Nel CCI il curatore fallimentare è un datore di lavoro anche in mancanza di subentro nei rapporti di lavoro?

Alessandro Corrado
12 Marzo 2020

Secondo quanto dispone l'art. 189, comma 3, CCII “decorso il termine di quattro mesi dalla data di apertura della liquidazione giudiziale senza che il curatore abbia comunicato il subentro, i rapporti di lavoro subordinato che non siano già cessati si intendono risolti di diritto con decorrenza dalla data di apertura della liquidazione giudiziale”, salvo che non sia stata chiesta la proroga del termine in presenza di ipotesi di cessione o non sia necessario l'avvio di una di procedura di licenziamento collettivo.

Secondo quanto dispone l'art. 189, comma 3, CCIIdecorso il termine di quattro mesi dalla data di apertura della liquidazione giudiziale senza che il curatore abbia comunicato il subentro, i rapporti di lavoro subordinato che non siano già cessati si intendono risolti di diritto con decorrenza dalla data di apertura della liquidazione giudiziale”, salvo che non sia stata chiesta la proroga del termine in presenza di ipotesi di cessione o non sia necessario l'avvio di una di procedura di licenziamento collettivo.

All'indomani del varo della norma, da più parti sono stati paventati possibili aspetti critici legati al fatto che la risoluzione di diritto dei rapporti di lavoro avverrebbe quindi in difetto di forma scritta e di motivazione, come invece di regola avviene per il licenziamento, ai sensi dell'art. 2, Legge n. 604/1966 secondo cui il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, a pena di inefficacia “deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro” (comma 1) e “la comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato” (comma 2).

Così come già affermato dalla giurisprudenza (cfr. Cassazione, sez. lav. 14/05/2012, n.7473), l'art. 189 CCII ha sancito in via definitiva la sospensione del rapporto di lavoro alla data di apertura della liquidazione giudiziale: questo, dopo la data di apertura della liquidazione giudiziale, non prosegue, restando quindi improduttivo di obbligazioni a carico di entrambe le parti.

In passato, accanto alla tesi della prosecuzione del rapporto (sostenuta da Comporti, “Gli effetti del fallimento sui contratti di lavoro”, Milano, 1961), altrettanto autorevole dottrina aveva sostenuto che l'impianto normativo della Legge Fallimentare del 1942 fosse strutturato in modo tale da escludere che il curatore potesse esercitare l'impresa e svolgere un'attività produttiva senza la necessaria preventiva autorizzazione degli organi fallimentari all'esercizio provvisorio, in difetto della quale egli non avrebbe avuto titolo per ricevere la prestazione dei lavoratori e non avrebbe potuto di conseguenza essere posto in mora credendi (Cessari-Grassetti “Fallimento e rapporto di lavoro”, Giurisprudenza commerciale, 1974, 41).

Tale tesi è stata poi smentita dalla Cassazione civile sez. I, 7/02/2003, n. 1832: pur in mancanza di autorizzazione all'esercizio provvisorio da parte degli organi del fallimento, la Suprema Corte ha infatti sostenuto che il curatore può essere autorizzato a subentrare nel singolo rapporto di lavoro anche solo per la mera gestione dell'attività liquidatoria, rimanendo poi obbligato al riconoscimento dell'indennità sostitutiva del preavviso ex art. 2118 c.c. da soddisfare in prededuzione.

Torniamo al curatore nominato dal tribunale al momento dell'apertura della liquidazione giudiziale di una società che abbia cessato la propria attività d'impresa e che pertanto non richieda né la necessità di autorizzazione all'esercizio provvisorio, né il subentro in uno o più rapporti di lavoro e che per di più non presenti i requisiti dimensionali per l'avvio di una procedura di licenziamento collettivo: molto probabilmente, attenendosi alla disposizione dell'art. 2 Legge n. 604/1966 ed alla corretta prassi in uso presso le Sezioni Fallimentari, intimerà i licenziamenti individuali senza attendere troppo.

Ma se anche non dovesse determinarsi in tal senso e lasci scadere il termine di quattro mesi, ritengo che la conseguente risoluzione di diritto dei rapporti di lavoro non sia in contrasto con l'art. 2 citato.

Datore di lavoro è infatti colui che in linea generale: è obbligato al versamento di una retribuzione ed ai relativi contributi previdenziali e a predisporre misure per la tutela e la sicurezza dei lavoratori; esercita un potere gerarchico e disciplinare sul lavoratore e disciplina modalità, tempi e luoghi della prestazione, disponendo delle energie lavorative del lavoratore.

Alla luce di questo breve excursus, non mi sembra forse così avventato affermare che il curatore della liquidazione giudiziale – nella fase di sospensione del rapporto di lavoro – possa non essere ritenuto tale e che quindi non si debba paventare alcun rischio di violazione dell'art. 2, Legge n. 604/1966 nel caso di risoluzione di diritto.