Non commette illecito deontologico l'avvocato che produce in giudizio corrispondenza non destinata al proprio assistito
31 Marzo 2020
Massima
È esente da responsabilità disciplinare il professionista che produce in giudizio documentazione acquisita attraverso il proprio assistito, anche se a lui non indirizzata e/o a lui non relativa, purché : i) accerti che l'acquisizione sia avvenuta attraverso condotte non fraudolente; ii) la documentazione acquisita sia necessaria per una miglior tutela della ragione del proprio patrocinato e iii) quest'ultimo sia stato informato delle possibili conseguenze penali in cui può incorrere con detta produzione. Il caso
Con esposto depositato presso il COA territoriale, l'esponente deduceva di aver in corso dinanzi al Tribunale il giudizio di separazione. Nella narrativa raccontava di godere di assegno vitalizio, erogato dal Ministero dell'Interno, in quanto figlia di un carabiniere deceduto quale vittima della mafia. Nel corso del giudizio di separazione il Ministero le aveva inviato, in busta chiusa, comunicazione contenente la notizia dell'aumento dell'assegno vitalizio in questione. Il plico era stato aperto dal coniuge e il documento in esso contenuto era stato sottratto e poi trasmesso da questo ultimo al proprio difensore che lo aveva utilizzato depositandolo nel giudizio di separazione. Della circostanza era stata fatta altresì denuncia avanti l'Autorità Giudiziaria ordinaria. L'esponente chiedeva quindi di valutare il comportamento posto in essere dall'Avvocato che assisteva il marito per avere prodotto un documento di provenienza illecita. Allegava la querela dalla quale risultava che la comunicazione del Ministero era arrivata all'indirizzo dove aveva sede l'impresa di cui era titolare il marito nonché dove la famiglia una volta aveva la propria residenza. A propria discolpa il professionista evidenziava come nel giudizio di separazione la moglie avesse chiesto un contributo al proprio mantenimento e un aumento del contributo per i figli pur in presenza di attività lavorativa e del vitalizio da parte del Ministero. A seguito dell'ordine del Giudice di produrre i modelli fiscali relativi agli ultimi tre anni,il marito trasmetteva via fax all'indirizzo del proprio professionista, la comunicazione proveniente dal Ministero dell'Economia e delle Finanze indirizzata alla moglie dalla quale risultava un incremento considerevole della pensione. Il marito, interpellato dal professionista circa la provenienza del documento, precisava che era stato ritirato, con altra posta, presso la vecchia sede sociale dell'impresa e aperto per errore dalla segretaria. Da tale documento risultava che a partire dal mese di gennaio 2009 la pensione della moglie era stata triplicata e la stessa aveva ricevuto arretrati per € 12.402,00. Tale circostanza era stata sottaciuta dall'esponente nel giudizio di separazione . Il professionista negli scritti difensivi del procedimento disciplinare evidenziava come tale circostanza si rivelasse dirimente rispetto alla richiesta di contributo al mantenimento avanzata dalla moglie, fornendo la prova della sua autonomia economica. Produceva quindi il documento ritenendolo indispensabile per resistere alle ingiustificate pretese avversarie atteso che la moglie aveva omesso qualsiasi indicazione e produzione al riguardo. Precisava altresì di aver reso edotto il proprio assistito dei rischi di una possibile denuncia in sede penale con la produzione di detto documento, ricevendo il benestare del cliente alla sua produzione. Il COA territoriale riteneva di comminare la sanzione disciplinare dell'avvertimento sul presupposto della violazione del disposto degli artt. 6 e 36 cod. deont. previgente. Detta sentenza veniva impugnata avanti il CNF che riformava. La questione
La questione sottoposta all'esame del CNF è di rilevante importanza atteso che l'organo di secondo grado in materia deontologica è stato chiamato a stabilire se costituisca violazione di principio deontologico la produzione in giudizio di documentazione, da parte del professionista, fornitagli dal cliente che il professionista sa essere stata acquisita dallo stesso in “maniera non diretta” in quanto a lui non indirizzata e/o ad esso non relativa. Le soluzioni giuridiche
Come detto la questione affrontata dal CNF è di notevole importanza, soprattutto in una materia come il diritto di famiglia, dove la conflittualità fra i soggetti in causa è molto spesso elevata e molto spesso i professionisti si trovano di fronte al dubbio se produrre o meno determinata documentazione acquisita in violazione ai principi della privacy e alla normativa penale in punto corrispondenza Nella sentenza in esame il CNF ha ritenuto che il comportamento tenuto dal professionista sia conforme ai principi deontologici atteso che la produzione nel giudizio di separazione della comunicazione proveniente dal Ministero, contenente la notizia dell'aumento della pensione a favore della moglie del proprio assistito, sia avvenuta nel rispetto dei dettami deontologici, contrariamente a quanto ritenuto dal COA territoriale. Per giungere a tale decisione il CNF evidenzia come l'incolpato “abbia agito in buona fede, in una situazione in cui gli era parso suo dovere produrre il documento nell'interesse del cliente e d'intesa con lo stesso”. Ribadisce il CNF che in questo contesto il tema è quello della liceità deontologica del comportamento del professionista che dinanzi al silenzio della controparte ha ritenuto di produrre il documento in questione sul presupposto, come emerso nel corso dell'istruttoria, che l'incolpato: (i) ha ricevuto il contenuto della lettera in questione dal cliente con l'indicazione che essa era stata aperta per errore e pertanto non a seguito di condotta fraudolenta; (ii) ha ritenuto che la sua produzione in giudizio fosse necessaria per la miglior tutela del proprio assistito; (iii) ha informato il proprio assistito delle possibili conseguenze penali della produzione. Conclude il CNF che il professionista posto di fronte all'alternativa tra procedere alla produzione documentale in questione, così salvaguardando le ragioni del proprio assistito, ed astenersi dall'effettuarla, correndo in tal modo il rischio del mancato accertamento delle nuove condizioni reddituali della controparte, ha operato una scelta di condotta della lite che appare legittima stante gli opportuni accertamenti e adempimenti svolti. Osservazioni
Nonostante l'importanza della questione trattata non si rinvengono in campo deontologico precedenti in tal senso. Non è infatti inusuale che il professionista si trovi a dover decidere tra assumere una determinata iniziativa processuale, ritenuta fondamentale per la tutela dei diritti del proprio assistito, e il rischio di poter subire un procedimento disciplinare, ancorché destinato a concludersi con una pronunzia di assoluzione. Questioni del genere assumono ancor più rilevanza nei procedimenti del diritto delle relazioni familiari, all'interno dei quali non è raro (anche se è deprecabile) che il conflitto diventi personale e spesso coinvolga anche i difensori. D'altra parte la questione della producibilità della corrispondenza ha trovato soluzioni contrastanti anche in giurisprudenza, ove si ricordi ad esempio che, per buona parte delle pronunzie di merito, le c.d. prove illecite (ovverosia ottenute con modalità potenzialmente lesive di norme primarie) sono pienamente utilizzabili in giudizio Trib. Milano, sez. impresa, 9431/16;Trib. Torino, 8 maggio 2013;Trib. Milano, 9 maggio 2018;Trib. Roma, 20 gennaio 2017), contra però v. ex plurimis (Cass. 22677/16). In questo quadro, e sotto il profilo meramente deontologico, la pronuncia del CNF apre uno spiraglio e fornisce alcune indicazioni per il professionista che si trova nella situazione di dover decidere se far luogo alla produzione di documentazione fornita dal cliente anche se a lui non indirizzata. Il CNF è stato chiaro nel precisare che il professionista, per andare indenne da responsabilità deontologica, evitando di incorrere nella violazione del disposto degli artt. 6 e 36 Cod. Deont. (prev)- ora artt. 23 e 50 nuovo Cod. Deont. - così come richiamati dal COA territoriale, utilizzi i dovuti accertamenti come sopra evidenziati. L'esenzione di responsabilità del professionista dal punto di vista deontologico tuttavia non esime il proprio assistito dal subire possibili denunce in campo penale: e infatti se la corrispondenza diretta ad altri è producibile in giudizio, sulla base dell'orientamento sopra evidenziato, ciò non significa ovviamente che il deposito nel fascicolo processuale funga automaticamente da esimente di uno dei reati ex art. 616 c.p., 616-bis c.p., 618 c.p. È quindi fondamentale che il professionista prima di decidere se utilizzare il documento che il cliente ha acquisito, in maniera non diretta in quanto documento a lui non riferibile o diretto, accerti le modalità di acquisizione, che non devono essere fraudolente, renda edotto il proprio assistito del rischio che può correre, stante la possibilità che la controparte depositi una denuncia, e non ultimo che tale produzione sia supportata da giusta causa. Nel caso di specie, , il professionista incolpato si era trovato di fronte ad un comportamento non conforme a lealtà e probità da parte della controparte che aveva volutamente omesso di riferire del miglioramento economico della propria assistita, per cui in tale situazione l'unica alternativa possibile era quella di produrre detto documento che avrebbe permesso al proprio cliente di non dover corrispondere alcunché per il mantenimento della moglie. Il professionista come visto aveva altresì informato di tutti i rischi in cui poteva incorrere l'assistito trovandone riscontro positivo. In circostanze simili solitamente l'esposto è presentato dall'assistito che contesta al professionista di cui si avvale di non averlo reso edotto dei possibili rischi a cui andrebbe incontro anziché dalla controparte che avrebbe la possibilità di fare una denuncia in sede penale contro la parte per essersi appropriata della documentazione in maniera “poco ortodossa”. Nel caso illustrato l'esposto è stato depositato dalla controparte - soggetto che pretendeva il contributo di mantenimento, in maniera volutamente strumentale, come a voler coprire il proprio comportamento processuale sicuramente non improntato a lealtà e probità: la donna infatti aveva dato una rappresentazione inveritiera della propria situazione economica non avendo provveduto a produrre tutta la documentazione atta a dimostrare un quadro economico rispondente a realtà. È evidente quindi come il comportamento posto in essere dalla Collega incolpata dovesse andare esente da responsabilità viste anche le accortezze usate nei confronti del proprio assistito e alla luce del fatto che per ben adempiere al mandato ricevuto non aveva altra soluzione che quella della produzione del documento acquisito “per errore” dal proprio cliente per far fronte ad un comportamento non proprio limpido della controparte.
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