Ripetibilità dell'assegno di mantenimento pagato senza titolo

Paola Silvia Colombo
19 Marzo 2020

Se l'udienza presidenziale nel procedimento di divorzio, conferma le condizioni di separazione solo con riguardo all'assegno per la moglie, mentre nulla dispone per le figlie e il padre continua a disporre il bonifico bancario originariamente fissato per le figlie, è possibile ripetere quanto indebitamente versato secondo le norme sull'indebito posto che il versamento non è avvenuto in virtù di un titolo poi modificato ma senza titolo? Il fatto che si tratti di mantenimento è ostativo?

In sede di separazione, il coniuge viene onerato del pagamento di un assegno complessivo di 800 euro mensili di cui 200 euro per la moglie, 200 per una figlia e 400 euro per altra figlia universitaria. Se l'udienza presidenziale nel procedimento di divorzio, conferma le condizioni di separazione solo con riguardo all'assegno per la moglie, mentre nulla dispone per le figlie e il padre continua a disporre il bonifico bancario originariamente fissato per le figlie, è possibile ripetere quanto indebitamente versato secondo le norme sull'indebito posto che il versamento non è avvenuto in virtù di un titolo poi modificato ma senza titolo? Il fatto che si tratti di mantenimento è ostativo?

L'art. 2033 c.c. disciplina l'indebito oggettivo, prevedendo testualmente che «chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in malafede ..».

Si ha indebito oggettivo quando manchi una originaria causa giustificativa di un pagamento o quando la causa sia venuta meno. Fatti costitutivi dell'indebito sono l'effettuazione di un pagamento e l'inesistenza di un titolo. Spetta, peraltro, al creditore che agisce per la ripetizione provare i fatti costitutivi della sua pretesa e nello specifico l'avvenuto pagamento e l'assenza di una causa giustificatrice (cfr. Cass. civ. 10 novembre 2010 n. 22872; Cass. civ., 27 gennaio 2003, n. 1146).

Il caso di specie, rientra a tutti gli effetti nella fattispecie dell'indebito oggettivo, avendo il debitore effettuato un pagamento non dovuto a un soggetto che non aveva più titolo per riceverlo. Egli pertanto potrà a buon diritto agire per la ripetizione delle somme pagate.

Non ritengo che osti alla ripetizione il fatto che gli importi siano stati originariamente riconosciuti “a titolo di mantenimento”. Nel caso di specie, le beneficiarie delle somme sono le figlie e non già il coniuge al quale gli importi sono stati erroneamente versati in assenza di qualsivoglia titolo.

La ratio della irripetibilità degli assegni versati a titolo di mantenimento è da ricercarsi, infatti, nella destinazione di tali assegni a far fronte a esigenze di vita latu senso intese dei singoli percettori e nel fatto che, come tali, sono normalmente consumate per soddisfare queste esigenze (cfr. Cass. civ., 10 dicembre 2008, n. 28987; Cass. civ., 20 luglio 2015, n. 15186; Cass. civ., 4 luglio 2016 n. 13609).

Tale prevalente orientamento è stato però di recente scalfito dal Supremo Collegio con la sentenza 23 maggio 2014 n. 11489, nella quali di Giudici di legittimità hanno distinto il credito alimentare da quello riconosciuto a titolo di mantenimento e hanno affermato che solo per il primo vige la regola della irreperibilità, ammettendo, in questo modo, che le somme versate in misura maggiore rispetto all'obbligo alimentare, possono essere oggetto di restituzione.

Proprio alla luce dei principi sopra enunciati, non ritengo che il coniuge possa opporre quale eccezione alla restituzione il principio della irripetibilità dell'assegno di mantenimento.

Nel caso di specie, infatti, non convivendo le figlie con la madre (almeno così sembra evincersi dal parere e dal fatto che le figlie avessero titolo autonomo per richiedere il mantenimento) e avendo comunque queste ultime autonomo titolo per ricevere il mantenimento dal padre, non è possibile sostenere che le somme versate siano state utilizzate per assicurare esigenze di vita delle beneficiarie e quindi mancherebbe in radice la ragione fondante il principio della irrepetibilità dell'assegno di mantenimento, con conseguente operatività della regola generale posta dall'art. 2033 c.c.

Per la ragione che precede, la ripetitività non sarebbe esclusa neppure se le somme pagate, data la modesta misura, venissero “qualificate” come assegno alimentare, mancando appunto alla radice in questo caso specifico il fatto costitutivo del principio di irripetibilità e precisamente la destinazione delle somme al sostentamento delle beneficiarie.

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