L'affido condiviso del cane: applicazione analogica alla normativa sull'affidamento dei figli
16 Aprile 2020
Massima
Nel vuoto normativo, alla luce dell'importanza del legame affettivo tra persone ed animali e del rispetto dovuto a questi ultimi quali esseri senzienti, non vi è dubbio che la normativa più vicina alla fattispecie sia quella relativa all'affidamento del figlio. Il caso
In questo giudizio a cognizione sommaria, promosso ai sensi e per gli effetti dell'art 702-ter c.p.c., parte attrice ha chiesto al Giudice di disporre l'affidamento condiviso del cane con collocazione prevalente dello stesso presso la convenuta e la regolamentazione del proprio diritto di visita. La convenuta, a sua volta, si costituiva in giudizio contestando la richiesta dell'ex compagno alla luce dell'asserito comportamento assillante e minaccioso di quest'ultimo. Con succinta ma esaustiva motivazione, il Tribunale di Lucca, in persona del Giudice monocratico, ha accolto la domanda dell'attore disponendo, dunque, l'affido condiviso dell'animale ad entrambe e parti e con collocazione dello stesso presso la convenuta, nonché il diritto dell'attore di prelevare il cane nei giorni di martedi, giovedi e sabato dalle 15 alle 18, ferma restando la possibilità delle parti di concordare tempistiche differenti. Con il provvedimento, il Giudice ordinava dunque alla convenuta di consegnare il cane all' ex convivente nei giorni e nei tempi di cui sopra, condannandola, altresì, alla rifusione delle spese legali di lite, liquidate in € 4.000,00. La questione
Le questioni più rilevanti esaminate dalla ordinanza in esame attengono, da una parte, allo strumento processuale utilizzato dall'attore per il riconoscimento del proprio diritto e dall'altra, alla tutela dei legami affettivi creati e costruiti durante una convivenza, quando questi riguardano gli animali. Le soluzioni giuridiche
È noto ed incontrastabile, che gli animali entrano a far parte della famiglia, ne rappresentano una presenza significativa e con essi i famigliari instaurano dei rapporti relazionali profondi. Laddove i componenti della famiglia si separano, interviene infatti sovente la diatriba relativa all'eccepita violazione del diritto di continuare a mantenere il costante rapporto con l'animale d'affezione da parte di uno dei due membri familiari. Sul punto, la normativa è lacunosa e, visti i numerosi casi sottoposti alla attenzione dei Giudici aditi da parte di ex coniugi ed ex conviventi al fine di ottenere la tutela di tale “diritto”, la giurisprudenza è intervenuta nel tempo, a colmare tale vuoto normativo con pronunce non sempre uniformi, proprio perché chiamata a regolamentare richieste e spettanze riguardanti l'animale da compagnia che il nostro ordinamento non disciplina. Da un esame dei provvedimenti di merito succedutisi negli anni, è indubbio che vi sia stato un progressivo orientamento teso a considerare l'animale quale “essere senziente” il cui affidamento, in caso di separazione, è equiparabile a quello dei figli minori. Tale principio, è quello che ha indotto il Tribunale di Lucca ad emettere l'ordinanza attraverso le soluzioni giuridiche che andiamo ad esaminare. È tuttavia importante porre preliminarmente l'attenzione all'inusuale strumento processuale utilizzato dall'ex convivente per ottenere la tutela del suo diritto, ovvero il procedimento sommario di cognizione introdotto dal legislatore del 2009 , disciplinato dagli artt. 702 - bis e702 ter c.p.c, caratterizzato principalmente dalla snellezza e dalla deformalizzazione del processo stesso, soprattutto della fase istruttoria. Riguardo, dunque, a questo ultimo aspetto squisitamente processuale, il Giudice toscano si è ritenuto competente, ai sensi dell'art 702-ter c.p.c a decidere in composizione monocratica sulla domanda avanzata dall'ex convivente ex art 702-bis c.p.c, per tre ragioni: 1) i fatti di causa rappresentati dall'attore sono risultati pacifici e non contestati, nel senso che l'adozione del cane da parte della coppia in corso di convivenza, la conservazione per due anni di regolari rapporti dell'attore con l'animale anche dopo l'interruzione della relazione tra le parti, il suo costante contributo al mantenimento dello stesso e la brusca interruzione dei rapporti con il cane, imposta dalla convenuta, sono elementi fattuali risultati assodati, incontestati e, pertanto, da ritenersi veri; 2) le ragioni addotte dalla convenuta per opporsi all'accoglimento della domanda dell'ex convivente, consistevano nell'asserito comportamento assillante e intimidatorio dell'attore stesso: affermazioni, tuttavia, non suffragate da alcun elemento di prova; 3) la natura non patrimoniale del pregiudizio derivante dalla mancata frequentazione del cane, avendo carattere d'urgenza, giustifica l'accoglimento della domanda avanzata dal ricorrente. Circa la soluzione giuridica adottata dal Tribunale di Lecco riguardo al merito della questione, il Giudice, proseguendo l'orientamento giurisprudenziale sviluppatosi nel corso degli ultimi anni, favorevole ad applicare analogicamente la normativa sull'affidamento dei figli a quelle controversie tra persone, precedentemente coniugati o conviventi, che intervengono a seguito della separazione in ordine all'affidamento degli animali d'affezione, non ha dubbi nel ritenere che, nella fattispecie in esame, ricorrano tutti i presupposti per stabilire che l'amato cane debba essere affidato in via condivisa ad entrambe le parti, ex conviventi. Preso atto che l'animale, già collocato presso l'abitazione della convenuta, dovesse continuare ad ivi vivere prevalentemente, il Giudice ha dunque disposto la calendarizzazione delle visite e dei tempi spettanti all'altra parte affinchè lo stesso potesse continuare il suo rapporto costante e significativo con il cane. Ciò, indipendentemente dalla intestazione formale del cane all'una o all'altra parte. L' ordinanza quivi in esame fonda la propria soluzione giuridica anche attraverso il richiamo ad altri due significativi precedenti giurisprudenziali: 1) il provvedimento provvisorio con il quale il Presidente del Tribunale di Sciacca (Trib. Sciacca 19 febbraio 2019), nell'ambito di un procedimento di separazione giudiziale, ha assegnato il gatto al resistente in quanto colui in grado di assicurare, dalla sommaria istruttoria, il maggior sviluppo possibile dell'identità dell'animale, mentre per quanto riguarda il cane, ha disposto l'affido condiviso ad entrambe le parti a settimane alterne; 2) la sentenza del Tribunale di Roma (Trib. Roma 15 marzo 2016, n. 5322) che, a seguito di istruttoria nell'ambito di una causa tra ex conviventi, ha disposto l'affidamento condiviso del cane, con la ripartizione delle spese di cura al 50%, e con il diritto delle parti di tenere l'animale sei mesi a testa oltre alla possibilità per ciascuna delle parti di vedere il cane due giorni alla settimana, notte compresa, durante il semestre di non pertinenza. Osservazioni
L'ordinanza in esame costituisce una nuova occasione per la trattazione di un argomento che interessa numerose famiglie, sposate o conviventi, quando interviene la crisi relazionale dei componenti con la conseguenza che l'animale d'affezione diventa oggetto di contesa tra le parti. La questione incontra il primo ostacolo nella lacuna legislativa e normativa, che nulla prevede in ordine all'affidamento dell'animale che ha vissuto nell'alveo familiare fino al momento della separazione dei suoi membri. Il compito decisionale, a fronte del proliferarsi delle domande giudiziali, è stato svolto dalla giurisprudenza. Il primo orientamento, assunto dai provvedimenti di merito, ha ritenuto ammissibile l'accordo tra i coniugi e/o conviventi in ordine all'affidamento dell'animale domestico, sia sotto il profilo materiale che quello morale e, pertanto, meritevole di essere recepito nel conseguente provvedimento giurisdizionale. Ciò, in quanto l'animale è stato considerato “essere senziente” e titolare di un vero e proprio diritto soggettivo (vd per tutte Trib. Milano decr. 24 febbraio 2015; Trib Como decreto 3 febbraio 2016). Tuttavia, in alcune di queste prime pronunce, si tendeva a sostenere che in un giudizio contenzioso il Giudice non potesse regolamentare l'affidamento dell'animale domestico poiché i poteri dell'organo giudicante sono determinati in modo puntuale dalla legge che, a sua volta, non contempla situazioni relative agli animali di proprietà del nucleo familiare. Attualmente, prevale invece l'orientamento che, considerando l'animale quale componente a tutti gli effetti della famiglia, la sua tutela debba essere equiparata a quella prevista nel nostro ordinamento per i figli minori. Conseguentemente, molti giudici di merito, in presenza di conflittualità, stabiliscono finalmente la tipologia di affidamento dell'animale e la regolamentazione del diritto di visita del padrone presso cui l'animale non viene collocato in via prevalente, oltre che decidere in ordine al mantenimento dell'animale stesso. Senza dubbio non dirimente, nella decisione da parte del magistrato, è l'intestazione formale dell'animale all'una o all'altra parte, in quanto il legame affettivo ed il diritto di conservare con lui il rapporto relazionale, prevale e prescinde dalla “proprietà” quale risultante dall'anagrafe canina o da qualsivoglia certificato equipollente. Vale la pena sottolineare che, al fine di colmare il vuoto normativo, nel marzo 2019 è stato presentato un disegno di legge dalla deputata Brambilla che propone l'introduzione dell'art 155-septies c.c. concernente l'affido degli animali d'affezione in caso di separazione dei coniugi |