Imposta di registro e concessione di beni demaniali

Elisa Manoni
27 Maggio 2020

Sono il legale rappresentante di un'Azienda che ha quale oggetto sociale “la produzione e/o la commercializzazione di ogni genere di materiale metallifero e non metallifero; la macinazione e la micronizzazione di ogni genere di minerale metallifero e non metallifero anche con trattamenti chimici superficiali; la produzione e/o la commercializzazione di metalli idrati anche ottenuti attraverso processi chimici di sintesi; la produzione e/o commercializzazione di materie chimiche, plastiche, ed elastomeri”. Ho stipulato in data 20 marzo 2013, con il Comune di X, una “Convezione per l'esecuzione del progetto di ampliamento di una cava esistente all'interno di un bacino estrattivo individuato dal P.P.A.E” e per l'estrazione di calcare stratificato ad uso industriale.Detta “Convenzione”, in attuazione della Legge della Regione Y, prevede che il proponente (cioè la mia Azienda) si impegni a versare, alle casse comunali, entro il 31 marzo di ogni anno...

Sono il legale rappresentante di un'Azienda che ha quale oggetto sociale “la produzione e/o la commercializzazione di ogni genere di materiale metallifero e non metallifero; la macinazione e la micronizzazione di ogni genere di minerale metallifero e non metallifero anche con trattamenti chimici superficiali; la produzione e/o la commercializzazione di metalli idrati anche ottenuti attraverso processi chimici di sintesi; la produzione e/o commercializzazione di materie chimiche, plastiche, ed elastomeri”. Ho stipulato in data 20 marzo 2013, con il Comune di X, una “Convezione per l'esecuzione del progetto di ampliamento di una cava esistente all'interno di un bacino estrattivo individuato dal P.P.A.E” e per l'estrazione di calcare stratificato ad uso industriale. Detta “Convenzione”, in attuazione della Legge della Regione Y, prevede che il proponente (cioè la mia Azienda) si impegni a versare, alle casse comunali, entro il 31 marzo di ogni anno:

  • un contributo commisurato al tipo ed alla quantità di materiale estratto nell'anno precedente;
  • una somma, pari ad euro diecimila annui, con la causale “contributo per attività di controllo attività estrattive”;
  • un contributo per la manutenzione ordinaria e straordinaria del tratto di strada comunale che va dall'uscita del sito estrattivo allo stabilimento della mia Azienda.

Nell'ultimo articolo della “Convezione” è stato stabilito che “trattandosi di contratto con condizione sospensiva, per il pagamento dei contributi a favore del Comune, la Ditta Z dovrà provvedere ogni anno, entro 20 giorni dalla data in cui verranno attestate le effettive quantità di materiale estratto, a pagare all'Agenzia delle Entrate territorialmente competente, l'imposta di registro da determinarsi in modo proporzionale (attualmente pari al 3%) sull'importo effettivo da versare al Comune, ad esclusione del contributo di Euro 10.000,00, che viene tassato al momento della registrazione della presente convenzione”. In virtù di tale previsione, ho sempre versato l'imposta di registro nella misura del 3%. Tuttavia, l'Agenzia delle Entrate mi ha notificato “Avviso di Liquidazione di imposta a seguito di denuncia di avveramento condizione art. 19 del d.P.R. n. 131/1986” con il quale ha applicato l'aliquota dell'8% senza fornire alcuna motivazione al riguardo. Vorrei chiederVi se vi sono i presupposti per poter contestare detto Avviso di Liquidazione.

Premesso che la tematica in oggetto è stata poco attenzionata, occorre prendere le mosse dall'evoluzione che ha interessato il dato normativo.

Nel vigore della Legge di Registro di cui al R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, l'art. 1 della Tariffa all. A espressamente assoggettava all'aliquota proporzionale (dal 4% al 6%) gli atti traslativi a titolo oneroso “del diritto di escavare e di prendere materie da terreni o da miniere”, cioè accomunava nella stessa disciplina lo sfruttamento di miniere o di cave e l'escavazione di terreni, in modo da comprendere tutti i negozi attributivi di detto diritto, qualunque fosse la natura giuridica e l'oggetto degli stessi; sotto quest'ultimo profilo, il carattere onnicomprensivo della disposizione risultava, prima facie, dalla lettera dell'enunciato, in cui l'uso del termine generico “terreni”, accanto a “miniere”, imponeva di riferire la norma, oltre che a queste ultime, all'estrazione o al prelievo di materiali inerti praticato su ogni altro tipo di sedime, dalla cava, all'arenile, all'alveo di fiume o torrente, etc..

In verità, quanto al tipo di negozio, si dubitava se la disposizione fosse applicabile anche ai contratti concessivi del mero godimento delle cave o dei terreni, ma prevaleva la soluzione più rigorosa, nella considerazione che la norma attribuisse autonomo rilievo al diritto di escavare od estrarre i materiali, assumendolo come elemento di definizione del criterio di tassazione, senza tenere conto della natura traslativa o soltanto obbligatoria del contratto che costituiva il titolo di quel diritto. E, conseguentemente, si riteneva irrilevante stabilire se la concessione dell'esercizio temporaneo di escavazione da sottoporre a tributo fosse da qualificare per il diritto civile come vendita immobiliare ovvero come locazione, dovendosi in entrambi i casi corrispondere l'imposta proporzionale (Cass. civ., sent. n. 4646 del 7 novembre 1989).

La disposizione suddetta non è stata riprodotta nel d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, giacché l'art. 1 della Tariffa all. A assoggettava all'aliquota proporzionale (in misura dell'8%), prevista per gli atti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, soltanto le “concessioni di miniere”.

In specie, venne meno il precedente riferimento al “diritto di escavare o di prendere materie da terreni o da miniere”, il quale assunse una collocazione impositiva dipendente dall'effettiva configurazione giuridica dell'atto e dalle reali intenzioni delle parti (vale a dire trasferimento o costituzione di un diritto reale immobiliare o trasferimento di beni mobili o di diritti reali su beni mobili, ovvero diritti obbligatori di godimento su beni immobili o mobili).

La norma non riguardava più, quindi, gli atti in genere concernenti l'esercizio di attività comunque inquadrabili fra quelle estrattive, relative ad ogni giacimento o terreno, bensì era circoscritta ad un tipo di atto specificamente individuato in sé ed in relazione al bene che ne costituiva l'oggetto. E poiché la concessione è il provvedimento tipico mediante il quale viene conferito il diritto di coltivare le miniere - che, com'é noto, fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o delle Regioni – la giurisprudenza affermò che il termine “miniere” era adoperato dalla disposizione nel significato tecnico-giuridico che esso ha nel codice civile (artt. 820, 826 e 840) e nelle leggi speciali in materia (legge organica r.d. 29 luglio 1927, n. 1443, e le successive leggi statali e regionali).

Conseguentemente, era censurabile la prassi invalsa negli Uffici dell'Amministrazione finanziaria di equiparare i contratti aventi ad oggetto la concessione di diritti di escavazione a quelli aventi ad oggetto la concessione di miniere tassati (questi ultimi) con l'aliquota più elevata.

Con l'approvazione del d.P.R. n. 131/1986 tale questione ha perso rilevanza, in quanto il riferimento agli atti aventi ad oggetto le “concessioni di miniere” è stato eliso dall'art. 1 della Tariffa, parte I, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, per essere assorbito nell'art. 5 della Tariffa, parte I, punto 2) “concessioni di beni demaniali, cessioni e surrogazioni relative” – aliquota 2%.

Ne deriva, quindi, che “gli atti relativi a diritti di estrazione o escavazione sono ora diversamente disciplinati ai fini della tassazione: se si tratta di concessioni di beni demaniali comprese, quindi, quelle minerarie si applica la regola speciale anzidetta; in ogni altro caso, l'imposta è dovuta in relazione alla natura giuridica che l'atto in concreto assume, a seconda, cioè, che debba essere qualificato vendita immobiliare o vendita mobiliare ovvero dia luogo ad un contratto riconducibile nello schema dell'affitto” (Cass. civ., sent. n. 4646 del 7 novembre 1989).

Stante la ricostruzione innanzi effettuata, nella fattispecie che ne occupa siamo in presenza di una “concessione di bene demaniale”.

Al riguardo, si veda la Legge Regione Y, il cui articolo 15 dispone che “la coltivazione di cave appartenenti al patrimonio indisponibile della Regione, in applicazione dell'articolo 45 del R.D. n. 1443 del 1927, è soggetta a concessione”.

Avuta considerazione del fatto che siamo in presenza di una “concessione” e che la stessa è stata stipulata in data 20 marzo 2013, trova applicazione il d.P.R. n. 131/1986 e, precisamente, l'art. 5 della Tariffa, parte I, punto 2), il quale fa riferimento alle “concessioni di beni demaniali, cessioni e surrogazioni relative”, con applicazione dell'aliquota 2%.

Stante quanto innanzi, appaiono incomprensibili le ragioni (oltretutto non specificate, configurando un vizio di motivazione del provvedimento) poste alla base dell'Avviso di Liquidazione, con il quale l'ufficio ha applicatol'imposta di registro con aliquota dell'8% rifacendosi, quindi,al corpus normativo di cui al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 (articolo 1 Tariffa Parte Prima: “Atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili, atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi, concessioni di miniere”- aliquota 8%); ma tale corpus normativo non era quello vigente al momento della stipula della “Convenzione”.

Al momento della stipulazione della “Convenzione” in oggetto, il referente normativo al quale fare riferimento era (e rimane) il d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in quanto allora vigente ed ancora in vigore (e, pertanto, in vigore al momento della notifica, da parte dell'Ufficio, dell'Avviso di Liquidazione).

Ciò posto, la fattispecie in oggetto è disciplinata dall'art. 5 della Tariffa Parte I, punto 2) d.P.R. n. 131 del 1986 – “concessione su beni demaniali” – aliquota 2%, occorre altresì osservare come la “Convenzione” abbia previsto la tassazione del 3% rifacendosi, quindi, all'art. 2 – Tariffa Parte I – punto 1) del d.P.R. n. 131 del 1986 “atti di cui al comma 1 dell'art. 1 relativi a beni diversi da quelli indicati nello stesso articolo”.

Questa classificazione, per le ragioni innanzi esposte, non sembrerebbe convincente.

Rebus sic stantibus, si può ritenere che vi siano gli estremi per contestare l'Avviso di Liquidazione in oggetto.

In via principale, potrà chiedere l'applicazione dell'aliquota al 2% ai sensi dell'art. 5 della Tariffa Parte I, punto 2) d.P.R. n. 131/1986; in subordine, suggerisco di chiedere, comunque, l'applicazione dell'aliquota al 3%, in virtù di quanto previsto nella “Convenzione” ai sensi dell'art. 2 – Tariffa Parte I – punto 1) del d.P.R. n. 131/1986.