Procedimento per decreto e conversione della pena detentiva in pecuniaria: esclusi i dubbi di legittimità costituzionale

Redazione Scientifica
17 Aprile 2020

È stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 459, comma 1-bis, c.p.p. «nella parte in cui prevede che il valore giornaliero di conversione della pena detentiva in pecuniaria sia pari ad euro 75 e fino a tre volte tale ammontare tenuto conto della condizione economica complessiva dell'imputato e del suo nucleo familiare».

È stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 459, comma 1-bis, c.p.p. «nella parte in cui prevede che il valore giornaliero di conversione della pena detentiva in pecuniaria sia pari ad euro 75 e fino a tre volte tale ammontare tenuto conto della condizione economica complessiva dell'imputato e del suo nucleo familiare».

Così la Corte Costituzionale con l'ordinanza n. 66/20, depositata il 10 aprile, decidendo sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dal GIP del Tribunale di Macerata e avente ad oggetto l'art. 459, comma 1-bis, c.p.p. «nella parte in cui prevede che il valore giornaliero di conversione della pena detentiva in pecuniaria sia pari ad euro 75 e fino a tre volte tale ammontare tenuto conto della condizione economica complessiva dell'imputato e del suo nucleo familiare».

La vicenda. Nel caso di specie, il PM aveva chiesto l'emissione di decreto penale di condanna a carico di una imputata per il reato di cui all'art. 186, comma 2, lett. b), c.d.s. indicando un importato calcolato «a partire da una pena base di dieci giorni di arresto e 800 euro di ammenda, sulla quale è stata operata la diminuzione prevista dall'art. 459, comma 2, c.p.p. in ragione della specialità del rito, pervenendosi così a una pena di 5 giorni di arresto (convertita a sua volta in ammenda in ragione di 75 euro pro die) e 400 euro di ammenda».
Il giudice a quo ha sottolineato il contrasto della norma con l'art. 3 Cost. in quanto il trattamento sanzionatorio previsto per il solo procedimento per decreto è differenziato da quello applicabile con il rito ordinario. Vengono sollevati dubbi anche in riferimento all'art. 27 Cost. «ritenendo incompatibile con il fine rieducativo della pena la irrogazione di una pena pari anche a meno di 1/20 di quella irroganda all'esito di giudizio ordinario».

Questione infondata. La Consulta, richiamando la pronuncia n. 155/2019 che ha affrontato la medesima questione, ribadisce che deve essere esclusa la lesione dell'art. 3 Cost. in relazione alla disparità di trattamento tra imputati giudicati con procedimento per decreto e quelli giudicati con rito ordinario o altri riti speciali, «avuto riguardo alla finalità di incentivazione della scelta del procedimento per decreto perseguita dal legislatore, il quale non ha dunque travalicato l'ampia discrezionalità di cui gode in materia di determinazione dei trattamenti sanzionatori».
Quando al lamentato contrasto con l'art. 27 Cost., la pronuncia aggiunge che «la denunciata eccessiva tenuità del trattamento sanzionatorio introdotto dalla disposizione censurata è insuscettibile di risolversi in un vulnus alla funzione rieducativa della pena, atteso che tale finalità risulta costantemente evocata, nella giurisprudenza costituzionale, in relazione alla necessità che la pena non sia sproporzionata per eccesso rispetto alla gravità del fatto di reato (ex multis, sentenze n. 40 del 2019, n. 233 e n. 222 del 2018), e non certo a sostegno di pronunce il cui effetto sia quello di inasprire il trattamento sanzionatorio previsto discrezionalmente dal legislatore».
Per questi motivi, la Corte dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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