L’obbligo degli enti sanitari di aderire alle convenzioni dei soggetti aggregatori

23 Marzo 2020

La gara centralizzata per la stipulazione di una convenzione rappresenta lo strumento elettivo per realizzare significativi risparmi di spesa, ottenuti grazie al bagaglio informativo e all'esperienza pratica acquisiti sul territorio regionale ed alle economie di scala conseguenti al maggior volume della prestazione, a prescindere dalla circostanza che una singola A.s.l. riesca ad ottenere condizioni più vantaggiose nel mercato di riferimento.

Il caso. Un'impresa che aveva sottoscritto con la centrale di committenza regionale una convenzione per la fornitura in esclusiva di materiale sanitario ricorreva avverso la lex specialis di una procedura di gara mista indetta da un'azienda sanitaria (già aderente alla convenzione) che ricomprendeva anche beni rientranti nel contratto regionale. In particolare, la ricorrente sosteneva l'illegittimità della procedura competitiva per violazione dell'obbligo, gravante sugli enti del sistema sanitario nazionale, di approvvigionarsi aderendo alle convenzioni vigenti. La stazione appaltante resisteva eccependo anzitutto l'insindacabilità della scelta discrezionale di indire una procedura di gara, in secondo luogo la recessività dell'obbligo di avvalersi della convenzione regionale nelle ipotesi di appalti misti e, infine, la possibilità di effettuare una “migliore valutazione prestazionale ed economica” attraverso una competizione autonoma.

Il quadro normativo. Preliminarmente è opportuno riassumere (per sommi capi e senza pretesa di esaustività) il complesso iter normativo sotteso alla vicenda in oggetto. L'obbligo per gli enti sanitari di approvvigionarsi mediante le convenzioni stipulate dalle centrali di committenza regionali (ovvero, in difetto, da Consip S.p.a.) è stato introdotto nell'ordinamento dall'art. 1, comma 449, ultimo periodo, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (c.d. legge finanziaria 2007). Tale norma è stata rafforzata dall' art. 17, comma 1, lett. a) del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98(convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011 n. 111), che impone alle aziende sanitarie di rinegoziare i contratti in essere armonizzandoli ai prezzi unitari di riferimento, tenendo conto che, in caso di esito negativo della negoziazione, le amministrazioni possono risolverli e, nelle more dei nuovi affidamenti, accedere agli accordi-quadro (anche stipulati da altre regioni) ovvero procedere ad affidamenti (diretti) autonomi “a condizioni più convenienti in ampliamento di contratto stipulato da altre aziende sanitarie mediante gare di appalto o forniture”. articolo 15, comma 13, del decreto legge 6 luglio 2012 n. 95(convertito, con modificazione, dalla Legge 7 agosto 2012 n. 135), prevede poi la nullità dei contratti stipulati in violazione dell'obbligo di ricorso agli strumenti predisposti dai soggetti aggregatori, nonché, per tali ipotesi, la responsabilità amministrativa e disciplinare dei preposti. L' art. 9, comma 3, del decreto legge 24 aprile 2014 n. 66(convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014 n. 89) demanda l'individuazione delle categorie di beni e servizi soggetti all'onere in esame e le rispettive soglie minime ad un decreto annuale del Ministero dell'Economia e delle Finanze e sanziona il mancato ricorso alla centralizzazione degli acquisti con l'impossibilità di rilascio del codice identificativo di gara (c.d. C.I.G.). Infine, l'art. 1, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (c.d. legge di stabilità 2016) sancisce, al comma 548, il carattere esclusivo dell'approvvigionamento tramite centrali di committenza regionali (ovvero Consip S.p.a.) e regola, al comma 510, le ipotesi derogatorie limitandole ai casi in cui “il bene o il servizio oggetto di convenzione non sia idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell'amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali” e previa “autorizzazione specificamente motivata resa dall'organo di vertice amministrativo e trasmessa al competente ufficio della Corte dei conti, qualora”. Gli enti del sistema sanitario nazionale sono quindi obbligati, rispetto a determinate categorie di forniture e servizi (nonché per importi superiori alle soglie fissate), ad approvvigionarsi esclusivamente tramite l'adesione a convenzioni stipulate da soggetti aggregatori (carattere positivo dell'onere), essendo loro specularmente preclusa l'indizione di autonome gare (carattere negativo), salve le ipotesi tassativamente previste dalla legge (in specie “soltanto per ragioni che attengono strettamente alle caratteristiche della prestazione essenziale”, cfr T.A.R. Trieste, Sez. I, 21 dicembre 2018, n. 373). La ratio della scelta normativa riposa nell'esigenza di garantire l'economicità della spesa sanitaria, come confermato, non solo dalle rubriche delle singole disposizioni richiamate, ma anche dall'interpretazione del quadro normativo fornita dalla giurisprudenza (“di norma si rinvengono in sede di centralizzazione le migliori possibili condizioni di offerta da porre a disposizione delle amministrazioni, essendo consentito solo in via eccezionale e motivata alle stesse di procedere in modo autonomo, a condizione che possano dimostrare di aver ricercato e conseguito condizioni migliorative rispetto a quelle contenute nelle convenzioni-quadro, non essendo consentito alle singole amministrazioni di travalicare le regole legali che sottendono al richiamato rapporto fra regola ed eccezione”: cfr. . Consiglio di Stato, Sez. V, 19 giugno 2019, n. 4190). È appena il caso di evidenziare, da ultimo, che, nell'esposto sistema, Consip svolge un ruolo “sussidiario e cedevole” (cfr. T.A.R. Firenze, Sez. III, 30 aprile 2019 n. 638) rispetto a quello dei soggetti aggregatori regionali, primi garanti delle economie di scala perseguite dal legislatore.

La soluzione giuridica. Nel delineato contesto il Collegio, dopo aver ricordato la ratio delle previsioni normative (“realizzare significativi risparmi di spesarisparmi di spesa ... grazie al bagaglio informativo e all'esperienza pratica acquisiti sul territorio regionale ed alle economie di scala conseguenti al maggior volume della prestazione”), ha accolto il gravame sancendo anzitutto l'irrilevanza, ai fini del rispetto degli obblighi imposti agli enti sanitari, degli eventuali vantaggi economici o gestionali ottenibili tramite una gara autonoma. In secondo luogo, ha stabilito che l'onere di adesione ricorre anche nelle ipotesi di appalti misti (giacché, altrimenti argomentando, se ne consentirebbe l'elusione “mediante il semplice accorpamento di prestazioni eterogenee in un unico lotto di gara”) e che a tal fine non rileva il valore (ancorché modesto) del bene (o servizio) indebitamente accorpato poiché “la <<necessaria identità>> del bene o del servizio involge infatti il profilo qualitativo e non quello quantitativo del prodotto, dal momento che la sottrazione al fabbisogno presunto anche di una minima quantità di prodotto è idonea ad incidere in maniera significativa sulla realizzazione del complessivo programma di razionalizzazione della spesa sanitaria”. Infine, il T.A.R., rispetto al profilo temporale, ha precisato che “è il momento di indizione della gara ...che deve essere considerato ai fini della vigenza e dunque dell'attuazione del vincolo di approvvigionamento derivante dalla convenzione e del correlato divieto di procedere ad un acquisto autonomo”.

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