Stato di abbandono e interesse del minore al mantenimento della relazione con il genitore biologico
06 Aprile 2020
Massima
Poiché il giudizio per la dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore è finalizzato, in caso di accertamento dello stato di abbandono, alla adozione c.d. legittimante, fondata sulla radicale recisione del rapporto con i genitori biologici, è necessario che l'indagine sulla condizione di abbandono morale e materiale sia completa e non trascuri alcun rilevante profilo inerente i diritti del minore, anche attraverso una adeguata operazione di bilanciamento che può condurre a ritenere prevalente l'interesse del minore a non recidere il legame con la madre rispetto al quadro deficitario delle capacità genitoriali e, in questo caso, ad escludere la sussistenza dello stato di abbandono.
Il caso
Dichiarato dal Tribunale per i Minorenni lo stato di adottabilità di due minori, la madre Tizia (cittadina straniera residente in Italia con permesso di soggiorno e lavoro regolare) ha proposto appello e, motivando anche sul profondo legame esistente con le due figlie, ha chiesto l'annullamento o la revoca della dichiarazione di adottabilità e l'applicazione di altra misura, quale l'adozione mite, al fine di conservare il rapporto con le figlie. La Corte d'Appello, ad esito dell'audizione dell'appellante e di nuova consulenza tecnica d'ufficio, ha rigettato la domanda rilevando che le caratteristiche di personalità della donna e il suo quadro psicopatologico (la donna era affetta da HIV e da disturbo da stress postraumatico), accompagnati dal permanere di un grave disagio esistenziale e dalla mancanza di consapevolezza sulla necessità di cure, dalla non accettazione dei sostegni offerti e dalla mancanza di collaborazione con i servizi, deponevano per l'oggettiva impossibilità di recupero delle competenze genitoriali. L'innegabile attaccamento della madre alle figlie, ha osservato la Corte, deve recedere di fronte a queste risultanze che impongono la pronuncia di adottabilità, la quale elide il rapporto parentale ed esclude in radice la possibilità di riprendere la frequentazione tra madre e minori, non lasciando spazio per l'adozione c.d. mite che non è prevista dall'ordinamento e il cui esame, comunque, esula dal giudizio per la dichiarazione dello stato di adottabilità. Avverso questa sentenza Tizia ha proposto ricorso per cassazione, da un lato censurando l'omesso esame di un fatto decisivo, consistente nel profondo legame tra la ricorrente e le figlie, sottolineato nella stessa consulenza tecnica d'ufficio che aveva sostenuto anche la necessità che il legame non venisse interrotto, e d'altro lato deducendo l'illegittimità dell'affermazione secondo la quale la c.d. adozione mite non sarebbe contemplata nel nostro ordinamento. La questione
Il caso pone il seguente quesito: In quali termini le esigenze di conservazione dei rapporti con i genitori biologici (nel caso in esame la stessa consulenza tecnica d'ufficio ha sottolineato la validità del legame tra genitore e figli rilevando anche l'importanza della continuità di questo legame nella costruzione della propria identità) trovano ingresso nel giudizio volto alla dichiarazione di adottabilità di un minore? La valutazione di queste esigenze rileva ai fini dell'accertamento dello stato di abbandono o rileva ai fini della individuazione del modello adottivo adeguato a soddisfare tale specifico interesse del minore? Le soluzioni giuridiche
La disciplina nazionale in tema di adozione dei minori è disegnata secondo la netta distinzione tra adozione legittimante, fondata sullo stato di abbandono che estingue ogni rapporto con i genitori biologici, e l'adozione in casi particolari di cui all'art. 44 l. n. 184/1983, che non richiede lo stato di abbandono e non cancella lo status filiale d'origine né la relazione con il genitore biologico. L'adozione legittimante, fondata sull'accertamento dello stato di abbandono e sulla dichiarazione di adottabilità, costituisce una "soluzione estrema", perché il minore ha il diritto a crescere ed essere educato nella propria famiglia d'origine, quale ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico, tutelato in via prioritaria dall'art. 1 l. n. 184 del 1983. Lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori, in base ad una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito, non siano considerati in grado «di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, di calore affettivo e di aiuto psicologico indispensabili allo sviluppo e alla formazione della sua personalità, senza che tale situazione sia dovuta a motivi di carattere transitorio» (Cass.,ord., 23 aprile 2019, n. 11171). Il giudice di merito deve operare un giudizio prognostico teso, in primo luogo, a verificare l'effettiva e attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle condizioni di lavoro, reddituali ed abitative, senza però che esse assumano valenza discriminatoria, sia a quelle psichiche, da valutarsi, se del caso, mediante specifica indagine peritale, estendendo detta verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, avvalendosi dell'intervento dei servizi territoriali (Cass., ord.,27 marzo 2018, n. 7559). Prioritariamente, si deve tentare un intervento di sostegno diretto a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio familiare e, solo quando, a seguito del fallimento del tentativo, risulti impossibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, è legittima la dichiarazione dello stato di adottabilità (Cass. 27 settembre 2017, n. 22589; Cass. 21 giugno 2018, ord., n. 16357). Recenti interventi della Corte EDU (Zhou c. Italia, S.H. c. Italia) hanno rilevato l'insufficienza dell'istituto a fornire una adeguata tutela del minore nel rispetto dell'art. 8 della Convenzione. I profili critici emergono nei casi in cui l'idoneità genitoriale risulti compromessa solo parzialmente o si riconosca l'interesse del minore alla conservazione del legame con il genitore biologico, riconducibili, grosso modo, alla figura del c.d. semiabbandono permanente. L'esigenza di adeguare la normativa nazionale alle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte Europea ha prodotto una ampia varietà di orientamenti giurisprudenziali e di posizioni dottrinali secondo due diversi percorsi interpretativi: alcuni hanno osservato che l'art. 27 l. n. 184/1983 non prevede espressamente, quale conseguenza automatica della adozione legittimante, la cessazione della relazione affettiva con i genitori biologici che quindi potrebbe essere mantenuta, nonostante la recisione dei rapporti giuridici, se funzionale all'interesse del minore (c.d. adozione legittimante aperta); altri hanno fatto ricorso alla c.d. adozione mite, desumibile dall'art. 44 lett. d), che in questa prospettiva diventa un possibile modello adottivo utilizzabile anche a seguito della pronunzia di adottabilità ogni qualvolta l'interruzione totale dei rapporti con la famiglia di origine potrebbe avere ripercussioni negative sullo sviluppo del minore. L'ordinanza in commento non si discosta dall'orientamento prevalente, secondo cui la pronuncia di adottabilità è in funzione dell'adozione legittimante ed elide tutti i rapporti con i genitori biologici, mentre l'adozione in casi particolari prevista dall'art. 44 lett. d) (ove “l'impossibilità di affidamento preadottivo” deve essere intesa come impossibilità giuridica e non di fatto) non richiede il preventivo accertamento dello stato di abbandono. Piuttosto, la Suprema Corte osserva, accogliendo il ricorso, che l'esigenza di conservazione dei rapporti con i genitori biologici rileva, nell'ambito del giudizio di adottabilità, ai fini non della scelta del modello adottivo (perché quel giudizio costituisce un segmento del modello della adozione legittimante) ma della valutazione circa la sussistenza dello stato di abbandono. Proprio perché il procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità è finalizzato “in via pressoché esclusiva” a creare le condizioni per la successiva pronuncia di adozione piena o legittimante, ovvero per la forma di adozione che impone la recisione di ogni legame con il nucleo genitoriale originario, è necessario che l'indagine sulla condizione di abbandono morale e materiale del minore e della conseguente capacità genitoriale dei genitori biologici sia completa e non trascuri alcun rilevante profilo inerente i diritti dei minori. Il giudice d'appello, quindi, avrebbe dovuto prendere in considerazione, ai fini dell'accertamento dello stato di abbandono, la valutazione tecnica che sottolineava l'esigenza della conservazione del rapporto tra genitore biologico e minori, e non trascurare quelle risultanze soltanto perché nel giudizio finalizzato alla dichiarazione dello stato di adottabilità non può procedersi alla costituzione di una genitorialità adottiva che non escluda tale rapporto. Un aspetto assai significativo della pronunzia è il rilievo dato all'interesse del minore al mantenimento della relazione con il genitore, interesse che può condurre ad escludere la ricorrenza dello stato di abbandono. L'ordinanza valorizza il punto di vista soggettivo dell'interesse del minore rispetto al dato oggettivo della capacità dei genitori di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, di calore affettivo e di aiuto psicologico indispensabili allo sviluppo e alla formazione della sua personalità. Si tratta di due approcci diversi che possono condurre a soluzioni divergenti. Si noti che tradizionalmente il riscontro della incapacità genitoriale e del suo recupero in tempi compatibili con le esigenze di crescita del minore comporta l'irrilevanza della relazione affettiva tra genitore e figlio (Cass. 26 giugno 2019 n. 17107). Osservazioni
Poiché la dichiarazione di adottabilità costituisce una "soluzione estrema", l'accertamento dello stato di abbandono deve essere condotto con estremo rigore, prioritariamente sulla base degli elementi fattuali forniti dalle relazioni di assistenti sociali e altri operatori che seguono il caso: queste relazioni, ancorché non asseverate da giuramento, costituiscono indizi sui quali il giudice può fondare il proprio convincimento. A queste risultanze si aggiunge la ctu sui profili di personalità e sulle capacità dei genitori, estesa alle famiglie di provenienza, che solitamente il giudice dispone per dare risposta alle questioni tecniche che l'accertamento dello stato di abbandono comporta. Le stesse parti possono sollecitare una consulenza per confutare le risultanze negative delle relazioni: in questo caso, il giudice che non intenda disporla deve fornire una specifica motivazione che dia conto delle ragioni che la facciano ritenere superflua. La dichiarazione dello stato di adottabilità, però, non può fondarsi solo su un giudizio sulla personalità dei genitori, dei loro problemi psichici o fisici, della loro età, delle loro inclinazioni ma devono sempre considerarsi evidenze fattuali legate all'attualità e i potenziali scenari. Lo stato di abbandono, infatti, non deve derivare da una debolezza o difficoltà contingente e transitoria ma deve essere irreversibile. Si tratta di un giudizio prognostico che considera le risorse personali dei genitori e la loro capacità di recupero, cercando di prevederne i tempi e di stabilire la compatibilità di questi in relazione alle esigenze di cura dei minori. Questo accertamento presuppone l'esito negativo dei percorsi di recupero e sostegno attivati che, comunque, possono anche mancare, si pensi al caso di rifiuto di collaborare con gli operatori. Non può essere sufficiente, inoltre, la mera dichiarazione del genitore di voler prendersi cura del minore che non si concretizzi in atti o comportamenti giudizialmente controllabili, tali da escludere la possibilità di un successivo abbandono. |