Casella PEC piena: alle SS.UU. la decisione sull'esito della notifica

Fabrizio Testa
09 Giugno 2020

Con ordinanza interlocutoria, la Cassazione ha ritenuto di rinviare alla pubblica udienza il ricorso notificato via PEC al difensore dell'intimata, con accettazione da parte del sistema ma senza consegna per “casella piena”, perché appaiono prospettabili differenti ricostruzioni e per il valore nomofilattico proprio della questione.
Il rinvio

Con ordinanza interlocutoria n. 2755/20, depositata il 5 febbraio, la Sesta Sezione Civile – 3 della Cassazione ha ritenuto di rinviare alla pubblica udienza il ricorso notificato via PEC al difensore dell'intimata, con accettazione da parte del sistema ma senza consegna per “casella piena”, perché appaiono prospettabili differenti ricostruzioni e per il valore nomofilattico proprio della questione.

Il caso

Un avvocato titolare di un conto postale abilitato al servizio telematico online, riscontrando una mail poi rivelatasi fraudolenta, comunicava user ID e password, ma non il codice di dieci cifre necessario all'operazione, e subiva un indebito prelievo ad opera di ignoti. Conveniva quindi in giudizio Poste Italiane, con domanda di risarcimento danni che era accolta dal Giudice di Pace di Roma. Il Tribunale capitolino, peraltro, riformava la sentenza, rilevando che non risultava un malfunzionamento del sistema telematico della società e che l'evento di danno era addebitabile non alla convenuta, che aveva anzi avvisato la clientela di non inserire dati sensibili rispondendo a mail non verificate, ma allo stesso titolare del conto, che aveva incautamente fornito le proprie credenziali di accesso riscontrando una comunicazione fraudolenta.

L'avvocato impugnava infine con ricorso per Cassazione, notificato a mezzo PEC accettata dal sistema ma non consegnata per "casella piena", la decisione del Tribunale, che lo avrebbe erroneamente onerato di provare il malfunzionamento del sistema telematico di Poste Italiane anziché correttamente presumerne la mancata adozione d'idonee misure antifrode.

La questione

La questione sollevata dalla Corte e rinviata alla pubblica udienza attiene all'esito della notifica telematica accettata dal sistema ma non consegnata alla casella PEC del destinatario perché satura.

Le soluzioni giuridiche

Ritiene sostanzialmente la Sesta Sezione Civile - 3 della Cassazione che le soluzioni prospettabili siano tre.

1) Notifica non perfezionata

La prima – l'unica per la verità pienamente conforme all'attuale quadro normativo e sinora accolta dalla Suprema Corte – prevede che in tal caso la notifica non sia perfezionata.

L'ordinanza in commento ripercorre gli arresti consolidati in tema di domicilio digitale ed onere del notificante, in caso di mancata notifica per causa a lui non imputabile, di immediata riattivazione del procedimento notificatorio e di sua tempestiva conclusione.

Quanto al primo, ai sensi dell'art. 16-sexies del D.L. n. 179/2012 ss.mm. una notificazione è validamente effettuata all'indirizzo PEC del difensore di fiducia risultante dal ReGIndE, indipendentemente dalla sua indicazione in atti (tra le tante: Cass. 24/05/2018 n. 12876, citata nella pronuncia in esame, e 23/05/2019 n. 14140).

Quanto al secondo, qualora tale notifica telematica non vada a buon fine per causa non imputabile all'avvocato notificante – come nell'ipotesi de qua, addebitabile invece al destinatario per inadeguata gestione della casella PEC (così Cass. 20/05/2019 n. 13532 e 21/03/2018 n. 8029) – egli ha facoltà e onere, per conservare gli effetti dell'originaria notifica, di riattivare idoneamente il procedimento notificatorio in un tempo adeguatamente contenuto, anche a fronte del principio di ragionevole durata del processo. La giurisprudenza di legittimità in tema di notifiche via PEC ha così argomentato richiamandosi in alcuni casi a Cass. SS.UU. n. 17352/2009, che faceva più correttamente riferimento ad un termine ragionevolmente contenuto secondo la comune diligenza (in tal senso, tra le altre, Cass. 20/07/2018 n. 19397 e 18/11/2019 n. 29851), ed in altri a Cass. SS.UU. 15/07/2016 n. 14594, che invece ha ritenuto meno condivisibilmente di indicare il termine fisso, non codificato, della metà di quello previsto dall'art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (così, tra le altre, Cass. 12/02/2020 n. 3394). In tali casi non si può ricorrere al deposito in cancelleria, riservato dall'art. 16 c. 6 ultima parte del D.L. 179/2012 alle sole comunicazioni e notificazioni della cancelleria, ed occorre quindi provvedere alla notifica dell'atto secondo le regole generali dettate dagli artt. 137 e ss. c.p.c., atteso che la notifica si perfeziona unicamente al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna.

2) Notifica perfezionata

Nell'ordinanza in esame, la Sesta Sezione Civile – 3 propone peraltro una seconda soluzione che, ricostruendo diversamente la fattispecie, consentirebbe di intendere perfezionata la notifica nell'ipotesi in esame, sulla base dei seguenti riferimenti normativi:

- l'art. 20 c. 5 D.M. 44/2011, che obbliga il titolare a dotarsi di avviso dell'imminente saturazione della PEC e a verificarne l'effettiva disponibilità di spazio disco: la Corte è peraltro consapevole che tale norma, data la sua natura di fonte secondaria, non è da sola sufficiente a giustificare la soluzione proposta, ma prosegue indicando altre fonti primarie;

- l'art. 149-bis c. 3 c.p.c., ove si prevede che “La notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario”: tale disposizione in tema di notificazioni (pur dell'Ufficiale Giudiziario) sarebbe sostanzialmente omologa al principio, sopra ricordato al punto 1 ed in effetti previsto per le sole comunicazioni, per il quale l'esito negativo della comunicazione telematica per saturazione della PEC è imputabile all'inadeguata gestione del destinatario e legittima il deposito dell'atto in cancelleria; qualora il “rendere disponibile” – che per la Corte indicherebbe un'azione dell'operatore determinativa di effetti potenziali e non una condizione di effettività della detta potenzialità dal punto di vista del destinatario – non possa evolversi in una effettiva disponibilità da parte del destinatario per causa a lui imputabile come la colpevole saturazione della casella, la notificazione si avrebbe per perfezionata e il notificante potrebbe utilizzare l'atto come se fosse stato notificato;

- l'art. 138 c. 2 c.p.c., che considera il rifiuto del destinatario di ricevere la copia di un atto che si tenti di notificargli a mani proprie come equivalente a una notificazione di tale genere: lasciar saturare la casella PEC della cui gestione si è direttamente responsabili potrebbe equivalere a un preventivo rifiuto di ricevere notificazioni telematiche e giustificare l'equiparazione di tale condotta ad una consegna dell'atto.

In questa prospettiva, alla generazione della ricevuta di avvenuta consegna, prevista dall'art. 3-bis comma terzo L. 53/1994 come momento di perfezionamento della notifica in proprio dell'avvocato, potrebbe essere equiparata anche quella di mancata consegna per “casella piena”: se la consegna non sia potuta effettivamente avvenire nel senso dell'inserimento nella PEC del destinatario per tale causa a lui imputabile, l'inserimento medesimo potrebbe ritenersi comunque come perfezionato, così da equivalere a una consegna effettuata.

3) Ordine giudiziale di rinnovazione della notifica

Ferma tale cornice interpretativa, la Corte ritiene infine, quale terza soluzione, che la notifica senza esito per la saturazione della PEC potrebbe giustificare l'ordine di rinnovo giudiziale della notificazione, coordinando il diritto di difesa con il principio di ragionevole durata del processo, costituzionalmente tutelati.

Osservazioni

La Sesta Sezione Civile – 3 mostra chiaramente di prediligere la seconda soluzione, che già aveva adottato nella precedente ordinanza n. 3164 del 10 ottobre 2019, pur depositata (in data 11 febbraio 2020) successivamente a quella in esame, nella quale aveva dato atto del corretto deposito in cancelleria del controricorso, non essendo andata a buon fine la notifica telematica alla controparte per casella "piena", concludendo che, per considerazioni analoghe a quelle sopra riportate al punto 2, era giustificabile ritenere “che il controricorso sia stato depositato come notificato e come tale vada considerato”.

Gli argomenti a fondamento di tale soluzione, pur suggestiva e comprensibile nelle finalità, non appaiono peraltro del tutto convincenti e pertinenti, in difetto di un apposito intervento legislativo. Quanto al DM 44/2011, infatti, è la Corte medesima a riconoscerne l'insufficienza perché fonte secondaria; quanto all'espressione “rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica” di cui all'art. 149-bis c.p.c. (peraltro non ancora attuato), pare difficile interpretarla diversamente dall'effettiva “messa a disposizione” nella PEC, tanto più che la stessa locuzione è presente nell'art. 45 c. 2 CAD (“… si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all'indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore”). Quanto infine all'art. 138 c.p.c., anche a mente dell'art. 48 c. 2 CAD (che equipara, salvo che la legge disponga diversamente, la trasmissione telematica del documento informatico alla notificazione per mezzo della posta), in assenza di espressa previsione normativa le opzioni interpretative per la casella piena potrebbero essere differenti (rifiuto? temporanea assenza? distinzione fra colpevolezza o meno, per es. in caso di massiva ricezione notturna di PEC? Altro?). Ardua appare, infine, l'equiparazione tra la RdAC (che prova l'avvenuta consegna con l'inserimento nella casella) e l'avviso di mancata consegna per casella piena (che documenta invece l'impossibilità di detto inserimento).

Anche la terza soluzione ipotizzata, pur maggiormente in linea con altri contesti normativi e giurisprudenziali nei quali per il perfezionamento della notifica si richiede un'attività integrativa (per es. deposito in cancelleria, deposito in Comune, nuova raccomandata, rinotifica, etc.), non sembra percorribile in assenza di interventi normativi.

Non resta, comunque, che attendere con interesse il responso delle Sezioni Unite.

Guida all'approfondimento
  • F. Valerio, Notifica con esito negativo: per conservarne gli effetti è necessario procedere con immediatezza, in Diritto&Giustizia, GFL, fasc. 33, 2016, pag. 14
  • F. Testa, È nulla la notifica della sentenza in cancelleria anziché al domicilio digitale, in ilprocessotelematico.it, GFL, 2019
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