Adozione: i litisconsorti necessari e i presupposti dell'adozione legittimata

Elisa Pradella
23 Maggio 2020

La carcerazione di lunga durata dei genitori determina la condizione di abbandono del minore, presupposto dell'adottabilità in assenza di parenti che non abbiano avuto rapporti significativi con il fanciullo
Massima

La carcerazione di lunga durata dei genitori, litisconsorti necessari pure nel giudizio d'appello, anche in difetto di costituzione in primo grado, è causa di forza maggiore non transitoria, che costituisce un limite al diritto del bambino di vivere e crescere in un contesto unito e sereno negli anni più delicati della crescita, e determina la condizione di abbandono del minore, presupposto dell'adottabilità in assenza di parenti che non abbiano avuto rapporti significativi con il fanciullo.

Il caso

Il padre del minore ricorre avanti alla Suprema Corte contro la decisione della Corte d'Appello di Genova che ha confermato la declaratoria dello stato di adottabilità del figlio.

Il ricorrente, con il primo motivo, lamenta la violazione degli artt. 10, co. 1, 11 e 12 co. 1, della l. n. 184/1983, per non essergli stato dato avviso dell'apertura del procedimento e non essere stati convocati i parenti entro il quarto grado, nonché la violazione delle libertà fondamentali. Con il secondo motivo, il padre deduce l'omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., non indicandone poi alcuno, talché la doglianza, sul punto, tenderebbe ad un'inammissibile rivalutazione degli elementi processuali, e la violazione degli artt. 1 ed 8 della l. n. 184/1983, artt. 7 e 9 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, dell'art. 8 CEDU, e del trattato del 29/10/2004, «con riferimento all'idoneità dei genitori a crescere i propri figli».

Gli Ermellini hanno respinto il ricorso, in primis, osservando che il procedimento per lo stato di adottabilità prevede quali litisconsorti necessari i genitori, ove esistenti. In secondo luogo hanno ribadito il principio secondo cui la prioritaria esigenza del figlio di vivere nell'ambito della propria famiglia d'origine può essere sacrificata in presenza di gravi pregiudizi che inficiano l'equilibrato sviluppo della personalità del minore.

La questione

L'adozione del minore è l'extrema ratio cui è possibile ricorrere solo quando siano impraticabili altre misure volte a favorire il ricongiungimento con i genitori biologici o, in mancanza, con i familiari del fanciullo, qualora sia accertata in fatto la sussistenza di rapporti significativi con il minore.

Si impone la valutazione del rapporto tra stato di abbandono e stato di adottabilità.

Le soluzioni giuridiche

L'individuazione dello stato di abbandono, che esige un'analisi attuale e prognostica di fatti e circostanze, è momento cruciale nella vicenda adottiva che muove dall'apprezzamento del reale rapporto tra il minore ed i genitori biologici.

La situazione di abbandono si verifica, per l'art. 8 co. 1, l. 184/1983, quando non arrivi assistenza morale e materiale al minore, se non dai genitori in primis, dai “parenti tenuti a provvedervi”. Nello stabilire, poi, chi debba essere avvertito dell'apertura del procedimento relativo allo stato di abbandono, o quando sia necessario provvedere a dichiarare lo stato di adottabilità, la legge riferisce “parenti entro il quarto grado che abbiano avuto rapporti significativi con il minore” (art. 10 co. 2, art. 11 co. 1 l. 184/1983.).

La significatività di detti rapporti imprime carattere oggettivo allo stato di abbandono, imponendo l'accertamento, in capo ai parenti entro il quarto grado, della reale volontà di curare e crescere il minore, al fine di assurgere al ruolo di litisconsorti per impedire l'adottabilità dello stesso.

L'analisi, ai fini della dichiarazione di adottabilità, deve, comunque, limitarsi, in prima battuta, a considerare la capacità di esercitare la responsabilità genitoriale, quindi assicurare quel minimo di cure materiali, calore affettivo e aiuto psicologico indispensabili per la formazione del minore. In difetto dell'animus dereliquendi, a carattere non temporaneo, e qualora sussista un pregiudizio relazionale intollerabile tra genitori e figli, si concretizza una situazione di abbandono a carattere oggettivo a favore della quale depongono anche i commi 2 e 3 dell'art. 8 l. 184/1983.

Il rilievo oggettivo dello stato di abbandono è rimarcato anche dall'art. 15 l. n. 184/1983. Lett. a), b), c), laddove si dispone che la dichiarazione di adottabilità debba essere pronunciata in mancanza di partecipazione dei convocati senza giustificato motivo oggettivo, o quando, in seguito all'audizione di genitori e parenti, sia emerso il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale nei confronti del minore, ovvero sia provata l'irrecuperabilità delle capacità genitoriali in un tempo ragionevole. Il legislatore, nel 2013, ha formalizzato, in difetto di recupero della capacità genitoriale non transeunte, il portato oggettivo della dichiarazione di adottabilità, ribadendo la sussidiarietà della misura adottiva ed escludendo l'elemento della colpevolezza genitoriale, premurandosi, così, di evidenziare la non legittimità del decretare de plano l'inidoneità dei ruoli di padre e madre, estromettendo il carattere repressivo-punitivo della dichiarazione di adottabilità.

A deporre sull'esclusione di valutazioni soggettive è anche l'art. 403 c.c. che prevede l'intervento pubblico in favore di minori in stato di abbandono materiale o morale, nonché allevati in luoghi insalubri o pericolosi o da persone che risultino incapaci a provvedere all'educazione degli stessi.

Il Giudice rimane, così, vincolato ad una ricostruzione dei fatti che sia estrinsecazione della realtà, con esclusione di provvedimenti astratti, anche grazie all'ascolto del minore, e consenta un giudizio prognostico sulla fecondità o meno del rapporto parentale.

L'adozione è strumento sussidiario che concretizza esclusivamente il best interest del minore in chiave oggettiva.

Osservazioni

L'ordinanza in commento è in linea con le soluzioni emerse in seno alla Corte Europea dei diritti dell'uomo in riferimento alla valorizzazione del diritto al rispetto della vita familiare disciplinato all'art. 8 della Conv. Europea dei diritti dell'Uomo, ma imprime carattere di stabilità all'adozione legittimata quale best interest del minore.

Tale diritto personale, che impone agli Stati obblighi positivi per assicurarne l'effettività, legittima solo eccezionalmente interventi ablativi del legame familiare con misure giustificate e proporzionali al fine di salvaguardare il minore attraverso l'inserimento definitivo in un ambiente familiare, diverso da quello d'origine, con le caratteristiche ridette.

La valutazione del rapporto tra stato di abbandono e di adottabilità invita così a considerare il contesto Europeo, nel quale rileva la figura di matrice pretoria dell'“adozione-mite”, permeato sì da una interpretazione restrittiva, ma funzionale a valorizzare il preesistente legame tra il minore e la famiglia d'origine.

Nel 2014, caso Zohu c. Italia, la Corte offre una nuova lettura della relazione tra abbandono e adozione in chiave mitigata aprendo le porte ad una misura che non recide i rapporti tra minore e famiglia biologica in caso di insufficienze genitoriali non totali. Detta misura adottiva si inquadra all'interno del paradigma del semi-abbandono permanente che richiede l'accertamento di una incapacità genitoriale grave e definitiva, ma non totale, quindi da non sopprimere, poiché non pregiudizievole per il minore, in forza della positività in grado di esprimere.

Tale ricostruzione, a livello nazionale, entra in contrasto con l'art. 44, lett. d) l.184/1983, che prevede l'adottabilità di minori “quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo” che, attraverso un'interpretazione elastica, assicurerebbe una affettività allargata ai minori destrutturando lo stato di abbandono, quale effetto contingente di una mancanza morale e materiale con carattere di stabilità e senza possibilità, per mancanza di volontà dei genitori biologici, di recuperare il rapporto.

La pronuncia in commento, confermando l'interpretazione giurisprudenziale prevalente interna ed il rispetto dello stato normativo domestico, ravvisa come presupposto per l'adottabilità l'accertamento dello stato di abbandono, che esige una prognosi di fatti e circostanze attuali tali da impedire la possibilità del recupero dei rapporti tra il minore ed i genitori biologici, non in grado di garantirgli la necessaria assistenza e stabilità affettiva, senza sdoganamento dell'adozione mite.

Guida all'approfondimento

M. Renna, Forme dell'abbandono, adozione e tutela del minore, in Nuova Giur. Civ., 2019, 1361;

M. Cinque, La continuità affettiva nella l. 184/1983 e la posizione dei parenti sociali, in Nuova Giur. Civ., 2016, 5, 669.

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