Utilizzo dell'applicativo T.I.A.P.: fonti normative

02 Marzo 2020

Quali sono le fonti normative che legittimano l'utilizzo dell'applicativo T.I.A.P.?

Quali sono le fonti normative che legittimano l'utilizzo dell'applicativo T.I.A.P.?

Secondo l'orientamento che pare accolto dalla giurisprudenza di legittimità, la fonte normativa che legittima l'impiego del T.I.A.P. per la “comunicazione di atti” tra uffici giudiziari è rappresentata dall'art. 64, comma 3 e 4, disp. att. cod. proc. pen. (cfr. Cass., Sez. 3, n. 27910 del 27/03/2019; Cass., Sez. 3, n. 53986 del 25/06/2018; Cass. Sez. 1, n. 14869 del 19/12/2016, dep. 2017).

In particolare, il comma 4 di tale disposizione stabilisce che la comunicazione di atti tra gli uffici può avvenire anche “con mezzi tecnici idonei”, prescrivendo, tuttavia, che il funzionario di cancelleria del giudice che ha emesso l'atto attesti, in calce ad esso, di aver trasmesso il testo originale.

Nel caso di utilizzo del sistema T.I.A.P., secondo quanto generalmente contenuto nei protocolli tra le parti, è previsto solo che “La Procura della Repubblica curerà che su ogni fascicolo inoltrato all'Ufficio GIP - relativamente al quale si sia proceduto all'inserimento in TIAP - sia apposto, da parte della segreteria del PM, idonea stampigliatura attestante l'avvenuto inserimento” (cfr., ad esempio, il Protocollo d'intesa stipulato a Napoli il 2 ottobre 2012 tra il Presidente della Camera Penale, il Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ed il Presidente del Tribunale).

L'attestazione di conformità, pertanto, consiste nella indicazione dell'avvenuto inserimento degli atti in T.I.A.P., sottoscritta dal cancelliere. Con questa dicitura, di fatto, il cancelliere che sottoscrive comunica che gli atti posti a fondamento della misura o dell'esercizio dell'azione penale sono stati trasmessi in via telematica, affermando implicitamente la conformità degli stessi agli originali cartacei. Questa valutazione, del resto, è contenuta nei protocolli tra le parti del procedimento penale. Ad esempio, in quello n. 1684 del 24 marzo 2016, stipulato tra la Procura della Repubblica di Napoli, il Tribunale di Napoli, il Consiglio dell'Ordine di Napoli e la Camera penale, relativo all'estensione del T.I.A.P., è espressamente convenuto che la dicitura T.I.A.P., sottoscritta dal cancelliere, assume “valore di attestazione di conformità del fascicolo digitale a quello cartaceo”.

L'art. 64, comma 4, disp. att. cod. proc. pen, pertanto, nel caso degli atti trasmessi con applicativo TIAP, è la fonte normativa di un sistema i cui pilastri ulteriori sono costituiti pure dai protocolli d'intesa tra gli uffici giudiziari e le organizzazioni forensi (nonché dai provvedimenti ministeriali che ne hanno imposto l'adozione agli uffici).

Il fondamento normativo del modello posto in essere pare rappresentato anche dall'art. 22 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale, in forza del quale la copia informatica di un atto - prodotta mediante processi e strumenti che assicurano che il documento informatico abbia contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto - ha la stessa efficacia dell'atto cartaceo (cfr., in questo senso, Cass., Sez. 3, n. 27910 del 27/03/2019, Ciccarelli e altri, cit.). Questa norma sembra costituisce un altro caposaldo del modello realizzato: da una parte, il cancelliere, con la dicitura “T.I.A.P.” attesta di avere inserito nell'applicativo proprio le scansioni degli atti cartacei (art. 64, comma 4, disp. att. cod. proc. pen. e protocolli d'intesa); dall'altro, le copie digitali hanno lo stesso valore degli originali.

Sul punto, peraltro, appare utile segnalare anche una recente decisione della Corte di cassazione, secondo cui «non si rinviene nell'attuale sistema processuale una espressa previsione relativa alla perfetta sostituibilità formale tra fascicolo informatizzato presente al TIAP e fascicolo cartaceo, formato in osservanza alle regole del codice di procedura penale …, sicché è a quest'ultimo che deve farsi riferimento per il contenuto degli atti posti alla base del processo» (Cass., Sez. 5, n. 27315 del 7/03/2019).

Secondo questa pronuncia, «in tema di valenza del fascicolo informatizzato contenuto nel sistema TIAP, qualora le condizioni formali relative alle comunicazioni ai sensi dell'art. 64, commi 3 e 4, disp. att. cod. proc. pen. ovvero alla esatta osservanza delle indicazioni contenute nei Protocolli d'Intesa tra gli uffici giudiziari e gli ordini degli avvocati interessati non ricorrano - come nel caso di specie, in cui manca la prevista attestazione formale di corrispondenza tra il contenuto del fascicolo procedimentale cartaceo e quello del fascicolo informatizzato inserito nel sistema TIAP, indispensabile ad attestare la conformità del secondo al primo - le parti non possono che far fede sul fascicolo processuale cartaceo e di quello devono tenere conto per le loro richieste» (Cass., Sez. 5, n. 27315 del 7/03/2019).

Nella stessa decisione, tuttavia, «la prevista attestazione formale di corrispondenza tra il contenuto del fascicolo procedimentale cartaceo e quello del fascicolo informatizzato inserito nel sistema TIAP» è ritenuta “presunta” nella sottoscrizione apposta sul frontespizio del fascicolo cartaceo dal cancelliere assegnato a tale incarico, il quale firma la specifica dizione "TIAP" con cui si attesta la corrispondenza – a questo punto, implicitamente – attesta la conformità agli atti originali delle copie digitali e, come si è visto, si riconosce nell'art. 64, commi 3 e 4, disp. att. cod. proc. pen. e nelle indicazioni contenute nei Protocolli d'intesa tra gli uffici giudiziari e gli ordini degli avvocati interessati la fonte del sistema che è stato posto in essere.

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