Ancora sul concetto di “falsa dichiarazione” in ordine alle precedenti vicende contrattuali

Tommaso Cocchi
15 Maggio 2020

Qualora in sede di compilazione del DURC un concorrente non indichi una precedente risoluzione contrattuale disposta da una stazione appaltante dalla quale ha in seguito ricevuto altre commesse, tale omissione, in mancanza della componente dolosa, non è qualificabile come “falsa dichiarazione” idonea a giustificare l'esclusione automatica dell'impresa. Ciò in quanto, può ragionevolmente presumersi che rispetto all'operazione di qualificazione giuridica che le domande del DURC sollecitano (chiedendo al concorrente se questo abbia precedentemente commesso gravi illeciti professionali ovvero gravi inadempimenti scaturiti in risoluzioni contrattuali), il fatto di avere ricevuto ulteriori affidamenti dalla stessa amministrazione che aveva segnalato una precedente risoluzione (contestata peraltro in sede giurisdizionale) possa aver ingenerato nell'impresa la convinzione di non avere commesso alcun illecito professionale o inadempimento contrattuale.

Fatto. Nella compilazione del DURC per la partecipazione a una procedura negoziata telematica per l'affidamento di un contratto di servizi di pulizia, un'impresa rispondeva in senso negativo alle domande sull'eventuale commissione ‒ nel corso di precedenti vicende contrattuali ‒ di gravi illeciti professionali ovvero carenze nell'esecuzione che avessero comportato risoluzioni del contratto. La stessa impresa diveniva poi aggiudicataria. Tuttavia, al momento della verifica dei requisiti, la stazione appaltante rinveniva un'annotazione nel casellario informatico ANAC ove risultava una precedente risoluzione contrattuale per grave inadempimento in un settore analogo a quello oggetto della procedura in corso, risoluzione per la quale era altresì pendente un processo dinanzi al giudice ordinario.

L'Amministrazione decideva quindi di chiedere chiarimenti all'impresa, la quale si giustificava precisando di non aver segnalato l'annotazione ritenendo di non essersi mai resa colpevole di gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia la sua affidabilità e di non aver mai mostrato significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto. Le argomentazioni della concorrente erano fondate sostanzialmente su due circostanze: i) la precedente risoluzione era stata disposta nei confronti di un rti di cui essa faceva parte; ii) a seguito della risoluzione, a dimostrazione dell'illeso rapporto fiduciario, le erano state affidate nuove commesse dalla medesima stazione appaltante che aveva disposto la precedente risoluzione.

Nonostante ciò, l'Amministrazione disponeva l'esclusione automatica dell'aggiudicataria per aver rilasciato dichiarazioni non veritiere di cui all'art. 80, comma 5, lett. f-bis) d.lgs. 50/2016.

L'impresa ricorreva dinanzi al TAR per l'annullamento del provvedimento di esclusione. Il TAR respingeva il ricorso e avverso la pronuncia veniva quindi proposto appello.

La giurisprudenza sulle dichiarazioni concernenti le pregresse vicende contrattuali. Al fine dirimere la controversia il Consiglio di Stato ha ritenuto opportuno ripercorrere preliminarmente gli attuali approdi giurisprudenziali sulle dichiarazioni degli operatori economici concernenti le pregresse vicende contrattuali, pur consapevole del contesto di incertezza derivante dalla mancanza di chiarezza delle norme nonché dalle oscillazioni della giurisprudenza (a tale ultimo proposito il Collegio ha ricordato la recente rimessione all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con ordinanza 9 aprile 2020, n. 2332).

Sul punto, il Collegio ha ricordato il recente indirizzo dello stesso Consiglio di Stato secondo cui «La dichiarazione resa dall'operatore economico nella domanda di partecipazione circa le pregresse vicende professionali suscettibili di integrare «gravi illeciti professionali» può essere omessa, reticente o completamente falsa; è configurabile omessa dichiarazione quando l'operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come «grave illecito professionale»; è configurabile dichiarazione reticente quando le pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell'ottica dell'affidabilità del concorrente; è, infine, configurabile la falsa dichiarazione se l'operatore rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero; la distinzione tra le tre fattispecie non risiede, dunque, nell'oggetto della dichiarazione che è sempre lo stesso (la pregresse vicende professionali dell'operatore economico), quanto, piuttosto, nella condotta di quest'ultimo; e ciò vale a meglio spiegare anche il regime giuridico: solo alla condotta che integra una falsa dichiarazione consegue l'automatica esclusione dalla procedura di gara poiché depone in maniera inequivocabile nel senso dell'inaffidabilità e della non integrità dell'operatore economico, mentre, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l'esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull'affidabilità dello stesso» (Cons. Stato, sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407).

Con più specifico riguardo al caso di specie, si è inoltre ricordato che «Il concetto di “falso”, nell'ordinamento vigente, si desume dal codice penale, nel senso di attività o dichiarazione consapevolmente rivolta a fornire una rappresentazione non veritiera. Dunque, il falso non può essere meramente colposo, ma deve essere doloso» (Cons. Stato, sez. VI, 20 luglio 2009, n. 4504).

La decisione del Consiglio di Stato. Nella fattispecie, il giudice d'appello ha evidenziato che, sulla base dei chiarimenti fattuali forniti dall'impresa circa la precedente risoluzione contrattuale annotata nel casellario ANAC, non potesse sostenersi che l'impresa avesse dolosamente taciuto un proprio precedente contrattuale qualificabile come grave illecito professionale, in quanto quest'ultima costituiva solo una possibile qualificazione dei fatti pregressi, che solo una decisione giudiziaria o un'interpretazione amministrativa avrebbero potuto confermare.

In altri termini, il Collegio ha ritenuto che le dichiarazioni rilasciate dall'impresa in fase di compilazione del DGUE non potessero essere considerate come non veritiere. Ciò in quanto, le domande formulate nel documento di gara richiedevano che l'operatore economico prendesse posizione in merito alla qualificazione giuridica delle precedenti vicende contrattuali in termini di grave illecito professionale ovvero di grave carenza nell'esecuzione di un contratto tale da causarne la risoluzione. A questo proposito il Collegio ha ritenuto che potesse «ragionevolmente presumersi che rispetto all'operazione di qualificazione giuridica che le domande sollecitavano possa avere avuto un peso determinante nell'odierna appellante la convinzione di non avere commesso alcun illecito professionale o inadempimento contrattuale, derivatagli dal fatto di avere in seguito ricevuto ulteriori affidamenti dalla stessa amministrazione che aveva segnalato il fatto». In ragione di ciò, secondo il Consiglio di Stato la dichiarazione svolta dall'appellante non poteva essere qualificata come “falsa dichiarazione” ma tuttalpiù come “incompleta” tale dunque da non determinare l'esclusione automatica dalla procedura.

La stazione appaltante, ad avviso del Collegio, avrebbe dovuto valutare se il comportamento dell'impresa incidesse in concreto sulla sua integrità o affidabilità in considerazione della specifica attività oggetto del contratto, ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c) e c-ter), del d.lgs. n. 50 del 2016.