La giurisdizione amministrativa non è di diritto oggettivo

17 Marzo 2020

La giurisdizione amministrativa non è di diritto oggettivo e, dunque, è inammissibile, per carenza di legittimazione processuale, la censura delle scelte della stazione appaltante circa la costituzione della Commissione senza che sia indicata l'incidenza negativa sulla valutazione della propria offerta.

La questione La ricorrente ha lamentato una non corretta costituzione della Commissione, dovuta alla mancanza di una competenza specifica di ciascuno dei componenti, in riferimento alla tipologia delle prestazioni oggetto del contratto da aggiudicare, ma non ha dato dimostrazione di come quel deficit conoscitivo avesse potuto incidere negativamente sulla valutazione della sua offerta.

La soluzione Secondo il Collegio, è inammissibile, per carenza di legittimazione processuale, la censura mossa da un'impresa concorrente alle scelte della stazione appaltante circa la costituzione della Commissione senza che vi sia un'espressa indicazione dell'incidenza negativa sulla valutazione della propria offerta.

La giurisdizione amministrativa non è, infatti, di diritto oggettivo: l'accesso alla stessa non è consentito per tutelare la astratta legalità dell'azione amministrativa o i principi di efficacia e buon andamento della p.A., ma è previsto solo per la tutela di specifiche posizioni giuridiche soggettive di interesse legittimo o, nei casi di giurisdizione esclusiva, (anche) di diritto soggettivo (artt. 103 e 113 Cost.).

Di conseguenza, le censure che lasciano totalmente in ombra l'incidenza della (postulata) carenza di competenza specifica dei commissari sulla valutazione della propria offerta non consentono di individuare in capo alla ricorrente una posizione giuridica soggettiva astrattamente meritevole di tutela.

Il Collegio ritiene, infatti, di non potersi uniformare a precedenti autorevoli di segno opposto (cfr. Cons. Stato, V, 5 novembre 2019, n. 7557) “per la necessità di accedere ad una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa vigente, onde evitare altrimenti di incorrere in una indebita trasmutazione dello stesso DNA del giudizio amministrativo”.

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