Questo è il principio dalla Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 1562/20, emessa il 14 novembre 2019 e depositata il successivo 16 giugno 2020, in particolare dal Collegio della Sesta Sezione Civile.
La questione è sorta in un giudizio per la cessazione degli effetti civili di un matrimonio e riguardava, allo stato, esclusivamente l'ammontare dell'assegno in favore del figlio, da poco maggiorenne ma non economicamente autosufficiente, e convivente con la madre come da condizioni di separazione, poi confermate con lo scioglimento del matrimonio.
Il caso. Il Tribunale aveva originariamente fissato la misura dell'assegno di mantenimento in favore del figlio in € 900,00 oltre al 50% delle spese straordinarie; la Corte d'Appello, alla luce di una valutazione approfondita dei redditi degli ex coniugi, del loro presumibile tenore di vita, della disparità reddituale a favore del padre, delle accresciute esigenze di vita de figlio e dei prevalenti tempi di permanenza presso la madre, aveva stabilito invece in euro 1.100 mensili l'entità dell'assegno di mantenimento gravante sul padre, elevando quanto stabilito dal Tribunale, e aggiungendo anche il 70% delle spese straordinarie.
La madre proponeva ricorso per la cassazione della sentenza con due motivi; il padre replicava con controricorso.
Nel ricorso, venivano denunciati la violazione e la falsa applicazione degli artt. 155 e 337-ter c.c., nonché dell'art. 111, comma 6, Cost. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. e in sostanza veniva chiesto un aumento dell'assegno di mantenimento, poiché a detta della ricorrente insufficiente e comunque sproporzionato rispetto alle condizioni economiche dei coniugi.
L'assegno di mantenimento del figlio deve essere parametrato sulle effettive e attuali esigenze dello stesso alla luce delle condizioni economiche dei genitori e del tenore di vita della famiglia in costanza di matrimonio. La Suprema Corte ha esaminato con attenzione la questione riguardante l'attribuzione dell'assegno di mantenimento in favore del figlio, che come detto è maggiorenne ma non economicamente autosufficiente, e convive con la madre.
Il ricorso è stato respinto, poiché secondo la Cassazione ha quindi ben valutato la Corte territoriale le circostanze del caso concreto, richiamando i principi della Sesta Sezione, per cui a seguito della separazione personale (o della cessazione degli effetti civili, come in questo caso), la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantire un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia e analogo (per quanto possibile) a quello goduto in precedenza; di conseguenza, deve continuare a trovare applicazione l'art. 147 c.c., che obbliga i genitori a far fronte a tutte le esigenze dei figli, non solo quelle alimentari, ma anche abitative, scolastiche, sanitarie e sociali.
Per la Suprema Corte, si tratta di accertamento di fatto che la Corte territoriale ha correttamente svolto, e quindi la domanda di riesame di tale questione, contenuta nel ricorso, si risolve in una richiesta di riesame di tale questione di fatto, in quanto tale inammissibile.
Di conseguenza, in applicazione di detti principi, il ricorso è stato respinto.
Fonte: dirittoegiustizia.it