Il conflitto di interessi “potenziale” del funzionario legittima l'esclusione di un operatore economico per “rapporto d'affari”

Rocco Steffenoni
08 Giugno 2020

La questione giuridica sottesa alla decisione in commento concerne la nozione di conflitto di interesse nell'ambito delle pubbliche commesse e la relativa dinamica probatoria.
Massima

È legittima l'esclusione, ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 50/2016, di un operatore economico che non ha dichiarato una situazione di conflitto di interesse, anche di tipo potenziale, in base all'art. 42, d.lgs. n. 50/2016. A fronte di una analisi di tipo presuntivo da parte della stazione appaltante circa l'astratta incidenza di un interesse personale di un funzionario in relazione al ruolo rivestito, l'Amministrazione non è tenuta a provare il reale possesso di informazioni privilegiate da parte del medesimo funzionario, né - nel caso di specie - l'effettivo trasferimento di tali informazioni all'impresa di cui era titolare di un rapporto di consulenza. Allo stesso tempo, in sede di contraddittorio, all'impresa è consentito dare prova contraria (es. non vi è stata violazione del principio delle pari opportunità nella formulazione dei termini delle offerte per tutti gli offerenti, né si è determinato alcun rischio reale di pratiche atte a falsare la concorrenza tra gli offerenti).

Il caso

La controversia esaminata dal Consiglio di Stato ha ad oggetto la legittimità dell'esclusione di un operatore economico, nello specifico un RTI di imprese che ha partecipato ad un concorso di progettazione per un padiglione fieristico, in ragione di una situazione di conflitto di interesse ex art. 42, d.lgs. n. 50/2016. Infatti, nel caso in esame una società mandante del RTI risultava essere titolare di “rapporti di affari esistenti” con il project manager incaricato, a seguito di apposita procedura comparativa, per la partecipazione dell'Italia ad una nota esposizione di rilievo internazionale, nell'ambito della quale lo stesso RTI aveva presentato domanda per l'incarico di progettazione.

Peraltro, vale richiamare che tra i ruoli di competenza del project manager vi erano, tra l'altro: l'assistenza alla stazione appaltante per la predisposizione di documenti di gara e contrattuale per l'affidamento dei servizi di progettazione e di esecuzione dei lavori, nonché per l'esecuzione dei rilievi ed indagini preliminari; gestione e coordinamento tecnico generale delle fasi di sviluppo della progettazione preliminare e di quella esecutiva; gestione e coordinamento tecnico generale delle fasi di sviluppo della progettazione preliminare e di quella esecutiva. In altri termini, ad avviso della stazione appaltante che ha escluso l'operatore economico, sembravano sussistere sufficienti indici di identità tra le due mansioni, tali da indurre tale soggetto a presentare dichiarazione di recesso dall'incarico in ragione sia del proprio coinvolgimento della compagine del RTI sopra richiamato sia della partecipazione di quest'ultimo al concorso di progettazione del padiglione italiano nell'ambito della richiamata esposizione internazionale.

In questo contesto, il Consiglio di Stato, nel confermare l'orientamento espresso in primo grado dal TAR Lazio, Roma, sez. III-ter, 31 luglio 2019, n. 10186, ha riconosciuto come legittima la decisione di escludere l'RTI dal suddetto concorso di progettazione. In ciò, il Consiglio di Stato ha ritenuto di disattendere gli argomenti posti dall'appellante sia in relazione alla tematica più generale del conflitto di interessi sia in relazione alla non veritiera allegazione, ex art. 80, comma 5, lett. f-bis), in punto di documentazione e dichiarazione resa da parte dell'operatore economico escluso, in fase di partecipazione alla gara, con riferimento all'assenza di situazioni conflittuali (aventi, peraltro, portata autonoma ex art. 80, comma 5, lett. d)). Per l'appallante, invece, la stazione appaltante era incorsa in errore sotto il profilo probatorio (es. esistenza di un “rapporto di affari”, di un interesse personale, di effettive informazioni privilegiate) e nella valutazione della concreta incidenza, in termini di sterilizzazione del rischio, determinata dal rappresentato recesso del project manager. Infine, vale dare atto che non è stata ritenuta rilevante nemmeno la precisazione circa la non coincidenza temporale tra il periodo di nomina del consulente (interrotta in seguito al suddetto recesso del project manager) e il periodo in cui è stata presentata l'offerta da parte del RTI (circa due mesi dopo).

La questione

La questione giuridica sottesa alla decisione in commento concerne la nozione di conflitto di interesse nell'ambito delle pubbliche commesse e la relativa dinamica probatoria. Come noto, tale previsione è contenuta sia nel d.lgs. n. 50/2016 all'art. 42, come integrato dall'art. 7, d.P.R. n. 62/2013 (Codice di comportamento dei dipendenti pubblici), sia in termini più generali all'art. 16-bis, l. n. 241/1990. Inoltre, vale richiamare come la partecipazione di un operatore che presenti una situazione di conflitto di interesse, non diversamente risolvibile, costituisce una autonoma ipotesi di esclusione ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 50/2016. Più nel dettaglio, la decisione esamina la nozione di “rapporto di affari”, oltre che la sua estensione, e definisce, infine, la distribuzione dell'onere della prova tra le parti interessate da questa situazione conflittuale.

Le soluzioni giuridiche

Per fornire una più chiara disamina, è necessario ripercorrere per gradi i due livelli del ragionamento avanzato dal Consiglio di Stato. Infatti, da un lato, il Collegio si sofferma sulla portata della nozione di “rapporto di affari” nell'ambito della disciplina del Codice Appalti sul conflitto di interesse; dall'altro lato, l'analisi si sofferma sulle modalità con cui l'Amministrazione può accertare l'esistenza di una circostanza di conflitto di interesse.

Sotto il primo profilo, nel caso in esame non è in discussione l'idoneità di un “rapporto di affari” a costituire un'ipotesi di conflitto di interesse, dato che era stata accertata in modo inequivoco per il soggetto interessato la doppia veste di project manager e consulente di una società che ha partecipato ad una gara su cui era dato presumersi una incidenza del ruolo del project manager stesso. È ugualmente incontroverso che a fronte di una circostanza di conflitto di interesse si determini una causa di esclusione in base all'art. 80, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 50/2016. Ad avviso del Collegio, aderendo ad un orientamento proprio della Terza Sezione con la decisione n. 355/2019, la disposizione in esame dell'art. 42 Codice Appalti costituisce una “norma di pericolo”, nel senso che “essa e le misure che contempla (astensione dei dipendenti) o comporta (esclusione dell'impresa concorrente) operano per il solo pericolo di pregiudizio che la situazione conflittuale possa determinare”. In altri termini, può costituire conflitto di interesse non solo ciò che viene realmente accertato ma anche quello “potenzialmente esistente”. E per tale aspetto sarebbe sufficiente, secondo il Collegio, la coesistenza di un interesse personale del funzionario e l'astratta capacità, per il ruolo esercitato, di influenzare una procedura a vantaggio rispetto ad altri concorrenti (cfr. Cons. Stato, sez. III, 12 settembre 2019, n. 6150; Cons. Stato, parere 5 marzo 2019, n. 667).

Sotto il secondo profilo, ovvero quello probatorio, vengono esaminati i profili a completamento del ragionamento presuntivo. Infatti, non solo non è necessario che, in sede di esclusione, la stazione appaltante dimostri che, in base al primo profilo, il soggetto sia in possesso di informazioni privilegiate, ma allo stesso tempo “è fuori dal perimetro probatorio la dimostrazione che le informazioni siano, poi, state effettivamente trasferite alla consociata in affari”. Al contrario, a fronte di tali elementi indiziari, il soggetto è tenuto a “dimostrare che non vi è stata violazione del principio delle pari opportunità nella formulazione dei termini delle offerte per tutti gli offerenti né si è determinato alcun rischio reale di pratiche atte a falsare la concorrenza tra gli offerenti”.

Osservazioni

Tenendo sullo sfondo il principio costituzionale dell'imparzialità dell'azione amministrativa ex art. 97 Cost., la decisione del Consiglio di Stato consente di analizzare per sommi capi il tema della rilevanza (ostativa) della situazione di conflitto di interesse nel settore degli appalti pubblici. Infatti, sin dalla l. 190/2012, e più precisamente con l'introduzione del relativo art. 1, comma 41, è stato introdotto nella legge sul procedimento amministrativo l'art. 6-bis, volto a dare rilevanza a situazioni di conflitto di interesse “anche potenziale”. Del resto, similmente, nell'Ordinamento non mancano disposizioni in questo senso, come - ad esempio - l'art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 (TUPI). Ad ulteriore evidenza di ciò, il Consiglio di Stato, in sede di parere sulle Linee Guida n. 15 dell'Anac, proprio in tema di conflitti di interesse (Cons. St., sez. cons. atti norm., 5 marzo 2019, n. 667), ha precisato che il richiamato articolo 6-bis è assimilabile alle “gravi ragioni di convenienza” previste dall'art. 7 del d.P.R. 62/2013, che viene quindi richiamato dall'art. 42, d.lgs. 50/2016. In quest'ottica, la Sezione distingue altresì tra situazioni “tipiche”, piuttosto pacifiche in quanto espressamente individuate (es. rapporto di coniugio, parentela, etc…), e situazioni “atipiche” che “attengono a casi di potenziale incompatibilità la cui individuazione necessita di uno sforzo ermeneutico”.

La decisione in esame opera proprio lo sforzo ermeneutico accennato. Infatti, tramite un ragionamento di tipo presuntivo intende delineare per l'Amministrazione i passaggi logici funzionali a ricondurre gli elementi indiziari circa (i) l'esistenza di un interesse e (ii) la circostanza di un ruolo che potrebbe consentire di intervenire o influenzare un risultato in condizione di vantaggio. Sulla base proprio della qualificazione dell'art. 42 come norma di pericolo, ad avviso del Collegio consegue che non è necessario che l'Amministrazione fornisca prova della materiale trasmissione di informazioni tali da avvantaggiare un operatore. Anzi, l'inversione dell'onere della prova - di natura latamente inquisitoria - fa sì che sia il soggetto che viene presuntivamente indiziato, sulla base dei due criteri sopra esposti, di una situazione di conflitto di interesse a dover “dimostrare che non vi è stata violazione del principio delle pari opportunità nella formulazione dei termini delle offerte per tutti gli offerenti né si è determinato alcun rischio reale di pratiche atte a falsare la concorrenza tra gli offerenti”.

Guida all'approfondimento

In dottrina si segnala: Iudica Giovanni, Il conflitto di interessi nel diritto amministrativo, Torino, 2016

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