Il Supremo Collegio torna a esprimersi sulle conseguenze del “caso Contrada” - il cui lungo iter processuale è terminato nel 2017 (vd. Cass., Sez. I Pen., 20.9.2017, n. 43112) – noto per la severa critica mossa all'Italia, con la sanzione della violazione convenzionale inerente l'imputazione del concorso esterno in associazione di stampo mafioso, reputata prematura negli anni immediatamente successivi all'approvazione della legge Rognoni-La Torre (cfr. Corte EDU, Sez. IV, 14.4.2015, Contrada c. Italia).
Lo fa, svolgendo un'analitica rassegna del percorso con il quale il principio elaborato in sede europea è giunto, di recente, all'attenzione delle Sezioni Unite Penali, per comprendere quale risultato avrebbe potuto avere sui vari processi italiani già conclusi per fatti simili, verificatisi nello stesso periodo del (potenziale) leading case.
La soluzione cui perviene la Cassazione, tuttavia, riduce fortemente la portata nomofilattica del precedente, stroncando sul nascere un filone giurisprudenziale che avrebbe potuto portare a rivalutare casi già da tempo passati in giudicato.
Il caso. Il giudizio a quo trae origine da un'inchiesta incardinata in Sicilia, nei confronti di un soggetto cui si imputavano condotte commesse nello stesso periodo ed analoghe a quelle ascritte a Bruno Contrada.
Sulla scorta dei principi lì espressi dai Giudici, nazionali ed europei, il difensore del ricorrente aveva proposto, innanzi alla Corte di Appello di Catania – che per ultima s'era pronunciata nel merito, sui reati di corruzione e di concorso esterno in associazione mafiosa – istanza di revisione c.d. europea della condanna.
La domanda, tuttavia, era rigettata dai Giudici distrettuali, secondo i quali la decisione invocata a supporto della riapertura del procedimento non poteva in alcun modo spiegare effetti ulteriori.
Interponeva ricorso per Cassazione il difensore di fiducia dell'istante, lamentando, con distinte ed articolate doglianze: erronea applicazione di legge penale e processuale, per aver non aver disposto la revisione in presenza di un'infrazione alla Convenzione Europea che avrebbe imposto l'allargamento, in via esegetica, delle ipotesi previste per tale rimedio dal codice di rito.; violazione di legge e mancanza di motivazione, con riguardo all'asseritamente apodittica negazione del significato attribuito dalla difesa alla sentenza Contrada, in spregio all'immediata efficacia erga omnes, presso tutti gli Stati parte, di quanto statuito definitivamente a Strasburgo (secondo la lettura dell'art. 46 CEDU consolidatasi con il c.d. caso Scoppola, vd. Corte EDU, Grande Camera, 17.11.2009, Aldo Scoppola c. Italia).
In subordine, il ricorrente deduce una questione di legittimità costituzionale dell'art. 630 c.p.p., nella parte in cui non consente di dare applicazione diffusa ai principi di diritto coniati dalla giurisprudenza europea, così determinando un'irragionevole disparità di trattamento tra gli imputati.
La sentenza. La Sezione VI – su parere conforme del Procuratore generale – rigetta l'impugnazione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
L'Estensore non impiega molte pagine a trattare le argomentazioni difensive, che vertono tutte sulla corretta interpretazione dei profili giuridici coinvolti dall'istituto in discussione (tanto da essere sviluppate congiuntamente).
La disamina comincia dalla riflessione sul perimetro operativo della causa di revisione “sopravvenuta”.
Le condizioni di applicabilità della c.d. revisione europea. Ed invero, il clamore mediatico che ha circondato la pronuncia del 2015 – tanto per la notorietà dei protagonisti, quanto perché la fragilità della fattispecie pretoria, più volta al centro di polemiche per la sua criticata indeterminatezza – ne ha forse ingigantito la portata nell'opinione comune, inducendo a trascurare i paletti che la stessa Carta prevede.
Affinché una simile decisione superi i limiti del sindacato tra parti, è necessario che: in primis, implichi una riapertura del giudizio, per sanare la lacuna constatata dai Giudici di Strasburgo; la lesione convenzionale, inoltre, deve essere accertata nei confronti del richiedente, con una pronuncia che accerti la presenza di violazioni strutturali dell'ordinamento statuale, precisando le contromisure da adottare ovvero, in ogni caso, la capacità di tali carenze di produrre un pregiudizio di carattere generale per i cittadini (c.d. sentenza pilota, ex art. 61 regolamento CEDU).
La posizione delle Sezioni Unite. In quest'ottica, tuttavia, Il Massimo Consesso interpretativo aveva già escluso, nel 2019, che la sentenza Contrada fosse inquadrabile in questa peculiare categoria di provvedimenti, dal momento che si basava sull'esame dell'accusa in concreto formulata e sulla connessa prevedibilità di tale contestazione per l'imputato, nonché sull'andamento del processo in relazione alle deduzioni difensive svolte, risolvendosi così un accertamento di responsabilità a carattere (unicamente) individuale, senza neppure distinguere a quale comma dell'art. 7 CEDU si riferisse la censura mossa al nostro Paese (vd. Cass., SS. UU. Pen., 24.10.2019, n. 8544, Genco).
In proposito, gli Ermellini aggiungono che la stessa nozione di “prevedibilità del diritto penale” risulta incerta, poiché sul punto, talvolta, prevale tra gli interpreti un'accezione soggettiva, mentre, in altre occasioni, si è valorizzato “il profilo formale del contenuto precettivo della legge e dell'interpretazione giudiziale” e, da ultimo, il cambiamento dei comportamenti ritenuti antigiuridici dai consociati.
Conclusioni. La sentenza in commento fotografa il comporsi di un orientamento stratificato, alimentato da interpreti di vario livello, circa l'impatto sui sistemi nazionali delle decisioni assunte dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.
La parte motiva, pur sintetica, non tralascia alcun passaggio utile a comprendere le corrette coordinate ermeneutiche, approdando ad una conclusione condivisibile.
Resta combattuto, in subiecta materia, il nodo relativo alla compatibilità del concorso esterno in associazione mafiosa con il prisma delle garanzie, europee e costituzionali, che devono circondare qualunque previsione penale.
Compatibilità che, tanto più dubbia al momento in cui questo tipo di costruzione è stata introdotta, rimane a tutt'oggi incerta, in rapporto alla difficoltà con cui si rende giorno per giorno attuale un precetto connotata, indirettamente, dal contenuto (inevitabilmente) sociologico dell'art. 416-bis c.p.p.