Bancarotta fraudolenta documentale. La S.C. afferma (ancora) il ruolo determinante del dolo specifico

13 Maggio 2020

La sentenza della Corte di Cassazione n. 8429/2020 riafferma il ruolo determinante che il dolo specifico riveste nella struttura del delitto di bancarotta fraudolenta documentale. La bancarotta fraudolenta documentale, disciplinata dal secondo comma dell'art. 216 l. fall.

La sentenza della Corte di Cassazione n. 8429/2020 riafferma il ruolo determinante che il dolo specifico riveste nella struttura del delitto di bancarotta fraudolenta documentale.

La bancarotta fraudolenta documentale, disciplinata dal secondo comma dell'art. 216 l. fall., è integrata da due condotte alternative, la prima specifica, consistente nella sottrazione, distruzione, falsificazione dei libri e delle scritture contabili, la seconda generica, finalizzata alla tenuta delle scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del movimento degli affari.

La norma intende tutelare l'obbligo della corretta tenuta della documentazione contabile in modo da poter garantire la ricostruzione della situazione economica e patrimoniale dell'impresa (NUVOLONE, Il diritto penale del fallimento, Milano, 1955, 248).

I documenti che possono essere oggetto materiale della condotta prevista dal reato di bancarotta fraudolenta documentale specifica e cioè i libri e le altre scritture contabili, espressamente richiamate dalla norma, si riferiscono al libro giornale ed al libro degli inventari (art. 2214 c.c.), oltre ai libri sociali obbligatori, quali in particolare il libro dei soci, il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell'assemblea e del consiglio di amministrazione, nonché gli altri libri previsti dall'art. 2421 c.c.

Le disposizioni, che sanciscono l'obbligo dell'imprenditore di tenere un certo numero di libri e di scritture contabili, sono destinate a svolgere un'ampia funzione probatoria per consentire la ricostruzione della situazione patrimoniale ed economica dell'impresa, oltre alla determinazione della posizione dei singoli creditori al fine di raggiungere gli scopi della procedura concorsuale, destinati a ripartire l'attivo tra i creditori, secondo i principi della “par condicio” (PEDRAZZI-SGUBBI, Reati tributari commessi dal fallito – Reati commessi da persona diversa dal fallito, Bologna, 1995, 89 ss.).

La contabilità può essere resa inidonea alla sua funzione documentale mediante le condotte di sottrazione, distruzione, falsificazione che devono mirare allo scopo specifico “di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori”, cioè lo stesso scopo che caratterizzava l'ormai abrogato delitto di falso materiale in scrittura privata (Cass. pen., 23 novembre 2006, n. 182).

Lo scopo del profitto di questa ipotesi di bancarotta documentale specifica, posto in alternativa a quello del pregiudizio ai creditori, “sembra appiattire con la sua genericità il profilo del dolo specifico” (PEDRAZZI-SGUBBI, Reati commessi, cit., 102).

In altre parole lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, introdotto alternativamente con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, “rischia di svuotare di ogni contenuto la formula” (ROSSI, Illeciti penali nella procedura concorsuale, Milano, 2014, 152) su cui si fonda il dolo specifico.

In realtà l'elemento soggettivo che riguarda le condotte di sottrazione, distruzione e falsificazione, diversamente dal dolo generico che caratterizza l'altra ipotesi della tenuta dei libri e delle scritture, in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, non può che consistere, attesa la tutela della corretta ricostruzione del movimento degli affari dell'impresa che il reato di bancarotta fraudolenta documentale intende perseguire, nella coscienza e volontà di pregiudicare i creditori.

Lo scopo di recare pregiudizio ai creditori rappresenta la spinta fondamentale che caratterizza l'elemento soggettivo dei reati di bancarotta fraudolenta, che proprio in vista di questo scopo ha indotto la giurisprudenza, negli ultimi anni, a fornire un principio di colpevolezza più aderente al dettato costituzionale.

Alla luce di questa nuova apertura dettata dall'identificazione del dolo della bancarotta fraudolenta nello scopo di pregiudicare le garanzie dei creditori, si rende necessario ripercorrere brevemente il tema dell'elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta.

Le condotte di bancarotta fraudolenta patrimoniale, interessando direttamente il patrimonio, “ruotano” (così, GAMBARDELLA, Condotte economiche e responsabilità penale, Torino, 2018, 204) intorno alla nozione di distrazione, per la quale, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, è sufficiente il dolo generico, ossia la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alla finalità dell'impresa.

Negli ultimi tempi sembra però che la giurisprudenza si stia adeguando ad un'interpretazione dell'elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale più aderente al principio di colpevolezza e cerchi di recuperare la dimensione lesiva prefallimentare, ispirandosi alla natura del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, quale reato di pericolo concreto (Cass. pen., sez. V, 10 settembre 2013, n. 41665; Cass. pen., sez. V, 23 giugno 2017, n. 38396; Cass. pen., sez. V, 24 marzo 2017, n. 17819).

Infatti la carica lesiva immanente ai fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, va intesa in termini di pericolo concreto, perché l'offesa provocata dal reato non può ridursi al semplice impoverimento dell'impresa (pericolo presunto), ma deve essere correlata all'idoneità dell'atto distrattivo a creare un vulnus all'integrità delle garanzie dei creditori che deve preesistere fino al momento della dichiarazione di insolvenza (PEDRAZZI, Reati fallimentari, in Manuale di diritto penale dell'impresa, a cura di, PEDRAZZIALESSANDRI-FOFFANI-SEMINARA-SPAGNOLO, Bologna, 1998; ARTALE, La bancarotta fraudolenta patrimoniale, in Il diritto penale dell'economia, diretto da CADOPPI-CANESTRARI-MANNA-PAPA, Tomo II, Torino, 2017, 1732; infine PISANI, Crisi di impresa e diritto penale, Bologna, 2018, 39 ss.).

La pericolosità della condotta distrattiva per il bene giuridico tutelato deve essere valutata, tenendo conto della situazione economica dell'impresa, nel momento in cui è stata posta in essere, non potendo rientrare nello schema del pericolo concreto il semplice distacco dei beni dal patrimonio sociale, senza verificare l'effettiva capacità di quel comportamento a mettere in pericolo le garanzie per la massa dei creditori (BOZHEKU, La Corte di Cassazione sul pericolo della bancarotta fraudolenta patrimoniale: un'altra rondine in attesa di primavera, in Opinioni 2018, 39; dello stesso Autore, Riflessioni in ordine alle tematiche del pericolo e del dolo nella struttura del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, in Cass. pen., 2014, 2641 ss.; ALESSANDRI, I reati fallimentari, in Diritto penale commerciale, Torino, 2019, 63).

Tutte queste sentenze confermano che l'obbiettivo principale del delitto di bancarotta sia quello di tutelare le garanzie dei creditori, anche se si riflette diversamente sull'elemento soggettivo delle varie ipotesi di bancarotta.

Mentre nella bancarotta fraudolenta patrimoniale si è in presenza del dolo generico, sorretto dalla consapevolezza della idoneità della condotta a pregiudicare i creditori, diventa dolo specifico nell'ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale.

La sentenza che si annota annulla senza rinvio la sentenza della Corte di Appello dell'Aquila, accogliendo il motivo di ricorso del difensore che censurava la mancata risposta alle argomentazioni difensive sul fatto che i libri sociali (libro soci e libro degli inventari), di cui si contestava la sottrazione, fossero notevolmente risalenti nel tempo, potendo il mancato reperimento dipendere da un mero ed incolpevole smarrimento degli stessi.

Va segnalato che già in primo grado il giudice aveva assolto gli amministratori dal reato di bancarotta fraudolenta documentale per la sottrazione avente ad oggetto il solo libro soci.

Non si conoscono le motivazioni della sentenza del Tribunale, probabilmente la ragione dell'assoluzione dovrebbe ricercarsi nel fatto che il libro soci, essendo destinato a documentare distintamente per ogni categoria il numero delle azioni, il cognome e il nome dei titolari delle azioni nominative, nonché i trasferimenti, non rappresenta una scrittura destinata a fornire elementi idonei alla ricostruzione della situazione economico-patrimoniale dell'impresa, che il reato di bancarotta fraudolenta documentale intende tutelare.

Diverso il contenuto del libro degli inventari di cui si contestava agli amministratori la sottrazione.

Si tratta di un documento richiamato dall'art. 2216 del codice civile che, dovendo contenere l'indicazione e la valutazione dell'attività e passività relativa all'impresa che si chiude con il bilancio, svolge una funzione determinante nel rappresentare gli atti in cui si sostanzia l'attività imprenditoriale, consentendo la ricostruzione del patrimonio e dell'andamento degli affari.

È un documento finalizzato a garantire i creditori, cui viene fornita una rappresentazione corretta dello stato economico-patrimoniale dell'impresa.

Nel caso di specie la mancanza di questo documento aveva dato luogo alla contestazione di bancarotta fraudolenta documentale nella forma della sottrazione ed alla successiva condanna da parte dei giudici di merito.

La Cassazione annulla la sentenza impugnata, accogliendo lo specifico motivo di appello con cui il difensore, evidenziando che il mancato reperimento dei libri contabili era risalente nel tempo, escludeva l'esistenza del dolo specifico che “com'è noto, rappresenta uno degli elementi costitutivi del delitto di bancarotta fraudolenta documentale contestato con riferimento alla condotta consistente nella sottrazione del libro degli inventari, commesso allo scopo di recare pregiudizio ai creditori sociali in quanto la “corte territoriale è venuta meno al suo dovere di fornire una puntuale risposta alla doglianza difensiva”.

La sentenza si rivela interessante, perché assegna rilievo alla circostanza che l'assenza delle scritture contabili obbligatorie, quali il libro degli inventari, che ha un ruolo importante nella ricostruzione della situazione economica dell'impresa, ove si sia verificata molti anni prima rispetto alla dichiarazione di fallimento, può escludere il dolo specifico del reato di bancarotta fraudolenta documentale, potendo la mancanza delle scritture imputarsi a mero e incolpevole smarrimento delle stesse.

Al tempo stesso la sentenza della Corte di Cassazione sottolinea l'importanza del dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, che svolge all'interno della fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale un vero e proprio filtro selettivo per distinguerla da altri casi in cui la mancanza dei libri contabili sia dipesa da ragioni diverse dalla sottrazione o dalla distruzione.

La presenza del dolo specifico (Cass. Pen., Sez. V, 7 giugno 2006, n. 172/2007), quale elemento ulteriore della fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, richiede la prova che la mancanza delle scritture contabili sia stata rappresentata e voluta dal soggetto agente per pregiudicare la garanzia dei creditori.

L'indagine sulla sussistenza del dolo specifico della bancarotta documentale costringe necessariamente il giudice a questa verifica, che, ove non avvenga, può determinare, come nel caso di specie, l'annullamento della sentenza con rinvio “per evidente carenza motivazionale”.