Cooperazione colposa del pedone investito fuori dalle strisce e prova liberatoria ex art. 2054 c.c.
07 Maggio 2020
Massima
Il rapporto tra l'art. 2054 c.c. e l'art. 1227 c.c. è nel senso che la prevenzione è affidata, prevalentemente, al conducente, il quale è esente solo davanti a comportamenti imprevedibili del pedone, non solo colposi, ma, per l'appunto, imprevedibili ed inevitabili. Il caso
Caia è investita, mentre attraversa la strada in prossimità delle strisce pedonali, dal motociclo guidato da Tizio, il quale percorre una corsia preferenziale in senso di marcia vietato. Il Tribunale afferma l'esclusiva responsabilità del conducente, ex art. 2054 comma 1 c.c., condannando i responsabili convenuti al risarcimento del danno nei confronti della danneggiata, riportante un'invalidità permanente. La Corte d'Appello, investita del riesame in sede di impugnazione, riforma la sentenza di primo grado ritenendo la sussistenza di una cooperazione colposa di Caia nella misura del 30%, riducendo di pari misura la liquidazione del risarcimento, adducendo che la medesima aveva attraversato fuori delle strisce pedonali senza prestare attenzione al veicolo investitore che sopraggiungeva. Avverso questa sentenza propone ricorso per Cassazione l'infortunata Caia. La questione
La questione in esame è la seguente: è sufficiente l'eventuale riscontrata imprudenza e/o negligenza del pedone a giustificare il superamento della presunzione di colpa esclusiva del veicolo investitore prevista dall'art. 2054, comma 1, c.c.? Le soluzioni giuridiche
La sentenza della Corte di Cassazione in esameaccoglie il motivo di impugnazione proposto dalla ricorrente, offrendo risposta negativa al quesito proposto, così ponendosi in netto contrasto con l'orientamento giurisprudenziale precedente (cfr. da ultimo Cass. civ., sez. III, ord. n. 2241/2019 e Cass. civ., sez. III, sent. n. 25027/2019). Queste, infatti, evidentemente volte ad una maggiore responsabilizzazione del pedone, consideravano sussistente la cooperazione colposa del medesimo- e quindi superata la presunzione di colpa esclusiva del conducente ex art. 2054, comma 1, c.c.-in caso di condotta colposa del pedone (com'era inteso l'attraversamento fuori dalle strisce), con conseguente riduzione del risarcimento dovuto.Conformemente a tale orientamento aveva, appunto, statuito la Corte d'appello territoriale nel caso in esame, considerando che l'imprudenza del pedone (attraversamento al di fuori delle strisce pedonali e difettosa attenzione verso il veicolo sopraggiungente) determinasse un concorso (rectius:cooperazione) di colpa, da cui discendeva una riduzione del risarcimento dovuto. La Suprema Corte, con la sentenza n. 5627/2020, partendo dalla disamina degli artt. 1227 e 2054, comma 1 c.c., esaminati nel loro combinato disposto e rapporto, cassando con rinvio la sentenza impugnata, afferma il seguente principio di diritto: «il rapporto tra l'art. 2054 c.c. e l'art. 1227 c.c. è nel senso che la prevenzione è affidata, prevalentemente, al conducente, il quale è esente solo davanti a comportamenti imprevedibili del pedone, non solo colposi, ma, per l'appunto, imprevedibili ed inevitabili». Principiando con l'affermare che l'art. 1227 comma 1 (cooperazione colposa del creditore, che incide sul nesso di causalità) trovi applicazione anche in ipotesi di responsabilità presunte come quella prevista a carico del conducente dall'art. 2054, comma 1, c.c. i giudici di legittimità confermano in linea di principio come la condotta colposa del pedone possa avere incidenza sulla responsabilità nel sinistro, di modo che la liquidazione del danno si riduce quando sia frutto della colpa di entrambi. Tuttavia, prescrivendo l'art. 2054 c.c. una presunzione di responsabilità esclusiva a carico del conducente il veicolo, la sua condotta deve essere valutata in maniera assai rigorosa (essendo prevalentemente a suo carico la prevenzione) e quella del pedone sempre in rapporto con la diligenza richiesta al conducente, il quale deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. A parere della Corte, la prova liberatoria può essere raggiunta dall'investitore «solo se l'imprudenza del pedone si presenti come condotta imprevedibile». In particolare, i giudici di legittimità hanno evidenziato che «In sostanza, il danno non è imputabile (del tutto o in parte) al conducente non semplicemente quando abbia concorso a cagionarlo (in tutto o in parte) il pedone, ma quando la condotta di quest'ultimo, pur se colpevole, non era prevedibile al punto da impedire al conducente di evitare l'investimento». Il concetto viene meglio chiarito nel prosieguo della motivazione, sancendo che «Qualora la situazione di pericolo è di tale evidenza da poter essere superata con l'uso della normale diligenza, non deve essere ritenuto responsabile dell'incidente chi ha posto in essere la situazione di pericolo. In sostanza, l'incidenza della condotta del danneggiato va misurata sullo standard di diligenza imposta al danneggiante. Se costui si libera dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, vuol dire che non è sufficiente la dimostrazione che il pedone era in una qualche misura in colpa, se comunque risulta che il danno era evitabile da parte del conducente» I giudici di legittimità non si occupano, quindi, di vagliare la sussistenza o meno di una condotta colposa di Tizia (trattandosi di un giudizio nel merito, a loro precluso), bensì esprimono un principio di diritto nuovo, ossia che l'eventuale colpa del pedone non sia comunque idonea, di per sé, a determinare il superamento della presunzione di responsabilità esclusiva a carico del conducente ex art. 2054 c.c., dovendo questi il dimostrare altresì che la condotta colposa del pedone non fosse prevedibile o evitabile. Di conseguenza, il risarcimento non può essere ridotto per un eventuale concorso di colpa del pedone qualora il conducente con la dovuta diligenza avrebbe potuto evitare l'investimento, in quanto il comportamento colposo del pedone fosse prevedibile. L'applicazione di tale principio di diritto da parte del giudice del rinvio è ragionevole ritenere che condurrà all'esclusione di un concorso a carico del pedone, non potendo considerarsi imprevedibile un attraversamento intervenuto in prossimità delle strisce pedonali (condotta per altro considerata non colposa da alcune pronunce di legittimità più risalenti in sede civile, cfr. Cass. civ., sez. III, n. 20949/2009 e recenti in sede penale, cfr. Cass. pen. n. 51147/2019 e n 27513/2017, e invece colposa dalle succitate pronunce civili del 2019). Tale ordinanza della Suprema Corte, dunque, sembra porre un definitivo arresto all'orientamento rappresentante un “favor” per il conducente, il quale dando prova di una condotta colposa del pedone superava la presunzione di esclusiva responsabilità sancita dall'art. 2054 a suo carico, imponendogli ora una prova ben più gravosa (quasi “diabolica”). Non si esclude a questo punto un intervento delle Sezioni Unite per dirimere il contrasto tra questi due opposti orientamenti, l'uno favorevole al conducente, l'altro al pedone. Osservazioni
Per una adeguata contestualizzazione della questione e dell'ordinanza qui esaminata, occorre considerare come la previsione di cui al primo comma dell'articolo 2054 sia uscita indenne da ogni modifica intervenuta negli anni sul codice civile e della strada. Questo deve senz'altro considerarsi come un segnale dell'importanza che la prevenzione e la tutela del pedone continui a rivestire nel nostro ordinamento (sebbene rispetto al 1942, anno di pubblicazione del codice civile, ci fossero ben più pedoni che conducenti, al contrario di oggi, in cui la situazione si è rovesciata). Negli anni si è assistito, come in un pendolo, a pronunce giurisprudenziali che tutelavano maggiormente ora l'uno ora l'altro dei due soggetti, anche in ragione del contesto e delle problematiche sociali dell'epoca, in un delicato gioco di equilibri e contrappesi. Per ciò, probabilmente anche a seguito delle riforme del codice della strada e all'inasprimento delle sanzioni a carico dell'investitore, la giurisprudenza ha inteso, con le pronunce finora emanate, di cui quelle del 2019 costituiscono l'affermazione più lampante (considerando quasi automatico il concorso di colpa del pedone con l'ord. n. 2241/2019 e lasciando addirittura esente da responsabilità il conducente con sent. n. 25027/2019, entrambi casi di attraversamento fuori dalle strisce pedonali), ristabilire l'equilibrio tramite una maggiore responsabilizzazione del pedone, evidenziando l'obbligo di prudenza e di prevenzione anche su di lui gravante. A monte dell'ordinanza n. 5627/2020 si rinvengono, invece, alcune sentenze emesse in sede penale (Cass. civ., n. 27513/2017 e Cass. civ., n. 51147/2019), le quali hanno aperto la via ad un orientamento in sede civile secondo cui il comportamento imprudente del pedone non esclude la responsabilità del conducente e non rappresenta (addirittura) una concausa, in forza del dovere di massima attenzione che incombe comunque sul conducente del veicolo, come tale per definizione dotato di una maggiore velocità e quindi portatore di un rischio maggiore, nell'avvedersi del pedone e porre in essere tutti gli accorgimenti necessari a prevenire il rischio di un investimento. Dette pronunce affermavano, altresì, che l'attraversamento fuori dalle strisce pedonali, ma in prossimità delle stesse, non costituisse una condotta censurabile del pedone, rientrando nel dovere di precedenza a carico del conducente valutare la globalità del contesto dell'attraversamento. Ci si permette conclusivamente di osservare, rispetto all'ordinanza in commento, che nell'esprimere un concetto di portata così ampia, che aggrava sensibilmente l'onere probatorio incombente sul conducente di un veicolo, a prescindere dalla minore o maggiore censurabilità della sua condotta di guida, nell'applicazione pratica potrebbero rinvenirsi delle criticità ed una forse eccessiva penalizzazione del conducente in alcune ipotesi. Ad esempio, se tale principio risulta all'evidenza giustificato in un caso come quello esaminato dalla Suprema Corte, in cui il motociclo aveva percorso la strada in senso di marcia contrario e, quindi, ponendo in essere un comportamento altamente imprudente e gravemente colposo, la soluzione appare meno equa in ipotesi in cui non si rinvengano censure nella condotta del conducente e tuttavia, anche in presenza di un'accertata condotta colposa del pedone, sul primo ricada il mancato raggiungimento della probatio diabolica dell'imprevedibilità (si pensi ad un attraversamento repentino in un tratto di scarsa visibilità), dovendo sopportare interamente le conseguenze dell'investimento.
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