Esclusi dalla quota del TFR spettante all’ex coniuge gli anticipi, l’incentivo all’esodo e l’indennità convenzionale per cariche rinunciate
11 Febbraio 2020
Il diritto dell'ex coniuge al 40%del TFR.Ritenendo sussistenti i presupposti di cui all'art. 12-bis l. n. 898/1970, l'ex moglie ricorre dinanzi al Tribunale chiedendo l'attribuzione della quota percentuale dell'indennità di fine rapporto dovuta all'ex marito dalla società e riferita agli anni in cui il rapporto di lavoro era coinciso con il matrimonio.
Il diritto dell'ex coniuge alla quota del TFR matura al momento della cessazione del rapporto di lavoro.La ex moglie aveva richiesto che la quota del 40% fosse calcolata anche sugli importi percepiti dal marito, a titolo di anticipazione ex art. 2120 c.c., prima del divorzio. Il Tribunale è però di opposto avviso e ha respinto la richiesta. Secondo il Collegio, l'art. 12-bis l. n. 898/1970 è chiaro nel sancire che il coniuge divorziato non passato a nuove nozze e titolare di assegno divorzile ha diritto ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto «percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro». Pertanto, tutto ciò che è stato percepito anteriormente alla cessazione del rapporto di lavoro non entra nel calcolo della quota.
L'incentivo all'esodo e l'indennità convenzionale per la cessazione di cariche sociali non sono assimilabili al TFR. La ex moglie aveva chiesto altresì di ricomprendere nel TFR anche le somme percepite dall'ex marito a titolo di incentivo all'esodo e di indennità convenzionale per la cessazione delle ulteriori cariche presso la società. Il Tribunale ha respinto anche questa seconda richiesta, assumendo che l'incentivo all'esodo non è costituito da somme accantonate durante il pregresso periodo lavorativo coincidente con il matrimonio, bensì si sostituisce ad un mancato reddito futuro. La natura risarcitoria dell'incentivo all'esodo che, erogato al termine di una trattativa tra lavoratore e datore di lavoro finalizzata allo scioglimento del rapporto di lavoro, mira a sostituire mancati guadagni futuri, è dimostrata dall'assoggettabilità di tale somma ad IRPEF, quale fonte reddituale aggiuntiva offerta al dipendente in funzione del ristoro di un lucro cessante.
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