La Consulta sulla sospensione dell'esecuzione della pena nei confronti dei condannati per furto in abitazione
16 Aprile 2020
La Consulta ha dichiarato manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 656, comma 9, lett. a), c.p.p. sollevate dal GIP del Tribunale di Salerno nella parte in cui prevede che la sospensione dell'esecuzione della pena non può essere disposta nei confronti dei condannati per il delitto di furto in abitazione di cui all'art. 624-bis c.p. Così con ordinanza n. 67/20 depositata il 10 aprile.
Il caso. Il GIP del Tribunale di Salerno, in funzione di giudice dell'esecuzione, sollevava questioni di legittimità costituzionale dell'art. 656, comma 9, lett. a), c.p.p. nella parte in cui stabilisce che la sospensione dell'esecuzione della pena non può essere disposta nei confronti dei condannati per il delitto di furto in abitazione di cui all'art. 624-bis c.p. In particolare, il GIP sospetta vi sia un contrasto con il principio di eguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e con il vincolo di proporzionalità che deve sussistere tra gravità del reato ed entità della punizione discendente dal medesimo articolo, oltre che con il principio di finalità rieducativa della pena di cui all'art. 27 Cost.
Manifesta infondatezza. La Corte Costituzionale rileva che medesime questioni sono già state ritenute infondate con sentenza n. 216/2019, la quale ha escluso il vizio di irragionevolezza della disposizione censurata che trova la sua ratio «nella discrezionale, e non irragionevole, presunzione del legislatore relativa alla particolare gravità del fatto di chi, per commettere il furto, entri in un'abitazione altrui, ovvero in altro luogo di privata dimora o nelle sue pertinenze, e della speciale pericolosità soggettiva manifestata dall'autore di un simile reato». Non si tratta neppure di un irragionevole automatismo legislativo, in quanto secondo la Corte il legislatore ha ritenuto che «la pericolosità individuale evidenziata dalla violazione dell'altrui domicilio rappresenti ragione sufficiente per negare in via in generale ai condannati per il delitto in esame il beneficio della sospensione dell'ordine di carcerazione, in attesa della valutazione caso per caso, da parte del tribunale di sorveglianza, della possibilità di concedere al singolo condannato i benefici compatibili con il suo titolo di reato La Corte Costituzionale ritiene insussistente il contrasto anche con il principio di cui all'art. 27 Cost., in quanto «la valutazione individualizzata rispetto alla possibile concessione dei benefici penitenziari resta pur sempre demandata al tribunale di sorveglianza in sede di esame dell'istanza di concessione dei benefici, che il condannato può comunque presentare una volta passata in giudicato la sentenza che lo riguarda».
Fonte: Diritto e Giustizia |