Il diritto del minore a crescere e permanere nella famiglia d'origine, anche “allargata”

03 Febbraio 2020

La questione affrontata dalla Corte di Cassazione riguarda il caso in cui i minori debbano essere temporaneamente allontanati dai genitori i quali, versando in uno stato di difficoltà, potrebbero ostacolare l'educazione e lo sviluppo psico-fisico del figlio.
Massima

Il giudizio e l'eventuale istruttoria da svolgersi dal giudice del merito in ordine all'adeguatezza, o meno, del familiare prescelto quale affidatario in via temporanea, ai sensi dell'art. 333 c.p.c., a soddisfare le esigenze del minore e a salvaguardarne il sano ed equilibrato sviluppo psico-fisico, va accuratamente svolto, valorizzando delle figure vicarianti inter-familiari il contributo al mantenimento del rapporto con la famiglia di origine che è criterio guida di ogni scelta in materia di affido, anche temporaneo, dei minori.

Il caso

Con decreto emesso in data 16/07/2018, il Tribunale per i minorenni di Venezia disponeva d'ufficio il collocamento in ambiente protetto etero-familiare di tre minori, sulla base dell'inadeguatezza dei genitori e dei nonni paterni ad occuparsi degli stessi. Con il medesimo provvedimento il Tribunale per i minorenni incaricava i servizi sociali di disciplinare gli incontri tra i suddetti familiari e i minori, eventualmente anche in forma protetta. Avverso il decreto proponevano reclamo il padre e i nonni paterni, all'esito del quale la Corte d'appello di Venezia, sezione per i minorenni, fissava nel termine di diciotto mesi la durata del provvedimento impugnato. Il giudice di secondo grado, tuttavia, confermava il giudizio di inadeguatezza dei genitori, in quanto il padre aveva più volte usato violenza nei confronti della madre alla presenza dei figli e entrambi, in diverse occasioni, avevano picchiato i minori. La Corte d'appello confermava, altresì, il giudizio di inadeguatezza dei nonni non solo per l'età avanzata, ma anche per avere sempre giustificato la condotta violenta del figlio e aspramente criticato la madre dei minori. In ogni caso, risultava che anche il nonno ricorresse a metodi educativi violenti nei confronti di almeno uno dei tre minori. Il padre e i nonni paterni ricorrevano in Cassazione ex art. 111, comma 7, Cost.

La questione

La questione affrontata dalla Corte di Cassazione riguarda il caso in cui i minori debbano essere temporaneamente allontanati dai genitori i quali, versando in uno stato di difficoltà, potrebbero ostacolare l'educazione e lo sviluppo psico-fisico del figlio. In particolare, si tratta di quelle misure, di cui all'art. 333 c.c., volte a superare la condotta pregiudizievole di uno o entrambi i genitori senza arrivare all'estremo di una pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 c.c.. Tali misure possono declinarsi nelle forme dell'affido interfamiliare, ai parenti entro il quarto grado, oppure dell'affido etero-familiare. Pertanto, la pronuncia in esame si occupa di analizzare l'ordine di preferenza tra le due tipologie di affidamento alla luce del preminente interesse del minore ad una crescita equilibrata all'interno della famiglia d'origine.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in commento afferma che nei casi in cui sia necessario allontanare temporaneamente i minori dai genitori, al fine di superare difficoltà determinate da malattia, isolamento sociale, trascuratezza o fenomeni di violenza fisica e psichica, l'affido etero-familiare deve considerarsi una extrema ratio, accordando carattere prioritario alla permanenza del minore nella propria famiglia. D'altra parte, consentire ai membri della “famiglia allargata”, i nonni nel caso di specie, di occuparsi dei minori nel periodo di allontanamento dai genitori, significa evitare ai minori stessi il trauma di vedersi privati anche del contesto familiare in cui sono cresciuti. Non si può ignorare il fatto che in questi casi i minori siano già provati dalla situazione di difficoltà che hanno vissuto in famiglia, nonché dal conseguente allontanamento dai genitori.

Il giudice di merito, pertanto, è tenuto ad accertare l'adeguatezza dei membri della famiglia allargata che si siano dichiarati disponibili all'affido e con i quali i minori abbiano stabilito rapporti significativi. Solo nell'ipotesi in cui i suddetti membri, in questo caso i nonni, non siano in grado di soddisfare le esigenze dei minori e di salvaguardarne il sano ed equilibrato sviluppo psico-fisico, allora sarà possibile disporre l'affido etero-familiare.

Invero, la suprema Corte non ritiene che, nel caso in esame, la Corte d'appello di Venezia abbia fatto applicazione del suesposto principio, al contrario sembra aver fondato la sua decisione su fatti che in nessun modo ha comparato con il preminente interesse dei minori a crescere nella propria famiglia d'origine, al fine di non allentare neanche temporaneamente il legame con la stessa.

Dagli atti di causa è emerso, infatti, che la Corte di merito non ha svolto un'accurata istruttoria circa l'idoneità dei nonni ad occuparsi dei minori e non ha tenuto in debita considerazione la circostanza che costoro fossero già affidatari dei minori, ai sensi dell'art. 403 c.c., per decisione del Sindaco del Comune di residenza. Inoltre, i nonni non sono mai stati sentiti durante il corso del giudizio, né è stata disposta una CTU per valutare la loro adeguatezza. Infine, i giudici di merito hanno omesso di valutare un fatto decisivo integrato dal rapporto affettivo tra nonni e nipoti e dal desiderio dei primi di prendersi cura dei minori.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, la Corte di Cassazione ha deciso di cassare il provvedimento impugnato con rinvio alla Corte d'appello di Venezia, in diversa composizione, al fine di fare applicazione del principio di diritto di cui alla massima.

Osservazioni

Preliminarmente, la Suprema Corte dichiara l'ammissibilità del ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., avverso il decreto della Corte d'appello che, in sede di reclamo, conferma revoca o modifica i provvedimenti emessi dal giudice minorile ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c.. Si tratta, infatti, di provvedimenti idonei ad assumere l'efficacia di giudicato rebus sic stantibus, che sono modificabili o revocabili solo per la sopravvenienza di fatti nuovi.

In questo modo la Cassazione mostra di aderire all'orientamento dominante, confermato dalle Sezioni Unite, Cass. civ. sez. un., n. 32359/2018, richiamate in sentenza.

Al contrario, una parte oramai minoritaria della giurisprudenza sostiene che i provvedimenti del giudice minorile non siano idonei ad acquistare l'autorità di giudicato, in quanto provvedimenti di giurisdizione volontaria e non contenziosa, sempre modificabili e revocabili sulla base di un riesame delle risultanze originarie.

La pronuncia in commento si pone in linea con il ruolo crescente che la giurisprudenza riconosce ai nonni nei percorsi di affido e frequentazione dei minori. Proprio al fine di ricostruire il quadro normativo e giurisprudenziale relativo al rapporto tra nonni e nipoti, i giudici di legittimità richiamano espressamente due precedenti sentenze della Suprema Corte.

La prima è la sentenza n. 23979/2015 la quale impone un particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilità del minore di cui all'art. 8 l. 184/1983, che non può essere dichiarato senza un previo accertamento dell'idoneità dei nonni a provvedere all'assistenza e alla cura dei nipoti. Diversamente, verrebbe violato il diritto del minore a crescere e essere educato nella propria famiglia, sancito dall'art. 1 l. 184/1983.

L'altra sentenza della Cassazione richiamata, la sent. 19780/2018, invece definisce l'esatta portata del diritto degli ascendenti di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni ex art. 317-bis c.c., anche alla luce delle disposizioni costituzionali, europee e internazionali.

Si tratta di un diritto che rientra tra quelli fondamentali dell'individuo riconosciuti e garantiti dall'art. 2 Cost., nonché dall'art. 30 Cost. inerente alla tutela della famiglia.

Il legame tra nonni e nipoti, inoltre, costituisce un legame familiare tutelato dall'art. 8 della CEDU sul diritto al rispetto effettivo della vita privata e familiare. La Corte di Strasburgo ha spesso sottolineato la necessità di allargare il più possibile i contatti del minore con persone appartenenti al suo nucleo familiare, ove tali relazioni si traducano in un beneficio per l'equilibrio psico-fisico dello stesso.

Sempre nella prospettiva di allargamento del concetto di famiglia si pone l'art. 24 della Carta di Nizza, secondo cui tutti gli atti relativi ai minori devono privilegiare il loro interesse preminente, principio quindi applicato anche dalla Corte di Giustizia UE.

La sentenza n. 19780/2018 ricorda che al diritto di visita dei nonni corrisponde il diritto dei minori a mantenere rapporti significativi con i parenti sancito dall'art. 315- bis c.c., spingendosi sino al punto di riconoscere il diritto di cui all'art. 317-bis c.c. anche alla persona che affianchi il nonno biologico del minore, in qualità di coniuge o convivente di fatto, purché si sia dimostrata idonea ad instaurare con il minore una relazione affettiva stabile.

In conclusione, la giurisprudenza nazionale ed europea riconosce un ruolo fondamentale, anche nelle situazioni di crisi, alla continuità degli affetti del minore sia con i suoi genitori che con gli altri membri del nucleo familiare, in particolare gli ascendenti.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.