Impugnazione della sentenza notificata via PEC: il deposito dei messaggi e delle ricevute esclude l'improcedibilità

Redazione scientifica
31 Gennaio 2020

In tema di impugnazione per cassazione di una sentenza notificata in via telematica, il deposito in cancelleria (entro 20 giorni dall'ultima notificazione) di copia analogica della decisione impugnata, predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC senza attestazione di conformità del difensore oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l'improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente nel costituirsi depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata ovvero non disconosca la conformità della copia informale all'originale notificatogli.

Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 1147/20, depositata il 21 gennaio, decidendo in merito ad una controversia in tema di compravendita immobiliare. In particolare, la vicenda riguarda la richiesta di risoluzione per inadempimento, con restituzione del doppio della caparra, avanzata dai promissari acquirenti di un terreno nei confronti del promittente venditore. Il Tribunale aveva accolto l'azione, ma la Corte d'Appello aveva ribaltato la decisione respingendo la domanda proposta dai promissari acquirenti ed accogliendo invece l'azione ex art. 2932 c.c. esperita in via riconvenzionale dal promittente venditore.

Procedibilità. Per quanto d'interesse, il Collegio affronta la questione della procedibilità dell'impugnazione posto che la sentenza impugnata era stata notificata in via telematica ai ricorrenti. L'avvocato di parte ricorrente, nel proporre il ricorso di legittimità, avrebbe dunque dovuto attestare la conformità all'originale digitale della copia cartacea del provvedimento impugnato, nonché della relata di notificazione e del relativo messaggio PEC. Tali formalità, richieste ai fini della procedibilità del ricorso, oltre che per evincere il giorno e l'ora in cui si è perfezionata la notifica per il destinatario, non sono state onorate nel caso di specie. Risulta inoltre negativa anche la c.d. prova di resistenza, ovvero l'accertamento che la notifica del ricorso è comunque avvenuta entro 60 giorni dalla pubblicazione della sentenza.
Il Collegio richiama dunque l'arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite che, con la sentenza n. 8312/2019, hanno precisato che «il deposito in cancelleria, nel termine di 20 giorni dall'ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 9, comma 1-bis e 1-ter, l. n. 53/1994, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l'improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca ex art. 23, comma 2, d.lgs. n. 82/2005 la conformità della copia informale all'originale notificatogli; nell'ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l'onere di depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica, entro l'udienza di discussione o l'adunanza in camera di consiglio».
Nel caso di specie, in difetto del disconoscimento da parte del controricorrente, il dubbio sulla procedibilità viene escluso.
Passando al merito delle censure, la Corte rileva in parta l'infondatezza ed in parte l'inammissibilità delle stesse giungendo infine al rigetto del ricorso.

Fonte: www.dirittegiustizia.it

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