Emergenza COVID – 19: misure urgenti in materia di giustizia amministrativa

20 Marzo 2020

Con il d.l. 17 marzo 2020, n. 18 il Governo ha adottato ulteriori misure urgenti per contenere gli effetti negativi che l'emergenza epidemiologica sta producendo. Tra queste misure, ve ne sono alcune volte a tutelare il corretto funzionamento della giustizia e, per ciò che attiene alla giustizia amministrativa, viene in rilievo l'art. 84.
Introduzione

Con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, rubricato «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratorie imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» (c.d. D.L. CURA ITALIA) e pubblicato in Gazzetta Ufficiale – edizione straordinaria n. 70, il Governo ha adottato ulteriori misure urgenti per contenere gli effetti negativi che l'emergenza epidemiologica sta producendo. Tra queste misure, ve ne sono alcune volte a tutelare il corretto funzionamento della giustizia. Per ciò che attiene, più specificatamente, alla giustizia amministrativa, viene in rilievo l'art. 84.

Occorre evidenziare, preliminarmente, che – come disciplinato nel comma 11 dell'art. 84 – “È abrogato l'articolo 3 del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11.” e dunque, in considerazione del fatto che la nuova disposizione disciplina fattispecie processuali sorte sin dall'8 marzo 2020, essa ha un'efficacia retroattiva.

La sospensione dei termini processuali

Le misure adottate con il D.L. CURA ITALIA, possono essere temporalmente suddivise in due categorie:

sub a) quelle in vigore sino al 15 aprile;

sub b), invece, quelle che saranno in vigore sino al 30 giugno 2020.

Per ciò che attiene alla categoria sub a) e, dunque, alle misure in vigore sino al 15 aprile 2020, viene in rilievo la sospensione dei termini processuali:

L'art. 84 sospende i termini processuali sino al 15 aprile 2020 (incluso) ai sensi dall'art. 54, commi 2 e 3 del c.p.a.. La disposizione posticipa, dunque, la sospensione dei termini – già prevista nell'abrogato d.l. n. 11/2020 – sino al 15 aprile 2020. Come noto, la norma aveva suscitato difficoltà di tipo interpretativo per le quali si era invocato il chiarimento del Legislatore.

La disposizione dell'abrogato art. 3 del d.l. n. 11/2020, infatti, non chiariva se la sospensione dovesse essere disposta anche per i c.d. termini a ritroso. Il Consiglio di Stato, in sede di Commissione speciale e con la successiva nota del Presidente, aveva interpretato la norma nel senso di non considerare la sospensione valida anche per i suddetti termini, ma solo per quelli di notifica e di deposito del ricorso.

L'interpretazione non convinceva pienamente: se il legislatore – infatti – avesse inteso escludere dalla sospensione dei termini quelli a ritroso, l'avrebbe esplicitamente indicato.

I dubbi interpretativi sembrano essere stati risolti dalla nuova formulazione contenuta nell'art. 84: la sola lettura del primo comma, in verità, indurrebbe a pensare che nulla di nuovo sia stato aggiunto rispetto alla precedente formulazione; occorre, dunque, proporre una lettura congiunta con il successivo quinto comma ove si precisa che, per le controversie le cui udienze siano state fissate nel periodo compreso tra il 15 aprile e il 30 giugno 2020: “il giudice, su istanza proposta entro lo stesso termine dalla parte che non si sia avvalsa della facoltà̀ di presentare le note, dispone la rimessione in termini in relazione a quelli che, per effetto del secondo periodo del comma 1, non sia stato possibile osservare e adotta ogni conseguente provvedimento per l'ulteriore e più sollecito svolgimento del processo. In tal caso, i termini di cui all'articolo 73, comma 1, del codice del processo amministrativo sono abbreviati della metà, limitatamente al rito ordinario”.

Il legislatore sembra, dunque, aver chiarito che la sospensione dei termini processuali debba esser estesa anche ai termini a ritroso: solo in questo senso, infatti, sembra potersi leggere la ratio della norma che dispone la rimessione in termini nell'ipotesi in cui la parte non abbia potuto rispettarli “per effetto del secondo periodo del comma 1”, cioè per effetto della prevista sospensione dei termini processuali.

Rinvio delle udienze pubbliche e camerali

L'art. 84 prevede un rinvio d'ufficio – senza la necessità, dunque, che vi sia un provvedimento ad hoc da parte del giudice, necessario invece per la successiva fissazione – delle udienze pubbliche e camerali fissate nel periodo intercorrente tra l'8 marzo 2020 e il 15 aprile 2020.

A tale regola generale, il legislatore ha posto una deroga: le udienze di merito e camerali, già fissate nel periodo compreso tra il giorno 6 aprile e il giorno 15 aprile 2020 potranno essere ugualmente trattate (senza discussione orale e “sulla base degli atti depositati”) purché vi sia la concorde volontà di tutte le parti costituite che, a tal fine, possono richiedere la trattazione depositando una istanza congiunta entro due giorni liberi prima della data fissata per la teorica udienza.

Preme evidenziare che l'istanza può essere presentata dalle sole parti costituite, vale a dire – dunque – anche solo dal ricorrente nelle ipotesi di mancata costituzione delle parti intimate (più verosimilmente ciò potrebbe verificarsi nelle udienze camerali).

Occorre ulteriormente evidenziare che, seppur ricompresi nel novero delle udienze camerali ai sensi dell'art. 87 c.p.a., i procedimenti cautelari sembrerebbero essere stati esclusi dalle considerazioni ut supra svolte, come si vedrà meglio infra.

I procedimenti cautelari

La disciplina più analitica e, a dire il vero, di più complessa interpretazione è stata dettata per i procedimenti cautelari.

Ai sensi dell'art. 84, primo comma, i procedimenti cautelari – proposti o pendenti nella frazione temporale ricompresa tra l'8 marzo 2020 e il 15 aprile 2020 – sono definiti, ex lege, con decreto monocratico del presidente (o del magistrato da lui delegato).

Si evidenzia, tuttavia, che la norma – pur richiamando l'art. 56 c.p.a. – fa riferimento, in realtà, ad un istituto non contemplato nel Codice del processo: si tratta, in buona sostanza, di una tutela cautelare che segue il rito monocratico pur rispettando le forme della tutela collegiale.

La norma introduce – infatti – una conversione ope legis della tutela cautelare collegiale nella tutela monocratica anche in assenza di istanza delle parti; la conversione, tuttavia, non opera tout court: il decreto – ad eccezione delle ipotesi ex art. 56, comma 1 c.p.a. – deve essere, infatti, emanato nel rispetto dei termini previsti dall'art. 55, comma 5 c.p.a.sulla domanda cautelare il collegio pronuncia nella prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell'ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso”.

La scelta appare in parte condivisibile: non avrebbe avuto senso, infatti, limitare – per un periodo di tempo così prolungato – i termini posti a tutela del diritto alla difesa.

Tale aspetto sembra incidere anche sul tema del periculum: il giudice, infatti, dovrà valutarlo nella normale condizione di “pregiudizio grave ed irreparabile” e non nella più gravosa forma prevista per la tutela ex art. 56 c.p.a.; nell'eventualità in cui la parte lamentasse il pregiudizio di “estrema gravità ed urgenza” previsto dall'art. 56 c.p.a., come detto, resta salva la possibilità di richiedere il decreto monocratico nelle canoniche forme previste dal codice.

Per ciò che attiene, invece, alla pedissequa fissazione delle udienze collegiali, il giudice dovrà posticiparle sino ad una data successiva al 15 aprile 2020 nell'ipotesi di decreto cautelare di rigetto; nel caso in cui, invece, la misura cautelare monocratica sia stata interinalmente concessa, il giudice potrà fissare l'udienza collegiale (da svolgersi sempre sula base degli atti depositati e senza trattazione orale) già dal giorno 6 aprile, a meno che la parte su cui grava la misura cautelare non faccia esplicita richiesta di rinvio tramite istanza (rinvio che, sulla scorta del dettato normativo, opera ex lege senza valutazione discrezionale del giudice). La possibilità di appellare il decreto monocratico, che pure si era paventata nelle bozze del decreto-legge, è stata definitivamente espunta.

La trattazione delle controversie fissate

Per quanto riguarda, invece, le misure relative alla categoria sub b) e che saranno quindi in vigore sino al 30 giugno 2020, viene in rilievo la trattazione delle controversie fissate:

Ai sensi dell'art. 84, comma 5, a far data dal 16 aprile 2020 e sino al 30 giugno 2020 - in deroga alle previsioni del codice del processo amministrativo – tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati.

Naufraga dunque la facoltà per le parti, prevista nell'abrogato comma 3 d.l. 11/2020, di richiedere la discussione orale con connessione da remoto: tramontano, ancor prima di sorgere, le udienze telematiche.

La norma lascia più di qualche perplessità: le parti non potranno essere ascoltate e non potranno produrre difese dinnanzi al collegio, le decisioni – infatti – verranno prese allo stato degli atti, ferma restando la sola possibilità di depositare brevi note: la norma sembra compromettere fortemente il principio del contraddittorio e il diritto alla difesa, costituzionalmente garantiti.

Tuttavia, è il Codice del processo amministrativo a prevedere, all'art. 87, che: “Le udienze sono pubbliche a pena di nullità, salvo quanto previsto dal comma 2” e a permeare, dunque, di primaria importanza la pubblicità delle udienze. Pur in uno stato di emergenza come quello che stiamo vivendo, infatti, pare difficile che per la corretta amministrazione della giustizia si possa rinunciare a quell'afflato umano che, necessariamente, la deve caratterizzare: disquisiamo di diritti ed interessi legittimi che incidono (talvolta irrimediabilmente) sulle vite dei consociati. La possibilità di avvalersi della connessione da remoto, dunque, sembrava essere il giusto compromesso.

Una considerazione ulteriore, poi, si deve alla ratio delle brevi note che le parti hanno facoltà di depositare sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione dell'udienza: esse non vanno confuse con le ordinarie memorie, dal momento che la parte, come detto, può decidere liberamente di non avvalersene e che l'art. 84ut supra evidenziato – preveda la possibilità che “su istanza proposta entro lo stesso termine dalla parte che non si sia avvalsa della facoltà di presentare le note, dispone la rimessione in termini”.

Il legislatore ha previsto, inoltre, l'eventualità che il giudizio possa essere definito ai sensi dell'art. 60 c.p.a.omesso ogni avviso”: anche il tal caso sembra compromesso il diritto di difesa della parte intimata.

L'organizzazione degli uffici

In linea generale, l'art. 84 suggerisce che il giudice debba preferibilmente rinviare a data posteriore al 30 giugno 2020 tutte le controversie le cui udienze siano state fissate entro tale periodo (comma 4, lett. e); detta previsione non costituisce un obbligo.

Nessun rinvio, invece, può essere disposto per le udienze e camere di consiglio cautelari, elettorali, e per le cause rispetto alle quali la ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti; in tal caso, la dichiarazione di urgenza è fatta dai presidenti di cui al comma 2 con decreto non impugnabile. ​

Il D.L. prevede, inoltre, che i Presidenti di sezione del Consiglio di Stato, il Presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e i Presidenti dei tribunali amministrativi regionali e delle relative sezioni staccate, sentiti l'autorità sanitaria regionale e il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati locale, adottino una o più delle seguenti misure: ​

  • la limitazione dell'accesso agli uffici giudiziari ai soli soggetti che debbono svolgervi attività urgenti; ​la limitazione dell'orario di apertura al pubblico degli uffici o, in ultima istanza e solo per i servizi che non erogano servizi urgenti, la sospensione dell'attività di apertura al pubblico; ​
  • la predisposizione di servizi di prenotazione per l'accesso ai servizi, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, e adottando ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento; ​
  • l'adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze, coerenti con le eventuali disposizioni dettate dal presidente del Consiglio di Stato.
Ulteriori previsioni

Per i giudici, invece, è fatta salva la possibilità di deliberare in camera di consiglio avvalendosi del collegamento da remoto (rispettando, in tal caso, delle indicazioni fornite dal Segretario Generale della Giustizia Amministrativa con la nota del 13 marzo 2020). Il luogo da cui si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge (art. 84, comma 6).

I provvedimenti di cui ai commi 3 e 4 che determinino la decadenza delle parti da facoltà processuali implicano la rimessione in termini delle parti stesse.

Resta

so

speso

, in continuità con quanto disposto dal d.l. n. 11/2020,

l'obbligo di depositare le copie di cortesia.

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