L'affidamento e il collocamento del minore presso terzi quali provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale
27 Aprile 2020
Massima
Laddove i genitori non abbiano alcun dialogo e comunicazione, ove le criticità personologiche individuali impediscano ad entrambi di esercitare in modo funzionale la responsabilità genitoriale e ove sia concreto il rischio psicotico per il minore, il Tribunale non può che adottare ex art. 333 c.c. un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale per entrambi i genitori quanto alle decisioni relative alla salute, all'istruzione, all'educazione e alla scelta della residenza del minore, che deve essere affidato al Comune di residenza dello stesso, il quale adotterà tutte le decisioni relative al minore, sentiti i genitori e il curatore del minore stesso. Il caso
Caia adiva il Tribunale di Milano chiedendo la modifica delle condizioni della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio. All'esito della prima udienza collegiale, il Tribunale di Milano disponeva un approfondimento tecnico psicodiagnostico d'ufficio sull'intero nucleo familiare. Attese le conclusioni della consulenza tecnica, il Collegio disponeva l'affidamento del minore Tizio, figlio di Caia e di Sempronio, al Comune di residenza dello stesso e conferiva a tale Ente il compito di adottare tutte le decisioni relative alla salute, all'istruzione e all'educazione di Tizio, sentito il curatore speciale e i genitori, di regolamentare le frequentazioni tra il minore ed entrambi i genitori e di monitorare il puntuale rispetto del provvedimento. Il Collegio decideva, altresì, di collocare Tizio in una Comunità educativa. Tale provvedimento era stato adottato in conseguenza di un accertato quadro familiare preoccupante: una valutazione di “rischio psicotico” per il minore e un'inidoneità dei genitori a svolgere in modo funzionale la responsabilità genitoriale per mancanza di dialogo e tratti di personalità decisamente psicotici. Nelle more dei rinvii d'udienza atti a valutare il progresso psichico del minore, nel frattempo seguito da assistenti sociali, psicoterapeuta e neuropsichiatra, il Giudice ammoniva le condotte ex art. 709-ter, comma 2, n.1, c.p.c., poste in essere dal padre Sempronio, in violazione di quanto prescritto dall'Ente Affidatario e pregiudizievoli per l'interesse del figlio. Nelle statuizioni definitive il Collegio, considerato che i genitori non avevano dimostrato né un'evoluzione in termini di “condivisione spontanea” delle scelte relative al figlio, né un miglioramento nella loro comunicazione, ma, al contrario, persisteva un atteggiamento di reciproca sfiducia e accusa, confermava l'affidamento del minore al Comune di residenza con il compito per l'Ente di adottare le decisioni di maggior interesse per il figlio relative alla salute, all'istruzione, all'educazione e alla scelta della residenza, di regolamentare le modalità e i tempi di frequentazione figlio-genitori e di monitorare il rispetto delle statuizioni assunte. Manteneva, altresì, il collocamento di Tizio presso una struttura comunitaria educativa. La questione
L'affidamento del minore all'Ente territoriale è un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale che può essere disposto in ogni stato e grado di un procedimento ex art. 337-bis c.c., qualora la coppia genitoriale manifesti un elevato tasso di conflittualità, con ciò dimostrandosi del tutto inidonea ad effettuare le necessarie e fondamentali scelte nell'interesse primario del minore. Le soluzioni giuridiche
La Legge n. 54/2006 ha introdotto, nell'ordinamento giuridico italiano, sia l'istituto dell'affidamento condiviso dei figli, sia il cosiddetto “principio della bigenitorialità”, consacrando, di fatto, la tutela del superiore interesse del minore attraverso la presenza comune dei genitori nella vita di quest'ultimo. Vi possono essere, tuttavia, delle eccezioni a tale regola generale, qualora la situazione concreta presenti peculiarità proprie. Così, in caso di accertata incapacità genitoriale nello svolgimento del proprio ruolo, il Giudice, secondo il combinato disposto degli artt. 333 e 337-ter c.c., potrebbe adottare provvedimenti di allontanamento del minore dalla residenza familiare ovvero di affidamento del minore a terzi, siano essi parenti, Comune o Servizi Sociali. È chiaro che il dato normativo tipicizza la discrezionalità in capo al Giudice esclusivamente ove egli ravvisi situazioni di acceso e insanabile contrasto genitoriale, soprattutto in relazione a decisioni, quali la salute, l'educazione e l'istruzione, da assumere nell'interesse esclusivo del figlio. A livello sovranazionale, dal quale ogni legislatore nazionale è tenuto a ricavare i principi giuridici cardine, così uniformando l'ordinamento giuridico di appartenenza a quello sovranazionale, l'art. 8 della Cedu sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Così interpretato, dunque, il diritto del genitore di godere della propria vita familiare con i figli può essere limitato solo in ipotesi circoscritte. La giurisprudenza di legittimità, a tal proposito, ha sancito che «i provvedimenti modificativi della responsabilità dei genitori sono preordinati all'esigenza prioritaria della tutela degli interessi dei figli. Essi non costituiscono una sanzione a comportamenti inadempienti dei genitori, ma piuttosto sono fondati sull'accertamento - da parte del giudice - degli effetti lesivi che hanno prodotto o possono ulteriormente produrre in danno dei figli, tali da giustificare una limitazione o ablazione della responsabilità genitoriale» (Cass. civ., sez. I, 7 giugno 2017, n. 14145). Anche i Tribunali di prime cure si sono allineati a tale indirizzo interpretativo e pressoché unanime è il convincimento che «qualora sussistano apprezzabili limiti nelle capacità di accudimento dei figli da parte di entrambi i genitori che, anche in sede processuale, abbiano tenuto un comportamento censurabile, volto esclusivamente ad ottenere vantaggi personali, senza considerazione delle ricadute di tali comportamenti sui figli, accertato che il mantenimento di dinamiche disfunzionali tra i due genitori compromette lo sviluppo emotivo dei bambini, deve esserne disposto l'affidamento al Comune di residenza, per l'adozione di tutte le iniziative opportune a tutela dei minori» (Trib. Pavia, sez. II, 14 febbraio 2019). E, ancora: «in tema di affidamento del minore in caso di persistente dissidio tra i genitori nell'ambito dell'esercizio delle potestà genitoriali, va disposto ed eventualmente confermato il provvedimento di affidamento del minore al Comune di residenza qualora non si ravvisino le condizioni per poter disporre un affidamento condiviso del minore ad entrambi i genitori poiché i genitori appaiono insufficienti e fragili per confortare nella direzione di un affidamento condiviso che potrebbe essere previsto solo al termine di un necessario percorso di sostegno alla genitorialità che la coppia dovrebbe assiduamente seguire con modalità congiunte per almeno un anno» (Trib. Milano, sez. IX, 7 gennaio 2018). Il Tribunale di Milano, nella sentenza de qua, valutato prioritariamente, sin dai provvedimenti provvisori, il quadro clinico del minore, caratterizzato da una “pronunciata sintomatologia somatica e psicosomatica”, e, parallelamente, la completa inadeguatezza delle due figure genitoriali nella crescita del figlio, affida quest'ultimo al Comune di residenza, collocandolo presso una Comunità specializzata. Osservazioni
La pronuncia del Tribunale di Milano offre spunti interessanti in materia di affidamento e collocamento di un minore presso terzi. Al Collegio giudicante, considerati, da un lato, la madre «poco in grado di gestire il minore e non in grado di favorire l'accesso del minore all'altro genitore», dall'altro il padre, che «trasmette al figlio una specifica aggressività nei confronti dell'altro genitore, con svalutazione della figura materna», tali soluzioni sono apparse le uniche in grado di tutelare, almeno provvisoriamente, il benessere psicofisico del minore. È evidente che laddove entrambi i genitori si dimostrino in conflitto permanente nell'assunzione delle scelte fondamentali per il figlio minore e pongano in essere continui atteggiamenti svalutanti la figura dell'altro, il Giudice deve farsi promotore del preminente interesse del minore (c.d. best interest of child) e adottare ogni provvedimento idoneo alla sua tutela. È bene specificare, tuttavia, che la misura dell'allontanamento del minore dai genitori e l'incarico di cura dello stesso conferito ad un'equipe di esperti (nel caso di specie, Ente affidatario, Comunità collocataria, psicoterapeuti) debba rappresentare una misura residuale al momento della decisione giudiziale, in quanto fortemente lesiva dei diritti fondamentali sia del figlio sia del genitore, da assumere qualora la situazione presenti profili di criticità elevati e irrisolvibili con l'affidamento a uno o entrambi i genitori. Correttamente, nel caso che ci occupa, il Tribunale ha disposto la regolamentazione degli incontri di Tizio con i genitori secondo un criterio di gradualità e progressività: secondo il Tribunale meneghino, infatti, una progressiva liberalizzazione delle visite figlio/genitori può avvenire solo alla luce di un puntuale adempimento delle prescrizioni imposte ai genitori stessi. In tali contesti, inoltre, è necessario che il Tribunale chiarisca in modo approfondito i poteri e i compiti che spettano a ciascuna figura coinvolta, al fine di evitare incomprensioni e sovrapposizioni ad ulteriore danno della già precaria situazione in cui si trova il minore. Il Giudicante dovrebbe, in ogni caso, come è avvenuto nell'ipotesi di specie, imporre un'attiva e continua collaborazione tra tutte le figure professionali, pretendendo relazioni di aggiornamento periodiche tra operatori e Giudici. Allo stesso modo, il genitore, nel periodo di allontanamento dal figlio, ha il dovere di astenersi da comportamenti lesivi e ostacolanti la sana crescita del minore e di abbandonare la logica dell'egoismo verso lo stesso che porta, talvolta, a distorcere la realtà. E per evitare tali comportamenti il legislatore ha correttamente proceduto, con l'inserimento dell'art.709-ter c.p.c., a prevedere un autonomo articolo sanzionante gravi inadempienze e atti pregiudizievoli per il normale sviluppo del minore. A questo punto, vien da chiedersi se proprio sulla base di tali assunti, non sembrano sussistere, nel caso di specie, gli estremi per una pronuncia di adottabilità del minore. A parere di chi scrive, la conferma dei provvedimenti provvisori nelle statuizioni definitive non può essere considerata elemento fondante il giudizio di irrecuperabilità delle necessarie competenze genitoriali, presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità. Vero è che il minore ha il diritto di vivere e crescere all'interno di un nucleo familiare tale da permettergli un sano sviluppo psicofisico; tuttavia il Giudice, prima di ritenere sussistente lo stato di abbandono del minore, deve disporre interventi di sostegno efficaci a eliminare le situazioni di grave disagio familiare. Considerato che già i provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale di affidamento e collocamento del minore presso terzi debbano essere intesi quali misure residuali, ulteriori disposizioni che prevedano un totale distacco del minore dai genitori dovranno essere assunte solo laddove le prescrizioni, definitivamente pronunciate dall'autorità giudicante, venissero reiteratamente violate, così da ricavarne il totale disinteresse dei genitori nel rivestire il loro ruolo educativo. |