L'impatto del decreto “Cura-Italia” sulla giustizia tributaria
27 Marzo 2020
Premessa
Il D.L. 17.3.2020, n. 18, pubblicato in G.U. 17.3.2020, n. 18 (cosiddetto decreto “Cura-Italia”), dedica poche norme alla giustizia tributaria.
In particolare, l'art. 83, comma 2, ult. cpv., stabilisce che “si intendono altresì sospesi, per la stessa durata indicata nel primo periodo, i termini per la notifica del ricorso in primo grado innanzi alle Commissioni tributarie e il termine di cui all'articolo 17-bis, comma 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546”. Il comma 21 del medesimo art. 83 dispone, inoltre, che “Le disposizioni del presente articolo, in quanto compatibili, si applicano altresì ai procedimenti relativi alle commissioni tributarie e alla magistratura militare”.
Alcune brevi riflessioni
La prima delle due norme contempla:
a) la sospensione dal 9 Marzo al 15 Aprile dei termini per la notificazione del ricorso innanzi alla Commissione Tributaria e, dunque, per l'impugnazione degli atti tributari; b) la sospensione per il medesimo periodo di tempo del termine di cui all'art. 17-bis d. lgs. 31.12.1992, n. 546, per l'instaurazione del procedimento di reclamo-mediazione.
La norma intercetta istituti (il ricorso in primo grado alla Commissione tributaria provinciale e l'istanza di mediazione ivi contenuta) che si collocano autonomamente rispetto agli atti e agli istituti tipizzati nel codice di rito. Ciò spiega, pertanto, perché si sia resa necessaria una previsione ad hoc, in aggiunta a quella, più generale, di cui al comma 21. Quanto all'ipotesi di cui alla lettera a), occorre rammentare che, ai sensi dell'art. 20, comma 1 D.Lgs. n. 546/1992, “Il ricorso è proposto mediante notifica” e che, in forza del successivo art. 21, comma 1, “Il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell'atto impugnato”. Orbene, per effetto della disposizione in commento, il decorso del termine di 60 giorni resta sospeso dal 9 Marzo sino al 15 Aprile e riprende a decorrere dal successivo 16 Aprile. Nel caso in cui l'atto da impugnare sia stato notificato nel periodo di sospensione, il termine ex art. 21 D.Lgs n. 546/1992 si calcola a partire dal 16 Aprile.
Quanto all'ipotesi di cui alla lettera b), l'art. 17 bisd. lgs. n. 546/1992 prevede che “per le controversie di valore non superiore a € 50.000,00, il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell'ammontare della pretesa”. Inoltre, “il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura di cui al presente articolo”; “il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente decorre dalla scadenza del termine di cui al comma 2”. In questa ipotesi, a differenza della precedente, il rispetto del termine è una condizione non di ammissibilità, ma di procedibilità del ricorso. Ciò significa che, se detto termine non viene rispettato e, dunque, se il ricorrente si costituisce in giudizio prima del suo decorso, l'unica conseguenza è che il ricorso non è procedibile. Pertanto, in detta ipotesi, la Commissione, rilevato che la costituzione è avvenuta in data anteriore alla scadenza del termine, rinvierà la trattazione della causa ad altra udienza, in tempo utile per consentire all'Amministrazione l'esame del reclamo.
La norma dispone che il termine di 90 giorni per il reclamo-mediazione sia sospeso nel periodo dal 9 Marzo al 15 Aprile. Ne deriva che, ai fini della verifica della condizione di procedibilità del ricorso, i 32 giorni di sospensione del decreto “cura-Italia” andranno ad aggiungersi ai 90 giorni previsti dalla legge. La disposizione in esame è, peraltro, in linea con quella di cui al comma 20, che prevede analoga sospensione per i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie. È, infatti, previsto che “per il periodo di cui al comma 1 sono altresì sospesi i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, nei procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del D.Lgs. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti, quando i predetti procedimenti siano stati promossi entro il 9 marzo 2020 e quando costituiscono condizione di procedibilità della domanda giudiziale”.
Disposizioni compatibili con il processo tributario
Più generale è, invece, la disposizione contenuta al comma 21 del citato articolo 83 che richiama, “in quanto compatibili” con il processo tributario, le norme contenute nei commi precedenti. In primo luogo, deve ritenersi senz'altro operante al processo tributario la norma contenuta nel comma 1, secondo cui “Dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d'ufficio a data successiva al 15 aprile 2020”. È opportuno ricordare che, nel processo tributario, operano due forme di svolgimento dell'udienza: quella che prevede la trattazione in camera di consiglio e quella che prevede la discussione in pubblica udienza, rispettivamente disciplinate dagli artt. 33 e 34 D.lgs. n. 546/1992. La prima attività processuale è espressamente “non partecipata” (art. 33, comma 2, D.lgs. n. 546/1992), a differenza della seconda, nella quale è ammessa la presenza delle parti e dei loro difensori e, addirittura, di chiunque ritenga di assistere alla discussione della controversia. Tali modalità processuali sono estese al grado di appello dall'art. 61, d.lgs. n. 546/1992. La norma, nel prevedere il rinvio d'ufficio delle udienze “tout court”, non sembra consentire una distinzione tra le due forme di svolgimento sopra individuate.
Anche il secondo comma dell'art. 83 trova applicazione al processo tributario. La norma prevede, infatti, la sospensione nel periodo interessato del decorso dei termini per il compimento di atti processuali. Devono, perciò, ritenersi sospesi i termini per la costituzione in giudizio del ricorrente (art. 22 d. lgs. n. 546/1992) e del resistente (art. 23 d. lgs. n. 546/1992); per l'integrazione dei motivi di ricorso (art. 24, comma 2 d. lgs. n. 546/1992). Il secondo capoverso del comma 2 in esame contiene un'elencazione esemplificativa dei termini cui si applica la sospensione. Particolare importanza assume la sospensione dei termini di impugnazione previsti dagli artt. 51 (appello) e 62 (ricorso per cassazione) d. lgs. n. 546/1992. Per quanto riguarda i termini c.d. “a ritroso”, l'art. 83 comma 2 dispone che “quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l'udienza o l'attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto”. Un esempio di termine “a ritroso” nel processo tributario è costituito dall'art. 32 d.lgs. n. 546/1992, in base al quale le parti “possono depositare documenti fino a venti giorni liberi prima della data di trattazione osservato l'art. 24, comma 1. Fino a dieci giorni liberi prima della data di cui al precedente comma ciascuna delle parti può depositare memorie illustrative con le copie per le altre parti. 3. Nel solo caso di trattazione della controversia in camera di consiglio sono consentite brevi repliche scritte fino a cinque giorni liberi prima della data della camera di consiglio”. Supponiamo il caso che l'udienza di trattazione sia stata fissata il 20 Aprile. Immaginiamo che il ricorrente intenda depositare alcuni documenti in giudizio. Poiché l'art. 32 D.lgs. n. 546/1992 consente il deposito di documenti fino a venti giorni prima dell'udienza di trattazione, trova applicazione l'art. 83 comma 2 D.L.. n. 18/2020 che ammette il differimento dell'udienza in modo tale da consentire il rispetto del termine. L'udienza, pertanto, potrà essere differita, ad esempio, al 25 Maggio così da consentire il rispetto del termine a ritroso ex art. 32 comma 1 D.lgs. n. 546/1992.
L'art. 83 comma 3 lett. a) contempla, tra le eccezioni al rinvio d'ufficio delle udienze e alla sospensione dei termini processuali, “i procedimenti di cui agli artt. 283 (provvedimenti sull'esecuzione provvisoria in appello), 351 (provvedimenti sull'esecuzione provvisoria) e 373 (sospensione dell'esecuzione) c.p.c.”. Non è chiaro, nel silenzio del legislatore, se in tali procedimenti possano rientrare quelli relativi alla sospensione della sentenza della CTP, impugnata di fronte alla CTR, o della sentenza della CTR, oggetto di ricorso per cassazione. La sola disposizione che potrebbe rilevare, sul punto, è l'art. 52 comma 2 D.lgs. n. 546/1992 che prevede – dal 1° gennaio 2016 – che “l'appellante può chiedere alla commissione regionale di sospendere in tutto o in parte l'esecutività della sentenza impugnata, se sussistono gravi e fondati motivi. Il contribuente può comunque chiedere la sospensione dell'esecuzione dell'atto se da questa può derivargli un danno grave e irreparabile”. Un'altra ipotesi di eccezione, necessariamente rimessa ad un provvedimento del giudice, riguarda invece tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti: in tal caso, la dichiarazione di urgenza è fatta dal capo dell'ufficio giudiziario o dal suo delegato in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile e, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio, egualmente non impugnabile. Il richiamo al concetto di “grave pregiudizio” suggerisce immediatamente il rinvio al procedimento cautelare di cui agli artt. 47 e 47-bis d.lgs. n. 546/1992; secondo il primo articolo “il ricorrente, se dall'atto impugnato può derivargli un danno grave ed irreparabile, può chiedere alla commissione provinciale competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto stesso con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato notificata alle altre parti e depositato in segreteria sempre che siano osservate le disposizioni di cui all'art. 22”; il successivo articolo prevede analoga possibilità con riferimento agli atti diretti a recuperare aiuti di Stato. Resta, quindi, da chiarire se per questi procedimenti possa provvedersi in tal senso da parte del capo dell'Ufficio, autonomamente in sede di disamina dell'istanza di sospensione o – come è più probabile – su istanza del ricorrente. Secondo una parte della dottrina (R. Succio, COVID-19: considerazioni essenziali sugli effetti della legislazione processuale d'emergenza nel processo tributario, in Ilprocessocivile.it, una finalità generalizzata di protezione di interessi essenziali e non rinunciabili neppure in tempo di epidemia dovrebbe indurre a ritenere ragionevole una interpretazione decisamente ampia dei casi di sottrazione al generale differimento e sospensione; ferma restando, ovviamente, l'esigenza di non provocare eccessivi disagi a chi deve partecipare all'attività giudiziaria.
Al comma 10 dell'art. 83 viene opportunamente inserita una conclusiva disposizione di richiamo, all'art. 2, della l. 24.3.2001, n. 89 (cd. legge Pinto), applicabile anche ai giudizi tributari (cfr. Cass. 22.9.2005, n. 18635), quanto allo scomputo del periodo compreso tra l'8 Marzo 2020 e il 30 Giugno ai fini del calcolo dei termini di ragionevole durata del processo. Infine, deve osservarsi come il Processo Tributario Telematico (PTT) sia divenuto obbligatorio per i giudizi instaurati, in primo e secondo grado, con ricorso/appello notificato a partire dal 1° luglio 2019: i servizi del PTT sono assicurati sette giorni su sette e 24 ore al giorno. L'articolo 16 del d.l. 23.10.2018, n. 119 convertito in legge 17.12.2018, n. 136, modificando l'articolo 16-bis del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ha, infatti, stabilito che dal 1° luglio 2019, la notifica e il deposito degli atti processuali presso le segreterie delle Commissioni tributarie sono eseguiti esclusivamente in modalità telematica. Appare, perciò, superflua, con riguardo al giudizio tributario, la disposizione contenuta al comma 11 dell'articolo in commento, secondo cui “dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, negli uffici che hanno la disponibilita' del servizio di deposito telematico anche gli atti e documenti di cui all'articolo 16-bis, comma 1-bis, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono depositati esclusivamente con le modalita' previste dal comma 1 del medesimo articolo” Poiché l'udienza tributaria solitamente non richiede la presenza di soggetti diversi dai difensori (ad eccezione dei casi, invero assai sporadici, in cui è disposto l'interrogatorio libero delle parti ex art. 7 d. lgs. 31.12.1992, n. 546, letto in combinato disposto con l'art. 32 comma 1 n.2 d.P.R. n. 600/1973 ovvero dei casi in cui si fa ricorso ad una consulenza tecnica d'ufficio ex art. 7 comma 2 d.lgs. n. 546/1992), potrebbe trovare applicazione la modalità di svolgimento da remoto o in forma telematica, così come previsto rispettivamente alle lettere f) e h) del citato art. 83, comma 7.
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