Disparità economica dei coniugi divorziandi e criteri di quantificazione dell’assegno divorzile
20 Aprile 2020
Massima
In tema di determinazione dell'assegno divorzile, la riaffermazione del principio di solidarietà postconiugale e della natura composita dell'assegno (assistenziale e perequativa/compensativa), implica l'abbandono degli automatismi del tenore di vita e del criterio dell'autosufficienza, imponendo una valutazione unitaria e non più bifasica, fondata sulla distinzione tra criteri attributivi e criteri determinativi. Dunque i criteri previsti dall art. 5 comma 6 l. n. 898/1970 hanno natura equiordinata e l' "adeguatezza/inadeguatezza dei mezzi" del coniuge richiedente andrà contestualizzata nella specifica vicenda coniugale, con necessità di valutazione dell'intera storia coniugale e di una prognosi futura che tenga conto delle condizioni dell'avente diritto all'assegno e della durata del matrimonio. Il caso
In sede di divorzio, i coniugi concordavano di porre l'obbligo del mantenimento ordinario e straordinario dei figli -di cui uno maggiorenne ma non autosufficiente economicamente e due minori- a carico esclusivo del padre, presso il quale chiedevano stabilirsi la collocazione prevalente e la residenza dei minori, affidati in forma condivisa. Divergevano in ordine alla misura dell'assegno divorzile. La coniuge Tizia, di anni 48, al momento della disgregazione del vincolo matrimoniale priva di reddito, di un'attività lavorativa, di beni immobili, evidenziando la significativa disparità economica con il coniuge e il tenore di vita elevato avuto durante il matrimonio, richiedeva per sé un assegno divorzile di importo mensile non inferiore ad euro 2500,00, da elevarsi ad euro 5000,00 , in caso del venir meno dell'attribuzione in uso gratuito di una casa di abitazione, concessa dal marito. Caio, coniuge economicamente più forte e unica fonte di reddito familiare, prospettati invece una contrazione delle entrate patrimoniali, l'uso gratuito dell'immobile concesso, lo scarso contributo offerto dalla coniuge alla conduzione della vita familiare durante la convivenza, nonchè la possibilità non meramente astratta di riattivazione della stessa nel modo del lavoro, chiedeva di contenere l'importo dell'assegno in euro 1000,00. La questione
La questione in esame è la seguente: accertata in capo alla coniuge richiedente l'assegno l'assenza -pacificamente riconducibile alle scelte di vita familiare- di un proprio reddito, di un'occupazione lavorativa, nonché di competenze professionali attuali, che rendono non agevole un reinserimento nel mercato del lavoro, come vanno contemperati il significativo squilibrio tra le condizioni economiche delle parti e il contributo offerto dal coniuge richiedente alla vita familiare, anche in ragione della durata del matrimonio? Le soluzioni giuridiche
La pronuncia in commento ripercorre schematicamente i mutamenti intervenuti in materia di assegno di divorzio in virtù delle note sentenze Cass. civ., n. 11504/2017 e Cass. civ., sez. un., n. 18287/2018 e, in linea con i principi ivi espressi, riconosce all'assegno una funzione compensativa/equilibratrice, assistenziale. Con riferimento alla fattispecie in esame, analizza lo squilibrio economico tra le parti, l'inadeguatezza dei mezzi e la mancanza di indipendenza economica della coniuge richiedente, in ragione della quale, sin dalla fase separativa, è stato posto a carico dell'altro coniuge, imprenditore con elevata redditualità, titolare di immobili, di quote e cariche societarie, il mantenimento ordinario e straordinario sia del figlio maggiorenne non autosufficiente economicamente e sia dei due figli minori. Rileva che Tizia, in costanza di matrimonio, non ha lavorato, è priva di occupazione, anche all'attualità, di una propria fonte di reddito, di immobili di proprietà ( è titolare di un unico conto corrente, in cui confluiscono solo gli assegni di mantenimento del coniuge e i modesti aiuti economici provenienti dalla di lei madre) ed è in età che non rende particolarmente facile il reinserimento nel modo del lavoro, anche per l'azzeramento delle esperienze professionali in costanza di matrimonio. Il Tribunale passa allora a valutare le ragioni di tale squilibrio economico e il contributo eventualmente dato alla realizzazione della famiglia. Deduce che Tizia si è dedicata principalmente alla crescita dei tre figli e alla famiglia, attraversando nel periodo della vicenda separativa una grave situazione di difficoltà personale che l'ha resa scarsamente idonea allo svolgimento di attività lavorativa. Verifica quindi la sussistenza di un nesso di causalità tra scelte endofamiliari e la sua condizione (cfr: Cass. civ, sez VI, n. 765/2020). Ritiene quindi che la attuale disparità di condizione economico reddituale delle parti è riconducibile alle scelte di vita familiare fatte in costanza di convivenza matrimoniale che ha avuto una sua pur lunga durata e che, attualmente, tale divario non possa essere colmato proprio in ragione di tali scelte familiari. Riconosce dunque l'assegno divorzile, nella misura di euro 1000,00 mensili, considerando: - la forma di contribuzione già offerta dall'ex coniuge a mezzo della concessione in uso gratuito di un immobile familiare (di proprietà della di lui madre), in cui Tizia potrà continuare a vivere, sia pure con la previsione di un termine massimo di anni due; - il contributo dato alla vita familiare da parte di Tizia anche in ragione della durata del matrimonio (14 anni); - le potenzialità reddituali di cui Tizia ancora dispone e che deve mettere a frutto; - il mantenimento indiretto dei figli posto a totale carico del padre. La decisione in commento esamina in maniera puntuale il materiale probatorio acquisito e la documentazione contabile-finanziaria prodotta dalle parti, che, seppure non integrale, consente un'attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali reddituali dei coniugi. Riconosce quindi l'assegno divorzile, contestualizzando la vicenda familiare (conforme: Cass. civ. sez. I, ord., 13 febbraio 2020, n. 3661) e valorizzando il profilo perequativo-compensativo dell'assegno, senza svilire il criterio dell'autoresponsabilità (Cass. civ., sez I ord.n. 3661/20). Osservazioni
La nuova era dell'assegno divorzile inaugurata con la pronuncia riequilibratrice delle S.U. della Corte di Cassazione (Cass. civ. sez. un. n. 182817/2018), vede l'abdicazione di quei criteri di valutazione assoluti e dicotomici che avevano orientato precedenti decisioni: -la preservazione del pregresso tenore di vita matrimoniale, prevalso in un primo tempo, seppur con l'indicazione di una valutazione prudente, di una visione ponderata e globale di tutti i criteri di quantificazione contemplati dalla norma, proveniente dalle S.U (cfr. Cass., sez. un. , n. 11490/1990), che aveva comportato però anche la costituzione di rendite parassitarie, con ostacolo alla costituzione di una nuova famiglia successivamente alla disgregazione del primo gruppo familiare, in violazione di un diritto fondamentale dell'individuo (cfr. Cass. civ., n. 6289/2014), ricompreso tra quelli riconosciuti dalla Cedu (art. 12) e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (art. 9); - il principio di autosufficienza ed autoresponsabilità dei coniugi divorziati, affermatosi nella fase più recente (cfr. Cass. civ., n. 11504/2017), con una concezione totalmente novativa del divorzio ed individualista del post divorzio e con ridimensionamento della solidarietà post coniugale alla funzione meramente assistenziale, concretizzabile nei limiti di un assegno divorzile sufficiente a consentire al coniuge richiedente il raggiungimento dell'indipendenza economica funzionale ad una esistenza dignitosa. La riaffermazione di un principio di solidarietà postconiugale, agganciato ai parametri costituzionali di cui agli artt. 2 e 29 Cost., e della natura composita (assistenziale e perequativa/compensativa) dell'assegno, richiede invece una corretta dosimetria dei parametri equiordinati offerti dal dettato normativo dell'art 5 comma 6, l 898/1970. Nella determinazione dell'an e del quantum dell'assegno divorzile, occorrerà tener conto dell'intera storia matrimoniale, delle scelte endofamiliari, specie se in ragione di essa sono state sacrificate aspettative e possibilità professionali e reddituali, non ritenendosi corretto un azzeramento della vita anteatta matrimoniale. Correlativamente andrà fatta una prognosi futura delle potenzialità di lavoro e di reddito del coniuge richiedente l'assegno, compresse durante la vita coniugale,considerando tutte le condizioni (di età, salute, etc.) dell'avente diritto. La mera differenza reddituale, lo squilibrio economico tra le parti non costituiscono infatti elementi decisivi per l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno divorzile (Cass. civ., n. 21234/2019) ma possono assumere valenza recessiva se il contributo alla conduzione della vita matrimoniale è stato irrilevante, anche in ragione della sua durata. Il contributo fornito alla realizzazione della vita familiare finisce per costituire un fondamentale parametro di commisurazione dell'assegno, non più rapportabile al mero pregresso tenore di vita matrimoniale né al criterio della mera autosufficienza economica dei coniugi divorziati, ma volto anche a compensare i sacrifici e le scelte fatte per la famiglia, senza avvantaggiarsi una condotta passiva del richiedente, un comportamento deresponsabilizzante e attendista, di chi non si attiva motu proprio. La funzione anche equilibratrice assegnata dal legislatore all'assegno divorzile viene quindi a compensare quelle espressioni ed aspettative professionali sacrificate nell'ambito di un comune progetto matrimoniale e senza essere finalizzata alla ricostruzione del tenore di vita endoconiugale (Cass. civ., sez VI civ., n. 27771/2019). Nella regolamentazione degli effetti economici connessi alla fase di disgregazione delle unioni matrimoniali, permane quindi chiara la differenza tra assegno divorzile e l'assegno di mantenimento separativo, in ordine al quale, il tenore di vita matrimoniale, assurge a parametro determinante sia l'an che il quantum del diritto per il coniuge cui non sia addebitabile la disgregazione coniugale (qualora non abbia adeguati redditi propri in relazione al tenore di vita della coppia e tenuto conto delle circostanze e redditi dell'obbligato). Nella fase del divorzio, il Giudice invece, comparate le condizioni economico – patrimoniali delle parti, accerta che il coniuge richiedente è privo di mezzi adeguati o è oggettivamente impossibilitato a procurarseli e se la sperequazione è la conseguenza del contributo fornito dal richiedente alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, con sacrificio delle proprie aspettative professionali e reddituali, in relazione all'età dello stesso e alla durata del matrimonio. In caso positivo, riconoscerà l'assegno, parametrandolo non al pregresso tenore di vita o l'autosufficienza economica, ma ad un livello reddituale adeguato a un simile contributo fornito nella realizzazione della vita familiare (Cass. civ., n. 27771/2019; Cass. civ. sez. un., 18287/2018). L'assegno potrà quindi assolvere ad una funzione assistenziale e/o riequilibratrice. La decisione in commento presenta qualche profilo critico proprio con riferimento alla funzione perequativa-compensativa dell'assegno. L'elevata disparità delle condizione economiche dei coniugi divorziandi, la mancanza di mezzi adeguati di Tizia (priva di lavoro, di redditi e di ogni possidenza), viene dal Tribunale causalmente ricollegata alle scelte di vita endofamilairi, al contributo dato alla conduzione della vita matrimoniale, di significativa durata (14 anni), benchè coadiuvata da plurimi aiuti domestici, resi possibili dalle elevate condizioni sociali ed economiche del coniuge. Pur dando poi atto di potenzialità lavorative ma di inevitabili difficoltà di reinserimento nel modo del lavoro, collegate all'età non particolarmente giovane della richiedente e della mancanza di attualità delle competenze professionali, il Tribunale quantifica l'assegno divorzile in euro 1000,00, individuandone la componente riequilibratrice nel contributo in natura offerto dal coniuge obbligato: costituito dalla concessione temporanea in uso gratuito di un immobile di proprietà di un terzo (della ex suocera), in virtù di contratto di comodato. La funzione compensativa/riequilibratrice dell'assegno rimane quindi agganciata ad un fattore che appare incerto, revocabile dal titolare del diritto (la ex suocera) e, in ogni caso, stabilito a tempo limitato (per non oltre due anni), Sul punto, il Tribunale si limita a dare atto della disponibilità del coniuge obbligato, senza recepire o modulare alcun accordo specifico. Può ritenersi allora che eventuali determinazioni unilaterali di revoca di quella disponibilità, avanzate prima, possano prestare il fianco a rivisitazioni dell'assegno divorzile da parte del coniuge richiedente. Infatti, se è vero che, nella regolamentazione degli aspetti economici, l'obbligo integrale del mantenimento indiretto -sia ordinario che straordinario- è posto ad esclusivo carico del padre, con il quale risiedono, è anche vero che i tempi di permanenza dei minori con la madre sono tendenzialmente paritari, prevedendo due giorni a settimana compresi i pernotti e con fine settimana alternati dal venerdì fino al lunedì mattina, a settimane alterne. Dunque, anche l'onere di mantenimento diretto dei figli, per il tempo di permanenza presso la madre, non è irrilevante e questo profilo viene cautamente evidenziato dallo stesso Tribunale. B. De Filippis - Mariagrazia Pisapia, Mantenimento per il coniuge e per i figli nella separazione e nel divorzio, CEDAM, 2017, 157 e ss; G. Contiero, Il trattamento economico nella separazione e divorzio. Assegno di mantenimento e divorzile, GFL, 2019 Lobasso F., Il Mantenimento del tenore di vita matrimoniale: un controsenso rispetto alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, in Giur it., 2000, pag 465. |