Divieto di corrispondenza con la controparte. Le eccezioni del codice deontologico sono tassative?

26 Marzo 2020

Sono tassative le eccezioni al divieto di corrispondenza con la controparte munita di difensore previste dal Codice Deontologico Forense?

Sono tassative le eccezioni al divieto di corrispondenza con la controparte munita di difensore previste dal Codice Deontologico Forense?

Prima di rispondere al quesito è necessario analizzare l'art. 41 del Codice Deontologico Forense (già art. 27 C.D.F.) il quale prevede al primo comma che: “L'avvocato non deve mettersi in contatto diretto con la controparte che sappia assistita da altro collega”.

Il secondo comma del medesimo articolo precisa che il difensore può in ogni stato del procedimento e in ogni grado del giudizio avere contatti con le altre parti solo in presenza del loro avvocato o con il consenso di questi. Il terzo comma dell'art. 41 C.D.F. specifica le eccezioni al divieto di inviare direttamente alla controparte corrispondenza: “L'avvocato può indirizzare corrispondenza direttamente alla controparte, inviandone sempre copia per conoscenza al collega che la assiste, esclusivamente per richiedere comportamenti determinati, intimare messe in mora, evitare prescrizioni o decadenze”.

L'ultimo comma della norma in esame prevede che l'avvocato non deve ricevere la controparte assistita da un collega senza informare quest'ultimo e ottenerne il consenso.

Chiara la sentenza del Consiglio Nazionale Forense (Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Salazar, rel. Sorbi), sentenza del 23 dicembre 2017, n. 236 in www.codicedeontologico-cnf.it) in merito al comportamento che deve tenersi: “Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che, senza avvisare il collega difensore, contatti direttamente la controparte invitandola ad una incontro per la definizione della controversia, riceva la parte nel proprio studio senza la presenza del difensore e non avvisi il collega dell'accordo transattivo raggiunto dalle parti stesse in sua presenza o che intrattenga rapporti diretti di corrispondenza con la controparte assistita da altro legale, senza indirizzare a quest'ultimo copia della stessa” (Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Picchioni), sentenza del 29 aprile 2017, n. 49).

In ordine ai rapporti con la controparte assistita da collega l'avvocato deve astenersi dall'indirizzare la propria corrispondenza direttamente alla controparte, che sappia assistita da un Collega, ad eccezione di messe in mora, o per evitare prescrizioni o decadenze, o per richiedere determinati comportamenti di natura sostanziale, ma in tali casi deve sempre inviare una copia della missiva stessa al Collega per conoscenza (art. 41 C.D.F., già art. 27 C.D.F.). Queste le motivazioni della sentenza del Consiglio Nazionale Forense (Sentenza del Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Sorbi) sentenza del 23 dicembre 2017, n. 236) che conclude puntualizzando che: “La violazione di tale disciplina costituisce illecito disciplinare a prescindere dalla prova di un danno effettivo alla controparte”.

In risposta al quesito formulato si segnala la recente pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione Civile (4 luglio 2018, n. 17534) che hanno evidenziato che sia le previsioni del codice deontologico forense previgente che quelle attualmente in vigore contengono un elencazione di eccezioni al divieto di inviare direttamente corrispondenza alla controparte che hanno una portata meramente esemplificativa. Rientrano tra tali eccezioni, infatti, anche le ipotesi, sebbene non specificamente previste, “nelle quali il collega della controparte sia stato informato o la corrispondenza sia stata inviata anche a lui e non siano rilevabili elementi idonei a denotare una mancanza di lealtà e correttezza nell'operato del mittente o nel contenuto della corrispondenza”. Nel caso oggetto della pronuncia la Suprema Corte ha cassato con rinvio la decisione di merito con la quale era stata comminata la sanzione dell'ammonimento all'avvocato per aver inviato -sia al difensore della controparte che alla controparte stessa per conoscenza- insieme all'assegno circolare intestato a quest'ultima ad estinzione del debito dei propri assistiti una lettera raccomandata contenente alcune contestazioni ad un conteggio asseritamente non corrispondente al tariffario forense effettuato dal collega avversario.

La Corte evidenzia in motivazione che un'eccezione al divieto di corrispondenza con la controparte munita di difensore è costituita dall'“invio di una lettera raccomandata alla controparte, nella quale - senza richiedersi alla stessa il compimento di determinati comportamenti - siano fornite informazioni di fatti significativi nell'ambito dei rapporti intercorsi tra le parti, come l'avvenuto pagamento del debito da parte dei propri assistiti, posto che una simile corrispondenza ha contenuto di natura sostanziale e risulta diretta ad evitare l'inizio di procedure esecutive od altre iniziative pregiudizievoli, rivelando una finalità di prevenzione non dissimile da quella di molte delle eccezioni annoverate nella predetta elencazione non tassativa”. (Cassazione civile sez. un., 04/07/2018, n.17534).

Guida all'approndimento

Si vedano per analizzare l'art. 41 C. D.F. le seguenti sentenze emesse dal Consiglio Nazionale Forense:

L'avvocato non può concordare la remissione della querela direttamente con la controparte che sappia assistita da altro legale. Costituisce comportamento deontologicamente scorretto accordarsi o mettersi in contatto diretto con la controparte, quando sia noto che la stessa è assistita da altro collega ai sensi dell'art. 41 ncdf (già art. 27 cod. prev.), la cui ratio è quella di tutelare la fondamentale funzione della difesa e della presenza dell'avvocato in ogni fase del rapporto professionale. Tale obbligo sussiste anche nell'ipotesi in cui la controparte si impegni ad avvertire il proprio difensore o, addirittura, affermi di averlo già avvertito (Nel caso di specie, all'insaputa del collega avversario, l'avvocato aveva concordato direttamente con la controparte la rimessione della querela, e successivamente la aveva altresì accompagnata personalmente dai Carabinieri per la relativa formalizzazione. In applicazione del principio di cui in massima, accogliendo il ricorso proposto -limitatamente alla sanzione- dal Procuratore della Repubblica avverso la decisione della sospensione disciplinare di un mese comminata all'incolpato dal Consiglio territoriale, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per la durata di mesi due).

Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Logrieco), sentenza del 10 luglio 2017, n. 87 in www.codicedeontologico-cnf.it

Illecito intimidire la controparte al fine di indurla a desistere o transigere. Integra illecito deontologico il comportamento dell'avvocato che, in violazione del divieto di cui all'art. 41 ncdf (già art. 27 cdf), indirizzi la propria corrispondenza direttamente alla controparte, che sappia assistita da un Collega, prospettandole asseriti pregiudizi economici al fine di indurla a desistere o transigere la controversia (Nel caso di specie, l'avvocato aveva scritto direttamente alla propria controparte, pur sapendola assistita da un legale, intimandole di soppesare “con molta prudenza” la propria posizione).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Picchioni), sentenza del 29 aprile 2017, n. 49 in www.codicedeontologico-cnf.it

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