Trasferimento del minore e tribunale competente
03 Marzo 2020
Un minore, figlio di genitori non coniugati, vive da quattro mesi con il padre mentre la madre vive in un'altra città. La madre ha autorizzato l'iscrizione a scuola del figlio presso la città del padre dove quindi il minore da quattro mesi frequenta la scuola. La residenza anagrafica del minore però è ancora dalla madre, la quale non da l'assenso al suo trasferimento presso la città del padre pur essendo d'accordo che il figlio viva con lui. Nel caso in cui il padre volesse introdurre un ricorso per la regolamentazione degli accordi genitoriali può adire il Tribunale della propria città?
È pacifico che la domanda ex art. 316- 337-bis e ss. c.c. vada proposta al Tribunale del luogo di residenza abituale del minore e non in quello di residenza del convenuto ex art. 18 c.p.c.. È quindi importante chiarire cosa si intende per residenza abituale del minore, a maggior ragione nei casi di mutamento della residenza del figlio, come quello di cui si discute. La giurisprudenza della Cassazione ha enunciato che la «residenza abituale è il luogo in cui il minore ha consolidato, consolida, ovvero potrà consolidare una rete di affetti e relazioni, tali da assicurargli un armonico sviluppo psico-fisico», e ha evidenziato come a tal fine non debba farsi riferimento ad un dato meramente quantitativo quale la prossimità del trasferimento o la durata del soggiorno, ma sia comunque «necessaria una prognosi sulla possibilità che la nuova dimora diventi l'effettivo, stabile e duraturo centro di affetti ed interessi del minore» (Cass. civ. n. 27358/2017). Alla luce dei presupposti richiamati e dei dati fattuali esposti (nello specifico: consenso della madre al trasferimento del figlio presso il padre e iscrizione del minore a scuola) deve ritenersi che il minore abbia acquisito la sua residenza abituale presso la città paterna e, quindi, che il Tribunale competente a pronunciarsi sia quello della città dove il minore si è trasferito. D'altra parte la Suprema Corte di Cassazione ha altresì specificato, con l'ordinanza Cass. civ. n. 7944/2013, che con riferimento alla competenza territoriale in sede di procedimento de potestate «è necessario aver riguardo al luogo dove si trova la dimora abituale del minore nel momento in cui è proposto il ricorso, senza che assuma rilievo la mera residenza anagrafica o eventuali trasferimenti contingenti o temporanei, laddove non sia stato possibile effettuare una prognosi sulla probabilità che la nuova dimora diventi l'effettivo e stabile centro d'interessi del minore». In altri termini, secondo la Suprema Corte, non sembrerebbe rilevare né il profilo formale anagrafico né quello meramente temporale, posto che «l'abitualità deve potersi verificare mediante un accertamento di fatto che tenga conto degli elementi che caratterizzano l'esistenza dei minori nel luogo indicato» (cfr. Cass. civ., 5 settembre 2014, n. 18817; Cass. civ., 19 luglio 2013, n. 17746). Pertanto, nel caso in cui il minore risulti anagraficamente residente con un genitore in un luogo diverso rispetto a quello dove effettivamente svolge la propria vita, come risulta nel caso di specie, si deve tener conto, ai fini della competenza, del luogo dove il bambino dimora nel momento in cui viene depositato il ricorso. Nel caso di specie, dunque, il padre collocatario potrà certamente adire il Tribunale della sua città al fine di ottenere il riconoscimento dello stato di fatto e una regolamentazione dei rapporti genitoriali. |