La liquidazione dei compensi spettanti al curatore fallimentare e al coadiutore della procedura

La Redazione
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25 Febbraio 2020

Il decreto di liquidazione del compenso spettante al curatore deve essere specificatamente motivato in ordine alle opzioni discrezionali adottate dal giudice del merito, ex art. 39 l.fall., con la conseguente nullità del suddetto decreto, qualora risulti privo di motivazione al riguardo, denunciabile con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost..

Il decreto di liquidazione del compenso spettante al curatore deve essere specificatamente motivato in ordine alle opzioni discrezionali adottate dal giudice del merito, ex art. 39 L. Fall., con la conseguente nullità del suddetto decreto, qualora risulti privo di motivazione al riguardo, denunciabile con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost..

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 3871/20, depositata il 17 febbraio.

La vicenda. Un avvocato, in veste di curatore del fallimento di una casa di riposo impugnava il decreto del Tribunale recante, su sua richiesta, la liquidazione del proprio compenso finale e di quello del coadiutore della procedura. In particolare, il ricorrente, con il motivo di ricorso, contesta il fatto che il Tribunale non abbia indicato i parametri di merito e contabili alla base della finale liquidazione, fuoriuscendo anche dai minimi tabellari vigenti.

Sul compenso del coadiutore della procedura. Innanzitutto, occorre ricordare che per coadiutore della curatela fallimentare, nominato ai sensi dell'art. 32, comma 2, l.fall., si intende quel soggetto che svolge prestazioni d'opera integrative dell'attività del curatore, in posizione però subordinata rispetto a tale organo della procedura concorsuale; svolgendo, dunque, funzioni di collaborazione e di assistenza nell'ambito della procedura concorsuale, questi assume la veste di ausiliario del giudice. E per quanto riguarda il compenso, la Suprema Corte, in prima battuta, sottolinea che la nomina di un coadiutore rimane assoggettata alle norme pubblicistiche che regolano l'affidamento di incarichi nella procedura fallimentare e l'attività prestata non è, per tale motivo, riconducibile all'esecuzione di un contratto d'opera professionale, posto che «la curatela si avvale di esso per ricevere un contributo tecnico al perseguimento delle finalità istituzionali».

Sul compenso del curatore fallimentare. Con riferimento invece all'ammontare del compenso spettante al ricorrente, curatore fallimentare, questi sostiene che il decreto impugnato non indica alcuni parametri essenziali esposti dal D.M. del 25 gennaio 2012, n. 30, quali: l'opera prestata dal curatore, i risultati ottenuti, l'importanza del fallimento etc.
Ed è sulla base di tali considerazioni che i Supremi Giudici della Cassazione accolgono il ricorso del curatore fallimentare dando continuità al principio, cui dovrà attenersi il giudice del rinvio, in virtù del quale il decreto di liquidazione del compenso spettante al curatore deve essere specificatamente motivato in ordine alle opzioni discrezionali adottate dal giudice del merito, ex art. 39 L.fall., con la conseguente nullità del suddetto decreto, qualora risulti privo di motivazione al riguardo, denunciabile con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost.. Non basta, pertanto, il mero richiamo all'istanza del curatore, se privo di criteri in concreto adottati, «risultando altrimenti nullo il decreto di liquidazione». Ed, inoltre, tale principio andrà applicato anche per la liquidazione del compenso spettate al coadiutore che, nel caso in esame, avrebbe operato nella duplice funzione sia di coadiutore, appunto, sia di professionista consulente di parte per conto del fallimento in un altro processo, richiamandosi dunque il rispetto delle rispettive distinte regole di liquidazione dei compensi.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it