La attestazione di conformità all'originale della copia notificata tra formalismi e pragmatismi

06 Febbraio 2020

Le eventuali irritualità delle notifiche a mezzo PEC rilevano in quanto siano rapportate in concreto alla lesione del diritto di difesa della controparte, e ad una specifica doglianza di questa sulle conseguenze di quelle irritualità. Non hanno invece rilievo le irritualità in relazione alle quali la parte interessata non abbia dedotto, e se del caso provato, lo specifico pregiudizio subito.
Massima

“Le eventuali irritualità delle notifiche a mezzo PEC rilevano in quanto siano rapportate in concreto alla lesione del diritto di difesa della controparte, e ad una specifica doglianza di questa sulle conseguenze di quelle irritualità; in base al principio di correttezza e leale collaborazione, se non di autoresponsabilità in capo ad entrambe le parti, non hanno rilievo le irritualità in relazione alle quali la parte interessata non abbia dedotto, e se del caso provato, lo specifico pregiudizio subito. (Nella specie, è stato escluso rilievo alla carenza di asseverazione o attestazione di conformità della copia della sentenza notificata, in relazione alla decorrenza del termine breve di impugnazione)”.

Il caso

Ricevuta la notifica di una sentenza (il 27 luglio 2017), ancorché priva della asseverazione, nel messaggio di posta elettronica con il quale la trasmissione era stata effettuata, della conformità della sentenza all'originale esistente nel fascicolo telematico, la parte destinataria procede a notificare ricorso per cassazione (giugno 2018). La controparte eccepisce tra le altre cose la tardività del ricorso, rispetto al termine breve per l'impugnazione, conseguente alla notificazione della sentenza.

La questione

Il profilo di inammissibilità valutato dalla Cassazione attiene alla tardività della proposizione del ricorso.

La questione che si pone riguarda in particolare la valenza della notificazione a mezzo PEC, della copia di una sentenza priva della asseverazione di conformità all'originale, in vista della decorrenza del termine breve per l'impugnazione.

Le soluzioni giuridiche

Sulla procedura di notificazione, e per il caso di consegna di copia non autentica, in senso contrario Sez. L, Sentenza n. 4454 del 19 maggio 1997, secondo cui «La notifica della sentenza fatta in copia non ritualmente spedita dal cancelliere e quindi non autentica è giuridicamente inesistente, posto che la consegna al destinatario, da parte dell'ufficiale giudiziario, di copia conforme all'originale dell'atto da notificarsi costituisce elemento essenziale della notificazione e che la conformità all'originale dell'atto pubblico è certificata dal pubblico depositario autorizzato a spedirne copia ed, in particolare, nel caso di sentenza, dal cancelliere, il quale per sua funzione istituzionale attende al rilascio di copie degli atti giudiziari, attestandone la conformità all'originale».

Tale orientamento non è stato condiviso da Sez. L, Ordinanza n. 16317 del 19 agosto 2004, la quale ha sostenuto che «La mancanza, nella copia della sentenza notificata, della certificazione del cancelliere attestante la conformità di tale copia all'originale, atteso il disposto dell'art. 160 cod. proc. civ. che individua i casi di nullità della notificazione, non incide sulla validità della notificazione e non ne comporta l'inidoneità a far decorrere il termine breve per l'impugnazione. (Nella specie la S.C. ha aggiunto che il destinatario dell'atto non aveva addotto alcuna difformità tra il contenuto della copia della sentenza notificata e quello dell'originale)».

In ordine al rilievo di eventuali irregolarità delle notificazioni, in vista della rituale instaurazione del giudizio di cassazione, la giurisprudenza Sez. 3, Ordinanza n. 21597 del 19 settembre 2017 ha sostenuto che «La notifica della sentenza effettuata alla controparte a mezzo PEC (ex art. 3-bis della l. n. 53 del 1994 nel testo, applicabile "ratione temporis", modificato dall'art. 16-quater, comma 1, lett. d), del d.l. n. 179 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 221 del 2012) è idonea a far decorrere il termine breve d'impugnazione nei confronti del destinatario, ove il notificante provi di aver allegato e prodotto la copia cartacea del messaggio di trasmissione a mezzo posta elettronica certificata, le ricevute di avvenuta consegna e accettazione e la relata di notificazione, sottoscritta digitalmente dal difensore, nonché la copia conforme della sentenza che, trattandosi di atto da notificare non consistente in documento informatico, sia stata effettuata mediante estrazione di copia informatica dell'atto formato su supporto analogico e attestazione di conformità ex art. 16-undecies del citato d.l. n. 179 del 2012». Secondo tale indirizzo risulterebbe pertanto necessaria, a cura del notificante, la dimostrazione della circostanza per la quale la sentenza notificata sia la copia conforme dell'atto, estratta dal fascicolo telematico, e ciò anche mediante la attestazione della conformità, eseguita secondo la normativa sul processo telematico.

È stato anche affermato (Sez. L, Sentenza n. 16421 del 19 giugno 2019) che «In tema di ricorso per cassazione, la notifica della sentenza impugnata effettuata alla controparte a mezzo PEC è idonea a far decorrere il termine breve d'impugnazione nei confronti del destinatario ove il notificante provi di aver allegato e prodotto la copia cartacea del messaggio di trasmissione, delle ricevute di avvenuta consegna e di accettazione, della relata di notificazione nonché della copia conforme della sentenza, salvo che il destinatario della notifica non ne contesti la regolarità sotto uno o più profili. (Nella specie, la S.C. ha escluso la tardività del ricorso per cassazione, dedotta dal controricorrente con riferimento alla prima notifica effettuata a mezzo PEC, in quanto il ricorrente ne aveva contestata la regolarità in relazione all'estrazione della copia su supporto analogico ed il notificante aveva pertanto proceduto a una seconda notifica, con conseguente decorrenza del termine per impugnare dalla data di quest'ultima)». Secondo questa decisione, le valutazioni da operare dovrebbero tener conto anche della posizione processuale assunta dalla controparte, nel senso della valorizzazione di eventuali contestazioni in ordine alla ritualità della notificazione.

È stato poi sostenuto, sia pure in relazione al diverso tema della conformità della copia analogica del ricorso per cassazione, notificato a mezzo PEC, che «Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, della l. n. 53 del 1994 o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l'improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all'originale notificatogli ex art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005.

Viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato (così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso) ovvero disconosca la conformità all'originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica sino all'udienza di discussione o all'adunanza in camera di consiglio. (Principio enunciato ai sensi dell'art. 363, comma 3, c.p.c.)» (Sez. U, Sentenza n. 22438 del 24 settembre 2018). Ne risulterebbe pertanto necessario, sia in caso di mancata costituzione della controparte, sia in caso di disconoscimento della conformità non asseverata, la successiva e tempestiva attestazione di conformità dell'atto depositato, a cura della parte ricorrente.

Il principio è stato poi ribadito anche in relazione al deposito dell'atto impugnato (Sez. U, Sentenza n. 8312 del 25 marzo 2019, secondo cui «Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata - redatta in formato elettronico e sottoscritta digitalmente, e necessariamente inserita nel fascicolo informatico -, priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 16-bis, comma 9 bis, del d.l. n. 179 del 2012, convertito dalla l. n. 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l'improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca la conformità della copia informale all'originale; nell'ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l'onere di depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica, entro l'udienza di discussione o l'adunanza in camera di consiglio»).

Osservazioni

Il tema affrontato dalla decisione in commento investe due profili distinti, il primo dei quali attinente in generale al rilievo delle formalità processuali, nel sistema delle garanzie difensive; il secondo riguardante più in particolare gli effetti della normativa dettata per gli adempimenti telematici, sia in relazione alle prerogative difensive delle parti, e sia in relazione al rispetto delle regole processuali generali.

Il deposito dell'atto impugnato, unitamente alla prova della sua notificazione ove avvenuta, è previsto dall'art. 369, comma 2 n. 2, c.p.c.. La prova della notificazione è chiaramente funzionale a valutare la tempestività del ricorso, rispetto al termine breve. E ovviamente ai fini previsti da tale norma non ha alcun rilievo che la notificazione sia avvenuta con i mezzi tradizionali, ovvero con i mezzi telematici. In tutti i casi è necessario che sia verificata la regolarità della procedura di notificazione adottata, e a seguire che siano valutati i riflessi processuali di eventuali vizi della procedura stessa.

Il tema, in particolare, della notificazione di un atto privo della attestazione di autenticità, è stato di per sé oggetto di differenti prese di posizione, come ricordato in precedenza, tra le soluzioni giuridiche. La tesi della inesistenza della notificazione, in caso di consegna di atto privo della attestazione di conformità, è stata in particolare sostenuta sulla base del disposto dell'art. 137 c.p.c., il quale prevede tra l'altro che “L'ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all'originale dell'atto da notificarsi”, e che “Se l'atto da notificare o comunicare è costituito da un documento informatico e il destinatario non possiede indirizzo di posta elettronica certificata, l'ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna di una copia dell'atto su supporto cartaceo, da lui dichiarata conforme all'originale, e conserva il documento informatico per i due anni successivi”. Ne risulterebbe necessaria pertanto la attestazione di conformità, l'assenza della quale farebbe rifluire la irregolarità nella sanzione processuale della inesistenza, che come tale ovviamente non potrebbe neppure legittimare la rinnovazione, come invece accadrebbe per il caso della nullità.

L'indirizzo appena richiamato è stato tuttavia superato dalla giurisprudenza successiva (per la verità già la risalente Sez. L, Sentenza n. 6272 del 1° dicembre 1984, aveva sostenuto che «la mancanza, nella copia della sentenza notificata, della certificazione del cancelliere attestante la conformità di tale copia all'originale non incide sulla validità della notificazione e non ne comporta l'inidoneità a far decorrere il termine breve per l'impugnazione»), la quale ha avuto buon gioco a porre a riferimento l'art. 160 c.p.c., secondo il quale “la notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva l'applicazione degli artt. 156 e 157”, così stabilendo casi specifici di nullità, ed escludendo che possa ravvisarsi un vizio della specie in ipotesi diverse. D'altra parte, che in un caso della specie debba escludersi l'inesistenza della notificazione è conclusione alla quale si perviene anche tenendo conto della giurisprudenza che si è occupata della distinzione tra gli istituti, per l'appunto, della inesistenza e della nullità (Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016, «L'inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell'attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, "ex lege", eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l'atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa»).

Va pertanto correttamente esclusa, secondo la disciplina generale codicistica, la sussistenza della nullità della notificazione, quando l'atto consegnato sia privo della attestazione di conformità, e a maggior ragione va esclusa la ipotesi della inesistenza della notificazione stessa, quando essa sia avvenuta mediante il compimento delle attività integranti gli elementi costitutivi essenziali della procedura.

Nel caso delle notificazioni telematiche eseguite direttamente dall'Avvocato, l'art. 3-bis, comma 2, l. n. 53/1994 stabilisce che “Quando l'atto da notificarsi non consiste in un documento informatico, l'avvocato provvede ad estrarre copia informatica dell'atto formato su supporto analogico, attestandone la conformità con le modalità previste dall'art. 16-undecies d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. La notifica si esegue mediante allegazione dell'atto da notificarsi al messaggio di posta elettronica certificata” (e il successivo comma 5, lett. g, prevede che nella relata debba essere inserita l'attestazione di conformità di cui al comma 2).
L'art. 11 della stessa legge prevede che “Le notificazioni di cui alla presente legge sono nulle e la nullità è rilevabile d'ufficio, se mancano i requisiti soggettivi ed oggettivi ivi previsti, se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell'atto o sulla data della notifica”. Detto che la norma che disciplina le notificazioni in proprio da parte degli Avvocati stabilisce ipotesi di nullità specifiche per la relativa procedura, diverse ed ulteriori rispetto a quelle in generale stabilite nel codice di rito, vi è da chiedersi se ai sensi della norma appena richiamata, la mancanza della asseverazione di conformità integri una ipotesi di nullità, che peraltro sarebbe nella specie espressamente prevista.

Sul punto è tuttavia preliminare osservare che vi è differenza tra notificazione di una copia informatica di documento analogico, e notificazione di una copia informatica di documento informatico (ancora diversa è la ipotesi del duplicato informatico). Nel primo caso trova infatti applicazione l'art. 3-bis l. n. 53/1994, che come visto si riferisce alla estrazione di copia informatica dell'atto inizialmente formato su supporto analogico. E in questo caso vi è la espressa conseguenza della nullità, ove sia mancante la attestazione di conformità, poiché è la norma stessa che la prevede. Nel secondo caso, tuttavia, una previsione di nullità non appare direttamente stabilita dalla legge, pur se l'art. 16-undecies, comma 3, d.l. n. 179/2012 stabilisce che “Se la copia informatica è destinata alla notifica, l'attestazione di conformità è inserita nella relazione di notificazione” (e tanto perché la previsione di nullità stabilita per le notifiche in proprio non è riferita anche a tale diversa ipotesi, e non pare che possa estendersi la sanzione di nullità oltre ai casi espressamente previsti dalla legge).

Sennonché, ed in ogni caso, il concreto rilievo della nullità non potrebbe che essere ispirato al principio generale, secondo il quale la nullità non potrebbe mai essere pronunciata, in caso di raggiungimento dello scopo dell'atto.

È in questo che la decisione in commento opera un chiarimento importante, per le ricadute ermeneutiche che essa implica. Essa afferma infatti che l'idoneità della notificazione non è esclusa per effetto della mancanza di asseverazione di conformità (quand'anche richiesta, deve intendersi), poiché è la parte interessata a dover allegare, e se necessario provare, il pregiudizio subito per effetto non tanto della mancanza di asseverazione, quanto della sottesa difformità dell'atto notificato rispetto all'originale. La relazione di causa ed effetto tra l'atto viziato e il rilievo della nullità viene pertanto disancorata dal mero rilievo della irritualità, di fatto stabilendo una presunzione, sia pure semplice, di raggiungimento dello scopo della notificazione nulla, da superare a cura della controparte interessata. Ovviamente nel caso in esame tale soluzione è agevolata dalla circostanza per la quale la parte destinataria della notificazione ha comunque svolto l'atto processuale conseguente (la proposizione del ricorso, sia pure da sanzionare con la tardività e quindi con la inammissibilità) –ma va segnalato in senso contrario Trib. Velletri, 5 giugno 2018, in judicium.it, secondo cui «La notifica a mezzo pec recante la sola attestazione di conformità del ricorso per decreto ingiuntivo e della procura alle liti ma non anche quella riguardante il decreto allegato come file separato è nulla in ragione delle previsioni degli artt. 3-bis e 11 l. n. 53/1994, oltre che degli artt. 16-bis, comma 9-bis, e 16-undecies d.l. n. 179/2012; tale nullità, incidendo sulla possibilità stessa di avere conoscenza del provvedimento da opporre, rende ammissibile il rimedio tardivo previsto dall'art. 650 c.p.c.»-. Resterebbe da valutare se analoghi approdi siano possibili in assenza di attività processuale della parte che abbia in ipotesi subito la nullità (ad esempio in caso di contumacia, in ordine alla quale pare utile richiamare Sez. 2, Sentenza n. 8 del 03/01/2019, secondo la quale «In tema di impugnazioni, il contumace può interporre gravame avverso la sentenza che lo abbia visto soccombente dopo la scadenza del termine annuale dalla sua pubblicazione, a condizione che egli dia la prova sia della nullità della citazione o della relativa notificazione (nonché della notificazione degli atti di cui all'art. 292 c.p.c.) sia della non conoscenza del processo a causa di detta nullità. Il medesimo contumace ha, quindi, l'onere di dimostrare l'esistenza di circostanze di fatto positive dalle quali si possa desumere il difetto di anteriore conoscenza o la presa di conoscenza del processo in una certa data e tale prova può essere fornita anche mediante presunzioni, senza che, però, possa delinearsi, come effetto della presunzione semplice di mancata conoscenza del processo, l'inversione dell'onere della prova nei confronti di chi eccepisce la decadenza dall'impugnazione»).

La decisione assunta dalla Suprema Corte va apprezzata per essersi fatta carico di una problematica di rilievo, i cui risvolti vanno ben oltre il caso concreto, anche in ragione delle nuove forme processuali telematiche. La fase successiva alla introduzione dei tecnicismi propri delle regole dettate per il ricorso ai nuovi strumenti tecnologici, inizialmente caratterizzata per un certo formalismo, si sta assestando sempre più con la presa d'atto che i principi ai quali ispirarsi restano pur sempre quelli propri del processo civile. Le forme vanno infatti intese come meri strumenti, quali che siano le modalità tecniche volta per volta previste dalla legge, e il loro rispetto non può che essere valutato attraverso la verifica concreta degli effetti processuali che abbiano provocato, ferma restando la necessaria garanzia del diritto di difesa delle parti contrapposte (tuttavia gravate, come osservato dalla Cassazione, di un onere di leale collaborazione, se non di autoresponsabilità).

Guida all'approfondimento
  • DE CRISTOFARO M., L'improcedibilità in Cassazione 2.0: quali gli oneri congrui di deposito a fronte di notifica della sentenza a mezzo PEC?, 2018, 4, 547.

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