Alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44, co. 4, c.p.a. per violazione artt. 3, 24, 76, 111, 113 e 117, co. 1, Cost.

Veronica Sordi
27 Aprile 2020

Va rimessa alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44, co. 4, c.p.a., per violazione degli artt. 3, 24, 76, 111, 113 e 117, co. 1, Cost., in quanto non possono essere accettate nell'ordinamento “soluzioni dirette a conferire rilievo a meri formalismi”, che, limitando il diritto d'azione, si pongono in insanabile contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale.

Il caso. Gli eredi legittimi di un magistrato, che aveva maturato fino al giorno del suo improvviso decesso 71 giorni di riposo non goduti, chiedevano al Ministero della Giustizia il riconoscimento in via integrale dell'indennità sostitutiva di tali ferie. L'Amministrazione rispondeva negativamente, prendendo in considerazione solo i giorni di riposo maturati negli ultimi due anni di servizio, per un tutale di (soli) 14 giorni. Gli eredi legittimi impugnavano tale provvedimento dinanzi al TAR Campania, il quale, tuttavia respingeva il ricorso. Avverso tale sentenza gli eredi proponevano appello al Consiglio di Stato.

La soluzione offerta dal Collegio. Il Consiglio di Stato rileva preliminarmente l'erronea notificazione del ricorso in appello, essendo stato notificato alle Amministrazioni resistenti presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli e non presso l'Avvocatura generale dello Stato in Roma, in violazione degli artt. 11 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 e 25 c.p.c. Sul punto, il Collegio afferma che, sulla base delle norme richiamate e del consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, siffatta notifica deve considerarsi nulla, con conseguente inammissibilità dell'appello, trattandosi di una nullità non sanata mediante la costituzione in giudizio della parte resistente.

Il Consiglio di Stato, fatta questa premessa ed evidenziato che:

(i) l'art. 44, co. 4 c.p.a. prevede che “Nei casi in cui sia nulla la notificazione e il destinatario non si costituisca in giudizio, il giudice, se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, fissa al ricorrente un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza” e che (ii) nel caso di specie “non può essere ravvisata la scusabilità dell'errore”, ritiene che la disposizione de qualimitatamente alle parole «se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante», presenti profili di illegittimità rispetto agli artt. 3, 24, 76, 111, 113 e 117, comma 1, della Carta fondamentale, alla luce dei quali si impone la rimessione alla Corte costituzionale”.

In particolare, il Collegio, sotto il profilo della rilevanza della questione nel giudizio a quo, precisa che l'applicazione della suddetta norma al giudizio pendente, determinando la declaratoria di inammissibilità dell'appello, precluderebbe l'esame nel merito delle censure dedotte con il conseguente consolidamento dell'atto impugnato; mentre, laddove venisse accolta la questione di legittimità costituzionale, “potrebbe ordinarsi la rinnovazione della notificazione del ricorso, che sanerebbe la nullità e permetterebbe di esaminare nel merito le censure proposte”.

Per quanto concerne la non manifesta infondatezza, il Consiglio di Stato ritiene che il parametro costituzionale violato sarebbe quello dell'art. 76 Cost. per eccesso di delega. A tal proposito, precisa che “tenuto conto della giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia di eccesso di delega, la disposizione con cui il legislatore delegato ha innovativamente limitato l'operatività dell'efficacia sanante della rinnovazione in caso di nullità della notificazione imponendo al giudice il preliminare vaglio dell'esistenza dell'errore scusabile” – diversamente da quanto accadeva prima del c.p.a. e da quanto avviene ancora oggi in altre tipologie di processi, tra tutti quello civile –, “non possa essere qualificato da nessun punto di vista come un coerente sviluppo o un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, dato che si pone in espresso contrasto con la finalità di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di principi generali e di assicurare il principio di effettività della tutela giurisdizionale”. Tale previsione, dunque, si pone in frontale contrasto con l'art. 46 d.l. 69/2009 che aveva esteso anche ai processi amministrativi e contabili l'istituto della rinnovazione di cui all'art. 291 c.p.c., secondo cui “Se il convenuto non si costituisce e il giudice istruttore rileva un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione fissa all'attore un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza”.

Peraltro, il Collegio, evidenziando il mancato coordinamento dell'art. 44, co. 4, c.p.a. con l'art. 39, co. 2, c.p.a., in forza del quale “le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile” e richiamando quell'orientamento cui “la peculiare struttura del giudizio amministrativo è di per sé ostativa dell'applicabilità della summenzionata regola processuale civilistica nel giudizio amministrativo” (Corte cost., 31 gennaio 2014, n. 18), afferma espressamente che proprio tale orientamento “merit[i] un'accurata rimeditazione, anche alla luce della più recente evoluzione della giurisprudenza costituzionale”.

Sul punto, richiama la sentenza della Corte costituzionale 26 giugno 2018 n. 132, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 44, comma 3, c.p.a., con riferimento all'inciso "salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione", in quanto incompatibile, oltre che con i (già richiamati) princìpi e i criteri direttivi della legge delega, con il principio generale recato dall'art. 156, comma 3, c.p.c. (che prevede la sanatoria ex tunc della nullità degli atti processuali per raggiungimento dello scopo), nonché con la giurisprudenza della Corte di cassazione formatasi con riferimento alla notificazione degli atti processuali civili e con la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato antecedente all'entrata in vigore del d.lgs. 104/2010.

Il Collegio, a sostegno dell'illegittimità dell'art. 44, comma 4, c.p.a., per frontale contrasto con il richiamato istituto della rinnovazione della notifica di cui all'art. 291 c.p.c., ricorda riconducibilità di quest'ultimo al principio di conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda nel processo, e dunque il suo carattere generale come principio discendente direttamente dall'ordinamento. Ciò inoltre è rafforzato dalla stessa giurisprudenza costituzionale (Corte cost., 12 marzo 2007, n. 77) che, in tema di translatio iudicii, ha chiarito che “le disposizioni processuali non sono fine a se stesse, ma funzionali alla miglior qualità della decisione di merito”. Affinché la traslatio iudicii possa quindi effettivamente conservare gli effetti sostanziali e processuali della domanda, è necessario che vi sia un trattamento uniforme fra le diverse giurisdizioni in tema di sanatoria delle nullità della notificazione dell'atto introduttivo.

Sotto altro profilo, il Collegio rileva un'ulteriore illegittimità della norma de qua per la violazione dei parametri della ragionevolezza e della proporzionalità di cui all'art. 3 Cost., in quanto “viene a determinarsi un'ingiustificata lesione del diritto di difesa sancito dall'art. 24 della Costituzione, del principio di effettività di tutela di cui all'art. 111 e del diritto ad un processo equo ai sensi dell'art. 6 della Convenzione EDU, il quale, secondo la giurisprudenza della Corte europea, implica che eventuali limitazioni all'accesso ad un giudice possano essere ammesse solo in presenza di un rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito”. Peraltro, chiarisce che si configura in tal modo una violazione dell'art. 117, comma primo, Cost., per contrasto con la giurisprudenza della Corte EDU (cfr. Corte Costituzionale, 24 ottobre 2007, nn. 348 e 349), giacché la disposizione contestata, “per un errore nella notifica che ha un rilievo meramente formale una volta che sia avvenuta la rinnovazione, finisce per porre un ostacolo procedurale che preclude definitivamente alla parte la possibilità di far valere la propria posizione dinanzi ad un giudice e costituisce una sostanziale negazione del diritto invocato, frustrando definitivamente la legittima aspettativa delle parti rispetto al bene della vita al quale aspiravano, senza un giusto equilibrio tra gli interessi pubblici e privati in gioco”.

In conclusione, il Collegio dichiara la rilevanza e la non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 44, comma 4, d.lgs. 104/2010, in relazione agli artt. 3, 24, 76, 111, 113 e 117, comma 1, della Costituzione, non potendo essere accettate nell'ordinamento “soluzioni dirette a conferire rilievo a meri formalismi”, limitative del diritto d'azione e, come tali, espressione del “fallimento della tutela giurisdizionale e della sua effettività sospensione del processo” e sospende il giudizio.