Redigere e attestare un piano in tempo di Covid-19. Alcune proposte di ri-declinazione dei principi

Patrizia Riva
08 Giugno 2020

Attestare un piano aziendale in tempo di Covid-19 è stato da più parti definito una impresa “difficilissima”, “complessa” e addirittura talmente aleatoria da essere priva di utilità o “inadeguata”. Queste valutazioni partono dalla considerazione della miopia diffusa conseguente alla pandemia che, introducendo elevatissimi gradi di incertezza dipendenti da fattori esogeni, impedirebbe alle aziende di comprendere quali possano essere le evoluzioni possibili del contesto in cui ci si troverà ad operare nel post lockdown . È pertanto opinione di molti che sia più che complesso tracciare le strategie aziendali da perseguire e, di conseguenza, valutare quali debbano essere le decisioni tattiche di più breve periodo .
Premessa

Attestare un piano aziendale in tempo di Covid-19 è stato da più parti definito una impresa “difficilissima”, “complessa” (Rinaldi P., “Piani attestati di risanamento, nuova via d'accesso alla liquidità”, Milano, 23 Aprile 2020) e addirittura talmente aleatoria da essere priva di utilità o “inadeguata”*.

*In evidenza
Si vedano in proposito le riflessioni sul tema di Galletti “La peculiarità assoluta della crisi Covid-19, crisi di natura non solo finanziaria, ma anche economica, a dispetto di quanto spesso si ode, consiste nella circostanza per cui non risulta possibile, allo stato attuale, pianificare in termini precisi il percorso teso alla ristrutturazione; né è parimenti possibile prevedere, con ragionevole probabilità, gli scenari futuri prospettabili; dunque gli istituti tradizionali del concordato preventivo (ed anche dell'amministrazione straordinaria) appaiono inadeguati a fornire la via d'uscita”, così Galletti D., “Il diritto della crisi sospeso e la legislazione concorsuale in tempo di guerra”, www.ilfallimentarista.it 14 aprile 2020, p. 8. Ancora si legge che “alcuni studiosi ritengono che l'attuale situazione di crisi derivante dalla pandemia non consenta la redazione (e quindi l'attestazione) di un piano di ristrutturazione (corsivo proprio)”, così Corno G., Panzani L., “La disciplina dell'insolvenza durante la pandemia da Covid”, Milano, 27 aprile 2020, p. 13.

Queste valutazioni partono dalla considerazione della miopia diffusa conseguente alla pandemia che, introducendo elevatissimi gradi di incertezza dipendenti da fattori esogeni, impedirebbe alle aziende di comprendere quali possano essere le evoluzioni possibili del contesto in cui ci si troverà ad operare nel post lockdown (Si è espresso in questo senso l'Executive Committee di CERIL (Conference on European Restructuring and Insolvency Law) nello Statement del 20 marzo 2020 secondo il quale si deve considerare “il venir meno dei flussi di cassa generati dall'attività d'impresa e l'impossibilità di formulare previsioni accettabili sui futuri flussi”, aggiungendo che “queste previsioni riguardano imprese sane, a causa di un ridotto ingresso di liquidità, come pure società con modelli di business fondamentalmente solidi”. Per approfondimenti si veda il commento al documento in: “I prevedibili effetti del coronavirus sulla disciplina delle procedure concorsuali”, Corno G., Panzani L., Milano, 25 marzo 2020 p. 1).

È pertanto opinione di molti che sia più che complesso tracciare le strategie aziendali da perseguire e, di conseguenza, valutare quali debbano essere le decisioni tattiche di più breve periodo (In questo senso il documento Ruolo e responsabilità del CFO nella fase post nuovo coronavirus del Comitato direttivo Andaf: “In questo contesto risulta evidente la difficoltà per il CFO di garantire un efficace presidio dei propri processi, con particolare riferimento a quelli di pianificazione, budgeting e reporting, con inevitabile approssimazione della qualità e affidabilità delle informazioni rese all'interno dell'azienda. Sarà più difficile supportare il management operativo, e il vertice aziendale, poiché il rischio di produrre stime e proiezioni errate è molti più elevato, poiché meno attendibili sono le informazioni necessarie per prendere giuste decisioni operative e strategiche”. Mannozzi R., Bertoli P., Scoglio C., Campioli M., aprile 2020, p. 1).

Le poche righe che precedono evidenziano in modo chiaro che il problema rilevato risiede, in realtà, non tanto nelle tecniche di attestazione, quanto nelle mutate caratteristiche del piano oggetto della loro applicazione. L'attenzione deve essere pertanto innanzitutto anticipata alle modalità di costruzione e di redazione dei piani nel nuovo scenario per poi essere solo in secondo momento rifocalizzata sulle modalità di attestazione degli stessi che, nei fatti, conseguono dalle prime.

Le criticità della pianificazione in tempo di pandemia. Riflessioni e proposte

L'opzione possibile dell'“immobilismo” da trauma

La complessità della situazione che stiamo vivendo può portare potenzialmente, a parere di chi scrive, all'immobilismo e alla rassegnazione. Da un punto di vista psicologico si tratta di reazioni più che comprensibili dinanzi ai profondi traumi che ha portato con sé la pandemia e che hanno inciso e ancora incidono sui singoli individui generando sfiducia e legittime paure. Queste possono essere legate, per alcuni, in via diretta e durissima, all'esperienza della malattia e del lutto, e, per i più, in via indiretta, alle reazioni personali all'isolamento obbligatorio degli ultimi mesi e al venire meno delle proprie rodate routines quotidiane, nonché alla maturazione della consapevolezza che le stesse non potranno che subire delle importanti modifiche, quantomeno nel breve periodo. Recuperare il proprio equilibrio personale, pertanto, pur portando sulle proprie spalle questo bagaglio rilevante di emozioni e di esperienze, diventa prerequisito per qualsiasi cammino successivo, compresa la ripresa della propria attività lavorativa e - a maggior ragione - dell'attività imprenditoriale (Si veda tra gli altri: Recalcati M., “La curva dell'angoscia” La Repubblica, 12 aprile 2020 Recalcati M., “Diario di uno psicoanalista al tempo del Covid”, La Repubblica, venerdì 15 maggio 2020. Il tema qui sintetizzato è stato altresì approfondito in un interessante Talk organizzato da Barbara Falcomer di Valore D dal titolo “Crisi e Trasformazione”)

L'accettazione del cambiamento e il bisogno di mappare il contesto individuando le opzioni possibili: il c.d. contingency plan.

È indispensabile per gli imprenditori compiere un passo importante e di per sé faticoso. In primo luogo devono accettare il cambiamento, prendendo atto e studiando con rinnovata attenzione le nuove variabili esterne e le nuove regole che caratterizzano il contesto. Sono quindi chiamati ad una seria ri-valutazione della propria volontà, viste le difficoltà che senz'altro si prospettano, e della propria capacità di “giocare con le nuove carte” a disposizione. Ciò comporta il riesame e la riconsiderazione delle leve esistenti o individuabili che possono essere azionate da parte dell'azienda.

Il necessario tentativo di mappare la nuova situazione e di riconsiderare e di valutare il posizionamento della propria azienda nel nuovo contesto è indispensabile per comprendere su basi razionali, e non solo “istintive”, se vi siano strade percorribili per gestire la situazione e, in questo caso, quali possano essere le opzioni più vantaggiose e probabili da perseguire in modo proattivo. In primo luogo si dovrà analizzare per quanto possibile con modalità sistemiche e strutturate la situazione che si va prospettando, ancorché ci si trovi immersi in un ambiente profondamente modificato - e quindi non conosciuto - nel quale l'operatività risulta alterata e difficile da interpretare (potranno essere utili le prime rielaborazioni statistiche istituzionali. Tra le altre: Cerved, “Nessuna impresa deve fallire per il Covid-19”, aprile 2020; Cerved, “La finanza agevolata e le imprese di fronte al Covid-19”, aprile 2020; Cerved, “Cerved industry forecast. L'impatto del Covid-19 sui settori e sul territorio. Reloaded”, maggio 2020; Confindustria, “Seconda edizione dell'indagine sugli effetti della pandemia da Covid-19 per le imprese italiane”, 15 aprile 2020; McKinsey, “Covid-19: briefing materials”, 6 maggio 2020; Bankitalia, “L'impatto della pandemia di Covid-19 sull'economia italiana: scenari illustrativi”, 15 maggio 2020; ECB “Alternative scenarios for the impact of the COVID-19 pandemic on economic activity in the euro area”, Battistini N., Stoevsky G, Economic Bulletin, Issue 3/2020).

Questo percorso porta alla formulazione di ipotesi che possono essere più o meno ragionevoli ancorché dipendenti da variabili esterne di tipo macro-economico e pertanto per definizione non controllabili e porta ad immaginare, nonché se del caso concretamente prospettare, una serie di possibili soluzioni. Non necessariamente si arriverà ad una conclusione positiva correlata ad una visione di rilancio e di ripresa dell'attività aziendale, ma si tratta di un percorso necessario per giungere a conclusioni ragionevoli indipendentemente dal loro “segno”. In caso di prospettazione positiva il lavoro di analisi porterà alla redazione di un piano di gestione della situazione di emergenza che nel linguaggio - celermente diffusosi - è denominato, ad avviso di chi scrive in modo atecnico*, “contingency plan(il contingency plan dovrà includere la descrizione delle nuove strategie identificate dal management per affrontare la crisi e dei relativi impatti che potrebbero condizionare il business model aziendale. L'analisi e previsione dell'andamento economico associati all'effetto finanziario derivante dall'applicazione delle disposizioni urgenti per il sostegno alla liquidità dell'impresa, consentirà di avere contezza della capacità di sostenere il debito nel medio periodo. Così Panizza A., Greggio M., “Contingency-plan: uno strumento strategico per gestire le imprese”, Ipsoa Quotidiano, 11 aprile 2020).

*In evidenza
Per contingency plan dovrebbe intendersi un piano redatto a preventivo per gestire una emergenza futura legata all'avverarsi di determinati eventi dannosi o pericolosi di differente portata e impatto sull'attività aziendale o sul risultato di uno specifico progetto, in modo tale da prevenirne gli effetti, prevedendo specifiche contromisure e interventi da parte degli attori coinvolti. Nel contesto Covid-19 al contrario, l'espressione è utilizzata per definire un piano aziendale modificato o redatto ex novo per fronteggiare gli effetti della pandemia ossia di un fenomeno in primo luogo non prevedibile ex ante e pertanto non previsto nelle prospettazioni delle aziende e in secondo luogo già manifestatosi.

La centralità degli adeguati assetti indipendentemente dalla dimensione aziendale

Se si condivide quanto precede, non si può che concludere che la crisi da Covid-19, che stiamo vivendo rappresenta una discontinuità drammatica che, paradossalmente, mette in luce in modo immediato, e quasi violento, come sia indispensabile anche per le realtà minori dotarsi più che celermente di “assetti” – e quindi di strumenti – “contabili e di amministrazione”, nonché “organizzativi” o di governance “adeguati” (Per approfondimenti sul tema si rinvia a Riva P., “Ruoli di Corporate Governance. Assetti organizzativi e DNF”, Egea, maggio 2020).

Diviene chiaro che essi rappresentano una condizione necessaria – ancorché forse non sufficiente – per la stessa sopravvivenza dell'impresa. La valenza e incisività delle indicazioni dell'art. 2086 c.c. riformato trovano una importante conferma. In una situazione come quella creatasi di potenziale disorientamento e rassegnazione è indispensabile per l'imprenditore avere a disposizione tempestivamente – quantomeno – dati

contabili

consuntivi aggiornati, attendibili e completi ossia economici-finanziari-patrimoniali. Tutto quanto precede resta infatti una riflessione del tutto fine a sé stessa e teorica, se non è possibile, per chi deve prendere decisioni, supportare con un set di dati i propri ragionamenti sulle possibilità di evoluzione della propria attività nel breve e nel medio/lungo periodo al fine di testarne la sostenibilità.

Oltre alla disponibilità di dati consuntivi, diventa evidente la necessità di poter contare su competenze e strumenti amministrativi utili per costruire prospetti di dati previsionali. Comprendere, in primo luogo, il proprio fabbisogno finanziario in modo sufficientemente formalizzato e preciso, nonché tentare di capire come il medesimo possa modificarsi, in funzione dell'evolversi della situazione e delle azioni intraprese a seconda dello scenario prospettatosi, nelle prossime settimane e, quindi, nei prossimi 6/12 mesi, diventa essenziale. Gli obiettivi possono essere molteplici, tra questi valutare le possibili alternative e misurarne la concreta fattibilità, ma anche per interloquire con professionalità e consapevolezza con i soggetti cui la società potrebbe dover chiedere un coinvolgimento. Tra questi in primo luogo i fornitori, cui potrebbero essere richiesti dei sacrifici (in termini di sconti e di dilazioni di pagamento), e i finanziatori tra i quali gli istituti di credito cui ci si potrebbe rivolgere per ottenere, previa la necessaria istruttoria, ulteriori finanziamenti (anche usufruendo delle agevolazioni e garanzie previste nei Decreti governativi), ma anche gli azionisti stessi.

Allo stesso modo è indispensabile avere a disposizione gli strumenti tecnici per costruire prospettazioni numeriche coerenti che sviluppino ipotesi di continuazione dell'attività in un orizzonte temporale medio-lungo e, in ultimo disporre di assetti organizzativi che permettano di chiarire chi governerà e chi monitorerà il processo di uscita dall'attuale situazione nell'arco temporale considerato.

La formulazione di “ragionevoli ipotesi di discontinuità”: forecasts vs projections. Un nuovo dilemma o forse un antico paradosso?

Dando per scontato che l'imprenditore possa contare su assetti adeguati e quindi che abbia a disposizione dati economici-patrimoniali e finanziari consuntivi attendibili e tempestivi, si pone il problema della formulazione di ipotesi ragionevoli in un periodo complesso come l'attuale. La situazione di incertezza strutturale che stiamo vivendo a causa della pandemia e la conseguente numerosità e aleatorietà delle variabili esogene e pertanto non controllate dall'impresa, possono portare a mettere in dubbio, come accennato supra, il fatto stesso che sia possibile formulare ipotesi ragionevoli e credibili sulla base delle quali costruire piani fattibili.

Viene, però, in soccorso la rilettura dei documenti e dei principi tecnico-professionali di riferimento nell'ambito dei quali il tema è affrontato, ancorché riferendo l'analisi a fattori di instabilità strutturale denominati in modo volutamente generico proprio per abbracciare il più ampio numero di fattispecie possibile. Se è vero, infatti, che lo scenario post-lockdown causato dalla pandemia rappresenta una situazione senza precedenti (almeno recenti) (nella nota Covid-19 di Banca d'Italia dell'11 maggio 2020 si legge che “fare previsioni è un mestiere complicato, in particolare in presenza di eventi che si manifestano con virulenza e hanno pochi o nessun precedente nella storia” e ancora che “l'espressione this time is different, in voga durante la crisi finanziaria globale, pur se appropriata, è tuttavia inadeguata a descrivere la gravità e l'eccezionalità dell'emergenza in corso”, Locarno A., Zizza R., “Previsioni ai tempi del Coronavirus”) e, pertanto, che lo stesso non è stato codificato in modo diretto, esso è senz'altro riconducibile ad alcune categorie logiche previste ed esaminate dalle istituzioni di riferimento.

In particolare i Principi di redazione dei piani al punto 4.10.4 evidenziano che “nella individuazione delle cause è opportuno distinguere, per ciascun fattore di crisi, l'influenza di dinamiche del settore e dello scenario macro-economico dall'influenza di specifici comportamenti aziendali”. Proseguendo nella lettura si trova che, tra le cause di crisi alla base della necessità della costruzione del piano i medesimi Principi richiamano anche gli “eventi straordinari quali eventi naturali, disordini sociali e politici, cambiamenti negativi nel quadro regolatore dei settori di attività, azioni giudiziarie ed altri eventi tendenzialmente indipendenti dalla volontà aziendale, che possono aver innescato tendenze recessive nella capacità aziendale di generare liquidità”. Ancorché non si rinvenga una corrispondenza biunivoca e nominalistica con l'evento pandemico, esso, a parere di chi scrive, rientra a pieno titolo nella categoria logica degli “eventi naturali alla base di tendenze recessive della capacità aziendale di generare liquidità”. Di conseguenza è possibile affermare che anche la redazione di un piano finalizzato al superamento di una crisi aziendale causata dall'evento pandemico rientri nell'ambito di applicazione del citato documento.

I Principi di redazione dei piani aggiungono al successivo punto 5.1.6, che “il piano si fonda su dati previsionali che, per loro natura, presentano vari gradi d'incertezza sul loro concreto avverarsi”. Anche in questo caso pare a chi scrive che il contesto Covid-19 rientri a pieno nella definizione ancorché ad evidenza ne esasperi le connotazioni di più forte criticità, diventando pertanto un caso particolarmente sfidante e degno di attenzione. I Principi di attestazione aggiungono al punto 6.2.1. che “l'Attestatore deve verificare che la strategia di risanamento presenti una significativa discontinuità rispetto ai fattori che hanno determinato la situazione di crisi e che sia rivolta a superare i fattori di crisi evidenziati nel Piano”.

Sin dalla sua formulazione questa affermazione ha messo in evidenza a chiare lettere un rilevante paradosso strutturale. È necessario ricordare che sia i Principi di redazione dei piani sia i Principi di attestazione declinano la necessità di valutare la ragionevolezza delle ipotesi alla base del piano richiamando integralmente le previsioni in tema di assurance del documento ISAE 3400 dell'IFAC. In particolare il documento, come noto, distingue tra:

  1. informazioni prospettiche basate su previsioni o best estimate assumption ossia assunzioni normali relative a eventi futuri ragionevoli e desunti dall'analisi di elementi oggettivi quali gli ordini in portafoglio o proiezioni di dati consuntivi aziendali giudicati attendibili;
  2. informazioni basate su proiezioni o hypotetical assumption ossia assunzioni ipotetiche in genere connesse con l'avvio di nuove attività o nuovi prodotti/servizi solitamente non supportati da dati storici dell'azienda e «which are not necessarily expected to take place».

Ne segue che l'informativa prospettica finanziaria può assumere la forma di una previsione o forecast quando è preparata a partire da best estimate assumption oppure la forma di una proiezione o projection quando è basata su hypotetical assumption oppure ancora una combinazione di entrambi, per esempio un anno di forecast e cinque anni di projection.

In linea di principio solo i primi potrebbero essere oggetto di valutazione e di attestazione. Per altro si deve rilevare che proprio la giurisprudenza e la prassi dei Tribunali hanno spinto il concetto di fattibilità molto più verso quello di forecast che di provision, richiedendosi quasi che la fattibilità sia attestata non in termini probabilistici, ma in chiave di quasi certezza (in questo senso Danovi A., Quagli A., Acciaro G., “Concordati, sei mesi per le modifiche ma va sciolto il nodo della fattibilità”, Milano, 4 maggio 2020).

Si è visto, però, che i Principi di attestazione riconoscono che l'attestazione di dati previsionali è, per sua natura e quindi anche in contesto non pandemico, difficile e che lo è, soprattutto, in situazione di crisi aziendale perché il risanamento implica normalmente, anzi doverosamente, proprio al fine di eliminare le cause stesse del dissesto, un cambiamento e una discontinuità rispetto al passato. È dunque per questo che è stato da tempo evidenziato che l'esperto che attesta un piano deve assumersi strutturalmente un compito davvero non facile ossia quello di attestare la ragionevolezza non solo delle “previsioni” o forecasts ma anche quella delle “previsioni ipotetiche” o projections (Linee Guida per il finanziamento alle imprese in crisi”, seconda ed., 2015, Università degli Studi di Firenze, Assonime, CNDCEC, Responsabile dell'Unità di ricerca Stanghellini L. pag. 34. A medesime conclusioni si arrivava nella prima edizione del documento del 2008. Sul tema per approfondimenti si veda anche Riva P. “L'attestazione dei piani delle aziende in crisi”, Giuffrè, 2009, pag. 125).

Si tratta di un paradosso ormai antico affrontato sia dalla dottrina sia dalla prassi:

  • i piani attestabili sarebbero quelli basati su semplici previsioni o forecasts;
  • per uscire dalla crisi però è necessario il “pensiero creativo” e quindi è necessario innovare le condizioni di svolgimento delle operazioni e processi aziendali al fine di rimuovere le cause della crisi con interventi anche invasivi e straordinari di per sé caratterizzati da aleatorietà, ma che devono naturalmente essere concretamente perseguibili;
  • l'attestatore è chiamato a valutare positivamente i piani in grado di risolvere la crisi;
  • quindi l'attestatore deve spingersi sistematicamente a considerare con attenzione le ipotesi innovative perché sono proprio quelle che possono portare alle soluzioni di successo. Il paradosso può essere risolto allargando il perimetro definitorio del concetto di forecasts o previsioni. Ciò può essere fatto considerando che il lavoro dell'attestatore consiste nel valutare la ragionevolezza di tutte le ipotesi formulate e delle conseguenti prospettazioni di piano e, di conseguenza, nel procedere ad analisi utili per classificarle nella categoria delle forecasts o previsioni da intendersi quindi come tutte quelle previsioni che, ancorchè conseguenti a innovazioni, sono da considerarsi ragionevoli. De residuo quindi le projections o previsioni ipotetiche devono essere intese come previsioni irragionevoli in quanto caratterizzate da gradi di incertezza non accettabili.

Stante questo framework concettuale si deve concludere in linea di principio che il contesto di gravissima incertezza proposto dal Covid-19 non sembra alterare le logiche di attestazione ponendo nuovi dilemmi, ma sembra piuttosto riproporre un paradosso antico.

L'obbligatoria inclusione nei piani delle analisi di sensitività e degli stress test. La configurazione di uno “scenario di rottura”

Il framework di riferimento prevede che i piani debbano essere sottoposti da chi li compone ad analisi di sensitività e di robustezza e che i risultati di queste analisi devono essere presentati nell'ambito del documento di piano. I Principi di redazione dei piani, infatti, evidenziano, al punto 9.8, che ogni valutazione prognostica è intrinsecamente connotata da un proprio grado di rischio di avveramento. È opportuno perciò che le assunzioni ipotetiche siano sottoposte ad analisi di sensitività. Le ipotesi contenute nei piani industriali sono di regola quelle legate allo scenario più verosimile o scenario di media probabilità. Conseguentemente, l'analisi di sensitività può essere presentata sia rispetto a scenari ottimistici sia pessimistici, mostrando l'effetto di tali variazioni sui principali dati economici, patrimoniali e finanziari del Piano. Le analisi di sensitività presuppongono l'individuazione e la misurazione dei fattori di rischio ai quali sono soggetti l'impresa e il piano. Tale individuazione si pone a valle di una argomentata valutazione della situazione aziendale e del contesto in cui opera l'azienda. I rischi inerenti devono essere assunti in termini di rischio residuo dopo le azioni di mitigazione che il management potrà al bisogno attivare. Le analisi di sensitività possono essere concorrenti ovvero alternative a seconda della natura dei fattori di rischio sottostanti e alla loro correlazione diretta (“il contesto estremamente incerto (della pandemia) costringe oggi a lavorare su scenari, rendendo l'abitudine di concentrarsi su un quadro previsivo centrale o di base più che mai forviante (corsivo proprio)”, Locarno A., Zizza R., op.cit., Note Covid-19, 11 maggio 2020, Banca d'Italia, p. 4).

Nel contesto Covid-19 questo tipo di analisi si rende senz'altro indispensabile – e deve pertanto sempre essere resa – per fornire una rappresentazione più completa agli interlocutori aziendali degli scenari che potrebbero delinearsi al modificarsi, da un lato delle variabili esogene, e dall'altro delle conseguenti azioni dell'azienda tese a controbilanciare i cambiamenti qualora gli effetti degli stessi fossero negativi (“Siamo di fronte ad una oggettiva complessità nel dover gestire una variabilità di scenari che come mai in questo momento storico, possono mutare rapidamente e proporre contesti produttivi e di mercato fondamentalmente differenti fra loro. L'unica vera certezza che deve essere attentamente considerata è data dalla assoluta necessità di rendere le organizzazioni estremamente flessibili per consentire alle imprese di adattarsi con rapidità ai nuovi perimetri operativi e competitivi”, Andaf, op. cit., Mannozzi R., Bertoli P., Scoglio C., Campioli M., aprile 2020).

Assumono specifica rilevanza nel contesto Covid-19 le prove di resistenza o stress test. Queste ultime costituiscono un particolare caso di analisi di sensitività nell'ambito del quale il fattore incertezza delle assunzioni ipotetiche è considerato prevalentemente secondo un'accezione negativa e pessimistica. Secondo i Principi di redazione, obiettivo dello stress test è analizzare gli effetti sui principali dati economici patrimoniali e finanziari del piano al variare, in senso negativo, di una o più delle assunzioni considerate critiche e l'analisi permette di verificare la sostenibilità del piano e la tenuta dei covenants nell'ipotesi di scenari peggiorativi.

Seguendo opportunamente la logica di queste previsioni, si arriva alla individuazione delle condizioni minime di sostenibilità del piano e diventa possibile per l'azienda procedere con la costruzione di uno “scenario di rottura”, superato il quale non sarebbe possibile raggiungere – ceteris paribus – gli obiettivi di piano. Si darebbe così esplicita rappresentazione alla soglia di infattibilità del piano al di sotto della quale quanto prospettato dall'azienda non potrebbe essere ragionevolmente realizzato.

Le criticità della attestazione in tempo di pandemia. Riflessioni e proposte

Il crescente fabbisogno di attestazioni

Proprio quando l'attività di attestazione sembra raggiungere livelli altissimi di complessità, il numero di situazioni che possono prevedere la necessità dell'intervento di un esperto indipendente che si esprima sulla fattibilità dei piani aziendali sembra crescere esponenzialmente.

Non solo infatti molte crisi potranno essere gestite ricorrendo a istituti che tipicamente richiedono l'intervento di un attestatore (piano attestato, ristrutturazione dei debiti, concordato preventivo), ma è ragionevole prevedere che possa essere richiesta l'attività di assurance da parte di esperti indipendenti anche in altre situazioni.

Si può senz'altro pensare al caso delle istruttorie per l'ottenimento di nuovi finanziamenti da istituti di credito nell'ambito (o meno) di operazioni di restructuring, e ciò anche nel caso in cui le erogazioni richieste rientrino tra quelle garantite in coerenza con i Decreti Ministeriali emanati. È stato autorevolmente evidenziato in proposito (L'adesione delle banche al meccanismo di intervento – e, quindi, l'effettivo funzionamento del medesimo – si affida, in definitiva, a strumenti di suasività. Non a caso si è detto, nell'ambito governativo, che si sta chiedendo alle banche di fare un “atto d'amore per l'Italia”, ovvero che “serve la responsabilità” di queste (così alludendo, presumibilmente, ai concetti di “senso della società” e di “senso dello Stato”). Così Dolmetta A.A., “Prospettive e problemi del credito pandemico coperto da garanzia statale”, in Riv. dir. banc., Aprile/Giugno 2020, p. 259), con riferimento al ruolo delle banche nel contesto Covid-19 ed in particolare con riferimento al credito pandemico coperto da garanzia statale, che la partecipazione delle banche all'effettiva realizzazione delle misure predisposte nel cosiddetto decreto liquidità ha base e natura volontaria. Nessuna norma, nel contesto del decreto, risulta imposta, ciò anche perché, si fa notare, una simile opzione potrebbe soffrire di non lievi problemi di legittimità costituzionale. Il decreto non progetta, né anche solo contempla, l'idea di un accordo preventivo, e di tratto generale, tra le banche (uti singulae oppure come complesso) e lo Stato. Così come sul fronte dei rapporti con la clientela l'adesione delle banche al meccanismo di intervento in discorso non risulta vincolato*. Ne segue che gli istituti non potranno che impostare verifiche, eventualmente, ma non necessariamente, semplificate per comprendere la situazione contingente e futura in cui versano le aziende richiedenti liquidità e che le aziende dovranno essere in grado di predisporre documentazione utile allo scopo.

*In evidenza
Evidenzia in proposito Galletti che “unitamente all'assenza di qualsiasi norma che attenui o regoli la eventuale successiva responsabilità del finanziatore (il cui rischio di secondo livello potrà anche essere coperto quasi integralmente dalla garanzia SACE, ma ciò non esclude che esso possa rispondere poi verso i terzi per una gestione malaccorta del rapporto creditizio, così come il personale medico e sanitario), farà sì che o i finanziamenti verranno concessi in assenza di qualsiasi controllo efficace (reputando la verifica impossibile, e “necessaria” l'erogazione, nello stesso spirito della Legge, per “rimettere in moto ad ogni costo” la macchina); oppure che essi non verranno concessi affatto, riscontrandosi la mancanza di “copertura” nella disciplina di vigilanza vigente, e così per il timore di incorrere poi in stigmatizzazioni a posteriori di un proprio comportamento troppo “coraggioso”. Galletti D., op.cit., IlFallimentarista.it, 4 aprile 2020, p. 5. Nello stesso senso Ambrosini: “Il recente provvedimento sembra eludere una delle questioni invece fondamentali per le imprese in difficoltà: quella dei tempi e delle modalità di valutazione, da parte delle banche, del merito creditizio delle imprese, con i connessi profili di possibile responsabilità civile (per concessione abusiva di credito) e penale (per concorso in bancarotta)”, Ambrosini S., “La falsa partenza del codice della crisi, le novità del decreto liquidità e il tema dell'insolvenza incolpevole”, Milano, 21 aprile 2020, p. 6.

Accanto a questi casi possono occorrere specifiche situazioni straordinarie volte alla raccolta di liquidità da fonti differenti rispetto al credito bancario e che vedano coinvolte parti terze, nonché situazioni di intervento diretto dei soci per ricapitalizzazioni che vedano coinvolti anche i soci di minoranza o comunque soci non attivi nella gestione aziendale o nuovi potenziali portatori di capitale proprio.

In tutte le citate situazioni le aziende dovranno essere in grado di produrre documentazione idonea e credibile.

Il condivisibile concetto di attestazione “light” per le aziende in crisi da Covid-19

Poiché la situazione in cui il piano è costruito si presenta come “fluida”, ossia potenzialmente e strutturalmente soggetta ad ulteriori cambiamenti, anche rilevanti, legati a interventi di nuovi fattori esogeni, o a mutamenti di quelli ad oggi intervenuti, sarà necessario per l'attestatore applicare una valutazione di fattibilità del piano meno rigida o “light” (“Nel dibattito sul giudizio di fattibilità causato dalle incertezze legate all'emergenza sanitaria, è stata avanzata l'idea di una solta di “giudizio light” di fattibilità, ritenendosi preferibile dare alle imprese colpite da crisi da Covid-19 la possibilità di un risanamento incerto, anziché dichiarare un fallimento immediato”. Così Danovi A., Quagli A., Acciaro G., op. cit., 4 maggio 2020) e più consona alle caratteristiche dell'oggetto della verifica. Ciò non deve essere inteso nel senso di un allargamento generalizzato dei criteri di giudizio al fine di farvi rientrare anche ipotesi palesemente frutto di visioni infondate, ma al contrario deve essere declinato nel senso di una auspicabile applicazione delle tecniche di riferimento che tenga conto delle caratteristiche delle aziende che presentano il piano e dei fattori che hanno provocato la crisi.

Salvo eccezioni, da valutare anche queste con la dovuta attenzione e, importante scriverlo, senza preconcetti, è necessario prendere atto del fatto che la maggior parte delle realtà che prossimamente comporranno piani saranno infatti entrate in crisisenza colpa propria” (Sul tema del “dissesto incolpevole” e sulla possibilità di escludere il fallimento quando l'insolvenza è dipesa da cause di forza maggiore si rinvia a: Ambrosini S., op. cit., pag. 17 e ss.; Limitone G. “La forza maggiore nel giudizio sull'insolvenza”, il caso.it, 2 aprile 2020.), ma, sia concessa l'espressione, “ex lege” ossia in occasione e a causa della obbligatoria sospensione dell'attività nel rispetto del lockdown ossia in sostanziale “ottica di servizio” alla comunità perseguendo una finalità senz'altro di tipo sociale*.

*In evidenza
In proposito Tiscini sottolinea “La decisione di sospendere tutte le attività produttive non essenziali sull'intero territorio nazionale, rischia di generare danni economici non giustificati da benefici sanitari. Le conseguenze economiche della sospensione rischiano invece di essere insuperabili, perché interrompono a tempo sostanzialmente indeterminato la continuità aziendale. Quest'ultima è la caratteristica per cui le aziende sono capaci di proseguire la loro attività produttiva indefinitamente nel tempo, senza, appunto, soluzione di continuità. Presupposto fondamentale della continuità aziendale è l'equilibrio economico e finanziario, che a sua volta si nutre della fiducia che gli stakeholders ripongono nella capacità dell'impresa di adempiere le obbligazioni esistenti e di assumerne di nuove. Senza questa fiducia la continuità s'interrompe istantaneamente, ma non può altrettanto istantaneamente ripristinarsi. (…) Nessuna impresa può resistere a una tale chiusura se non per una manciata di giorni: quelli che rendono credibile l'impegno a differire di poco l'adempimento degli impegni assunti, soprattutto con i clienti. In una situazione già criticissima per moltissime imprese, la “sospensione” rischia di essere esiziale anche per molte imprese sane. La continuità aziendale si può interrompere, ma non può essere ripristinata, per decreto. E, per definizione, non si può sospendere”. Tiscini R., “Continuità e fiducia vitali per le aziende”, Milano, 26 marzo 2020.

A parere di chi scrive è non solo necessaria, ma altresì, doverosa una rimodulazione di alcuni dei principi che, se applicati tout court, rischierebbero di penalizzare ulteriormente ed erroneamente queste realtà. Nei paragrafi che seguono si proverà ad affrontare alcuni dei temi di maggiore criticità – ragionevolezza delle ipotesi, arco temporale di riferimento, stress test e individuazione dello scenario di rottura –formulando alcune proposte di ri-declinazione dei principi di attestazione.

La validazione della classificazione delle ipotesi

La principale difficoltà che si presenta all'attestatore chiamato a esprimersi sulla fattibilità di un piano è rappresentata dall'espressione del giudizio di ragionevolezza sulle ipotesi formulate in merito alla evoluzione dell'attività aziendale. La pandemia ha infatti provocato una discontinuità di tipo macro-economico modificando le “regole del gioco” erga omnes. Come già discusso, si possono presentare situazioni di rischio e di incertezza talmente importanti, specialmente con riferimento ad alcuni settori (si pensi al turismo ed in particolare al comparto alberghiero e della ristorazione, ma anche allo sport o allo spettacolo), che enfatizzano moltissimo le criticità da affrontare nella redazione del piano, e quindi nella sua attestazione. La complessità dell'apprezzamento della mutevolezza delle variabili esogene sanitarie e di tipo macro-economico si unisce, infatti, alla valutazione della completezza ed efficacia delle azioni pianificate dall'azienda per reagire alla situazione e per rispondere adeguatamente agli inevitabili squilibri economico-finanziari e potenzialmente anche patrimoniali provocati dal lockdown. Si dovrà porre attenzione alla capacità dell'azienda di rappresentare in modo attendibile la propria situazione fornendo una base dati veritiera e di prospettare le azioni future, nella consapevolezza dei nuovi limiti di contesto e quindi individuando prudentemente i nuovi rischi (accanto a quelli pre-esistenti), ma anche progettando contromisure adeguate, nonché, ove possibile, innovazioni di prodotto e di processo utili a tenere conto della situazione post-lockdown. Queste ultime, se apprezzabili, non dovranno essere penalizzate per il solo fatto di “essere nuove”, ma al contrario dovranno essere oggetto di studio e, qualora giudicate valide, dovranno essere valorizzate nell'ambito del piano.

Si è già ricordato nel paragrafo 2 che l'attestatore dovrà porre attenzione, per operare in coerenza con il dettato dei Principi, alla robustezza delle analisi effettuate dall'azienda per supportare la sostenibilità delle ipotesi sulla base delle quali ha sviluppato il piano e, letteralmente, “non potrà formulare alcun giudizio su dati prospettici fondati su ipotesi totalmente soggettive del management, se prive di qualsivoglia supporto logico” in quanto – come già visto supra – le stesse dovrebbero essere classificate tout court come projections.

Non sempre, nel contesto Covid-19, sarà stato possibile per l'azienda procedere in modo strutturato con la validazione delle proprie prospettazioni mediante adeguate evidenze. Ciò potrà accadere, tra l'altro, per le possibili difficoltà nella ricerca di dati attendibili provenienti da fonti terze, sempre a causa delle nuove condizioni di contesto e dei disagi conseguenti alla repentina e contemporanea chiusura di tutte le attività del settore. In questa situazione il compito dell'attestatore non può che risultare enfatizzato, in quanto egli sarà chiamato a svolgere in proprio le opportune analisi al fine di discriminare tra ipotesi “totalmente soggettive” o projections e ipotesi ragionevoli o forecasts basandosi sulla propria esperienza e professionalità nell'espressione di un giudizio indipendente.

Per permettere questa difficile attività di valutazione, sarà però indispensabile quantomeno che l'azienda abbia proposto una chiara esplicitazione, nel documento di piano, delle ipotesi e delle strategie formulate e da perseguire (o utilizzando il termine secondo l'accezione più strettamente aziendale “deliberate”) su cui si basa il previsto risanamento e quindi il piano. Si tratta di un presupposto essenziale in assenza del quale l'attestatore non potrà procedere in quanto non è suo compito “immaginare” quali possano essere state le “idee”sulla base delle quali l'azienda (e i suoi advisors) hanno costruito i “numeri”, ma è verificare la ragionevolezza e la sostenibilità delle ipotesi esplicitamente formulate.

L'attestatore dovrà, pertanto, verificare, prima di procedere con qualsivoglia analisi, che, in coerenza per altro con i Principi di redazione, le ipotesi formulate dall'azienda nel documento di piano siano:

  1. enunciate esplicitamente in modo ordinato e chiaro;
  2. descritte, giustificate e supportate singolarmente sia sulla base di argomentazioni interne aziendali sia sulla base della considerazione di fattori – per quanto possibile – esterni relative al contesto;
  3. coerenti internamente e nel loro complesso in ottica sistemica;
  4. adeguatamente sviluppate nelle prospettazioni numeriche del piano e nell'action plan proposto per il raggiungimento degli obiettivi individuati.

Assumeranno importanza per l'espressione del giudizio e dovranno conseguentemente essere attenzionate tra l'altro:

  1. la coerenza delle previsioni di piano con i vincoli imposti dal contesto Covid-19 alla specifica attività e quindi la compatibilità degli sviluppi previsti di fatturato e di costo correlato con la considerazione delle regole sanitarie imposte dai decreti governativi e regionali nonché con l'implementazione delle necessarie procedure di sicurezza;
  2. la valutazione dell'impatto dei nuovi rischi legati all'incertezza di sistema e quindi la capacità dell'azienda di verificare la resilienza della propria catena di fornitura al fine di verificare le opzioni possibili in caso di interruzioni della stessa legate alla crisi di singoli soggetti che ne fanno parte;
  3. lo studio delle possibili modifiche nel settore di appartenenza con particolare riferimento alle condizioni di operatività dei competitors, nonché ai comportamenti e alle eventuali modifiche nella capacità o volontà di acquisto dei clienti. (È estremamente significativa la riflessione che segue rinvenibile nel già citato documento di Andaf: “La chiave di volta per l'impresa che guarda al futuro, sarà ancor di più riuscire ad avere la capacità di valutare quali opportunità sono nascoste dietro ai rischi e alle incertezze. E questa capacità, in modo determinante in una fase così critica, consentirà di giovare di anticipo rispetto alla concorrenza e diversificare prodotti, processi e modelli di business per mantenere la necessaria profittabilità. Alcuni esempi sono rappresentati dalla assoluta necessità di ridefinire la propria catena di fornitura, rivedere e digitalizzare i propri processi, tagliare settori di business ove necessario, ricorrere maggiormente a soluzioni in outsorcing, ridisegnare le proprie strategie applicando alle stesse quando necessario, la metodologia “zero base” utilizzata per i processi di budget”, op. cit., Mannozzi R., Bertoli P., Scoglio C., Campioli M., aprile 2020.)

L'orizzonte temporale del piano

Si condivide quanto è stato da più parti evidenziato con riferimento all'orizzonte di riferimento dei piani di turnaround composti da quelle imprese che erano in continuità prima della pandemia e che si sono trovate in difficoltà “senza colpa” ossia a causa del lockdown conseguente alla stessa. Esso deve necessariamente essere considerato più lungo rispetto ai termini ordinariamente accettati in modo da permettere la normalizzazione delle condizioni macroeconomiche di settore e il parallelo riequilibrio delle singole situazioni aziendali, là dove le ripercussioni della pandemia non siano state purtroppo tali da comprometterne l'esistenza stessa.

La prassi e la giurisprudenza considerano solitamente sostenibile un periodo massimo di cinque anni. Questa è anche l'indicazione rinvenibile nelle già citate Linee Guida (ed. 2015) secondo cui l'arco temporale del piano, entro il quale l'impresa deve raggiungere una condizione di equilibrio economico-finanziario, non deve estendersi oltre i 3/5 anni, anche se eventuali pagamenti ai creditori possono essere previsti in tempi più lunghi. Ciò si giustifica in base alla considerazione che il livello di incertezza cresce all'aumentare del numero di annualità considerate.

I Principi di attestazione non forniscono indicazioni precise e quindi nei fatti permettono una maggiore flessibilità e quindi una certa libertà di giudizio all'attestatore. In particolare al punto 6.5.11 stabiliscono che l'arco temporale oggetto di considerazione deve attestarsi ad una data non anteriore al momento in cui, in base al piano, siano ripristinate le normali condizioni di finanziamento (e di fido) ovvero nel caso di prosecuzione di contratti pubblici, siano ripristinate condizioni che consentano un regolare adempimento degli stessi.

Nel contesto Covid-19 è stato proposto (Così Danovi A., Quagli A., Acciaro G., op. cit., Milano, 4 maggio 2020) di accettare piani con una durata di 8/9 anni così da consentire di formulare previsioni che superino l'incertezza del breve periodo e permettano in qualche modo di sterilizzarne gli effetti valutando gli scenari di possibile recupero positivo e di evoluzione della gestione futura in anni in cui dovrebbe essere ripristinata una situazione di ordine generale. Ciò sarebbe compatibile, tra l'altro, con ipotesi che prevedano un periodo di temporanea inattività – purché la stessa sia sostenibile finanziariamente – per il periodo necessario affinché le condizioni di contesto permettano la riapertura in condizioni di break-even, con ciò evitando di subire maggiori perdite economiche e finanziarie connesse ad una riattivazione prematura delle operazioni.

L'attestazione dello “scenario di rottura” ossia della “soglia di infattibilità del piano”

Si è già detto che nel contesto Covid-19 assume una rilevanza fondamentale l'articolazione nell'ambito dei piani dell'analisi per scenari ed in particolare degli stress test. I responsabili aziendali, con i loro consulenti e advisors finanziari, devono, a parere di chi scrive, impegnarsi in un importante e sfidante esercizio volto a delineare le possibili e ragionevoli strategie di uscita dalla situazione post lockdown. A tale fine devono fare ricorso anche al cosiddetto “pensiero creativo”, cercando di spingersi oltre la proiezione delle routines precedenti per verificare, come si è già affermato nei paragrafi che precedono, possibili contromisure anche foriere di possibili discontinuità.

In questi casi si dovranno prospettare più scenari possibili. Sarà compito dell'azienda individuare e valutare i possibili effetti – in via principale negativi – di modifiche nell'evoluzione prevista delle variabili critiche interne o esterne all'azienda sul piano basato sulle ipotesi formulate, o, meglio, “deliberate” ossia sulla prospettazione di piano “principale”. Sottoponendo il piano a stress test si potrà arrivare ad individuare e a sviluppare “lo scenario o gli scenari di rottura” ossia quella o quelle situazioni senz'altro più prudenti e meno efficaci rispetto allo scenario principale, che rappresentano il limite oltre il quale il piano diventa infattibile.

A parere di chi scrive, l'esperto indipendente deve procedere con l'attestazione di quest'ultimo scenario, prospettando le alternative possibili, compreso il piano principale, come situazione migliorativa.

Potrà in altri termini, muoversi lungo il percorso logico rinvenibile nel documento di piano procedendo “al contrario” ossia nella direzione inversa rispetto a quella seguita dall'azienda: dallo scenario di rottura verso lo scenario principale. L'attestatore potrà in questo modo validare la possibilità che determinati scostamenti positivi delle variabili critiche permetterebbero di ottenere risultati migliori.

È il caso di ricordare, per altro, che si tratta di una tecnica già utilizzata dagli attestatori nella prassi. La stessa, nel nuovo contesto Covid-19, a parere di chi scrive, può essere considerata un strumento utile e potrebbe pertanto trovare una validazione in dottrina.

L'attestazione ex post prevista de iure condendo nelle proposte di introduzione dell'Istituto della “Amministrazione vigilata”

Sembra opportuno, per completezza, ricordare in questo contesto che sono state recentemente avanzate proposte per l'introduzione di nuovi istituti potenzialmente utili alla gestione del post lockdown cui si accompagna la necessità di prevedere anche una nuova categoria di attestazioni. La dottrina in altri termini ha provato de iure condendo a individuare quello che è stato denominato un set di strumenti ad hoc per le imprese contagiate o “malate di Covid-19”. In particolare è stata proposta l'istituzione della procedura di “Amministrazione vigilata” (Corno G., Panzani L., “Proposta di legge per una moratoria straordinaria volta a gestire l'emergenza, tramite l'istituzione della procedura di “amministrazione vigilata”, in Milano, 6 maggio 2020) al fine di ottenere una moratoria straordinaria che permetterebbe di beneficiare di un regime di sospensione delle azioni esecutive e cautelari nonché delle istanze di fallimento, senza dover ancora proporre ai creditori un vero e proprio piano di ristrutturazione nell'ambito di una procedura di concordato preventivo ovvero di un accordo di ristrutturazione. Si tratterebbe di uno strumento utile ad evitare l'intervento del Tribunale prospettando un controllo del debitore da parte di un Attestatore sulla situazione aziendale e, poi, durante la moratoria stessa, tramite un Commissario. Entrambi i professionisti indipendenti sarebbero individuati dall'azienda.

Tale soluzione eviterebbe la redazione di un vero e proprio piano, ovviando tout court almeno nel breve periodo alle difficoltà di redazione illustrate nel dettaglio nei paragrafi che precedono. Sarebbe infatti necessario per l'accesso alla procedura “solo” il deposito presso il registro imprese di una “autodichiarazione” dell'impresa circa le condizioni in cui si trova l'impresa. Quest'ultimo documento dovrebbe essere accompagnato dalla attestazione di un esperto indipendente che, secondo una prima proposta di articolato, dovrebbe riguardare:

  • la veridicità dei dati aziendali anche con riferimento al bilancio 2019, o comunque, ad una situazione patrimoniale, redatta con i criteri previsti per il bilancio di esercizio, avente data non superiore ai quattro mesi precedenti la data di attestazione;
  • la sussistenza della continuità aziendale con riferimento al bilancio di esercizio relativo all'anno 2019;
  • la sussistenza della condizione di temporanea difficoltà di adempiere alle proprie obbligazioni in conseguenza della pandemia Covid-19”.

Conviene riflettere brevemente, nel contesto del presente articolo e quindi prescindendo da ogni altra considerazione riferibile al proposto istituto che qui risulterebbe “fuori tema”, sulla natura e quindi sul contenuto dell'attestazione che viene prospettata. Si tratterebbe di una attestazione ex post, il cui obiettivo, pare a chi scrive, voglia essere senz'altro quello di discriminare – affidando il compito al revisore terzo e indipendente – tra aziende in crisi a causa della pandemia e aziende storicamente in crisi o addirittura storicamente insolventi per motivi propri e senz'altro precedenti lo scatenarsi dell'emergenza Covid-19.

Si vuole in altri termini con questo strumento contrastare il possibile fenomeno di moral hazard e di selezione avversa che potrebbe senz'altro conseguire da un “livellamento” nel trattamento delle imprese che non permetta di individuare in modo ragionevole le aziende in crisisenza colpa propria”. Da un punto di vista metodologico, l'esame svolto dall'attestatore rientrerebbe a pieno titolo nella macro-categoria dell'Assurance trattandosi di un giudizio richiesto appositamente per supportare con un'analisi esterna le dichiarazioni dell'azienda.

In conclusione

La cosiddetta Fase 2 propone senz'altro sfide rilevanti per la categoria di professionisti indipendenti dedita agli “interventi d'urgenza” sulle aziende, analogo a quello ricoperto nella Fase 1 dalle professioni sanitarie. Il rischio e il peso delle decisioni che questi professionisti affronteranno sarà importante e comporterà conseguenze sulla vita lavorativa e quindi sull'equilibrio economico di molte persone e di molte realtà familiari.

Evidentemente non esiste “un vaccino” che possa salvare tutte le realtà in crisi da Covid-19. Advisors finanziari, Attestatori e Consulenti legali saranno perciò presto chiamati ad utilizzare al meglio gli strumenti – per fortuna – oggi disponibili, primi fra tutti i Principi di redazione e Principi di attestazione, interpretandone il significato sostanziale con correttezza ed essendo pronti ad affrontare situazioni, senza alcun dubbio complesse, armati, come sempre della propria competenza ed etica professionale.

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