Relazioni e rapporti riepilogativi del curatore (CCII)

Giovanni Gerbini
08 Aprile 2020

L'art. 130 del Codice della Crisi e dell'Insolvenza disciplina l'attività di rendicontazione dell'andamento della procedura concorsuale da parte del curatore, offrendo così sia al giudice delegato che ai creditori uno strumento di monitoraggio dell'operato dell'organo preposto all'amministrazione e all'avanzamento della procedura.

Inquadramento

L'art. 130 del Codice della Crisi e dell'Insolvenza (CCII) disciplina l'attività di rendicontazione dell'andamento della procedura concorsuale da parte del curatore, offrendo così sia al giudice delegato che ai creditori uno strumento di monitoraggio dell'operato dell'organo preposto all'amministrazione e all'avanzamento della procedura.

Tale norma, riprendendo seppur con alcune modificazioni il vecchio articolo 33 della l. fall., prevede in generale che il curatore presenti: una prima informativa sommaria sulle cause dell'insolvenza e sulla responsabilità del debitore, da redigersi entro 30 giorni dall'apertura della liquidazione giudiziale; successivamente al decreto di esecutività dello stato passivo, una relazione particolareggiata sui medesimi aspetti; infine, ogni sei mesi, un rapporto riepilogativo delle attività svolte e delle informazioni raccolte, nonché il conto della gestione e gli estratti conto bancari della procedura.

Inoltre, sulla scorta di quanto già previsto dalla legge fallimentare, è espressamente previsto che l'informativa e la relazione particolareggiata debbano essere trasmesse anche al pubblico ministero.

Rappresenta, in conclusione, il principale dovere del curatore in merito alla comunicazione di tutto quanto sia utile: da un lato, al giudice delegato, affinché questi sia adeguatamente, puntualmente e costantemente informato per esercitare con piena conoscenza la propria funzione di controllo e vigilanza, nonché quella più strettamente giurisdizionale; dall'altro lato, al comitato dei creditori, i cui membri possono formulare osservazioni scritte sui rapporti riepilogativi, e più in generale anche ai creditori, ai quali tali rapporti vengono trasmessi.

L'informativa sommaria su cause dell'insolvenza e responsabilità del debitore

A livello cronologico e operativo, il primo onere in capo al curatore è quello di presentare al giudice delegato, entro 30 giorni dalla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, un'informativa riguardante:

  1. gli accertamenti compiuti; e
  2. gli elementi informativi acquisiti

in relazione a:

1) le cause che hanno determinato l'insolvenza; e

2) la responsabilità del debitore, ovvero degli amministratori o degli organi di controllo della società.

A differenza della relazione sommaria prevista come discrezionale (su richiesta del giudice delegato) dalla vecchia legge fallimentare, questa informativa è divenuta obbligatoria con il Codice della Crisi e dell'Insolvenza ed è lo stesso CCII a scadenziarne il deposito con la previsione di un termine di 30 giorni dall'apertura della procedura.

L'esigenza pratica sottesa al dovere di redigere tale prima informativa si rinviene nella necessità di fornire immediatamente al giudice delegato una prima descrizione, seppur sommaria, delle cause e circostanze dell'insolvenza e di eventuali profili di responsabilità dei soggetti coinvolti nella direzione e/o controllo dell'impresa. È stata così codificata una prassi che, seppur – come detto – in precedenza rimessa alla discrezionalità del g.d., era già ampiamente e diffusamente adottata da molti Tribunali – a cominciare dal Tribunale di Milano - per ovviare ai tempi, inevitabilmente più lunghi, necessari alla redazione della relazione particolareggiata.

Gli ampi poteri del curatore nella ricerca degli elementi informativi necessari

Il Codice della Crisi e dell'Insolvenza (rispetto alla legge fallimentare) ha altresì cura di rafforzare ed ampliare i poteri del curatore, garantendogli strumenti più incisivi ed efficaci nell'indagine delle cause della crisi e della condotta dell'imprenditore, prodromica alla redazione delle proprie relazioni.

I commi 2 e 3 dell'art. 130 CCII prevedono, infatti, che:

  • in caso di mancato deposito dei bilanci, delle scritture contabili e fiscali obbligatorie e dell'elenco dei creditori, il curatore è tenuto ad informare senza indugio il pubblico ministero;
  • nel medesimo caso di mancato deposito, nonché qualora le scritture contabili siano incomplete o inattendibili, il curatore con riguardo alle operazioni compiute dall'imprenditore nei cinque anni precedenti la presentazione della domanda cui abbia fatto seguito la dichiarazione di liquidazione giudiziale può chiedere al giudice delegato di essere autorizzato ad accedere a banche dati (ulteriori rispetto a quelle di cui all'art. 49, comma 3, lett. f), c.c.i.: i) banche dati dell'anagrafe tributaria ii) e dell'archivio dei rapporti finanziari; iii) degli atti assoggettati a imposta di registro; iv) dell'elenco dei clienti e dei fornitori, v) delle relative schede contabili; vi) della documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari), a patto che vengano specificamente indicate; salve le altre modalità di indagine previste dall'art. 49, comma 3, CCII;
  • il giudice delegato può autorizzare il curatore a richiedere alle pubbliche amministrazioni le informazioni e i documenti riguardanti l'imprenditore sottoposto a liquidazione giudiziale e/o relativi all'insolvenza.

L'informativa al pubblico ministero, in particolare, è chiaramente collegata a quanto previsto dal comma 4 della norma, laddove si stabilisce che nella relazione particolareggiata (su cui infra) il curatore deve illustrare tutto quanto possa interessare anche ai fini delle indagini preliminari in sede penale. A tal proposito, il comma 7 prevede espressamente che debbano essere trasmesse al pubblico ministero:

  1. l'informativa ai sensi del comma 1;
  2. la relazione particolareggiata di cui al comma 4;
  3. la relazione di cui al comma 5, nel caso il debitore insolvente sia una società o altro ente e/o la società faccia parte di un gruppo.

Al riguardo, si può rimandare alle Linee guida redatte dal Tribunale di Milano in merito alla trattazione dei profili penali nella relazione ai sensi dell'art. 33 della legge fallimentare (link in calce).

In evidenza: In tema di responsabilità ed azione penale

Svanito (con la riforma 2005/2006) l'obbligo penalmente rilevante in capo al fallito nel senso di presentarsi dinanzi al curatore una volta aperta la procedura concorsuale, con questo assetto normativo il CCII vuole evidentemente mettere il pubblico ministero nelle condizioni, se del caso, di esercitare l'azione penale per gli illeciti eventualmente commessi dall'imprenditore ovvero dagli amministratori e/o dall'organo di controllo della società, tra i quali deve annoverarsi anche quello di cui all'art. 327, che punisce con la reclusione da sei mesi sino ad un anno e sei mesi l'imprenditore in liquidazione giudiziale il quale non osservi gli obblighi imposti dall'art. 49, comma 3, lett. c) (deposito scritture contabili e fiscali e elenco dei creditori) e 149 (comunicazione della residenza o del domicilio); nonché, ovviamente, nei casi di bancarotta semplice o fraudolenta.

All'ampliamento dei propri poteri di indagine, parallelamente, il curatore assiste anche all'ampliamento dei propri doveri di ricerca di tutti gli elementi informativi riguardanti l'insolvenza e i profili di responsabilità che vi siano connessi, non essendo più possibile addurre quale giustificazione alla propria inerzia investigativa la mancata cooperazione da parte del debitore o degli amministratori. Nel caso in cui le scritture contabili non forniscano gli elementi necessari, pertanto, il curatore è tenuto ad attivarsi ed ovviare a tale carenza mediante gli strumenti di accesso e ricerca di cui dispone al fine di ricostruire le operazioni compiute dall'imprenditore nei cinque anni precedenti.

Deve essere in ogni caso evidenziato che i commi 2 e 3 dell'art. 130 prevedono la necessaria autorizzazione del giudice delegato.

La relazione particolareggiata

Entro 60 giorni dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo (e non più, come previsto dal R.D. 267/1942, dalla apertura della procedura concorsuale), il curatore deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata (in dottrina D. Spagnuolo, Commento all'articolo 33, in La riforma della legge fallimentare, a cura di A. Nigro, M. Sandulli e V. Santoro, Torino, 2010, 430) in ordine a:

  • il tempo e le cause dell'insorgere della crisi, così come definita ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. a), CCII;
  • il tempo e le cause del manifestarsi dell'insolvenza del debitore, così come definita ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. b), CCII;
  • la diligenza spiegata dal debitore nell'esercizio dell'impresa;
  • la responsabilità del debitore o di altri;
  • tutto quanto possa interessare anche ai fini delle indagini preliminari in sede penale (con riferimento, quindi, alle disposizioni penali di cui al titolo IX del CCII).

Tuttavia, nel caso in cui non si faccia luogo all'accertamento del passivo per previsione di insufficiente realizzo ai sensi dell'art. 209 CCII, il termine per il deposito è di 180 giorni a decorrere (ovviamente, non dall'esecutività del passivo, bensì) dalla data di apertura della liquidazione giudiziale.

Non è più previsto l'obbligo del curatore di indicare gli atti posti in essere dall'imprenditore ed impugnati dai creditori, in precedenza contenuto nell'art. 33 della legge fallimentare: tale modifica non impedisce tuttavia che di ciò possa comunque essere dato conto ai sensi dell'art. 130, comma 5, CCII.

Se l'informativa di cui al comma 1 persegue la necessità di fornire, nell'immediatezza dell'apertura della procedura, seppure in via sommaria, le informazioni essenziali affinché il giudice delegato possa conoscere delle cause generali dell'insolvenza, la relazione particolareggiata di cui al comma 4 deve intendersi quale disamina maggiormente approfondita in ordine alle medesime questioni – ancorché in questa sede indicate in maniera più specifica –, anche in considerazione del fatto che, una volta compiuti gli accertamenti ai sensi degli artt. 203 e ss. CCII, il curatore ha maggiore cognizione delle passività della procedura e, parallelamente, delle cause dell'insolvenza e delle operazioni poste in essere dal debitore nell'esercizio dell'attività di impresa. Tale relazione è quindi finalizzata, tra le altre cose, a garantire al giudice delegato la conoscenza puntuale delle cause e circostanze del dissesto in modo da consentire al medesimo di avere tutti gli elementi necessari per valutare, ad esempio:

  1. l'eventuale autorizzazione alla continuazione temporanea dell'esercizio d'impresa;
  2. l'affitto a terzi dell'azienda di pertinenza della società/impresa in liquidazione giudiziale;
  3. l'ammissione al beneficio dell'esdebitazione in favore dell'imprenditore persona fisica (in dottrina L. Abete, Commento all'art. 33, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. Jorio, coordinato da M. Fabiani, Bologna, 2007, 584).

Nel caso in cui l'impresa sottoposta a liquidazione giudiziale rivesta la forma della società, ovvero di altro ente, la relazione deve esporre, sulla scorta di quanto già previsto per l'informativa di cui al comma 1, i fatti accertati e le informazioni raccolte sulla responsabilità (comma 5):

− degli amministratori;

− dell'organo di controllo;

− dei soci (i quali, ai sensi dell'art. 2476, comma 7, c.c., abbiano intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società);

− ed eventualmente di altri soggetti estranei alla società;

e ciò al fine evidente di verificare la convenienza di azioni di responsabilità nei confronti di detti organi e soggetti.

Nondimeno, nella relazione dovranno necessariamente essere esposti anche i fatti acclarati e le notizie conseguite in ordine ai profili di responsabilità di:

  • direttori generali, ai sensi dell'art. 2396 c.c.;
  • amministratori di fatto (in dottrina L. Abete, 585);
  • liquidatori, ai sensi dell'art. 2489 c.c..

Infine, alla luce della disciplina specificamente dedicata ai gruppi di imprese dal CCII, ai sensi del comma 5, se la società o l'ente sottoposto a liquidazione giudiziale fa parte di un gruppo, il curatore è altresì tenuto ad analizzare i rapporti economici e contrattuali in essere con le altre imprese del gruppo e, fatto ciò, a:

  1. riferire in merito alla natura di tali rapporti con le altre società, ovvero con gli altri enti;
  2. allegare le informazioni raccolte sulle eventuali responsabilità di questi soggetti.

Seppur elaborata con riferimento all'art. 33 della legge fallimentare, può riportarsi qui di seguito il modello standard di relazione particolareggiata redatto dal Tribunale di Milano (link in calce):

Inquadramento preliminare

- dati storici, evoluzione del capitale, successione delle cariche;

- attività svolta e sedi legali e operative;

- periodo di operatività dell'azienda;

- informazioni sul centro di interessi e/o sull'appartenenza a gruppi;

- individuazione dell'inizio dello stato del dissesto;

Stato della contabilità e dei libri sociali

- contabilità mancante;

- contabilità consegnata in parte;

- contabilità attendibile solo apparentemente;

- attività aziendale durante il “black out contabile”;

Dati concernenti l'attivo e il passivo

- indicazione sommaria dei dati;

- le categorie dei creditori:

i) i fornitori;

ii) i lavoratori;

iii) banche ed altri istituti di credito;

iv) debiti erariali e previdenziali;

v) in particolare: l'iva;

- evoluzione dei debiti nel quinquennio;

Analisi dei bilanci

- immobilizzazioni materiali;

- immobilizzazioni immateriali;

- partecipazioni;

- crediti;

- magazzino;

- patrimonio netto;

- confronto volume d'affari/risultati di bilancio;

Perdita del capitale sociale e aggravamento del dissesto

Operazioni sospette

- operazioni straordinarie;

- operazioni con parti correlate;

- spese anomale;

- altre operazioni sospette;

Gli amministratori

- l'amministratore delegato;

- il collegio sindacale;

- il procuratore;

- il professionista;

- ultime considerazioni.

La secretazione delle relazioni

Sottolineando la evidente (e quasi scontata) funzionalità delle relazioni del curatore rispetto alle successive azioni da intraprendere e, più in generale, al positivo e corretto svolgimento della procedura anche al fine del soddisfacimento dei creditori, l'ottavo comma dell'art. 130 CCII prevede che il giudice delegato disponga la secretazione delle parti delle relazioni concernenti:

- le responsabilità penali del debitore e dei terzi;

- le azioni che il curatore intende proporre, nel caso in cui queste possano comportare l'adozione di provvedimenti cautelari; oltre che

- le circostanze estranee agli interessi della procedura e che investano la sfera personale del debitore.

Oggetto del deposito nel fascicolo della liquidazione giudiziale dovrà dunque essere rigorosamente la copia della relazione particolareggiata (nonché della informativa) con esclusione delle parti segretate, cui non potrà avere accesso nemmeno il comitato dei creditori (neppure in virtù del diritto di ispezione di cui gode). Il dovere di trasmissione al pubblico ministero, invece, non può che essere assolto mediante consegna della versione integrale “non secretata”.

Le relazioni devono quindi essere redatte tenendo a mente la necessità di mantenere tutelato il diritto dell'imprenditore alla riservatezza di qualsiasi informazione personale che non sia rilevante ai fini della procedura; ciò che, peraltro, si allinea alla già intervenuta eliminazione, dalla disposizione che stabilisce il contenuto della relazione, del richiamo al concetto di “tenore della vita privata di lui e della famiglia”. Salva quest'osservazione, deve comunque essere evidenziato che, ai sensi dell'art. 323 CCII (ex art. 217 l. fall.), commette il reato di bancarotta semplice il debitore che abbia sostenuto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica: ciò che, evidentemente, postula la disamina della sfera personale del medesimo e la conseguente trasmissione di tali informazioni al pubblico ministero (cfr. D. Spagnuolo, Commento all'art. 33, in La riforma della legge fallimentare, a cura di A. Nigro-M. Sandulli, Torino, 2006, 202).

In virtù di quanto sopra, come suggerito nella prassi, sarà opportuno che il curatore dedichi paragrafi autonomi e distinti alle suddette tematiche, in modo da facilitarne la secretazione da parte del giudice delegato.

In evidenza: L'efficacia probatoria delle relazioni del curatore

Pur dovendosi riconoscere la qualità di pubblico ufficiale in capo al curatore, la relazione non può in alcun caso considerarsi avente valore di atto pubblico. Piuttosto, come statuito dalla Corte Costituzionale con sentenza del 27 aprile 1995, n. 136, la relazione del curatore ha natura di documento che, a norma dell'art. 234 c.p.p., può essere acquisito e utilizzato come prova, in quanto detta relazione non ha origine nel processo penale e non vi è finalizzata, perché diretta al giudice delegato e non al pubblico ministero. Ne discende il principio per cui la relazione, quand'anche contenga notizie utili ai fini delle determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale, non possa costituire di per sé una notizia di reato (negli stessi termini Cass. 14 dicembre 2018, n. 14353; Trib. Vicenza 15 settembre 2017; cfr. Trib. Milano 7 luglio 2014; in dottrina, sul punto, E.F. Ricci, Lezioni sul fallimento, Milano, 1997, pag. 250).

Parallelamente, le dichiarazioni rese dal fallito al curatore non sono soggette alla disciplina di cui all'art. 63, comma 2, c.p.p., che prevede l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria: il curatore non rientra, infatti, tra dette categorie di soggetti né la sua attività può ritenersi riconducibile alla previsione di cui all'art. 220 disp. att. c.p.p. che concerne le attività ispettive e di vigilanza (Cass. 30 novembre 2017, n. 12338).

I rapporti periodici riepilogativi

L'ultimo adempimento richiesto al curatore in tema di rapporti al giudice delegato è la stesura di rapporti periodici riepilogativi, da presentare al giudice delegato: il primo, entro il termine di quattro mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, dopodiché, gli altri, uno ogni sei mesi (termine da considerarsi, così come in vigenza dell'art. 33 l. fall., non perentorio).

Se, come visto, le prime due relazioni si incentrano sulle cause dell'insolvenza e sulle attività e responsabilità del debitore, tali rapporti sono, per l'appunto, riepilogativi dell'attività svolta dal curatore nel corso del suo ufficio. Dev'essere dunque data evidenza di quanto realizzato nel periodo di riferimento esponendo analiticamente le operazioni compiute, tra le quali:

  1. - operazioni contabili;
  2. - cessione dei beni facenti parte dell'attivo;
  3. - motivi di mancato realizzo;
  4. - esperimento di azioni in revocatoria, ordinaria o ex art. 166 CCII;
  5. - esperimento di azioni risarcitorie e di responsabilità;
  6. - opposizioni in corso;
  7. - affitto di azienda;
  8. - riparti parziali, ovvero, qualora non eseguiti, le ragioni sottese a tale scelta;
  9. - cause ostative alla chiusura;
  10. - in generale, tutta l'attività gestoria/amministrativa svolta dal curatore, nonché tutte le informazioni rilevanti ai fini della procedura nel frattempo ricevute.

Nella prassi, inoltre, si è anche ritenuto che tali rapporti non possano limitarsi a fornire informazioni di puro carattere storico, ma anche e soprattutto prospettiche, e così:

  • non solo l'attivo realizzato, ma anche quello da realizzare;
  • le azioni ancora da esperire;
  • eccetera.

I rapporti devono essere altresì corredati dal conto della gestione (cfr. art. 231) e dagli estratti del conto corrente bancario o postale della procedura relativi agli stessi periodi.

Lo scopo è quindi quello di garantire trasparenza informativa e un costante aggiornamento sull'attività di amministrazione effettuata e, più in generale, sull'andamento della procedura, così che il giudice delegato e il comitato dei creditori siano posti nelle condizioni di espletare le rispettive funzioni di vigilanza a loro demandate.

Ed infatti:

  1. copia dei rapporti e della documentazione a corredo, dopo essere stata sottoposta al giudice delegato anche al fine di eventuali segretazioni, è trasmessa al comitato dei creditori, ciascun componente del quale dispone di un termine di 15 giorni per formulare eventuali osservazioni scritte;
  2. decorsi ulteriori 15 giorni, copie del rapporto (omesse le parti eventualmente secretate), della documentazione allegata e delle eventuali osservazioni sono trasmesse per posta elettronica certificata al debitore, ai creditori e ai titolari di diritti sui beni.

In evidenza: L'eliminazione della trasmissione al Registro Imprese

Diversamente da quanto precedentemente previsto dalla legge fallimentare, la norma in esame non stabilisce alcun obbligo di trasmissione delle suddette relazioni al registro delle imprese. Modifica, questa, non accolta con favore dalla dottrina la quale sottolinea come ciò potrà avere effetti disincentivanti in merito alla presentazione, da parte di terzi, di eventuali proposte di concordato nella liquidazione giudiziale.

Riferimenti

Normativi

Art. 130 CCII

Art. 49 CCII

Art. 327 CCII

Art. 33 l. fall.

Prassi

Linee Guida per trattare gli aspetti penali della relazione ai sensi dell' art. 33 della Legge Fallimentare predisposte dal Tribunale di Milano;

Schema standard di relazione ex art. 33 (entrambi i doc possono trovarsi al link: https://www.ordineavvocatimilano.it/pages/include/getnews.php?id=4174)

Giurisprudenza

C. Cost. 27 aprile 1995, n. 136;

Cass. 14 dicembre 2018, n. 14353;

Cass. 30 novembre 2017, n. 12338;

Trib. Vicenza 15 settembre 2017;

Trib. Milano 7 luglio 2014.

Sommario