La Corte costituzionale sull’inversione dell’apertura delle buste nelle procedure negoziate

Roberto Fusco
21 Aprile 2020

È costituzionalmente illegittimo l'art. 1 della legge della Regione Toscana del 6 agosto 2018, n 46, che consente alle stazioni appaltanti, nell'ambito delle procedure negoziate sottosoglia per le quali sia previsto il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, di poter decidere di esaminare le offerte economiche prima di verificare la documentazione amministrativa attestante l'assenza dei motivi di esclusione ed il rispetto dei criteri di selezione.

Viene sottoposta vaglio della Corte costituzionale la questione relativa all'illegittimità costituzionale di una norma con cui la Regione toscana prevede una disciplina di dettaglio per lo svolgimento delle procedure negoziate sotto soglia da aggiudicarsi attraverso il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ammettendo la possibilità di inversione tra l'esame delle offerte economiche e la verifica della documentazione.

Secondo l'impostazione della ricorrente Presidenza del Consiglio dei Ministri, la norma detta una disciplina difforme a quella statale che prevede, all'art. 133, comma 8, d.lgs. n. 50/2016, la possibilità di anticipare l'apertura delle buste contenenti le offerte anteriormente al controllo dei requisiti dei partecipanti per le sole procedure aperte.

Secondo le difese dell'amministrazione regionale, invece, la disposizione contestata non sarebbe contrastante con la normativa statale e, anzi, la sua ratio, consistente nello snellire la procedura di gara ove sia elevato il numero di partecipanti (e l'amministrazione non utilizzi strumenti finalizzati a ridurre tale numero) sarebbe coerente con i principi di cui agli artt. 30, 34 e 42, d.lgs. n. 50/2016 e con il principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti, nel rispetto dei quali devono essere svolte le procedure sotto soglia a norma dell'art. 36, d.lgs. n. 50/2016.

La Corte costituzionale preliminarmente chiarisce che l'intera disciplina dei contratti pubblici è riconducibile alla materia della tutela della concorrenza, materia di competenza legislativa esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. e), Cost. Pertanto, le regioni non possono dettare una disciplina difforme a quella statale prevista nel d.lgs. n. 50/2016 (in tal senso vengono citate le sentenze: Corte cost n. 263/2016; Corte cost n. 36/2013; Corte cost n. 328/2011; Corte cost n. 411/2008; Corte cost n. 322/2008) e ciò vale anche per le disposizioni relative ai contratti sotto soglia (in tal senso: Corte cost n. 263/2016; Corte cost n. 184/2011; Corte cost n. 283/2009; Corte cost n. 160/2009; Corte cost n. 401/200), poiché la distinzione tra contratti sotto soglia e sopra soglia non costituisce un criterio utile ai fini dell'identificazione delle norme statali strumentali a garantire la tutela della concorrenza, in quanto tale finalità può sussistere in riferimento anche ai contratti riconducibili alla prima di dette categorie e poiché è costante la giurisprudenza della Corte secondo la quale alla tutela della concorrenza deve essere ricondotta l'intera disciplina delle procedure di gara pubblica (in tal senso: Corte cost n. 46/2013; Corte cost n. 28/2013; Corte cost n. 339/2011; Corte cost n. 283/2009).

Affermata l'inclusione della disciplina delle procedure di gara sotto soglia nell'alveo della competenza legislativa esclusiva statale, la Corte evidenzia il contrasto della norma regionale con la disciplina nazionale sia nella versione originaria del nuovo codice dei contratti pubblici, che in quella parzialmente modificata a seguito del d.l. n. 32/2019 (c.d. Decreto sblocca cantieri), convertito con modificazioni nella l. n. 55/2019. L'art. 133, comma 8, d.lgs. n. 50/2016 attualmente vigente, infatti, prevede la facoltà di inversione nell'esame della documentazione amministrativa e di quella relativa all'offerta solo nei settori speciali e per le procedure aperte (e a prescindere dal criterio di aggiudicazione prescelto). L'art. 1, lettera f), numero 4, del d.l. n. 32/2019, intervenendo sull'art. 36, comma 5, del codice dei contratti pubblici, aveva introdotto analoga facoltà per tutte le procedure sotto soglia (negoziate e non), ma in sede di conversione il legislatore, in recepimento delle osservazioni critiche in merito dell'ANAC, ha deciso di eliminare tale facoltà proprio per le gare sotto soglia, contestualmente introducendola nei settori ordinari e limitatamente alle procedure aperte quale che sia il criterio di aggiudicazione (a tempo e in via sperimentale mediante l'estensione a tali settori, sino al 31 dicembre 2020, dell'art. 133, comma 8, del Codice). Quindi, dalla ricostruzione delle modifiche normative susseguitesi in sede di conversione del d.l. n. 32/2019, appare chiara l'intenzione legislativa di consentire l'inversione dell'esame delle offerte rispetto alla verifica dei requisiti solamente per le procedure aperte, escludendola, invece, per quelle negoziate.

La scelta di consentire o meno l'inversione procedimentale, infatti, implica un delicato bilanciamento fra le esigenze di semplificazione e snellimento delle procedure di gara e quelle, fondamentali, di tutela della concorrenza, della trasparenza e della legalità delle medesime procedure, bilanciamento che non può che essere affidato al legislatore nazionale nell'esercizio della sua competenza esclusiva in materia, quale garanzia di uniformità della disciplina su tutto il territorio nazionale.

La Corte conclude quindi per l'illegittimità costituzionale della normativa regionale.

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