Le disposizioni del d.l. “Cura Italia” sull’emergenza covid-19, con particolare riguardo alle notifiche telematiche

Luigi Giordano
18 Marzo 2020

Il d.l. n. 18/2020 all'art. 83, prevede una disposizione intitolata “Nuove misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare”.
Premessa

Il decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020, intitolato “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”, all'art. 83, prevede una disposizione intitolata “Nuove misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare”. Questo decreto, come è noto, segue, i precedenti atti normativi che si sono occupati di disciplinare anche le ricadute sul processo penale dell'emergenza COVID-19, offrendo la soluzione anche ad alcune delle questioni interpretative che tali disposizioni avevano determinato. L'art. 83, comma 22, di tale decreto legge, in particolare, ha abrogato gli artt. 1 e 2 del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11.

Il rinvio d'ufficio delle udienze

L'art. 83, comma 1, del d.l. stabilisce che “Dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d'ufficio a data successiva al 15 aprile 2020”. Questa norma, dunque, ripropone la locuzione gergale “rinvio d'ufficio” già adottata dal precedente decreto legge, non contemplata dal codice di rito, che evoca il differimento “fuori udienza” del procedimento al fine di escludere la stessa possibilità di pericolosi assembramenti nei Palazzi di Giustizia.

La sospensione dei termini procedimentali

L'art. 83, comma 2, del d.l. prevede che “Dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l'adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali. Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo. Quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto in parte nel periodo di sospensione, è differita l'udienza o l'attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto”.

Con specifico riferimento al procedimento penale, è dunque sospeso:

- il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali;

- il decorso dei termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l'adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali.

La norma, in particolare, prevede esplicitamente la sospensione dei termini per il deposito da parte del giudice degli atti processuali.

Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo (cioè dal 16 aprile 2020).

Quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto in parte nel periodo di sospensione, è differita l'udienza o l'attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto.

I procedimenti indifferibili per legge o su richiesta

Secondo l'art. 83, comma 4, del d.l. il rinvio d'ufficio delle udienze e la sospensione dei termini non operano:

  • per i procedimenti di convalida dell'arresto o del fermo;
  • per i procedimenti nei quali nel periodo di sospensione scadono i termini di cui all'art. 304 c.p.p.;
  • per procedimenti in cui sono applicate misure di sicurezza detentive o è pendente la richiesta di applicazione di misure di sicurezza detentive.

Inoltre, il rinvio d'ufficio delle udienze e la sospensione dei termini non operano, “quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda”, per:

a) procedimenti a carico di persone detenute, salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative, ai sensi dell'art. 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354;

b) procedimenti in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza;

c) procedimenti per l'applicazione di misure di prevenzione o nei quali sono disposte misure di prevenzione.

Ed ancora, il rinvio d'ufficio e la sospensione dei termini non opera per “procedimenti che presentano carattere di urgenza, per la necessità di assumere prove indifferibili, nei casi di cui all'articolo 392 del codice di procedura penale”. In tali casi, la dichiarazione di urgenza è fatta dal giudice o dal presidente del collegio, su richiesta di parte, con provvedimento motivato e non impugnabile.

Anche i detenuti, invero, devono avanzare richiesta per la trattazione del procedimento. Costoro non devono essere “informati” di tale facoltà che deriva loro direttamente dal decreto legge. Sul punto, peraltro, consta che in taluni Uffici la cancelleria ha invitato le parti a manifestare le loro intenzioni. Tale onere non previsto dalla norma, trattandosi dell'esercizio di una facoltà di legge che il detenuto e il suo difensore è tenuto a conoscere. Lo stesso Consiglio Superiore della Magistratura, peraltro, quanto alla celebrazione delle udienze penali, ha invitato i Capi degli Uffici giudiziari di valutare la possibilità di acquisire, tramite interlocuzione con il foro, la richiesta con anticipo rispetto alla data fissata in modo da poter organizzare la videoconferenza, auspicando, quindi, una richiesta in tal senso della cancelleria (cfr. CSM Pratica n. 186/VV/2020 - Ulteriori linee guida in ordine all'emergenza sanitaria Covid-19 all'esito del d.l. n. 11 dell' 8 marzo 2020).

Deve escludersi che, nel riferirsi ai “procedimenti a carico di persone detenute”, la norma possa essere estesa fino a ricomprendere coloro che sono detenuti “per altro”. La ratio della disposizione consiste nel limitare al massimo il numero di procedimenti da trattare.

Qualora il procedimento sia cumulativo e solo uno o alcuni dei detenuti avanzino richiesta di trattazione, deve procedersi mediante provvedimento di separazione. L'esigenza di tutelare la salute pubblica impedisce di far partecipare al giudizio persone, anche detenute, che non abbiamo richiesto di evitare il differimento. Non sembra estensibile, in considerazione delle ragioni sottese al rinvio del procedimento, l'indirizzo giurisprudenziale che si è formato in tema di legittima astensione dalle udienze dei difensori e che permette la trattazione del giudizio anche nel caso in cui uno solo di essi non aderisce alla richiesta di rinvio (cfr. Cass. 40724 del 2017; contra Cass. n. 37286 del 2015).

La sospensione della prescrizione e dei termini delle misure cautelari

Secondo l'art. 83, comma 4, del d.l., nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai sensi dell'art. 80, comma 2, dello stesso d.l., sono altresì sospesi, per lo stesso periodo, tanto il corso della prescrizione, quanto i termini di cui agli artt. 303 e 308 cod. proc. pen..

Da questa norma, che costituisce una specificazione della previsione generale di cui all'art. 83, comma 2, del d.l., si desume che i cd. termini di fase delle misure cautelari sono sospesi e che è sospeso anche il termine della durata complessiva della custodia cautelare (art. 303, comma 4, cod. proc. pen.). Il limite di durata massima della custodia cautelare come determinato dall'art. 304, comma 6, cod. proc. pen., tuttavia, non è superabile, tanto che “i procedimenti nei quali nel periodo di sospensione scadono i termini di cui all'articolo 304 del codice di procedura penale” devono essere trattati.

Il riferimento esplicito all'art. 308 cod. proc. pen., già contenuto nel secondo decreto legge emanato per affrontare l'emergenza, ha risolto il dubbio interpretativo concernente i termini delle misure cautelari non custodiali.

L'art. 83, comma 2, del d.l. prevede la sospensione del “decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti … penali”, mentre non è esplicitamente disciplinato il regime applicabile al termine di cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della misura cautelare custodiale ex art. 294 cod. proc. pen. per lo svolgimento dell'interrogatorio di garanzia. Queste considerazioni inducono a ritenere cha anche questo termine sia sospeso, venendo a decorrere dal momento in cui la persona sottoposta a misura dovesse chiedere la trattazione del giudizio. Secondo altra impostazione, pare preferibile ritenere che la sospensione dei termini non si estenda a tale termine, dovendo prevalere l'esigenza della tutela del diritto di libertà della persona raggiunta da misura cautelare in questo periodo, in coerenza con un sistema normativo che assicura comunque lo svolgimento dei procedimenti a carico di detenuti, in sicurezza, a distanza.

In forza dell'art. 83, comma 4, del decreto legge la sospensione dei termini cautelari di cui all'artt. 303, 308 cod. proc. pen. è disposta dal decreto legge “per la stessa durata”, cioè per il periodo compreso “dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020”.

Impugnazione di provvedimenti cautelari: ulteriore sospensione dei termini nel caso di fissazione di udienze dopo il 30 giugno 2020

La durata della sospensione dei termini di efficacia dei provvedimenti cautelari, poi, può essere ulteriormente ampliata sulla base di quanto prevede il successivo art. 83, comma 9, in conseguenza della sospensione dei termini per l'adozione della decisione di determinate procedure d'impugnazione di provvedimenti cautelari.

Ai sensi di tale norma, infatti, il corso della prescrizione e i termini di cui agli artt. 303, 308, 309, comma 9, 311, commi 5 e 5-bis, e 324, comma 7, cod. proc. pen. e agli artt. 24, comma 2, e 27, comma 6, d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159 rimangono sospesi per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lettera g), e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020.

L'art. 83, comma 7, lett. g), invero, prevede, tra le misure che i capi degli uffici giudiziari possono adottare, anche il rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti penali, con le eccezioni indicate al comma 3, della stessa norma (procedimenti indifferibili per legge o per richiesta di parte). Qualora il Capo d'ufficio si determini per il differimento d'ufficio a data successiva a quella del 30 giugno 2020, sono sospesi i termini:

- per la decisione sulla richiesta di riesame avanzata dall'indagato sottoposto a misura cautelare (art. 309, comma 9, cod. proc. pen.);

- per la decisione della Corte di cassazione avverso il provvedimento del tribunale del riesame (art. 311, comma 5, cod. proc. pen.);

- per la decisione del tribunale del riesame a seguito di annullamento con rinvio della precedente ordinanza cautelare (art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen.);

- per la decisione sulla richiesta di riesame reale (art. 324, comma 7, cod. proc. pen.);

- per la decisione dei provvedimenti di prevenzione previsti dagli artt. 24, comma 2, e 27, comma 6, d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

In conseguenza della sospensione di questi termini – previsti nel procedimento di impugnazione di misure cautelari – è prevista una analoga sospensione tanto dei termini di prescrizione del reato, quanto di quelli di efficacia della misura di cui agli artt. 303 e 308 cod. proc. pen.

La sospensione dei termini per l'adozione dei provvedimenti previsti nel procedimento di impugnazione dei provvedimenti cautelari, dunque, determina la necessità di prevedere un'ulteriore sospensione dei termini dei provvedimenti cautelari stessi.

Si ribadisce, peraltro, che il limite di durata massima della custodia cautelare come determinato dall'art. 304, comma 6, cod. proc. pen., tuttavia, non è superabile, tanto che “i procedimenti nei quali nel periodo di sospensione scadono i termini di cui all'articolo 304 del codice di procedura penale” devono essere trattati.

La partecipazione a distanza alle udienze

Secondo l'art. 83, comma 12, “Ferma l'applicazione dell'articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale” (disposizione che, tra l'altro, permette lo svolgimento dell'udienza dibattimentale a porte chiuse “quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene”), dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, applicate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 146-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

Questa norma, ai fini della partecipazione a distanza della persona detenuta (internata o sottoposta a misura cautelare carceraria), equipara la video-conferenza già ampiamente praticata nelle aule giudiziarie – cioè la partecipazione a distanza tramite un collegamento audiovisivo già disciplinata dall'art. 146 bis disp. att. cod. proc. pen. – ad altri collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia.

Il Ministero della Giustizia ha individuato i programmi Skype for Business e Teams (cfr. note DGSIA).

Le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'art. 146-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 sono applicabili “in quanto compatibili”.

Tra le norme applicabili in quanto compatibili vi è:

- l'adozione di modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto vi viene detto;

- l'impiego di una modalità che permetta, nei processi cumulativi, a ciascuno dei detenuti di vedere ed udire gli altri;

- la possibilità per il difensore o per un suo sostituto di essere presente nel luogo dove si trova l'imputato;

- la possibilità per il difensore o il suo sostituto presenti nell'aula di udienza e l'imputato collegato da remoto di consultarsi riservatamente, per mezzo di strumenti tecnici idonei.

Il decreto legge, dunque, pare aver assicurato un certo margine di elasticità circa le formalità da garantire per la partecipazione a distanza al giudizio in modo da tener conto, per quanto è possibile, delle peculiarità del mezzo tecnico utilizzato, ribadendo, peraltro, la necessità di rispettare un nucleo essenziale di garanzie.

Va segnalato che l'art. 80, comma 12, del d.l. non richiama l'art. 146 bis, comma 6, disp. att. cod. proc. pen., per cui non pare che un ausiliario abilitato ad assistere il giudice in udienza, designato dal giudice o, in caso di urgenza, dal presidente, debba essere presente nel luogo ove si trova l'imputato detenuto, per attestarne l'identità e dare atto che non sono posti impedimenti o limitazioni all'esercizio dei diritti e delle facoltà a lui spettanti. Ovviamente, trattandosi di collegamento con un istituto penitenziario, è certa l'identità della persona collegata; è analogamente certo che un pubblico ufficiale, un agente di polizia penitenziaria, è comunque presente, garantendo anche il rispetto delle facoltà di partecipazione all'udienza riconosciute al detenuto.

Le notificazioni telematiche

Ai sensi dell'art. 83, comma 13, “le comunicazioni e le notificazioni relative agli avvisi e ai provvedimenti adottati nei procedimenti penali ai sensi del presente articolo, nonché dell'articolo 10 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, sono effettuate attraverso il Sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali ai sensi dell'articolo 16 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, o attraverso sistemi telematici individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia”.

Si tratta delle comunicazioni e notificazioni relative ai procedimenti le cui udienze sono rinviate d'ufficio a data successiva al 15 aprile 2020.

Valorizzando la ratio della disposizione, dovrebbe ritenersi che la norma si riferisca alle comunicazioni e notificazioni di avvisi e di provvedimenti adottati nei procedimenti penali in conseguenza dell'emergenza epidemiologica e che derivano dal differimento dei procedimenti e dalla sospensione dei termini stabilita dal decreto legge stesso (“adottati nei procedimenti penali ai sensi del presente articolo, nonché dell'articolo 10 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9”).

Per questi procedimenti è previsto l'impiego della posta elettronica certificata ai sensi dell'art. 16 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, strumento ampiamente usato negli uffici giudiziari. In alternativa è consentito l'utilizzo di sistemi telematici diversi, individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Si allude evidentemente a strumenti telematici ulteriori rispetto alla posta elettronica certificata, individuati e regolati con provvedimento del direttore della direzione apposita del Ministero della giustizia e che segneranno una tappa verso il superamento della PEC (peraltro, già previsto nel disegno di legge delega “Bonafede” per la riforma della giustizia penale di recente approvato dal Consiglio dei Ministeri).

La domiciliazione ex lege presso il difensore di fiducia

La norma più significativa è contenuta nell'art. 83, comma 14, del d.l. Secondo questa disposizione, “le comunicazioni e le notificazioni degli avvisi e dei provvedimenti indicati al comma 13 agli imputati e alle altre parti sono eseguite mediante invio all'indirizzo di posta elettronica certificata di sistema del difensore di fiducia”.

La norma pare aver previsto una ipotesi di domiciliazione ex lege dell'imputato presso il suo difensore di fiducia, che opera per ogni notificazione o comunicazione, anche per la prima notificazione all'imputato non detenuto, pure se l'imputato ha eletto domicilio ex art. 161 cod. proc. pen. altrove (in considerazione della ratio di evitare il ricorso alla notificazione tramite ufficiale giudiziario) e anche se il difensore di fiducia si è avvalso della facoltà di non accettare le notificazioni ex art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen..

Residua la necessità della notifica personale all'imputato nel solo caso in cui sia difeso di ufficio, ove non sia già stato dichiarato assente ex art. 420-bis cod. proc. pen., nel qual caso è rappresentato dal difensore, di fiducia o d'ufficio (art. 420-bis, comma 3, cod. proc. pen.).

Unicamente al difensore di fiducia, dunque, deve essere comunicata la data del rinvio d'ufficio dell'udienza che cade nel periodo di sospensione.

Appare ragionevole, in forza del principio tempus regit actum e della natura processuale di questa disposizione, che la sola notificazione o comunicazione al difensore di fiducia sia sufficiente anche quando la notificazione o la comunicazione destinata all'imputato per una udienza che cadeva nel periodo di sospensione non fosse stata regolare.

Lo stesso art. 83, comma 14, del d.l., peraltro, fa salva la notificazione o la comunicazione al difensore d'ufficio nei casi in cui questa è prevista dalla legge (“ferme restando le notifiche che per legge si effettuano presso il difensore d'ufficio”). In mancanza della nomina fiduciaria, pertanto, resta applicabile la disciplina ordinaria. Si allude alle ipotesi, ad esempio, in cui opera la previsione di cui all'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., nelle quali si procede alla consegna dell'atto al difensore perché è diventata impossibile la notificazione nel domicilio eletto o dichiarato ovvero la dichiarazione di domicilio o la sua elezione è inidonea o insufficiente. Si allude altresì ai casi in cui è intervenuta una efficace elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio ex art. 162, comma 4-bis, cod. proc. pen..

La verifica della funzionalità del sistema

In base all'art. 83, comma 15, del d.l., “tutti gli uffici giudiziari sono autorizzati all'utilizzo del Sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali per le comunicazioni e le notificazioni di avvisi e provvedimenti indicati ai commi 13 e 14, senza necessità di ulteriore verifica o accertamento di cui all'articolo 16, comma 10, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221”. Le disposizioni richiamate, come è noto, prevedono una verifica o accertamento della funzionalità del sistema delle notificazioni telematiche.

Di questa procedura, la situazione d''urgenza ha consigliato di prescindere.

È stata dunque “prevista la possibilità per tutti gli uffici giudiziari di accedere al Sistema di Notificazioni e Comunicazioni telematiche penali, anche ove non siano state richieste le verifiche funzionali all'adozione dei decreti ministeriali previsti dall'articolo 16, comma 10 lettere a) e b), del menzionato decreto legge n. 179 del 2012” (così la relazione al d.l. n. 11 del 2020).

Il deposito telematico di memorie e istanze da parte dei difensori

Secondo un indirizzo giurisprudenziale, come è noto, nel processo penale, non è consentito alle parti private l'invio di istanze a mezzo posta elettronica certificata (c.d. PEC). Ne consegue che è irricevibile un'istanza di rinvio per legittimo impedimento trasmessa dal difensore per mezzo dello strumento elettronico (cfr. Cass. pen. Sez. II, 07/11/2017, n. 51665; Cass. pen., Sez. III, 11/02/2014, n. 7058; Cass. pen., Sez. II, 16/05/2017, n. 31314; Cass. pen., Sez. III, 26/10/2016, n. 6883).

Questo orientamento trae fondamento proprio dall'art. 16, comma 4, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, che, disciplinando le notificazioni, limita l'impiego della PEC agli adempimenti rivolti a persone diverse dall'imputato e ne circoscrive l'uso alla sola cancelleria. La parte finale della norma, del resto, statuendo che “La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria”, chiarisce che l'utilizzo del mezzo elettronico è riservato al solo ufficio di cancelleria e non anche alle parti private. Non sono indicate, infatti, le forme nelle quali dovrebbero essere redatte le relazioni delle notificazioni eseguite dalle parti private. Anche se la PEC fosse adoperata non per eseguire una notificazione, ma solo per trasmettere un'istanza, infatti, rimarrebbe la necessità di documentare l'attività compiuta e dovrebbe prendersi atto della sua mancata regolamentazione.

Un diverso orientamento, invece, afferma che l'istanza inviata al giudicante per mezzo della posta elettronica certificata non è considerarsi irricevibile o inammissibile, ma deve essere ritenuta al più irregolare o irrituale, con la conseguenza che il giudice che ne prenda tempestivamente conoscenza è tenuto a valutarla (Cass. pen., Sez. II, 4/06/2019, n. 28844; Cass. pen., Sez. III, 21/11/2018, n. 58320).

Una notevole apertura alla produzione di memorie a mezzo PEC, invece, si registra nella giurisprudenza di legittimità nel procedimento per la convalida della misura di prevenzione del divieto di accesso allo stadio con l'obbligo di presentazione agli uffici di polizia.

In questo specifico ambito, infatti, si è formato un indirizzo giurisprudenziale incline a ritenere legittima la trasmissione di memorie difensive a mezzo PEC. L'art. 6, comma 2-bis, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, non prescrive che la memoria difensiva debba essere necessariamente depositata in cancelleria, non richiamando l'art. 121 c.p.p. (Cass. pen., Sez. III, 13/12/2017, n. 4764, dep. 2018; Cass. pen., Sez. III, 13/12/2017, n. 14832; Cass. pen. Sez. III, 17/12/2018, n. 11475, dep. 2019).

Dalla disposizione citata, comunque, si desume la volontà legislativa di consentire l'utilizzo della PEC, nel processo penale, alla sola cancelleria.

Il decreto legge in esame, invero, non pare aprire particolari spazi all'invio di istanze o memorie a mezzo PEC. Di certo, non si rinviene una norma che equipari espressamente la trasmissione telematica degli atti al deposito degli stessi ex art. 121 c.p.p..

L'art. 83, comma 7, del d.l. n. 18 del 2020, peraltro, stabilisce che per contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica, i Capi degli uffici giudiziari possono adottare misure per “la limitazione dell'accesso del pubblico agli uffici giudiziari, garantendo comunque l'accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti”. Tale clausola pare idonea giustificare una certa apertura alla possibilità di depositare istanze a mezzo PEC che si è già determinata sulla base dei provvedimenti organizzativi adottati dai Capi degli uffici giudiziari, talvolta previa stipula di protocolli con il Consiglio dell'Ordine degli avvocati o con la camera penale.

La disposizione citata, in altri termini, potrebbe legittimare il ricorso alla PEC per depositare istanze, in forza dei provvedimenti dei Capi degli uffici, come misura idonea a ridurre il disagio della limitazione dell'accesso agli uffici di cancelleria disposta per evitare l'assembramento (sempre che in tali provvedimenti, di cui deve essere data adeguata pubblicità, sia indicato precisamente l'indirizzo PEC).

Ad esempio, nel provvedimento del Presidente della Corte di cassazione del 13 marzo 2020, è stato previsto che, al fine di evitare assembramenti presso le cancellerie delle sezioni penali della Corte, gli avvocati i cui processi risultano da trattare nel periodo compreso dal 23 marzo al 31 maggio 2020 possono far pervenire alla Corte memorie o motivi aggiunti a mezzo PEC. In calce sono indicati gli indirizzi PEC delle diverse sezioni. Il provvedimento è stato pubblicato nel sito web della Corte.

Con decreto n. 63 del 2020, inoltre, il Presidente del Tribunale di Napoli ha disposto che l'istanza per la trattazione del procedimento, nel caso in cui sia possibile, deve pervenire esclusivamente tramite PEC; analogamente le istanze de libertate e il deposito della lista testi. Nello stesso provvedimento, pubblicato sul sito internet del tribunale, sono indicati anche gli indirizzi PEC da utilizzare per la ricezione.

Va peraltro evidenziato che lo stesso art. 83, comma 7, d.l. n. 18 del 2020 prevede, alla lett. c), che il Capo dell'ufficio possa “regolamentazione dell'accesso ai servizi, previa prenotazione, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, nonché l'adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento”; dunque, la richiesta telematica è testualmente prevista per la prenotazione del servizio in cancelleria. La lett. h) dello stesso comma, inoltre, disciplinando lo svolgimento delle sole udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti, prevede lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice.

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