ai diversi attori del procedimento penale, la condivisione delle informazioni necessarie alle rispettive attività. I relativi estratti, pertanto, sono idonei a comprovare la data di iscrizione delle notizie di reato.

Il caso

Il Tribunale di Napoli, Sezione riesame, annullava l'ordinanza cautelare con la quale erano state applicate agli indagati misure cautelari per plurimi reati di bancarotta fraudolenta e di impiego di denaro di provenienza illecita di cui all'art. 648 ter cod. pen., avendo rilevato l'inutilizzabilità delle consulenze tecniche disposte dal pubblico ministero per ricostruire le operazioni finanziarie oggetto della contestazione provvisoria. Dette consulenze, infatti, erano state depositate dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari del procedimento iscritto nei confronti degli indagati, che non era stato oggetto di proroga.

Avverso questo provvedimento, il pubblico ministero ha proposto ricorso per cassazione, deducendo che la proposizione della questione di inutilizzabilità era preclusa, in quanto sollevata solo con il ricorso al tribunale del riesame e non nel corso dell'interrogatorio di garanzia. Tale interrogatorio, secondo la prospettazione del ricorrente, che ha richiamato sul punto un passo della Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale, costituisce un «momento procedimentale funzionale all'acquisizione degli elementi necessari per un'immediata verifica della sussistenza dei presupposti della misura cautelare disposta». In questa fase, pertanto, dovrebbe essere eccepita l'inutilizzabilità degli atti d'indagine, alla quale è strumentale l'obbligo del loro deposito ex art. 293 cod. proc. pen., con la conseguenza che la relativa deduzione, proposta per la prima volta con il ricorso al Tribunale del riesame, deve ritenersi tardiva.

Con il secondo motivo, il ricorrente ha chiesto l'annullamento del provvedimento del Tribunale del riesame perché, pur concordando sulla ricostruzione giuridica contenuta nell'ordinanza impugnata quanto alle iscrizioni nel registro ex art. 335 cod. proc. pen. relative ai reati dapprima indicati, le risultanze del S.I.C.P. - cioè del Sistema informativo della cognizione penale – provano l'iscrizione successiva, a carico degli stessi indagati, di ulteriori reati, con determinazione del nuovo termine di durata delle relative indagini e conseguente utilizzabilità delle citate consulenze tecniche.

Con la memoria depositata in giudizio, i difensori hanno sostenuto, tra l'altro, che le attestazioni prodotte dal pubblico ministero ricorrente - relative ad annotazioni sul sistema informatico SICP - non sono idonee alla dimostrazione delle iscrizioni intermedie e che siffatte nuove iscrizioni riguardano reati diversi (violazioni finanziarie, appropriazione indebita e responsabilità da reato dell'ente) da quelli fallimentari oggetto delle originarie indagini non prorogate, non potendo, pertanto, giustificare il recupero di atti acquisiti dopo la scadenza del termine del diverso procedimento. Il regime di deduzione dell'inutilizzabilità degli atti d'indagine, in quanto realizzati tardivamente, inoltre, sarebbe nettamente diverso da quello delle nullità di ordine generale di cui all'art. 182 cod. proc. pen. a cui avrebbe impropriamente fatto riferimento il pubblico ministero nel suo ricorso.

La questione

Gli estratti dal sistema informativo della cognizione penale (S.I.C.P.) sono idonei ad attestare i dati della fase di cognizione del processo penale? In particolare, ai fini della determinazione del termine per lo svolgimento delle indagini, possono valere per dimostrare l'epoca di iscrizione di una notizia di reato? Il registro informatico ha sostituito quelli cartacei?

Le soluzioni giuridiche

1. La Corte ha ritenuto tempestivo il ricorso proposto dal pubblico ministero.

Al riguardo, ha rilevato che il termine per l'impugnazione di un provvedimento da parte del pubblico ministero decorre dalla conoscenza legale dello stesso, conseguente alla sua comunicazione effettuata dalla cancelleria, nella forma dell'avviso di deposito, ai sensi dell'art. 128 cod. proc. pen., o integralmente ai sensi dell'art. 153 cod. proc. pen. ovvero dall'effettiva conoscenza del provvedimento risultante dalla relativa attestazione apposta sull'atto, sottoscritta dal rappresentante dell'accusa (Cass. n. 45111 del 19/07/2017; Cass. n. 686 del 1996; Cass. n. 11484 del 2011; Cass. n. 28442 del 2011).

In ordine alla determinazione del dies a quo di decorrenza del termine dell'impugnazione, in particolare, non assume rilevanza l'eventuale conoscenza “di fatto” del provvedimento, essendo necessario accertare la sua conoscenza legale, la quale implica l'effettiva cognizione dell'integrale contenuto dell'atto e, pertanto, è la sola idonea a determinare l'utile decorso del tempo necessario alla formulazione dell'atto di impugnazione.

Nel caso di specie, in particolare, il provvedimento era stato comunicato dal Tribunale al pubblico ministero a mezzo fax; da tale data decorreva il termine per la sua impugnazione, che è stata tempestiva, mentre la conoscenza “di fatto” dello stesso da parte dell'organo pubblico, sostenuta dalla difesa, non assume alcun rilievo per la determinazione del dies a quo per la proposizione dell'impugnazione.

2. Nel merito, la Corte ha rigettato il ricorso.

Quanto alla prima deduzione, la Corte ha rilevato che l'inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza dei termini non è rilevabile d'ufficio, ma soltanto su eccezione di parte, immediatamente dopo il compimento dell'atto o nella prima occasione utile, con la conseguenza che non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di legittimità (Cass. n. 11168 del 18/02/2019; Cass. n. 36671 del 2013; Cass. n. 9664 del 2015).

Facendo applicazione di tale principio, l'indirizzo giurisprudenziale prevalente ha individuato il limite alla deduzione dell'eccezione nella proposizione del ricorso al tribunale del riesame (Cass. n. 36671 del 14/06/2013; Cass. n. 21265 del 2012). Il pubblico ministero ricorrente, invece, ha ritenuto che l'interrogatorio ex art. 294 cod. proc. pen. costituisca la "prima occasione utile" nella quale l'indagato deve formulare la relativa eccezione, valorizzandone la funzione di verifica, nel contraddittorio delle parti, della sussistenza delle condizioni cautelari, a cui è funzionale il diritto di accesso agli atti della difesa.

Siffatta opzione ermeneutica, secondo la Corte di cassazione, non è corretta.

Nel sistema cautelare, invero, l'interrogatorio di garanzia ha la funzione di rendere edotto l'indagato degli elementi di accusa esistenti a suo carico e di consentire allo stesso una immediata difesa. A tal fine, egli riceve l'avviso di deposito degli atti ed è titolare del diritto di estrarne copia.

L'interrogatorio di garanzia, in particolare, è finalizzato all'esercizio del diritto di difesa in una dimensione statica, rispetto alla quale è necessario e sufficiente l'accesso agli atti, mentre alla successiva ed eventuale fase del riesame è demandato l'esercizio dinamico delle prerogative defensionali, per il quale assume rilievo anche l'estrazione della copia degli atti che consente la verifica critica delle iniziative e dei tempi dell'esercizio dell'azione penale e della legittimità degli atti compiuti nel corso delle indagini preliminari posti a fondamento della misura cautelare.

Ne consegue che è irragionevole la tesi che pretenderebbe di radicare sin dalla fase dell'interrogatorio di garanzia oneri di deduzione che presuppongono, all'evidenza, non solo l'accesso, bensì l'integrale disamina degli atti.

Del resto, l'interrogatorio è atto del giudice che ha emesso la misura, rispetto al quale si pongono come meramente eventuali istanze di parte volte alla revoca o alla sostituzione della misura, come si ricava dal tenore della disposizione nella parte in cui prevede che il giudice, ove ne ricorrano le condizioni, provvede a norma dell'art. 299 cod. proc. pen. E' evidente, pertanto, la profonda diversità tra la fase dell'interrogatorio e quella del riesame, che è mezzo di impugnazione con effetto interamente devolutivo, a contraddittorio pieno, rispetto al quale si pone, ragionevolmente, il limite di deducibilità dell'inutilizzabilità.

Deve, pertanto, essere affermato il principio secondo cui la “prima occasione utile” per la proposizione dell'eccezione di inutilizzabilità degli atti compiuti oltre il termine di scadenza delle indagini preliminari deve essere identificata nel riesame.

3. Quanto alla seconda deduzione, il pubblico ministero ha prodotto le note del S.I.C.P. che dimostrano l'iscrizione nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen., a carico dei medesimi indagati, di ulteriori reati dopo quelli oggetto delle originarie iscrizioni, da cui si ricaverebbe la tempestività degli atti di indagine compiuti. La difesa, con la memoria depositata, ha contestato la valenza probatoria di tali note.

La Corte ha rilevato che il S.I.C.P. - Sistema Informativo della Cognizione Penale – costituisce la banca informativa di tutti i dati fondamentali della fase di cognizione del processo penale ed assicura, ai vari attori dell'azione penale, la condivisione delle informazioni necessarie alle rispettive attività.

Il sistema, introdotto in attuazione del decreto ministeriale 27 marzo 2000, n. 264, Regolamento recante norme per la tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari e correlate regole procedurali, adottate con d.m. 27 aprile 2009, rappresenta, in applicazione dell'art. 6 del citato d.m. n. 264 del 2000, un supporto informatico che contiene e aggrega i dati dei modelli previsti dal d.m. 30 settembre 1989 nonché ogni altro elemento utile per lo svolgimento dell'attività degli Uffici giudiziari, relativamente alla fase della cognizione penale.

Dall'avvio in esercizio del S.I.C.P. non è più consentita la tenuta dei registri in forma cartacea e delle relative rubriche, né di tutti i registri descritti negli allegati tecnici operativi.

Al fine di fornire indicazioni per la corretta tenuta dei registri, il Ministero della Giustizia ha emanato diverse circolari (Circolare 11 giugno 2013 - Tenuta informatizzata dei registri penali - S.I.C.P.; Circolare 9 dicembre 2014 - Tenuta informatizzata dei registri nel settore della cognizione penale di I e II grado e nelle indagini preliminari, Circolare 11 novembre 2016 - Circolare in tema di attuazione del registro unico penale e criteri generali di utilizzo) contenenti specifiche tecniche atte a garantire l'immediatezza e la completezza dei dati.

Dalla normativa secondaria - ed in special modo dalla circolare del 2016, che contiene un'ampia disamina del quadro normativo primario di riferimento – risulta l'immedesimazione dei registri cartacei in quelli informatici, con conseguente idoneità dei dati contenuti in questi ultimi a provare le relative iscrizioni.

Con specifico riferimento all'iscrizione delle notizie di reato ed alle sottese esigenze di garanzia dei diritti delle parti private, dunque, deve ritenersi che gli estratti del sistema certificano l'adempimento.

Ne deriva la piena idoneità dei documenti prodotti dal pubblico ministero impugnante a comprovare le iscrizioni.

Secondo la Corte, difatti, è privo di pregio l'argomento addotto dalla difesa, che presuppone un'autonomia del sistema informatico rispetto a registri non più esistenti nella loro dimensione cartacea, in quanto è dal S.I.C.P. che vengono estratti i dati oggetto di attestazione ex art. 335 cod. proc. pen..

4. Nonostante queste considerazioni sulla valenza delle risultanze del sistema informatico, la Corte ha affermato che le iscrizioni documentate dal pubblico ministero non sono rilevanti al fine di superare le argomentazioni svolte dal Tribunale di Napoli nell'ordinanza impugnata.

Il Tribunale, infatti, ha rilevato l'inutilizzabilità delle consulenze tecniche alla cui stregua erano state ricostruite le operazioni finanziarie oggetto di incolpazione provvisoria anche quando il pubblico ministero, dopo l'iniziale iscrizione del registro delle notizie di reato, abbia provveduto ad una successiva iscrizione relativa al medesimo fatto, sia pur diversamente circostanziato, se le prove sono state acquisite oltre il termine di durata delle indagini preliminari decorrente dalla data della prima iscrizione (Cass. n. 29151 del 09/05/2017).

Nella medesima ordinanza, inoltre, è stato affermato che gli elementi di prova acquisiti dal pubblico ministero dopo la scadenza dei termini delle indagini preliminari possono essere utilizzati ai fini cautelari solo se acquisiti "aliunde", nel corso di indagini estranee ai fatti oggetto del procedimento i cui termini siano scaduti, ovvero se provenienti da altri procedimenti relativi a fatti di reato oggettivamente e soggettivamente diversi, essendo comunque necessario che tali risultanze non siano il risultato di indagini finalizzate alla verifica e all'approfondimento degli elementi emersi nel corso del procedimento penale i cui termini sono scaduti (Cass. n. 44147 del 13/06/2018; Cass. n. 9386 del 2018;Cass. n. 36327 del 2015), non potendosi, in tal guisa, recuperare gli effetti di atti tardivamente acquisiti nel procedimento a quo, in elusione della sequenza temporale scandita dagli artt. 405 e ss. cod. proc. pen..

Ne consegue che, nel caso in esame, le iscrizioni intermedie allegate dal ricorrente, effettuate per diverse imputazioni prima del deposito delle consulenze, non valgono a permettere il recupero di tali atti di indagine, inutilizzabili perché tardivi.

Tutta la materia delle iscrizioni, invero, è funzionale al controllo del rispetto dei termini di durata previsti dall'art. 405 cod. proc. pen., la cui violazione trova sanzione processuale nell'inutilizzabilità degli atti compiuti dopo la scadenza.

Gli artt. 335 cod. proc. pen. e 109 att. cod. proc. pen. affidano, in esclusiva, questo compito al pubblico ministero che, in quanto titolare del "monopolio della domanda penale" (artt. 50 cod. proc. pen. e 112 Cost.), non può che avere dominio esclusivo su tale adempimento.

Al pubblico ministero, tuttavia, non è conferito un potere discrezionale, quanto piuttosto un obbligo giuridico indilazionabile, che deve essere adempiuto senza soluzione di continuità rispetto al momento in cui sorgono i relativi presupposti e che non comporta possibilità di scelta né in relazione all'an, né rispetto al quid e al quando dell'iscrizione.

Il pubblico ministero deve soltanto riscontrare l'esistenza dei presupposti normativi che impongono l'iscrizione e il suo aggiornamento (Cass. Sez. un., n. 40538 del 24 settembre 2009).

Ricorrono, tuttavia, nella struttura e nella disciplina dell'atto di iscrizione, elementi di inevitabile fluidità, che rendono lo scrutinio dei suoi presupposti meno meccanica di quanto i predicati di doverosità presenti nella disposizione dell'art. 335 cod. proc. pen. potrebbero, prima facie, suggerire: l'iscrizione è atto a struttura complessa, nel quale simbioticamente convivono una componente "oggettiva", qual è la configurazione di un determinato fatto ("notizia") come sussumibile nell'ambito di una determinata fattispecie criminosa; e una componente "soggettiva", rappresentata dal nominativo dell'indagato, dalla cui individuazione soltanto i termini cominciano a decorrere.

L'iscrizione, infatti, presuppone l'evidenza di specifici elementi indizianti ovvero di una piattaforma cognitiva che consente l'individuazione degli elementi essenziali di un fatto di reato e l'indicazione di fonti di prova (Cass. Sez. un., n. 16 del 21/06/2000).

È così individuata, per imporre l'iscrizione, «un'area tutta da perscrutare sul piano contenutistico", nella quale sono inevitabili margini di variazione, efficacemente esemplificati da questa Corte (Cass. Sez. un., n. 40538 del 24 settembre 2009).

La consapevolezza della potenziale complessità dello scrutinio, dunque, ha condotto ad escludere la configurabilità di un potere del giudice di verificare la tempestività dell'iscrizione, per farne conseguire effetti sanzionatori di inutilizzabilità degli atti compiuti dopo la scadenza del termine decorrente, anziché dal momento della formale iscrizione, dal momento in cui la notitia criminis avrebbe potuto e dovuto essere annotata, ciò che esalta le prerogative processuali del Pubblico Ministero a fini di garanzia.

Del tutto diverso, invece, è il sindacato del giudice sullo sviluppo dinamico delle iscrizioni, dell'aggiornamento - ove ne ricorrano le condizioni (ex plurimis, Cass. n. 32776 del 06/07/2006) - e delle nuove iscrizioni, fondate sul principio dell'autonoma individuazione del dies a quo per la determinazione del termine di durata e del regime di utilizzabilità degli atti che ne deriva; regime condizionato, quanto alla valenza nei diversi procedimenti iscritti, della tempestiva adozione dell'atto nel procedimento in cui è stato acquisito.

Il ricorso del Pubblico Ministero, pertanto, è stato ritenuto infondato.

Osservazioni

1. La sentenza si segnala non perché ribadisce il principio di diritto consolidato in ordine al termine ultimo per la proposizione dell'eccezione di inutilizzabilità degli atti d'indagine perché realizzati dopo la scadenza del tempo che la legge fissa per le indagini preliminari (la “prima occasione utile” per la proposizione dell'eccezione di inutilizzabilità degli atti compiuti oltre il termine di scadenza delle indagini preliminari deve essere identificata nel riesame), Né perché ricostruisce la disciplina delle iscrizioni nel registro delle notizie di reato in linea con una fondamentale decisione della Corte di cassazione (Cass. Sez. un., n. 40538 del 24 settembre 2009), ma per la ricostruzione del rilievo del S.I.C.P. - Sistema Informativo della Cognizione Penale. Tale registro informatico, ormai attivo in tutti gli uffici giudiziari, è definito «la banca informativa di tutti i dati fondamentali della fase di cognizione del processo penale», che assicura, ai vari attori dell'azione penale, la condivisione delle informazioni necessarie alle rispettive attività.

Di questo sistema sono indicati i fondamenti normativi, a partire dal decreto ministeriale 27 marzo 2000, n. 264, Regolamento recante norme per la tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari e correlate regole procedurali, adottate con d.m. 27 aprile 2009. Sono poi indicate le circolari che ne hanno disciplinato nello specifico l'uso.

Il S.I.C.P., in particolare, costituisce l'evoluzione del precedente RE.GE. ed è in grado di gestire tutte le fasi del procedimento e del processo nei suoi diversi gradi di giudizio di merito.

Tale registro informatico contiene anche un avanzato sistema di assegnazione automatica dei fascicoli al momento dell'iscrizione in Procura e costituisce la base dei dati dalla quale vengono estratte le statistiche in ambito penale.

Il SICP, in particolare, consente di gestire:

• I registri della fase di cognizione del processo penale relativi al PM presso il Tribunale, al Tribunale (GIP/GUP e Dibattimento di primo grado), al Giudice di Pace, alla Procura Generale (registro visti e impugnazioni) e alla Corte di Appello;

• I registri delle misure cautelari personali e delle misure cautelari reali sia del giudice procedente che del Tribunale del Riesame;

• I registri relativi alla gestione dei corpi di reato e dei depositi giudiziari;

• La banca dati centrale delle misure cautelari;

• Il portale delle notizie di reato, che consente l'annotazione preliminare sul SICIP da parte delle forze dell'ordine e che consentirà, già nel prossimo futuro, la trasmissione informatica delle CNR con l'immediato inserimento nel sistema documentale delle diverse Procure.

2. La Corte ha affermato che gli estratti dal S.I.C.P. sono idonei a comprovare, nel processo penale, il compimento di determinati atti in una certa data e, nel caso di specie, la data di iscrizione delle notizie di reato. Del resto, dall'avvio in esercizio del S.I.C.P. non è più consentita la tenuta dei registri in forma cartacea. Anzi, dalla normativa secondaria - ed in special modo dalla circolare del 2016, che contiene un'ampia illustrazione del quadro normativo primario di riferimento – risulta la piena immedesimazione dei registri cartacei in quelli informatici, con conseguente idoneità a comprovare le relative iscrizioni.

Tale capacità probatoria si estende anche all'iscrizione delle notizie di reato, venendo ad assicurare le sottese esigenze di garanzia dei diritti delle parti private. Deve ritenersi, pertanto, che gli estratti del sistema certificano l'adempimento imposto dalla legge al pubblico ministero.

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