Affidamento del minore nel contesto della crisi familiare: la questione della competenza

Marina Pavone
21 Aprile 2020

Pur in pendenza di un procedimento relativo alla crisi familiare dinanzi al Tribunale ordinario, non è da considerarsi preclusa la possibilità di attivare un procedimento dinanzi al Tribunale per i minorenni a fronte di “situazioni di pregiudizio che impongano l'adozione, anche con particolare urgenza, di misure di messa in sicurezza del minore, quali il collocamento in comunità o l'affidamento del minore, e i conseguenti provvedimenti de potestate.
Massima

Pur in pendenza di un procedimento relativo alla crisi familiare dinanzi al Tribunale ordinario, non è da considerarsi preclusa a possibilità di attivare un procedimento dinanzi al Tribunale per i minorenni a fronte di «situazioni di pregiudizio che impongano l'adozione, anche con particolare urgenza, di misure di messa in sicurezza del minore, quali il collocamento in comunità o l'affidamento del minore, e i conseguenti provvedimenti de potestate” laddove il figlio sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo»

Il caso

Su impulso del Giudice Tutelare, il Pubblico Ministero minorile deposita, presso il Tribunale per i minorenni, ricorso per la dichiarazione dello stato di adottabilità di due minori di età, in ragione della situazione di grave pregiudizio psicofisico degli stessi, conviventi con il padre, consistente nell'essere privati del rapporto con l'altro genitore e nel non frequentare la scuola da circa due anni, seppure beneficiando di un percorso di istruzione privata. Al momento del deposito del ricorso risultava pendente il procedimento di separazione, che prevedeva, da ultimo, l'affidamento esclusivo ed il collocamento dei minori alla madre. Rappresenta la madre che i figli, dopo un periodo trascorso con il padre, hanno mutato atteggiamento nei suoi confronti e hanno preso a rifiutarne la figura, al punto da non rispondere ai messaggi che la stessa inviava loro. Il Servizio Sociale conferma il rifiuto dei minori ad eseguire i provvedimenti dell'Autorità Giudiziaria sul collocamento e rileva un atteggiamento offensivo, e per nulla collaborativo, da parte del padre verso tutti gli operatori coinvolti nella vicenda.

Con decreto provvisorio ed urgente il Tribunale per i minorenni, ravvisando gravi estremi di pregiudizio nei confronti dei minori, affida questi ultimi al Servizio Sociale competente, affinché siano collocati in una struttura comunitaria idonea, ordina di predisporre un calendario di incontri protetti padre/minori, un percorso di sostegno psicologico e/o psicoterapico per i figli, nonché, un percorso di sostegno alla genitorialità ed interventi di mediazione per i genitori. Viene, infine, prescritto alle parti di evitare qualsivoglia conflittualità e di attenersi strettamente alle indicazioni degli operatori sociali nei rapporti con i minori.

La decisione del Tribunale per i minorenni ricalca le conclusioni delle due CTU espletate in corso di separazione, del tutto sovrapponibili, che hanno evidenziato come i minori abbiano introiettato il grave conflitto genitoriale prendendo le difese del padre, figura che maggiormente asseconda i loro desideri di vita sregolata ed oziosa, rifiutando la madre, dotata di un tratto più normativo. A fronte di contrapposte modalità educative, in sostanza, i figli, pur legati da un intenso rapporto affettivo con la genitrice, hanno assunto una posizione di rigidità nei suoi confronti, prediligendo la linea comportamentale più comoda ed affine ai loro desideri. Nel provvedimento urgente viene evidenziata, altresì, l'incapacità educativa del padre già alla base della decisione del giudice della separazione che, in corso di causa, aveva modificato l'originario regime di affidamento condiviso in affidamento esclusivo alla madre. Decisione confermata, in seconda da battuta, anche dal giudice del gravame.

In seguito al percorso svolto presso la struttura comunitaria, con l'andare del tempo, i minori riescono ad emanciparsi da quella situazione di isolamento e mancanza di regole nella quale erano intrappolati, tanto da riprendere a frequentare regolarmente la scuola, recuperando gradualmente il rapporto affettivo ed empatico con la madre.

Pertanto, all'esito dell'istruttoria, il Tribunale per i Minorenni, lasciata impregiudicata ogni questione relativa all'affidamento dei minori, di competenza del tribunale ordinario, confermata l'insussistenza dei presupposti per dichiarare lo stato di abbandono dei due minori (ai sensi degli artt. 8 e 15, 16 l. n. 184/1983), dispone il rientro di questi presso la madre, mostratasi corretta e collaborativa nel percorso intrapreso, prevedendo un sostegno psicologico per i figli finalizzato ad una migliore elaborazione del proprio vissuto.

In merito alla posizione del padre, accertati i comportamenti manipolativi e colpevolizzanti messi in atto da costui in danno dei figli, viene confermato il provvedimento di sospensione dei rapporti con i minori emesso in corso di causa, con previsione di incontri protetti presso il Servizio Sociale, al fine di ripristinare gradualmente la relazione genitoriale.

Pur avendo il genitore proposto domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale per i minorenni si ritiene competente ad emettere provvedimenti ex art. 330 e ss. c.c. (essendo l'istanza di divorzio successiva) specificando che tali statuizioni saranno valide sino all'assunzione, da parte del giudice del T.O., di ulteriori disposizioni e che, nelle more, il Giudice Tutelare avrà la funzione di controllarne l'osservanza.

La questione

L'accertamento delle condizioni per la dichiarazione dello stato di abbandono e la conseguente adottabilità (l. 184/1983 e ss. modifiche), nonché, l'assunzione dei relativi provvedimenti de potestate, rientrano nella competenza del Tribunale per i minorenni anche allorquando sia pendente, dinanzi al Tribunale ordinario, un giudizio relativo alla crisi familiare o di coppia, nonostante la riforma della nuova ripartizione delle competenze (contenuta nell'art. 38 disp. att. c.c.) sia ispirata al principio della concentrazione delle tutele?

Le soluzioni giuridiche

Preliminarmente viene richiamata la normativa di riferimento in tema di diritto del minore ad una famiglia (l. 184/1983 e ss. modifiche) secondo la quale (art. 10 comma 3), in via d'urgenza, allo scopo di far cessare una situazione di grave pregiudizio per i minori, il Tribunale per i minorenni può aprire un procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità o alla misura dell'affidamento etero familiare, lasciando impregiudicata ogni decisione di competenza del Tribunale ordinario sulla regolamentazione del rapporto tra i genitori.

Sul punto, il T.m. si riporta alla pronuncia della Suprema Corte (Cass. civ. n. 1349/2015) che, nell'ambito di giudizi vertenti su una crisi familiare, individua, come linea di demarcazione rispetto al principio della concentrazione delle tutele, l'apertura di un procedimento di adottabilità e l'emanazione dei relativi provvedimenti. E dunque, la nota pronuncia richiamata pone una distinzione fondamentale tra i provvedimenti limitativi od ablativi della responsabilità genitoriale connessi alla crisi familiare, nell'ambito di un conflitto genitoriale, da un lato, e le situazioni di criticità del minore “temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo”, segnatale dalle parti o dal PM minorile, che necessitano dell'intervento del giudice specializzato. Sembra, pertanto, che pur in pendenza di un procedimento afferente la crisi familiare dinanzi al T.O., non sia preclusa la possibilità di attivare un procedimento dinanzi al T.m. a fronte di situazioni di pregiudizio che impongano l'adozione, anche con particolare urgenza, di provvedimenti di messa in sicurezza del minore, quali il collocamento in comunità (come nel caso di specie) o l'affidamento etero familiare, con i provvedimenti de potestate che ne conseguono.

A tale assunto il T.m. giunge evocando, altresì, un'altra nota pronuncia della Cassazione (Cass. civ. n. 14842/2015) che espone analogo principio, escludendo che la pendenza di un giudizio di separazione personale dei coniugi possa determinare la sospensione del procedimento di adottabilità, instaurato dinanzi al T.m., per carenza di pregiudizialità giuridica necessaria tra i due procedimenti. Infatti, l'accertamento dei presupposti per la dichiarazione di adottabilità del minore ha ad oggetto le definitive ed irreversibili condizioni di esistenza di quest'ultimo, in una condizione di grave pericolo per la propria crescita, determinato dallo stato di abbandono da parte dei genitori. L'indagine su tale situazione ha, dunque, una portata molto più ampia delle decisioni sull'affidamento assunte nell'ambito di un conflitto genitoriale anche nel caso in cui, queste ultime, possano sfociare in misure che incidono sulla responsabilità genitoriale o nell'affidamento a terzi.

I procedimenti di adottabilità, pertanto, non interferiscono con le questioni relative all'affidamento dei minori nell'ambito di un conflitto coniugale o di coppia pure nel caso estremo in cui sia necessaria l'applicazione di misure limitative o ablative della responsabilità genitoriale. Di conseguenza, il Tribunale per i minorenni conclude ritenendo che il proprio provvedimento, finalizzato a porre rimedio ad una situazione di allarmante pregiudizio, non collida con il pendente reclamo avverso i provvedimenti della separazione e non incida sulle competenze, attribuire al relativo giudice, in merito alla regolamentazione dei rapporti tra genitori e minori, derivanti dalla rottura del rapporto coniugale. Si osserva, peraltro, come la conferma, in sede di gravame, dell'affidamento esclusivo in capo alla madre sia pienamente in linea con la decisione di disporre, all'esito dell'istruttoria, stante l'insussistenza dei presupposti per la declaratoria di adottabilità, il rientro dei minori presso la genitrice.

Prosegue, poi, il T.m. rilevando come talune situazioni familiari anomale (nel caso di specie, alienazione della figura di un genitore, stile di vita dissoluto dei minori, sospensione della frequentazione della scuola), siano da ritenersi di gravità tale da tradursi potenzialmente in uno stato di abbandono. Per far fronte a tale condizione, in linea con la recente prassi giurisprudenziale richiamata, si ritiene necessario disporre la permanenza dei minori in un ambiente neutro che consenta loro di ricostruire il rapporto con il genitore alienato in un contesto sereno.

All'esito del percorso tracciato, confermate le positive valutazioni sulla capacità genitoriale della madre, il T.m. conclude confermando l'insussistenza dei presupposti per dichiarare lo stato di abbandono dei minori, contestualmente, ritenendosi legittimato ad adottare provvedimenti ex art. 333 e ss. c.c., seppure a fronte della domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio proposta dal padre, evocando il principio - univocamente affermato dalla Cassazione - della perpetuatio giurisditionis per cui, sino a diversa pronuncia da parte del giudice del divorzio, tali statuizioni resteranno efficaci.

Osservazioni

La pronuncia esaminata richiama il tema della dichiarazione dello stato di adottabilità dei minori a fronte di una situazione di grave pregiudizio, che si traduce in un potenziale stato di abbandono, inserita nell'ambito di una controversia separativa avente ad oggetto l'affidamento degli stessi minori.

Come noto, prevalente ed indiscusso è il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d'origine, dovendosi ricorrere alla dichiarazione di adottabilità solo come "soluzione estrema" quando, cioè, ogni altro rimedio appaia insufficiente a recuperare od acquisire un contesto familiare adeguato, in tempi compatibili con le sue esigenze. Tuttavia, vi sono situazioni di vita del tutto inadatte ad un sano sviluppo psico-fisico del minore, nelle quali, stante uno stato di abbandono ancorché potenziale, si rende necessaria la rescissione, anche temporanea, del legame familiare quale unico strumento che possa evitare al minore un più grave pregiudizio. In tale contesto, il giudice di merito deve accertare, in concreto, tale condizione ed operare un giudizio prognostico al fine di verificare l'effettiva ed attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle condizioni reddituali, di lavoro ed abitative, sia a quelle psichiche, da valutarsi mediante specifica indagine peritale.

La normativa intervenuta in tema di filiazione (l. n. 219/12 e d.lgs. n. 154/2013), nell'equiparare i figli naturali a quelli nati in costanza di matrimonio, ha ricondotto in capo al Tribunale Ordinario tutti i procedimenti relativi all'affidamento dei figli minori e tutte le azioni di accertamento e disconoscimento della filiazione di minori di età. Nell'intenzione del legislatore vi era, con ogni evidenza, la volontà di ridurre la competenza del Tribunale per i Minorenni per realizzare il principio della concentrazione delle tutele dinanzi ad un unico organo giudiziario. Pertanto, a quest'ultimo ufficio è ricondotta la competenza circa l'adozione di provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, salvo che sia in corso, tra le medesime parti, un giudizio di separazione o divorzio o un giudizio ai sensi dell'art. 316 c.c. (relativo alla regolamentazione della responsabilità genitoriale su figli nati fuori dal matrimonio). Tale lettura appare in linea con il principio della perpetuatio jurisdictionis (art. 5 c.p.c.) secondo cui la competenza si determina con riguardo allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda.

Occorre, sul punto, operare un netto distinguo tra le situazioni relative alle controversie sull'affidamento dei figli minori, dalle quali possono scaturire provvedimenti incidenti sulla responsabilità genitoriale, e quelle che possono determinare l'apertura di un procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità o a misure minori, quali l'affido etero-familiare, di competenza del giudice specializzato. In questo quadro, si noti come i procedimenti in tema di adozione siano rimasti nella esclusiva sfera della competenza del Tribunale per i minorenni, in quanto estranei al nuovo riparto di competenze di cui all'art. 38 disp. att. cod. civ. attualmente vigente. La suddetta riforma, in sostanza, non ha inciso sui giudizi instaurati per verificare la sussistenza delle condizioni di adottabilità di un minore.

Tali ultimi procedimenti, infatti, non interferiscono con le questioni relative all'affidamento dei minori all'interno di un conflitto coniugale o di coppia, anche quando la situazione di fatto conduca a misure limitative od ablative della responsabilità genitoriale ed all'affidamento a terzi. E ciò in quanto, l'accertamento della disagiata ed inidonea condizione nella quale versa il minore (presupposto per la dichiarazione di adottabilità) ha una natura molto più ampia della verifica dei presupposti per l'affidamento del minore stesso, avendo ad oggetto le definitive ed irreversibili condizioni di esistenza di colui il quale vive in una situazione di grave vulnus e pericolo per la propria crescita psicofisica, a causa dell'abbandono (da accertarsi) determinato dalle condotte dei genitori.

Ed invero, lo stato di abbandono si configura non solo in caso di inidoneità genitoriale o di rifiuto volontario del genitore di adempiere ai propri doveri, ma anche quando la situazione familiare (intesa in senso più ampio) sia tale da compromettere, in modo grave e non temporaneo, il sano sviluppo psico-fisico del minore. Pertanto, i procedimenti volti all'accertamento dello stato di abbandono del minore si caratterizzano per una diversa natura ontologica rispetto ai giudizi relativi all'affidamento dei minori scaturenti da un conflitto genitoriale.

Sembra, dunque, non sussistere alcuna pregiudizialità tra l'uno e l'altro accertamento giurisdizionale, né un'effettiva possibilità di contrasto di giudicati, dal momento che le decisioni vertenti sull'affidamento dei minori sono assunte al fine precipuo di sanare una situazione di conflitto genitoriale, anche se possono sfociare nella necessità di un affidamento a terzi ed in una valutazione negativa in ordine alla responsabilità genitoriale.

Né, tra le due differenti procedure, potrebbe ritenersi dirimente il criterio della preventiva pendenza dell'uno e dell'altro giudizio. Tale soluzione comporterebbe, infatti, per la mera pendenza (anche strumentale) di un giudizio riguardante un conflitto genitoriale, il venir meno dell'obbligo del P.M. e del tribunale di procedere, nel superiore interesse del minore, a tutti gli accertamenti necessari alla verifica delle condizioni richieste dalla l. n. 184 del 1983, così privando il Tribunale per i minorenni di una funzione peculiare ed il minore di una tutela essenziale.