Liquidazione controllata del sovraindebitato: inquadramento normativo e conseguenze per professionisti e consumatori

Alessandro Ireneo Baratta
31 Marzo 2020

L'autore illustra le norme che regolano la liquidazione controllata del sovraindebitato. In particolare viene segnalato l'art. 268 del CCI che contiene una novità assai rilevante: la domanda di apertura della liquidazione controllata del patrimonio del debitore civile e dell'imprenditore “non fallibile” può essere presentata, oltre che dal debitore, anche da un creditore, anche in pendenza di procedure esecutive individuali e, nel caso in cui l'insolvenza riguardi l'imprenditore, dal pubblico ministero.
Premessa

La liquidazione controllata è la procedura liquidatoria destinata ai soggetti sovraindebitati, vale a dire a quei soggetti in stato di insolvenza che, in mancanza della qualità di imprenditori, o pur nella qualità di imprenditori minori (secondo le definizioni di cui all'art. 2 CCI), non sono assoggettati alle procedure “maggiori” del concordato preventivo o della liquidazione giudiziale.

La liquidazione controllata del patrimonio del sovraindebitato, prevista dall'art. 268 e ss. del CCI - che sostituirà la procedura di liquidazione dei beni ex art. 14-ter ss. L. n. 3/2012 - contiene una delle novità più rilevanti del codice della crisi e dell'insolvenza, alla quale, a parere dello scrivente, non è stata riservata la meritata attenzione in considerazione del rilevante impatto sociale che essa può comportare.

L'art. 268 del CCI, con riferimento al tema del sovraindebitamento del debitore civile e dell'imprenditore “non fallibile”, prevede infatti che la domanda di apertura della liquidazione controllata del patrimonio può essere presentata, oltre che dal debitore, da un creditore anche in pendenza di procedure esecutive individuali e, quando l'insolvenza riguardi l'imprenditore, dal pubblico ministero.

Nella bozza del decreto correttivo al Codice della Crisi si precisa che il debitore deve trovarsi in stato di insolvenza e che non si fa luogo all'apertura della liquidazione controllata nei seguenti casi:

  • quando l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati è inferiore ad euro 20.000;
  • quando l'OCC, su richiesta del debitore, attesta che non vi è attivo da distribuire ai creditori.

In base a quanto stabilito dall'art. 2 del CCI, per insolvenza si intende lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori che dimostrino che non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Detta procedura, la quale, come è stato correttamente osservato e come si avrà modo di approfondire, è di natura prettamente concorsuale, si incentra infatti sui principi di universalità e di generalità e non ha quale finalità il risanamento della situazione economico finanziaria del debitore, ma la regolamentazione del concorso fra i creditori mediante una cristallizzazione dei diritti vantati dai creditori concorrenti, nell'ottica di impedire ai singoli di guadagnare posizioni di vantaggio all'interno del concorso stesso (S. Leuzzi – La liquidazione del patrimonio dei soggetti sovraindebitati fra presente e futuro, Il caso.it 2019).

La procedura di liquidazione controllata prevede lo spossessamento del patrimonio, con contestuale attribuzione dell'amministrazione dello stesso ad un organo terzo, il liquidatore, il quale dovrà gestirlo secondo principi di natura concorsuale.

Il debitore subisce, inoltre, anche la perdita della legittimazione processuale poiché in tutti i giudizi in corso di natura patrimoniale subentra, in sua sostituzione, il liquidatore.

L'apertura della liquidazione controllata

Il provvedimento di apertura della liquidazione controllata è dichiarato mediante sentenza che:

a) nomina il giudice delegato;

b) nomina il liquidatore, confermando l'Organismo di composizione della crisi o, per giustificati motivi, lo sceglie nell'elenco dei gestori della crisi (D.M. 202/2014). In quest' ultimo caso la scelta è effettuata tra i gestori residenti nel circondario del tribunale competente e l'eventuale deroga deve essere espressamente motivata e comunicata al presidente del tribunale;

c) ordina al debitore, entro 7 giorni, il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell'elenco dei creditori;

d) assegna ai terzi, che vantano diritti sui beni del debitore e ai creditori risultanti dall'elenco depositato, un termine non superiore a 60 giorni entro il quale, a pena di inammissibilità, devono trasmettere al liquidatore, a mezzo posta elettronica certificata, la domanda di restituzione, di rivendicazione o di ammissione al passivo; in caso di mancata indicazione dell'indirizzo PEC le notifiche avvengono mediante deposito in cancelleria (art. 10 c. 3 D.Lgs. n. 14/2019);

e) ordina la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione, salvo che non ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzare il debitore o il terzo a utilizzare alcuni di essi. Il provvedimento è titolo esecutivo e viene posto in esecuzione a cura del liquidatore;

f) dispone l'inserimento della sentenza nel sito internet del tribunale o del Ministero della Giustizia. Nel caso in cui il debitore svolga attività d'impresa, la pubblicazione è altresì effettuata presso il Registro delle Imprese;

g) ordina la trascrizione della sentenza, a cura del liquidatore, presso gli uffici competenti, quando vi sono beni immobili o beni mobili registrati.

La sentenza, ai sensi dell'art. 270 del CCI, viene notificata al debitore, ai creditori ed ai titolari di diritti sui beni oggetto di liquidazione, e sulla base di quanto previsto dal decreto correttivo produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili.

Le funzioni del liquidatore

Al liquidatore sono di fatto attribuiti i medesimi poteri e funzioni propri del curatore, con un aggravio di responsabilità per quanto attiene la formazione dello stato passivo.

Il liquidatore ai sensi dell'art. 272 del CCI:

  • entro 30 giorni dovrà aggiornare l'elenco dei creditori, ai quali notificherà la sentenza (art. 270 c. 4).
  • entro 90 giorni dall'apertura della liquidazione controllata, dovrà completare l'inventario dei beni del debitore e redigere un programma in ordine ai tempi e modalità della liquidazione che dovrà essere depositato in cancelleria ed approvato dal giudice delegato. In merito al programma di liquidazione si applica l'art. 213 commi 3 e 4 che norma il contenuto del medesimo documento previsto nella liquidazione giudiziale che, come noto, prende il posto del fallimento.

In particolare, il programma, oltre a contenere l'indicazione dei costi e dei presumibili tempi di realizzo, è suddiviso in sezioni, in cui vanno indicati separatamente criteri e modalità:

  1. della liquidazione dei beni immobili e degli altri beni;
  2. della riscossione dei crediti;
  3. delle azioni giudiziali e del subentro nelle liti pendenti;
  4. degli esiti delle liquidazioni già compiute.

Il liquidatore, ai sensi dell'art. 274 del CCI, previa autorizzazione del giudice delegato, prosegue ogni azione prevista dalla legge per conseguire la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio del debitore ed ogni azione volta al recupero dei crediti. Potrà altresì, sempre previa autorizzazione del giudice delegato, esercitare o proseguire le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme previste dal codice civile.

Ai sensi dell'art. 270, comma 6 ,del CCI il liquidatore, nel caso di contratti inseguiti in tutto in parte potrà, sentito il debitore, decidere di subentrare nel contratto in luogo del debitore oppure sciogliersi dal medesimo.

La formazione dello stato passivo

Mediante la sentenza di apertura della liquidazione controllata, il giudice delegato assegna ai terzi che vantino diritti sui beni del debitore e ai creditori un termine di 60 giorni per trasmettere, a mezzo pec, la domanda di restituzione, rivendicazione o ammissione al passivo. Scaduto detto termine, il liquidatore predispone un progetto di stato passivo, contenente un elenco dei titolari di diritti sui beni, mobili e immobili, di proprietà o in possesso del debitore. Il progetto di stato passivo viene comunicato agli interessati, a cura del liquidatore, tramite pec ovvero, mediante deposito in cancelleria, in difetto dell'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata.

Entro 15 giorni dalla comunicazione del progetto di stato passivo, possono essere proposte osservazioni, tramite comunicazione a mezzo pec.

In mancanza di osservazioni da parte dei creditori, il liquidatore forma lo stato passivo e lo deposita in cancelleria, oltre a curarne l'inserimento sul sito web del Tribunale o del Ministero della Giustizia.

Nel caso in cui siano state proposte osservazioni che il liquidatore ritiene fondate, nei 15 giorni successivi, viene predisposto un nuovo progetto di liquidazione, nuovamente comunicato a tutti gli interessati. In presenza di contestazioni non superabili, il liquidatore rimette gli atti al giudice delegato, il quale forma lo stato passivo con decreto motivato. Il provvedimento è reclamabile davanti al collegio, di cui non può far parte il giudice delegato e il procedimento si svolge senza formalità, assicurando il rispetto del contraddittorio.

Il decreto correttivo prevede altresì la possibilità per i creditori di trasmettere le domande tardive.

In concreto la predisposizione dello stato passivo viene demandata al liquidatore e l'intervento del giudice delegato e del Tribunale è limitato alla risoluzione di contestazioni non superabili.

L'esecuzione del programma di liquidazione e la chiusura della procedura

Come già accennato, l'apertura della liquidazione controllata determina lo spossessamento dei beni del debitore che saranno amministrati dal liquidatore.

Non sono compresi nella liquidazione i crediti impignorabili ai sensi dell'art. 545 del c.p.c., nonché i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi e le pensioni nei limiti, indicati dal giudice, di quanto necessario al mantenimento del debitore e della sua famiglia.

Il liquidatore dovrà eseguire il programma di liquidazione e riferirne al giudice con cadenza semestrale. Il mancato deposito della relazione costituisce causa di revoca ed è valutato ai fini della determinazione del compenso.

Nella liquidazione controllata si applica la disciplina sulle vendite nella liquidazione giudiziale; pertanto una volta eseguita la vendita e riscosso il prezzo, il giudice delegato ordina la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi, nonché di ogni altro vincolo.

Alla conclusione dell'esecuzione, il liquidatore deve presentare il rendiconto al giudice delegato che potrà:

  • approvare il rendiconto, se verifica la conformità degli atti dispositivi al programma di liquidazione e procedere alla liquidazione del compenso;
  • non approvare il rendiconto, in tal caso indicherà gli atti necessari al completamento della liquidazione ovvero le opportune rettifiche ed integrazioni del rendiconto, ed assegnerà un termine per il loro compimento. Se le prescrizioni non sono adempiute nel termine, anche prorogato, il giudice provvede alla sostituzione del liquidatore e nella liquidazione del compenso tiene conto della diligenza prestata, con possibilità di escludere in tutto o in parte il compenso stesso.

Il liquidatore provvederà altresì alla distribuzione delle somme ricavate, in base all'ordine di prelazione risultante dallo stato passivo, previa formazione di un progetto di riparto. Il progetto deve essere comunicato al debitore e ai creditori, i quali entro 15 giorni possono presentare delle osservazioni. In assenza di contestazioni, il piano di riparto viene comunicato al giudice che ne autorizza l'esecuzione. Nel caso in cui siano formulate delle osservazioni il liquidatore verifica la possibilità di componimento e apporta le modifiche che ritiene opportune. Altrimenti rimette gli atti al giudice delegato, il quale provvede con decreto motivato, reclamabile secondo le norme previste in materia di liquidazione giudiziale (art. 124 D.Lgs. n. 14/2019).

Una volta esaurita la liquidazione dei beni e ripartite le somme ricavate, il giudice dichiara chiusa la procedura con decreto. Con il decreto di chiusura, il giudice, su istanza del liquidatore, autorizza il pagamento del suo compenso e lo svincolo delle somme eventualmente accantonate.

Dal punto di vista sistematico, è stata correttamente osservata una distonia tra la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale che viene dichiarata dal Tribunale e la chiusura della procedura, dove riemerge la figura del giudice monocratico (R. Brogi, Codice della crisi d'impresa: il concordato minore e la liquidazione controllata del sovraindebitato in quotidianogiuridico.com, 2019).

L'esdebitazione

Nella procedura di liquidazione controllata l'esdebitazione opera di diritto e viene pronunciata con il decreto di chiusura oppure decorsi tre anni dalla sentenza di apertura. Per poter accedere al beneficio è sufficiente verificare che il debitore non sia stato condannato per bancarotta fraudolenta, per delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio o altri delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attività di impresa ovvero ancora sia stato proposto in un procedimento di prevenzione di cui al D.lgs n. 159/2011. In tal caso, l'esdebitazione può essere concessa solo all'esito del relativo procedimento. Il consumatore, inoltre, non deve aver determinato con colpa grave, dolo o malafede il sovraindebitamento, né aver beneficiato dell'esdebitazione nei due anni precedenti, ovvero essere stato esdebitato con altri istituti nei cinque anni anteriori (F. Cesare, La liquidazione controllata nel Codice della crisi e dell'insolvenza, ilFallimentarista, 2019).

Il debitore persona fisica incapiente ma meritevole, può accedere all'esdebitazione una sola volta, fatto salvo l'obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto del giudice ove sopravvengano utilità rilevanti che consentano il pagamento dei creditori in misura non inferiore al 10%.

Il decreto correttivo stabilisce che il provvedimento che dichiara l'esdebitazione deve essere pubblicato in apposita area del sito web del Tribunale o del Ministero della giustizia.

Le possibili conseguenze della procedura di liquidazione controllata

Si ritiene che l'introduzione nel nostro ordinamento della possibilità per i creditori di richiedere la liquidazione dei beni dei propri debitori, siano essi imprenditori minori o debitori civili (consumatori), anche in assenza di un titolo esecutivo, con una procedura che, di fatto, per molti aspetti è assimilabile alla liquidazione giudiziale, sia una previsione estremamente pericolosa in quanto atta a destabilizzare il sistema delle garanzie giurisdizionali preposte alla tutela dei diritti (S. Rossetti, Il nuovo sovraindetamento: inquadramento e principi, in Commento al codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, In Executivis, 2019).

Il sovraindebitamento del debitore civile o del “piccolo imprenditore” stante il numero modesto dei rapporti debitori non pone problemi di corretta partecipazione alle regole di mercato come invece può avvenire nel caso di un imprenditore commerciale di maggiori dimensioni.

Il patrimonio del debitore civile non può essere infatti assimilato a quello di un'impresa in quanto non coinvolge una realtà organizzata per la produzione di beni e servizi, ma i beni ed i diritti di un individuo (S. Rossetti, op. cit.).

È lecito presumere infatti che, anche nell'ottica di un consistente risparmio di costi, i creditori riterranno senz'altro utile e preferibile perseguire la suddetta via, con la conseguenza di un inevitabile incremento dell'attività istruttoria demandata ai tribunali, i quali saranno chiamati ad un notevole sforzo interpretativo sui presupposti per l'apertura della liquidazione controllata.

Infine, è d'uopo un'ultima annotazione in merito ai possibili riflessi sulla stabilità degli atti compiuti dal debitore: si ritiene cha la possibilità riconosciuta al liquidatore di esercitare le azioni revocatorie - che inficia di fatto l'anzidetta stabilità - comporterà inevitabili conseguenze sulle condotte degli operatori economici e non, i quali avranno il timore di incorrere nei rischi derivanti dalla dichiarazione di inefficacia degli atti dispositivi del patrimonio posti in essere dal sovraindebitato.

È noto, infatti, che ad oggi la maggior parte delle azioni revocatorie, anche ordinarie, sono esercitate dalle procedure concorsuali, al contrario, la previsione stabilita dall'art. 274 comma 2 del CCI comporterà sicuramente la richiesta di maggiori garanzie da parte degli acquirenti di assets anche tra soggetti privati/consumatori, nonché una serie di indagini di natura patrimoniale volte ad appurare la situazione economico finanziaria del cedente, con un inevitabile incremento dei costi delle transazioni immobiliari.

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