Separazione giudiziale: l'educatore domiciliare e la rilevanza civile della sentenza penale di patteggiamento
27 Febbraio 2020
Massima
Le gravi criticità genitoriali, l'elevato livello di livore vicendevole, il continuo spostamento dell'attenzione sulla incapacità dell'altro nella relazione con la figlia dimostrano che i genitori non hanno ancora acquisito le competenze necessarie per la gestione della responsabilità genitoriale che, ai sensi dell'art 333 c.c., ne impone la limitazione quale unica soluzione allo stato idonea a garantire il percorso di crescita della bambina. La sentenza penale di applicazione della pena ex art 444 c.p.p. costituisce elemento di prova per il giudice di merito. Il caso
In questo giudizio di separazione giudiziale, instaurato nel 2016, la moglie ricorrente, nel proprio ricorso introduttivo, chiedeva l'affidamento esclusivo rafforzato della figlia con modalità di visite protette del padre, oltre all'addebito della separazione, all'assegnazione della casa familiare e al riconoscimento di un assegno di mantenimento per sé e per la figlia. A sua volta, il marito, chiedeva l'addebito della separazione in capo alla moglie, l'affido condiviso della bimba dopo la chiusura dello spazio neutro, già in atto, offrendo un ridotto contributo di mantenimento per la figlia rispetto a quello richiesto dalla moglie, e opponendosi al riconoscimento di qualsivoglia assegno di mantenimento per la ricorrente. Preso atto da parte del tribunale che era in corso una indagine da parte dei Servizi Sociali incaricati dalla Procura della Repubblica presso il tribunale per i Minorenni e che era stato attivato lo spazio neutro, l'udienza presidenziale veniva rinviata per l'acquisizione da parte dei Servizi e dello spazio neutro di relazioni atte a fornire un quadro esaustivo sui genitori e sulla relazione con la bambina. All'esito dell'esame di detti elementi, con ordinanza ex art 708 c.p.c, il Presidente del Tribunale, preso anche atto dell'avvenuto allontanamento della moglie dalla casa familiare con la bimba nel 2016, valutava necessario affidare la figlia ex art 333 c.c. al Comune di Milano con collocazione della stessa presso la madre, incaricando il servizio di regolamentare le visite del padre con la figlia proseguendo con gli incontri in spazio neutro e incaricando l'ente affidatario di attivare un percorso individuale di supporto alla genitorialità, con avviso ai genitori che, in caso di mancata collaborazione con gli operatori dei Servizi incaricati, sarebbero potuti essere assunti dal tribunale ulteriori provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale. Il Presidente, respingeva poi la richiesta di assegnazione della casa familiare avanzata dalla moglie e poneva a carico del marito l'obbligo della corresponsione di un assegno di mantenimento per la figlia di € 600,00, oltre alla partecipazione alle spese straordinarie e di € 200,00 per la moglie con decorrenza da giugno 2017. Alla successiva udienza d trattazione preso atto del rapporto simbiotico tra la bimba e la madre e la incapacità di quest'ultima di distinguere il pano di relazione tra lei e il marito e quello tra il padre e la figlia, il giudice istruttore disponeva CTU all'esito della quale, accogliendo le osservazioni e le conclusioni del perito, parzialmente modificando l'ordinanza presidenziale, provvedeva che l'ente affidatario regolamentasse le frequentazioni madre-figlia alla presenza di un educatore domiciliare secondo un calendario definito e che tale intervenuto educativo domiciliare fosse attivato anche presso l'abitazione materna. L'ordinanza prevedeva, inoltre, che il Servizio prendesse in carico entrambe i genitori presso il CPS e che avviasse un percorso di sostegno alla genitorialità, ivi compresa l'attività di monitoraggio sulla evoluzione della situazione genitoriale anche in rapporto a eventuali pregiudizi per la minore. Poiché, nonostante le relazioni dei servizi successivamente depositate e l'invito del Giudice a trovare un accordo, le parti insistevano nelle loro richieste depositando rispettivamente le proprie memorie ai sensi dell'art 183 comma 4,c.p.c, il Giudice respingeva le richieste istruttorie orali e fissava l'udienza per la precisazione delle conclusioni per il giorno 3.7.2019. Il Tribunale Milanese decideva la causa in questione con la sentenza n. 9082 in data 9.10.2019 che ora andremo ad esaminare nelle diverse questioni giuridiche affrontate. La questione
In questa conflittuale vicenda separativa, durata processualmente oltre tre anni, sono state affrontate dai Giudici molte questioni giuridiche degne di esame, ovvero, l'addebito, le questioni economiche e la responsabilità genitoriale. Le soluzioni giuridiche
a) L'addebito Si trattava di verificare la violazione del rispetto dell'integrità e della persona del coniuge attraverso episodi di insulti, denigrazioni, offese, minacce anche alla presenza della bambina, oltre a violenze fisiche. Episodi contestati dal marito che, a sua volta, contestava alla moglie l'abbandono della casa familiare. Nell'accogliere la domanda di addebito della moglie, il Giudice Milanese ha tenuto rilevante il materiale probatorio acquisito nel corso del giudizio. Molto interessante è il valore attribuito dal giudice civile alla sentenza del GIP di Milano del 4.10.2018 di applicazione della pena ex art 444 c.p.p per i reati di maltrattamento e lesioni aggravate commesse dal marito ai danni della moglie. Tale sentenza, infatti, viene ritenuta indiscutibile elemento probatorio per il giudice di merito in quanto l'implicito riconoscimento di responsabilità sotteso alla sentenza emessa in sede di patteggiamento penale, può ben essere utilizzato come prova nel giudizio civile, dato che in tal caso l'imputato non nega la propria responsabilità e accetta una determinata condanna. A suffragio di tale assunto, il Tribunale di Milano fa riferimento alla prevalente e costante giurisprudenza di legittimità in materia. Pertanto alla sentenza di applicazione della pena deve attribuirsi nel giudizio civile e nella fattispecie in esame un valore probatorio in ordine alla sussistenza della violazione del dovere di rispetto della integrità e della dignità del coniuge. Ai fini probatori, quanto testè esposto viene rafforzato da alcuni sms scambiati tra i coniugi, e allegati dalla difesa della moglie, dai quali si evince il riconoscimento di alcuni episodi da parte del marito, compreso quello inerente ad una minaccia con un coltello. Non è stato poi trascurato dal Tribunale il referto del pronto soccorso allegato agli atti relativo all'episodio occorso il 24.9.2016 a seguito del quale la moglie veniva dimessa con prognosi di 15 giorni (l'intervento del 118 era stato attivato dalla stessa ricorrente che si era in chiusa sotto minaccia fisica perpetrata dal marito con un'arma da taglio). È stata dunque ritenuta provata la sussistenza del nesso di causalità tra le condotte poste in essere dal marito e la crisi coniugale ai fini della pronuncia di addebito in capo a quest'ultimo. Parimenti, è stata respinta la domanda di addebito avanzata dal convenuto nei confronti della coniuge, non avendo lo stesso provato la violazione del dovere di convivenza da parte della moglie, atteso che il Tribunale segnala come l'allontanamento dalla casa familiare della signora, avvenuto la notte tra il 24 e il 25.9.2016, abbia trovato la sua giusta causa nelle condotte di violazione dei doveri coniugali da parte del marito, ampiamente provare provate nel corso del giudizio. A suffragio di questo assunto giuridico, il giudice milanese fa riferimento a granitica giurisprudenza di legittimità della Suprema Corte (ex multis, Cass. Civ, n. 3925/2018, Cass. Civ. n. 8458/2011; Cass. Civ. n. 19328/2015).
b) Le questioni economiche del mantenimento Sotto il profilo economico, le richieste delle parti divergevano, sia per quanto riguarda la cifra destinata al contributo al mantenimento della figlia, sia per quanto riguarda il diritto alla moglie alla percezione di un assegno di mantenimento personale. Partendo da richieste estremamente distanti circa il contributo al mantenimento della figlia minore (la madre insisteva in € 1.200,00 mensili oltre al 75% spese straordinarie e il padre chiedeva la conferma della somma di € 600,00 mensili oltre il 50% delle spese extra assegno), il Tribunale ha assunto la decisione di determinare in € 700,00 mensili oltre al pagamento del 60% delle spese extra assegno, individuate secondo le linee guida vigenti, la somma dovuta dal padre a titolo di mantenimento della figlia. Tale statuizione è frutto dell'esame degli elementi probatori acquisiti nel corso del giudizio. Ovvero, Il Tribunale di Milano ha tenuto conto del fatto che, se al momento dell'udienza presidenziale, la madre non lavorava, durante i processo è riuscita a trovare una occupazione lavorativa quale agente assicurativo che le fruttava il pur modesto reddito annuo lordo di € 11.000. Osserva il collegio che la capacità reddituale della signora, per quanto attualmente bassa, è destinata ad aumentare in futuro, come da fatturato prodotto. Ciononostante, non sfugge all'organo giudicante che rimane un significativo divario reddituale tra i genitori, atteso che è risultato comprovato che il convenuto ha lievemente migliorato nel corso del giudizio la sua posizione reddituale (€ 37.000 lordi annui) , rafforzata anche dall'eredità paterna. I Giudici hanno poi valutato di tenere in conto che la moglie deve sostenere un onere a titolo di canone locatizio e spese condominiali, laddove il marito è rimasto a vivere nella casa familiare di sua esclusiva proprietà Considerati, infine, i tempi di frequentazione padre-figlia, i compiti di accudimento e esigenze complessive della bambina assolti principalmente dalla madre, il Tribunale ha ritento equo stabilire in capo al padre l'obbligo di corresponsione della somma mensile di € 700,00 a titolo di contributo al mantenimento della figlia, oltre alla partecipazione nella misura del 60% alle spese straordinarie. Quanto, invece, alla moglie, il Tribunale di Milano respinge la richiesta di assegno di mantenimento a favore della moglie. Le motivazioni poste alla base di tale decisione consistono nella giovane età della ricorrente (32 anni) e nel fatto che la stessa si sia attivata per riuscire a reperire una attività lavorativa rispondente alle sue competenze con un reddito che, se pur modesto, potrà essere incrementato. Per il tribunale milanese, dunque, la signora dispone di mezzi adeguati per provvedere al proprio mantenimento anche in ragione del fatto che non è stato dimostrato nel cosso del giudizio un particolare tenore di vita. Tenore di vita che, a detta dei giudici, non avrebbe comunque potuto assumere rilevanza in considerazione del reddito del coniuge e della breve durata del matrimonio (un anno).
c) La decisione circa la responsabilità genitoriale Quanto all'ultima importantissima questione, ovvero la responsabilità genitoriale, la vicenda ha avuto una evoluzione che ha comportato un percorso complesso e delicato, tanto da porre in capo al Giudice il continuo esame sia delle progressive relazioni dei servizi, sia della intervenuta CTU. Ciò su cui si è basato il collegio per emettere la sentenza in esame, è la valutazione delle relazioni dei servizi, dell'elaborato peritale e, soprattutto, dell'ultima certificazione del medico del consultorio familiare che ha seguito la coppia in un percorso di sostegno alla genitorialità, il quale ha segnalato un ancora elevato livello di livore vicendevole tra i genitori, entrambi concentrati sul riconoscimento delle proprie capacità nella gestione della bambina, tanto da spostare di continuo l'attenzione sulla incapacità dell'altro nella relazione con la figlia. Tuttavia, nell'assunzione della articolata decisione da parte del Tribunale, lo stesso ha mostrato di tenere in primaria considerazione, in prospettiva prognostica, la possibilità di superamento delle criticità attraverso gli interventi già in essere volti alla comprensione dei bisogni della bambina da parte di entrambi i genitori, atteso, anche il miglioramento della relazione della minore con il padre e del lento e progressivo superamento da parte della stessa delle fragilità e insicurezze che la stessa aveva manifestato all'inizio. Il collegio milanese, dunque, con la sentenza quivi in esame, ha stabilito l'affidamento della minore, ex art 333 c.c., al Comune di Milano con limitazione delle responsabilità genitoriali in ordine alle decisioni di maggior interesse per la figlia relative alla istruzione, educazione e salute. Ha altresì disposto il collocamento della figlia presso la madre con l'onere da parte dell'Ente affidatario di regolamentare le frequentazioni padre-figlia ancora alla presenza di un educatore domiciliare secondo il calendario già in essere ma con la possibilità di ampliamento graduale al fine di una progressiva liberalizzazione degli incontri che preveda anche l'introduzione del pernottamento presso la figura paterna. Viene altresì disposto in sentenza che l'intervento di educativa domiciliare prosegua anche presso la madre e che venga mantenuto il percorso di supporto alla genitorialità valutando l'avvio di un successivo percorso di mediazione familiare. L'Ente affidatario, viene infine incaricato di proseguire una stretta attività di monitoraggio sulla situazione della coppia genitoriale e sull'evolversi della situazione psico-fisica della minore. I genitori, con il provvedimento de quo, vengono poi avvisati che in caso di mancata effettiva collaborazione con gli operatori incaricati, potranno subire interventi giudiziari ulteriormente ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale. Osservazioni
L'istituto dell'addebito della separazione, considerato da parte della dottrina, desueto e inadeguato al progressivo mutamento della evoluzione sociale del concetto di famiglia, viene da questa sentenza perfettamente applicato nel su intrinseco significato, pur adeguato al granitico principio giurisprudenziale che richiede la dimostrazione del nesso di causalità tra violazione dei doveri coniugali e fallimento del matrimonio. Interessante e di peculiare utilità, è l'utilizzo in sede civile della sentenza penale ai sensi dell'art 444 c.p.p. al fine della prova della sussistenza delle violazioni dei doveri matrimoniali in quanto considerata raggiunta a prescindere dall'intervenuto patteggiamento. Lascia perplessa, in chi scrive, la decisione della sentenza in esame circa a compensazione delle spese di lite. È noto, infatti, che nella maggior parte dei casi la pronuncia di addebito della separazione segue la condanna alle spese processuali: se si considera che, giuridicamente, la attribuzione ad un coniuge della responsabilità del fallimento del matrimonio comporta due sole conseguenze negative per chi la subisce (no corresponsione assegno mantenimento e decadenza diritti ereditari), spesso la condanna alle spese processuali rappresenta un degno ristoro per la parte che ha subito le violazioni accertate. Poiché, nella fattispecie, la compensazione alle spese legali non è stata motivata, rimane un “vuoto” degno di potere essere approfondito in sede di appello. Quanto alla parte decisionale inerente alla responsabilità genitoriale, merita di essere segnalata la figura dell'educatore domiciliare che la scrivente, per quanto soggetto non regolamentato normativamente, ritiene possa comportare un concreto elemento di utilità ai fini del supporto all'esercizio della responsabilità genitoriale. Pare altresì evidente che la accertata conflittualità genitoriale e le modalità attraverso le quali si è concretizzato l'esercizio della responsabilità da parte di ciascuno dei genitori, necessitassero di un “prudenziale” approccio decisionale da parte del Tribunale che, comunque, a ben vedere, lascia spazio a margini di ampliamento e di un eventuale futuro accesso all'azione giudiziaria da parte di entrambe i genitori, ognuno a seconda delle proprie ragioni, volta a modificare la sentenza de qua a seconda degli intervenuti cambiamenti ed in ordine al primario interesse della minore. |