In G.U. disposizioni del proprio corpo post mortemFonte: L. 10 febbraio 2020 n. 10
11 Marzo 2020
L'art. 5 c.c. si riferisce al corpo umano, permettendo al suo titolare di disporne, sempre che l'atto di disposizione non determini diminuzione permanente dell'integrità fisica o non sia altrimenti contrario alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume. L'uomo può donare i propri organi ad altro vivente per motivi terapeutici e solidaristici e può pure donare il proprio cadavere post mortem, destinandolo alla ricerca scientifica e all'insegnamento anatomico. In particolare, in deroga all'art. 5 c.c. e nei limiti e alle condizioni di cui all'art. 32, comma 2, Cost., si ammette che l'interessato possa destinare i propri organi a trapianti afavore di persona vivente (l. 1 aprile 1999, n. 91), salvo che per il prelievo delle gonadi e del cervello, e con la precisazione secondo cui il prelievo avviene «esclusivamente a scopo di trapianto terapeutico» (art. 6 l. cit.). La facoltà (privatistica) di disporre del proprio cadavere, quale espressione di un diritto della personalità, assoluto e intrasmissibile (Cass. 27 marzo 1958, n. 1033, in FI, 1958, I, 529) rientra in una inveterata tradizione giuridica che rimette al singolo la disponibilità delle proprie spoglie mortali, che costituiscono «proiezione ultra-esistenziale della persona umana»; cosicchè il cadavere, che è una cosa sui generis, futuraed extra commercium, «conserva una sua dignità umana che lo rende incompatibilmente diverso da tutte le altre cose» (MANTOVANI). Normalmente il cadavere è destinato alla pace dei sepolcri, al riposo eterno ed al «ritorno alla polvere biblica» e tale interesse trova consacrazione nel principio di tendenziale indisponibilità (emergente dalla disciplina penalistica; artt. 407-413 c.p.). L'inviolabilità del cadavere viene però derogata per il perseguimento di diversificati interessi di carattere pubblico, che ne limitano la disponibilità privatistica che ad essa cede il passo, quali sono quelli: scientifici (quale la dissezione anatomica), terapeutici (mediante possibilità di effettuare trapianti di organi), di giustizia penale (concretantesi nell'autopsia clinica, in caso di morte per sospetto reato ex art. 116 art. c.p.p., ovvero, nell'esumazione, per “gravi indizi di reato”; comma 2), igienico-sanitari (quando si procede ad autopsia di persone morte per malattia infettiva o diffusiva: art. 45 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285). Non costituisce destinazione normale della salma la cremazione per ignizione (oggi ammessa dalla l. 30 marzo 2001, n. 130, che rende lecita pure la dispersione delle ceneri), dato che in tal caso la corporeità della salma viene violata ed è distrutta dal fuoco. Carenza di cadaveri disponibili per dissezione anatomica
Mentre la donazione di organi da cadavere a vivente per trapianti è normativamente disciplinata dalla richiamata l. n. 91 del 1999, il regime giuridico dettato in tema di donazione del cadavere a fini scientifici trovava una regolamentazione vetusta, del tutto insoddisfacente. Come per altre materie sensibili, c'era stato un parere del C.N.B. del 2013 (titolato alla “Donazione del corpo post mortem ai fini di studio e ricerca”) a focalizzare l'attenzione sull'esigenza di innovare la legislazione in materia, evidenziando l'opportunità di primariamente valorizzare le esigenze della scienza medica ed in particolare quelle della chirurgia. Il parere aveva evidenziato che l'esperienza diretta sul cadavere si rivela insostituibile, agli effetti della dissezione anatomica, nella formazione degli studenti, degli specializzandi, come pure nell'aggiornamento degli specialisti. Dato che tale attività permette di apprendere le pratiche chirurgiche di base ed avanzate, di sperimentare tecniche nuove e di perfezionarne altre sempre più complesse. Tuttavia, quest'esigenza imprescindibile per la formazione professionale dei chirurghi, in Italia risultava parzialmente frustrata dalla mancanza di disponibilità di cadaveri sui quali condurre queste esercitazioni anatomiche. Era questa una situazione paradossale in un paese come il nostro, «culla degli studi anatomici sin dal cinquecento e che richiamava studenti in medicina e professori provenienti da tutt' Europa», che, come evidenziava il C.N.B., rendeva difficile la partecipazione ad esercitazioni su cadaveri e preparati anatomici per mancanza appunto di materiale disponibile su cui esercitarsi. Lacune normative e linee guida del C.N.B.
Prima dell'intervento legislativo in rassegna, l'unica fonte normativa della materia si rinveniva nell'art. 32 r.d. 31 agosto 1933, n. 1592 («Testo unico delle leggi sull'istruzione superiore»), a tenore del quale, erano destinati all'insegnamento, alle indagini scientifiche e di studio i corpi morti di persone che fossero risultate totalmente sconosciute o prive di relazioni parentali o amicali, a meno che le stesse avessero espresso il loro consenso alla donazione. Tale previsione è stata considerata dal C.N.B. “eticamente inaccettabile” ed è stata opportunamente espunta dall'ordinamento, grazie all'art. 10 della novella, che l'ha espressamente abrogata. A sua volta, il Regolamento di polizia mortuaria del 1990 («Approvazione del regolamento di polizia mortuaria»; d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285) si limitava a dettare talune disposizioni di dettaglio nel capo VI, intitolato al «rilascio dei cadaveri a scopo di studio». Tra l'altro, disponendo che «il prelevamento e la conservazione dei cadaveri e dei pezzi anatomici, ivi compresi i prodotti fetali, devono essere di volta in volta autorizzati dall'autorità sanitaria» (art. 41). Fatte queste premesse, la novella legis di recente approvata dalla Camera (l. 10 febbraio 2020, n. 10, Norme in materia di disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem a fini di studio, di formazione e di ricerca scientifica, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 4 marzo 2020 ed in vigore dal 19 marzo) si è posta sulla falsariga delle linee d'intervento delineate dal parere del C.N.B., secondo cui l'atto di donazione del cadavere si ispira a finalità elevate, a valori altruistici, di solidarietà e di promozione della ricerca scientifica. Vengono quindi in considerazione in materia taluni significativi valori costituzionali, quale quello della ricerca scientifica (art. 9), declinato nell'ottica della tutela della salute dell'individuo e soprattutto della collettività (art. 32 Cost.). Il corpo destinato al tavolo anatomico non rispecchia più solo e soltanto una concezione proprietaria del cadavere (inteso come res sui generis) rimesso al senso di pietà e dignità individuale, di tendenziale indisponibilità, oltreché rimesso all'autodeterminazione soggettiva del disponente, ma ad un'innovativa concezione di esso, di natura solidaristica; dato che del cadavere viene valorizzata la sua dimensione sociale e collettiva che, in ottica quasi pubblicistica, intende, finalisticamente, tutelare la salute collettiva attraverso la ricerca scientifica e lo studio su di esso compiuto. Con la novella n. 10 del 2020 il legislatore ha inteso contemperare, grazie ad un equilibrato bilanciamento, le contrapposte esigenze e gli interessi che sul cadavere si concentrano e possono giustapporsi. Le esigenze altruistiche ed etiche, dirette allo studio, alla ricerca scientifica e alla formazione medica, trovano unica giustificazione nell'espressione del consenso effettivo (e non presunto) manifestato dall'interessato, che in quest'ottica abbia espressamente disposto l'utilizzo del proprio futuro cadavere. Tali esigenze sono rispecchiate dalla norma di esordio, che richiama i principi di solidarietà, proporzionalità e «rispetto del corpo umano» (art. 1, comma 1, l. cit.). Contenuti della novella
L'atto di disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem ai fini di ricerca e studio avviene con dichiarazione di consenso «redatta nelle forme previste dall'art. 4, comma 6, l. 22 dicembre 2017, n. 219» (art. 3, comma 1, l. n. 10 cit.). La legge sul consenso informato e d.a.t. (l. n. 219/2017) sta trovando un'area di progressiva espansione rispetto al suo campo di originaria applicazione, divenendo normativa di riferimento, dopo che la Corte Costituzionale (con sentenza Coste cost. n. 242/2019, pronunziata sul caso Cappato), per disciplinare la procedura di suicidio assistito, ha richiamato la disciplina contenuta nell'art. 1, comma 6, della cit. l. n. 219, laddove la stessa regola il rifiuto del paziente alle terapie ed ai trattamenti sanitari. Tale ultimo testo normativo anche in questa sede è stato nuovamente richiamato per disciplinare le modalità di espressione della volontà del disponente che intenda donare il suo corpo e i tessuti post mortem. Diversamente dall'opinione che riteneva che l'atto di disposizione del cadavere fosse assoggettato al principio di libertà di forma (DE CUPIS), il neofita legislatore ha rivestito l'atto de quo di un preciso formalismo giuridico, onde rendere avvertito il disponente di quanto sta per compiere, e così conferendo alle proprie spoglie mortali una destinazione “anomala”. La novella richiama, appunto, le forme previste dall'art. 4, comma 6, della l. n. 219 /2017, che sono quelle:
Tenuto conto della letterale previsione, non parrebbero ammesse ulteriori modalità di espressione del consenso (quale, ad es., tramite negozio testamentario ex art. 587, 2° comma, c.c., ovvero, mediante mandato post mortem conferito a persona di fiducia e che la giurisprudenza ritiene valido anche se privo di vincolo formale). Laddove il disponente abbia adottato formalità diversificate rispetto a quelle prescritte dalla neofita legge, non sono peraltro previste sanzioni di invalidità in grado di inficiare l'atto dispositivo. Con riguardo alla capacità del disponente, il donante deve essere persona maggiorenne e dotata di capacità di agire (arg. ex art. 4, comma 1, della l. n. 219/2017). Per i minori, tale volontà è espressa da entrambi i genitori, dal tutore o dai soggetti affidatari ai sensi della l. 4 maggio 1983, n. 184 (art. 3, comma 6, l. n. 10 cit., che omette di prevedere e disciplinare identica facoltà in capo al tutore dell'interdetto, all'inabilitato, solo o con autorizzazione del curatore, come pure in capo al soggetto sottoposto ad a.d.s.). Una volta espressa tale volontà dispositiva secondo gli indicati standard formali, «la dichiarazione è consegnata all'azienda sanitaria di appartenenza cui spetta l'obbligo di conservarla e di trasmetterne telematicamente i contenuti informativi alla banca dati» d.a.t. (di cui all'art. 1, comma 418, l. 27 dicembre 2017, n. 205). Per quanto la norma taccia, parrebbe che la materiale consegna della scrittura all'azienda sanitaria costituisca un onere a carico del donante. Il negozio dispositivo del cadavere è atto di ultima volontà, unilaterale, revocabile «in qualsiasi momento» (art. 3, comma 5, l. cit., che prevede la possibilità di revocare in qualsiasi momento il consenso espresso «con le modalità prescritte dal comma 1», ovvero, in presenza di «ragioni di emergenza ed urgenza», mediante «dichiarazione verbale raccolta o videoregistrata da un medico, con l'assistenza di due testimoni»), non dotato di contenuto patrimoniale (v. art. 7 l. cit.), Contenutisticamente, l'atto può presentare una certa varietà. La persona può stabilire che il proprio corpo, parti di esso (con esclusione di alcune, quali ad es., il viso, in quanto parte identificativa del defunto) o i tessuti, in seguito a decesso, sia destinato alla ricerca; potendone precisare la destinazione, ovvero, se lo stesso sia destinato ai fini didattici, di ricerca, ovvero ad entrambe le finalità; potendosi pure prevedere i tempi di restituzione della salma alla famiglia. Diversamente che in materia di d.a.t. ove ne è prevista la nomina facoltativa (art. 4, comma 4 l. n. 219), la legge n. 10/2020 stabilisce che il disponente con l'atto di donazione debba pure “indicare” un fiduciario, investito di un compito essenziale: quello «di comunicare l'esistenza del consenso specifico al medico che accerta il decesso». Il fiduciario (persona maggiorenne e capace di intendere e volere, cui è consegnata copia della disposizione una volta accettato l'incarico, con eventuale previsione di un sostituto, in caso di impedimento dell'originario designato; art. 3, commi 2 e 3, l. cit.) svolge un importante ruolo di trade union col sanitario una volta deceduto il disponente. A lui compete, anzitutto, comunicare al medico necroscopo (ovvero, il medico che accerta la morte della persona: art. 4 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), che il defunto aveva consentito alla donazione del corpo post mortem ai fini di ricerca (art. 3, comma 2, l. cit.). In quanto referente e rappresentante del donante, egli sarà poi tenuto a controllare che l'attività di studio e dissezione anatomica sul cadavere si esplichi in modo conforme ai desiderata espressi del primo, oltreché nei tempi massimi da lui prestabiliti. Per l'omessa previsione di nomina di fiduciario, la novella nulla dispone al riguardo, diversamente dalla l. n. 219: «nel caso in cui le d.a.t. non contengano l'indicazione del fiduciario... in caso di necessità, il g.t. provvede alla nomina di un amministratore di sostegno...». (art. 4, comma 4). Centri di riferimento e restituzione del corpo
Una volta accertata la morte del disponente (ovvero, quando sono cessate tutte le funzioni dell'encefalo; art. 1, l. 29 dicembre 1993, n. 578), terminata la permanenza del cadavere per ventiquattro ore presso l'obitorio (art. 1, comma 4, della novella) ed effettuate le esequie, il cadavere può essere trasportato presso i Centri di riferimento (Centri che andranno individuati da parte del Ministero della salute: art. 4, l. n. 10). Tali Centri sono tenuti alla conservazione dei corpi, ponendoli a disposizione ed utilizzandoli per la ricerca e lo studio «in modo conforme ai progetti di ricerca scientifica» per i quali il comitato etico abbia espresso parere favorevole; ovvero, a disposizione della «attività chirurgica di formazione», «in linea con i percorsi didattici dei centri di riferimento autorizzati», previa autorizzazione da parte della sola direzione sanitaria della struttura di appartenenza (non anche del comitato etico). Prima di procedere a dissezione del cadavere, il Centro di riferimento è tenuto a verificare «la prova del consenso espresso» da parte del disponente, mediante accesso alla banca dati d.a.t. (art. 5, comma 2, l. n. 10, che richiama l'art. 1, comma 418, della l. 27 dicembre 2017, n. 205). Dispone l'art. 6 della legge in rassegna che, una volta compiute le attività di dissezione, studio, formazione e ricerca, i Centri sono tenuti alla restituzione del corpo alla famiglia, «in condizioni dignitose entro dodici mesi dalla data di consegna», con oneri di trasporto del cadavere «dal momento del decesso fino alla sua restituzione», tumulazione ed eventuale cremazione a carico del centro (in forza di una prescrizione di civiltà recettiva dei suggerimenti espressi dal C.N.B.). La verifica delle condizioni “dignitose” di restituzione del corpo del defunto una volta sezionato e terminata l'attività di studio (quale effetto di accurata ricomposizione. L'art. 42 d.P.R. n. 285/1990 dispone che, «dopo eseguite le indagini e gli studi, i cadaveri vanno ricomposti per quanto possibile») potrà essere oggetto di verifica e controllo da parte del fiduciario. In caso di inadempienza da parte del Centro, lo stesso fiduciario potrebbe esigerne l'adempimento, anche coattivamente. La testé riferita previsione normativa costituisce prescrizione tradizionale che suppone una precisa “estetica” del cadavere che, una volta terminata l'attività di dissezione e studio, esige la sua ricomposizione secondo una tranquilla inanimità, affinché allo stesso sia garantito nel sembiante esterno il sonno della ragione, in serena attesa di nuova vita. Onde garantire che la disponibilità di cadaveri a fini di studio, ricerca e formazione professionale divenga reale ed effettiva, è fondamentale l'adempimento di quanto prescrive il disposto di cui all'art. 2 della legge. La norma impone (in primis al Ministero della salute, poi alle regioni ed alle aziende sanitarie locali) la promozione di campagne informative volte alla diffusione nei cittadini e nella classe medica di una «cultura della donazione», che permetta di informare sui contenuti innovativi della legge. Analoga prescrizione trovasi ripetuta nell'art. 4, comma 8, della l. n. 219, con riguardo alla diffusione, tramite campagne informative, della possibilità di redazione delle d.a.t. In conclusione
Garantire effettiva sensibilizzazione e conoscenza della cultura della donazione del corpo e dei tessuti post mortem per il perseguimento di finalità altruistiche potrebbe permettere lo sviluppo e il miglioramento dell'attività di ricerca e di formazione professionale dei medici, quale effetto di un atto di solidarietà del disponente che così facendo compie “l'ultimo dono possibile”. In conclusione, la nuova legge nel suo articolato intende perseguire ed incentivare questa nobile ed alta finalità altruistica. ONDEI, Le persone fisiche e i diritti della personalità, Torino, 1965, 235-236. MANTOVANI, I trapianti e la sperimentazione umana, Padova, 1974, 341 e segg., e 465 e segg. DE CUPIS, I diritti della personalità, Milano, 1982, II° ed., 185-194. DE CUPIS, voce Cadavere, in Dig. IV° ed., disc. Civ., Torino, 1993, II, 190 e segg. BONILINI, BONAMINI, Le disposizioni aventi ad oggetto la cremazione, la dispersione delle ceneri o l'affidamento dell'urna cineraria, in Le disposizioni testamentarie, a cura di G. BONILINI, Torino, 2012, 537 segg. MASONI, Il corpo umano tra diritto e medicina, Milano, 2020, 503 e segg.
|