Sospensione dei termini per i procedimenti familiari dopo il d.l. 18/2020: il caos normativo e le modalità operative emanate dagli Uffici giudiziari

27 Marzo 2020

Il d.l. 17 marzo 2020 n. 18, recante «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» ha modificato il precedente d.l. 8 marzo 2020, n. 11, disponendo nuove regole processuali sia per il periodo 9 marzo/15 aprile sia per quello 16 aprile/ 30 giugno. Permangono tutti i dubbi circa la portata pratica delle innovazioni emergenziali sui procedimenti relativi al diritto delle relazioni familiari. L'Autore, partendo dall'analisi dei testi di legge e delle prime Linee guida emesse da alcuni Tribunali, indica quelli che potrebbero essere i futuri orientamenti cercando di fornire all'operatore alcune prime indicazioni pratiche in materia di sospensione dei termini processuali.
I decreti legge

A fronte dell'emergenza epidemiologica, il Governo ha emanato due decreti legge. Del primo ci siamo già occupati (A. Simeone, Covid-19, sospensione delle attività processuali e attività successiva al 23 marzo 2020: prime indicazioni pratiche per i familiaristi. Occorre dunque verificare le novità introdotte invece dal secondo decreto Legge, il d.l. 17 marzo 2020, n. 18 che dovrebbe sostituirlo in toto e che, presumibilmente sarà lasciato decadere.

La norma di riferimento, per la giustizia civile in generale, è l'art. 83 che accorpa, con modifiche, le disposizioni previste dal primo decreto legge agli articoli 1 e 2.

Il comma 1 dell'art. 83 prevede il rinvio d'ufficio di tutte le udienze civili e penali chiamate per il periodo dal 9 marzo al 15 aprile (il precedente decreto legge si fermava al 22 marzo) a data successiva al 16 aprile 2020.

Il comma 2 prevede la sospensione generalizzata dei termini per il compimento di “qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali”. La norma è modificata rispetto a quella del d.l. 11/2020, la cui formulazione aveva dato adito a numerosi dubbi interpretativi e chiarisce che la sospensione non è limitata ai soli procedimenti con udienza prevista tra il 9 e il 22 marzo. Ancorché forse non ve ne fosse bisogno, il Governo ha ritenuto altresì di precisare che la sospensione dal 9 marzo al 15 aprile (38 giorni complessivi) opera anche per «la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali». La norma chiarisce anche il problema dei “termini a ritroso” (p.e. deposito della comparsa di costituzione e, per i procedimenti familiari, deposito delle memorie integrative) imponendo il differimento dell'udienza così da rispettare i termini del codice di rito. Esemplificando: l'udienza ex art. 183 c.p.c. fissata per il 30 aprile (termine di costituzione originario: 10 aprile) dovrà essere differita a data successiva al 4 maggio in modo che il termine di costituzione non “scada” nel periodo di sospensione.

Il comma 3 lett. a) elenca tutti i casi in cui la sospensione non opera e ricalca integralmente l'art. 2 comma 2, lett. g) del precedente decreto, nonostante tutti i problemi, ampiamente segnalati, che quella formulazione comportava in merito ai procedimenti di diritto familiare; il che non può che dimostrare la scarsa sensibilità del legislatore dell'emergenza per la materia.

In particolare continuano a rimanere escluse dalla sospensione, tra le altre, le “cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità”.

Il comma 6 ricalca l'art. 2 commi 1) e 2) e prevede la facoltà dei capi degli Uffici giudiziari di elaborare disposizioni sia per l'organizzazione degli uffici sia per la trattazione delle cause (civili e penali). Rispetto al precedente decreto, le disposizioni possono riguardare anche il periodo di sospensione (9 marzo/15 aprile) sia tutti i procedimenti da trattarsi sino al 30 giugno 2020 (in precedenza il termine era il 30 maggio 2020).

Al fine di contrastare l'emergenza causata dal Covid- 19 e di “contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria” i capi degli Uffici, da un lato devono adottare tutte le misure necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico sanitarie impartite dalle altre Autorità e possono:

- adottare linee guida per lo svolgimento delle udienze;

- prevedere lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti da remoto con collegamenti che il DGSIA del Ministero della Giustizia ha individuato nelle piattaforme Skype e Microsoft Teams (v. provvedimento DGSIA, 10 marzo 2020);

- prevedere lo svolgimento delle udienze civili che «non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del Giudice»; si tratta, come già segnalato, di una norma ad hoc per le udienze ex art 183 c.p.c. (verifica contraddittorio e concessione termini) 184 c.p.c. (assunzione mezzi istruttori) e 189 c.p.c. (precisazione delle conclusioni); il meccanismo è inapplicabile qualora il Giudice ritenga necessario, ex art 183, comma 4, chiedere chiarimenti alle parti oppure nel caso di udienza ex art 185 c.p.c. per il tentativo di conciliazione; in questi casi resta ferma la facoltà di udienza da remoto.

- disporre il rinvio di tutte le udienze a data successiva al 30 giugno 2020 (e non più al 30 maggio 2020) eccezion fatta per le cause indicate al comma 3 (ex art. 2, comma 2, lett. g).

Una (ulteriore) novità è rappresentata dal comma 20 che prevede la sospensione dei termini e dello svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione, negoziazione assistita, nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie, quando i predetti procedimenti siano stati promossi entro il 9 marzo 2020 e costituiscano condizione di procedibilità.

Le eccezioni

Il rinvio d'ufficio a data successiva al 15 aprile 2020, quello facoltativo a data successiva al 30 giugno 2020, la sospensione dei termini per il periodo 9 marzo/15 aprile, non si applicano ai procedimenti civili indicati all'art. 83, comma 3, lett. a) ovverosia:

- procedimenti di competenza del Tribunale per i minorenni relativi alle dichiarazioni di adottabilità (comprese quelle relative all'abbinamento dei minori alle coppie aspiranti adottive), ai minori stranieri non accompagnati, ai minori allontanati dalla famiglia ed alle situazioni di grave pregiudizio;

- procedimenti, sia competenza del T.M. sia di competenza del T.O. per l'adozione di ordini di protezione;

- procedimenti nelle cause relative ad alimenti o «ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o affinità»;

- i procedimenti«per l'adozione di provvedimenti in materia di tutela, di amministrazione di sostegno, di interdizione, di inabilitazione nei soli casi in cui viene dedotta una motivata situazione di indifferibilità incompatibile anche con l'adozione di provvedimenti provvisori, e sempre che l'esame diretto della persona del beneficiario, dell'interdicendo e dell'inabilitando non risulti incompatibile con le sue condizioni di età e salute»;

- procedimenti relativi ai trattamenti sanitari obbligatori (art. 35 l.833/1978);

- procedimenti per l'autorizzazione all'interruzione volontaria di gravidanza (art.12 l.194/1978)

- procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona;

- procedimenti di convalida dell'espulsione, allontanamento e trattenimento di cittadini di paesi terzi e dell'UE;

- procedimenti di cui all'art. 283 c.p.c., 351 c.p.c. e 373 c.p.c. (sospensione efficacia esecutiva o esecuzione del provvedimento impugnato).

La norma prevede infine una clausola generale, riguardante anche i procedimenti familiari, per cui il regime “sospensivo” non si applica a tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti. A differenza delle eccezioni elencate, la dichiarazione d'urgenza viene fatta, anche ma non solo, su istanza di parte, dal capo dell'Ufficio giudiziario o dal Giudice (monocratico o collegiale) titolare del fascicolo relativo alla causa in corso.

La sospensione dei procedimenti familiari: contraddittorietà e confusività della norma

Nonostante i dubbi sollevati, anche il secondo decreto legge prevede che il rinvio d'ufficio delle udienze e la sospensione dei termini processuali non si applicano alle cause relative «ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità».

I dubbi, già sollevati con riferimento al d.l. 11/2020, risultano aggravati da quanto previsto dalla Relazione Illustrativa del Decreto legge, laddove si precisa che la locuzione è «ripresa dalle indicazioni eurounitarie e, in particolare, dal Reg. UE 4/09 (art.1) per non limitare la trattazione alle sole controversie alimentari stricto sensu il cui ambito può essere interpretato in modo più ristretto» (Rel. Ill. d.l. 18/2020, p.5); la precisazione fa venire meno una delle motivazioni addotte al fine di escludere dal novero delle eccezioni i procedimenti di separazione, divorzio, regolamentazione della responsabilità genitoriale, in cui si discuteva (anche) di assegno di mantenimento, assegno divorzile o assegno perequativo.

Occorre dunque chiedersi se la sospensione operi o meno per la maggior parte dei procedimenti familiari.

Il problema, per l'avvocato almeno, non si pone certamente per le udienze che il Presidente del Tribunale, quello del Collegio o il singolo giudice istruttore potranno rinviare, indipendentemente da quanto previsto nel d.l. 18/2020, senza incorrere in alcun tipo di sanzione e comunque appellandosi alla necessità di preservare la salute propria, quella delle parti e la salute pubblica, senza subire alcun tipo di conseguenza.

Sotto questo profilo, dunque, i difensori debbono rimanere in attesa o delle comunicazioni della Cancelleria (che saranno inviate ovviamente a mezzo pec) e delle disposizioni generali che ogni singolo Ufficio emetteranno, come previsto dal d.l. Vi è da presumere che la magistratura cercherà di dare, giustamente, un'interpretazione restrittiva dell'art. 83 comma 3, lett. a) d.l. 18/2020, tenendo conto della preminente esigenza di contenimento dell'epidemia.

Le disposizioni degli Uffici giudiziari

Nel caos creato da una non felice formulazione della norma, sono intervenute le prime indicazioni organizzative (di seguito per brevità indicate come Linee Guida) di alcuni Tribunali, che hanno cercato, meritoriamente, di dare un'interpretazione restrittiva delle eccezioni indicate all'art. 83, comma 3, lett. a), nel rispetto della ratio complessiva dell'intervento legislativo.

Se ne segnalano alcune.

Il Tribunale di Milano, sezione IX, tra i primi ha optato, sotto la vigenza del precedente d.l. 11/2020 -ma con argomentazione valida anche con riferimento al d.l. 18/2020

- per l'interpretazione restrittiva, disponendo il rinvio generalizzato delle udienze di famiglia eccezion fatta per quella di cui “all'art. 316- bis c.c., 156 co 6 c.c. art. 8 u.c. legge 898/1970” nonché “per tutti gli altri procedimenti la cui la ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti” previa valutazione discrezionale di competenza del G.I. o del presidente del Collegio.

Il Tribunale di Roma, ha ritenuto che la locuzione “cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari” sia riferibile alle “cause alimentari in senso stretto” e ha disposto il rinvio d'ufficio di tutte le udienze, anche di quelle presidenziali, per il periodo 9 marzo/15 aprile, eccezion fatta per quelle che rivestono “carattere di urgenza per le quali si ravvisi un pregiudizio per la ritardata trattazione”; per queste ipotesi sarà onere del singolo avvocato depositare un'istanza segnalante l'urgenza e il pregiudizio e facoltà del Giudice disporre la trattazione dell'udienza.

Su questa falsariga, anche Il Tribunale di Palermo ha disposto il rinvio generalizzato di tutte le udienze (fatta salva l'urgenza) ritenendo che la locuzione “obbligazioni alimentari” debba ritenersi limitata alle sole “cause alimentari in senso stretto”.

La Corte d'appello di Milano ha disposto il rinvio delle udienze di competenza della Sezione famiglia, eccezion fatta per le cause in cui una delle parti faccia espressa richiesta di trattazione (secondo la Corte, infatti “con il provvedimento di primo grado le obbligazioni” alimentari “ sono già state valutate e statuite”) oppure per quelle “nelle quali sussiste grave conflittualità tra le parti che determina una situazione di serio pregiudizio per i minori coinvolti: in tali casi l'urgenza sarà valutata e dichiarata dal Presidente della sezione con motivazione indicata nel decreto di fissazione”.

Il Tribunale di Lecco ha previsto la trattazione delle “cause relative ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, parentele, di matrimonio o di affinità…” solo qualora “venga rappresentata da almeno una delle parti uno stato di bisogno o altra situazione pregiudizievole dei diritti della persona che richieda l'adozione di provvedimenti temporanei e urgenti”.

Soluzione simile è stata adottata dal Tribunale di Napoli Nord che ha disposto la trattazione della “cause familiari” solo ove “venga rappresentato un comprovato stato di bisogno o altra comprovata situazione gravemente pregiudizievole che richieda l'adozione di provvedimenti provvisori e urgenti”.

Presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere saranno tenute le udienze dei procedimenti indicati all'art. 83, comma 3 lett. a) ma solo “previa valutazione di urgenza fatta dal Giudice istruttore o dal Presidente del collegio”

Articolata la posizione del Tribunale di Como che ha limitato la trattazione dei procedimenti solo a quelli “in cui è fatta richiesta di un ordine di protezione” e ha motivato l'interpretazione restrittiva della locuzione in questione sulla base di tre argomenti: a) l'interpretazione estensiva condurrebbe a dovere trattare tutti i procedimenti, considerato che “in tutte le cause di famiglia vi è richiesta di assegno di mantenimento o per i figli o per la moglie” e si giungerebbe “all'assurdo di celebrare le udienze presidenziali per tutte le separazione consensuali e i divorzi congiunti, che certo urgenti non sono”; b) l'interpretazione restrittiva, invece, è “giustificata dalla ratio dei decreti, laddove si fa riferimento al non rinvio di tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione arrechi grave pregiudizio alle parti”; c) la sospensione feriale si applica a tutte le “la cause di famiglia… con ciò dimostrando” che il Legislatore non ha ritenuto “urgenti e indifferibili tali procedimenti”.

Il Tribunale di Torino con un provvedimento riccamente motivato, ha precisato che “la locuzione “obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia”, che giustifica la deroga al regime generale di sospensione e rinvio d'ufficio, va interpretata, per coerenza con l'esigenza di rigoroso contrasto dell'epidemia COVID-19 e quindi di garantire un sufficiente distanziamento delle persone all'interno del Tribunale, in senso strettamente letterale, nel senso di richieste di alimenti di persone in stato di bisogno (non di assegno di mantenimento per i figli o il coniuge)”; nel capoluogo piemontese potranno essere trattate, previa valutazione di urgenza, le prime udienze relative a procedimenti familiari “in ipotesi di mancanza di ogni regolamentazione nei casi in cui la crisi familiare si manifesta con modalità di particolare conflittualità o grave indigenza economica”, nei “casi in cui il contenzioso sia particolarmente elevato e abbia ad oggetto l'affidamento, il collocamento abituale e la frequentazione di figli di minore età (impedimento delle visite del genitore che non coabita, mancata riconsegna del minore, esposizione del minore a grave violenza assistita, abusi, maltrattamenti o gravi trascuratezze) o ricorrano impellenti necessità di tipo economico (famiglie monoreddito in stato di bisogno)”, nonché i procedimenti ex art. 709- ter c.p.c., 156 c.c. o analoghi ma “solo in caso di indifferibilità assoluta (ad esempio gravi contrasti su interventi sanitari, trasferimenti scolastici e simili)”.

Parzialmente diversa la soluzione adottata dal Tribunale di Brescia, secondo il quale “le cause relative ad obbligazioni alimentari non coincidono evidentemente con le cause di divorzio o separazione, oggetto del rinvio generalizzato ex officio, ma sono solo quelle che, eventualmente collegate a divorzi o separazioni (in quanto è vero che la dizione obbligazioni alimentari non si restringe alle sole cause per alimenti, ma si estende anche a quelle per il mantenimento), hanno ad oggetto solo l'inadempimento alle dette obbligazioni alimentari”.

Anche il Tribunale di Reggio Emilia ha disposto il rinvio d'ufficio delle cause di separazione, anche delle coppie di fatto e dei divorzi, a meno che non “… sia dedotta da almeno una delle parti e sia in concreto ravvisabile una situazione di urgenza e di necessità in relazione alla quale la ritardata trattazione possa produrre un grave pregiudizio alle parti”. Interessante e innovativa la soluzione proposta per le separazione consensuali e i divorzi congiunti; per questi procedimenti “le parti potranno depositare in telematico dichiarazione sottoscritta personalmente dai coniugi con la quale rinunciano a comparire, chiedono l'accoglimento del ricorso e confermano le condizioni di cui al ricorso”; qualche problema potrebbe porsi per le separazione consensuale, mentre per il divorzio congiunto la soluzione dovrebbe non presentare controindicazioni, giusta quanto previsto dalla Suprema Corte (Cass. 24 luglio 2018, cfr. anche Trib. Bergamo, 26 settembre 2019).

Hanno optato per l'interpretazione restrittiva della locuzione “obbligazioni alimentari” e dunque per il rinvio delle udienze anche il Tribunale di Siena, il Tribunale di Lucca e il Tribunale di Pistoia (fatte salve le questioni la cui ritardata trattazione potrebbe provocare pregiudizio che il singolo difensore dovrà segnalare al Giudice che ne potrà disporre o meno la trattazione) mentre il Tribunale di Livorno ha limitato la sospensione ai procedimenti di famiglia “ove non siano stati già adottati provvedimenti provvisori; nei procedimenti nei quali sono già stati adottati tali provvedimenti provvisori, se una parte ne chiede la modifica, il procedimento va trattato e sarà il giudice relatore a prendere le decisioni relative alla modalità di trattazione”.

Molto interessante il provvedimento del Presidente del Tribunale di Firenze che ha previsto la trattazione “cartolare” dell'udienza di giuramento del CTU, così motivando: “considerato che il giuramento "telematico" del CTU è già stato ritenuto possibile in una delibera del CSM relativa alle buone prassi in materia di esecuzioni immobiliari (vedi la delibera 11 ottobre 2017), l'udienza in modalità cartolare , con l'utilizzo del PCT, dovrà essere adottata anche in caso di conferimento dell'incarico al CTU”

In senso contrario pare orientarsi il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che ha disposto la trattazione “cartolare” (scambio di note difensive e assunzione di provvedimento fuori udienza) in un procedimento per la modifica delle condizioni di divorzio, ritenendolo rientrante nella deroga al regime sospensivo e dunque implicitamente dando alla locuzione “obbligazioni alimentari” un senso parzialmente più ampio (Trib. Barcellona Pozzo di Gotto, 18 marzo 2020).

Pur con motivazioni e sfumature differenti, dunque, la giurisprudenza si sta responsabilmente orientando per l'interpretazione rigorosamente restrittiva del disposto dell'art. 83, comma 3, n.1); possiamo dunque presumere che vi saranno rinvii più o meno generalizzati delle udienze, fatto salvo le urgenze che il difensore di volta in volta potrà segnalare, con le differenti modalità contenute nelle varie Linee Guida operative nei singoli uffici Giudiziari.

Il problema della sospensione dei termini processuali

La questione relativa alla sospensione del termine e, dunque, al deposito degli atti in scadenza è invece molto più problematica soprattutto per quegli atti e quelle memorie in cui devono essere svolte attività a pena di decadenza; ci riferiamo in particolare alla memoria integrativa nella separazione e nel divorzio, alle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c., alle comparse conclusionali e repliche nonché al deposito degli atti di impugnazione (ricorso o reclamo). A questi atti si applica o non si applica il regime di sospensione? Esemplificando, un ricorso in appello avverso una sentenza di separazione notificata il 1° marzo deve essere depositato il 1° aprile oppure il 9 maggio?

In questo senso le Modalità operative o le Linee Guida dei singoli Tribunali (che sono, come visto, orientate per l'interpretazione restrittiva) aiutano sino a un certo punto. I singoli capi degli Uffici giudiziari hanno sì la facoltà di regolamentare la celebrazione delle udienze e disporne il rinvio, ma non possono certo modificare il codice di rito né dettare una disciplina alternativa dei termini processuali; detto diversamente: l'eventuale sospensione dei termini prevista nelle singole Linee Guida, non mette al riparo l'avvocato dalla decadenza connessa allo scadere dei termini che trova la sua ragione in una legge dello stato e il cui mancato rispetto, peraltro, è rilevabile d'ufficio.

Occorre rifarsi dunque al quadro normativo.

In tale senso, la piana lettura della norma e della Relazione illustrativa del D.L. sembrerebbero non lasciare scampo, considerato il richiamo al concetto “eurounitario” di obbligazioni alimentari.

Vi è da premettere che, checché ne dica il Legislatore, il Regolamento UE 4/09 non fornisce in alcuna sua parte, una definizione di obbligazione alimentare. Qualche aiuto lo potrebbe fornire il considerando 11 della norma euro-unitaria, laddove si precisa che “L'ambito di applicazione del regolamento dovrebbe estendersi a tutte le obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità, al fine di garantire la parità di trattamento tra tutti i creditori di alimenti. Ai fini del presente regolamento, la nozione di «obbligazione alimentare» dovrebbe essere interpretata in maniera autonoma”; il che porta con sé la conseguenza che la definizione di obbligazione alimentare è concetto ben diverso da quello, tipico della legislazione italiana, di alimenti (art. 433 c.c.).

In tal senso depongono anche le sentenze più recenti della Corte Europea di Giustizia, laddove, è stato chiarito che, ad esempio, gli assegni di mantenimento per il figlio sono sottoposti, quanto alla giurisdizione al Reg. Ue 4/09 e quanto alla legge applicabile al Protocollo dell'Aja del 23.10.07 (ex plurimis CGEU 3 ottobre 2019, C‑759/18; CGEU 5 settembre 2019, C-468/18; CGEU ord. 10 aprile 2018, C 85/18; CGEU 16 luglio 2015, C-184/14); anche la nostra Cassazione, interpretando la locuzione “in materia di obbligazioni alimentari” presente nella Convenzione di Bruxelles, ha affermato che la qualificazione di obbligazione alimentare “deve essere intesa in senso ampio” (Cass., SS.UU.ord. n. 11526/2003; Cass. SS.UU. ord. 21053/2009).

Seguendo questo filone interpretativo, che si basa sui criteri del giudice sovranazionale si dovrebbe concludere che la sospensione dei termini non si applica a tutti i procedimenti (cioè il 90%) in cui è svolta domanda di assegno, essendo cause relative “ad obbligazioni alimentari” secondo la definizione eurounitaria.

In realtà, un'altra interpretazione è possibile e può partire proprio dalla Relazione Illustrativa, laddove si è giustificata la modifica dell'art. 1 commi 1 e 2 del d.l. 11/2020 (oggi art. 83. Commi 1 e 2 d.l. 18/20) con una serrata, e per certi versi piccata, risposta al “fiorire di dubbi interpretative e prassi applicative sostanzialmente elusive del contenuto delle previsione o comunque non adeguatamente sensibili rispetto all'evidente dato teleologico della norma, costituito dalla duplice esigenza di sospendere tutte le attività processuali allo scopo di ridurre al minimo quelle forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi dell'epidemia, da un lato, e di neutralizzare ogni effetto negativo che il massivo differimento delle attività processuali disposto al comma 1 avrebbe potuto dispiegare sulla tutela dei diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali dall'altro”; ciò non può che voler dire che il dato principale da cui partire (contenuto peraltro anche nell'art. 83, comma 6 d.l. 18/20) è sicuramente quello di prevenire il più possibile i contatti sociali tra le persone, non solo nelle aule di Tribunali ma anche fuori da esse; contatti che necessariamente fiorirebbero ove fosse imposta, anche nel periodo emergenziale, la stesura e il deposito (seppure telematico) di atti per la cui preparazione il contatto diretto tra Cliente e Avvocato è fondamentale, trattandosi di questioni che hanno la loro radice nei rapporti interpersonali.

In questo bilanciamento di opposte esigenze, l'obiettivo di contenimento del Covid-19 deve e può prevalere.

Del pari, non sarebbe peregrino sostenere che la locuzione procedimenti relative a “cause di alimenti o ad obbligazioni alimentari” debba essere interpretata come riferita alla fase precedente la costituzione del vincolo o dell'obbligazione, lato sensu alimentare. Secondo questa ottica, dunque, le ragioni di emergenza e urgenza -che costituiscono il discrimine principale tra cause che devono essere trattate e cause che non devono essere trattate e che potrebbero deporre per la non sospensione dei termini nel periodo 9 marzo /15 aprile- verrebbero meno una volta terminata la fase di urgenza, ovverosia con l'emissione del provvedimento presidenziale della separazione o del provvedimento provvisorio nell'ipotesi di “figli non matrimoniali” (in tale senso, vedi Linee Guida della Corte d'appello di Milano e, parzialmente, Linee Guida del Tribunale di Torino, cfr. supra). Così facendo la sospensione si applicherebbe a tutti i termini successivi che sono poi quelli il cui mancato rispetto determina l'incorrere nelle decadenze processuali.

D'altra parte, che senso avrebbe obbligare al deposito delle memorie integrative o delle memorie ex art. 183 c.p.c. VI comma, ove le relative udienze saranno poi differite proprio in ragione del d.l. 18/2020?

La negoziazione assistita

L'art.83 comma 20 del decreto legge, colmando una lacuna del precedente d.l. 11/2020, dispone la sospensione dei termini “per lo svolgimento di qualunque attività” nei procedimenti di mediazione, negoziazione assistita “nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti, quando i predetti procedimenti siano stati promossi entro il 9 marzo 2020 e quando costituiscono condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima dei medesimi procedimenti.

Occorre dunque chiedersi se la sospensione operi anche per la negoziazione assistita familiare che ha una specifica disciplina contenuta nell'art. 6 l. 162/2014. La risposta, purtroppo, non può che essere negativa, considerato che la suddetta sospensione opera solo per le ipotesi in cui mediazione, negoziazione assistita e altri procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie siano previsti come “condizioni di procedibilità della domanda”.

La scelta del legislatore -frutto forse di un mancato interesse per i procedimenti familiari- è fortemente criticabile perché di fatto determinerà un blocco di tutte le negoziazioni assistite – che così rischiano di perdere quel carattere deflattivo che mai come in questa situazione sarebbe utile- di natura familiare. E' infatti evidente che nessun professionista, probabilmente anche dopo il 15 aprile, sottoscriverà convenzioni di negoziazione assistita e successivi accordi, considerata l'impossibilità anche materiale (specialmente per le Procure e i Comuni presso cui non sono attivate caselle di posta elettronica certificate ad hoc) di procedere agli incombenti di cui all'art. 6 l 162/2014, ovverosia trasmissione dell'accordo alla Procura della Repubblica e invio dell'accordo vistato/autorizzato al Comune: il ritardo nel primo caso determina l'inefficacia dell'accordo e, nel secondo, una sanzione pecuniaria che può arrivare a 10.000,00 €.

Conclusioni

Il d.l. 18/2020 mostra, sotto il profilo del diritto delle relazioni familiari, tutte le sue pecche e imprecisioni e i conflitti che dalla sua applicazione deriveranno si proietteranno per gli anni a venire, in cui numerose saranno le controversie proprio in materia di rispetto dei termini processuali. In quest'ottica, pur considerato quanto sopra, è necessario che l'Avvocato tenda a rispettare i termini assegnati, come se non vi fosse la sospensione degli stessi almeno con riferimento agli atti il cui mancato deposito comporta una decadenza. Si tratta di un atteggiamento squisitamente prudenziale, finalizzato ad evitare il rischio di procedimenti per responsabilità professionale.

Quanti, infatti, tra 5, 10 o 20 anni si ricorderanno della drammaticità del momento che stiamo vivendo e dei motivi che imporrebbero di sospendere tutte le attività, eccezion fatta per quelle, peraltro numerose in questa materia, realmente urgenti?

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