Conflitto di interesse

Alessandro Berrettini
09 Giugno 2020

Il conflitto di interessi nel Codice dei contratti pubblici è disciplinato dall'art. 42, d.lgs. n. 50/2016.
Inquadramento normativo e sistematico

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

Il conflitto di interessi nel Codice dei contratti pubblici è disciplinato dall'art. 42, d.lgs. n. 50/2016. Mantenendo la sua formulazione originale, anche a seguito degli interventi di modifica del Codice (D.lgs. n. 56 del 2017, c.d. “Decreto correttivo”, e D.l. n. 32/2019, il c.d. Decreto sblocca cantieri), la disposizione indicata recepisce quanto stabilito dalle direttive UE 2014/23, 2014/24 e 2014/25 (rispettivamente artt. 35, comma 1, 24, comma 1 e 42 comma 1) che richiedono agli Stati membri di adottare «misure adeguate per combattere le frodi, il clientelismo e la corruzione e per prevenire, individuare e risolvere in modo efficace i conflitti di interesse insorti nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione della concessione, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la trasparenza della procedura di aggiudicazione e la parità di trattamento di tutti i candidati e gli offerenti». Sulla base di tali diposizioni il Legislatore europeo concede ampia discrezionalità agli Stati membri nella scelta delle modalità attraverso cui contrastare il fenomeno del conflitto di interessi.

Nonostante ciò, la legislazione europea stabilisce un contenuto minimo della disciplina in analisi, come il fatto che il concetto di “conflitto di interessi” debba coprire «almeno i casi in cui il personale di un'amministrazione aggiudicatrice o di un ente aggiudicatore che interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione della concessione o può influenzare il risultato di tale procedura ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di aggiudicazione della concessione» (II comma art. 35, direttiva 2014/23, II comma art. 24, direttiva 2014/24 e II comma art. 42, direttiva 2014/25) e che le misure adottate in materia non vadano «al di là di quanto sia strettamente necessario per prevenire un conflitto di interessi potenziale o eliminare il conflitto di interessi identificato» (III comma art. 35, direttiva 2014/23UE, III comma art. 24, direttiva 2014/24UE e III comma art. 42 direttiva 2014/25UE).

Sotto la spinta euro-unitaria, dunque, si è introdotta, per la prima volta, in materia di contratti pubblici una specifica disciplina per contrastare il fenomeno dei conflitti di interesse, estendendo il rilievo di tale conflitto a tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica, compresa quella relativa all'esecuzione del contratto di appalto o di concessione. Infatti, se prima il Codice del 2006 si soffermava unicamente sul dovere di astensione dei membri della commissione nei casi previsti dall'art. 51 c.p.c., in forza di quanto stabilito dagli artt. 84, comma 7 e 240 del d.lgs. n. 163/2006, ora gli obblighi di segnalazione e di astensione sono indirizzati anche nei confronti del personale della stazione appaltante.

L'art. 42, d.lgs. n. 50/2016, si compone di tre diversi obblighi per il personale della stazione appaltante: il primo consistente nell'adozione di «misure adeguate per contrastare le frodi e la corruzione, nonché per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni»; il secondo consistente nell'obbligo di segnalazione e di (eventuale) astensione nei casi previsti in particolare dall'art. 7, d.P.R. n. 62/2013; il terzo infine consistente in un generico dovere di vigilanza circa il rispetto del primo e del secondo obbligo appena indicati.

Tali previsioni devono però essere coordinate con quanto disposto dall'art. 80, comma 5 lett. d) del Codice del 2016, in base a cui risulta esclusa la partecipazione dell'operatore economico che «determini una situazione di conflitto di interesse ai sensi dell'articolo 42, comma 2, non diversamente risolvibile».

Attraverso questi obblighi l'art. 42 tutela il principio di libera concorrenza, limitando, attraverso la possibile astensione del funzionario in conflitto e l'esclusione dalla gara dell'operatore economico, le cause di conflitto di interessi che possano pregiudicare il favor partecipationis e la par condicio fra operatori economici, realizzando in via preventiva quanto previsto dall'art. 30, d.lgs. n. 50/2016, ove si stabilisce che le stazioni appaltanti «non possono limitare in alcun modo artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici o, nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni, compresa la stima del valore, taluni lavori, forniture o servizi». Non solo. Come si vedrà in seguito, anche l'immagine ed il prestigio della pubblica amministrazione risultano oggetto di tutela nella disposizione in analisi, attraverso la valorizzazione del conflitto di interessi potenziale ed apparente.

Sulla disciplina del conflitto di interessi, l'ANAC si è pronunciata con le Linee guida n. 15 recanti «Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici», approvate con delibera n. 494 del 5 giugno 2019. Tali Linee guida, che tuttavia non sono vincolanti, oltre ad orientare gli operatori economici nell'applicazione dell'art. 42, ne disciplinano l'ambito di applicazione. Infatti, i limiti in tema di conflitto di interessi nei contratti pubblici si applicano a tutte le procedure di aggiudicazione di appalti e concessioni nei settori ordinari, sia sopra che sotto soglia; agli appalti nei settori speciali e agli appalti assoggettati al regime particolare di cui alla Parte II, Titolo VI del Codice dei contratti pubblici, in forza dell'articolo 114, comma 1, del Codice dei contratti pubblici; ai contratti esclusi dall'applicazione del codice medesimo, in quanto declinazione dei principi di imparzialità e parità di trattamento di cui all'articolo 4, d.lgs. 50/2016, nonché in forza della disciplina dettata dalla l. n. 241/1990 e dal decreto del d.P.R. n. 62/2013, anche alla fase di esecuzione dei contratti pubblici (Linee guida ANAC n. 15, cit., par. 3)

La nozione di conflitto d'interessi e gli interessi rilevanti nella fattispecie

Da una prima lettura dell'art. 42, d.lgs. n. 50/2016, si desume come esso prenda le mosse dalla scarna disciplina sul conflitto di interessi nel procedimento amministrativo ai sensi dell'art. 6-bis, l. n. 241/1990, cit., che prevede, allo stesso modo, un obbligo di segnalazione e di (eventuale) astensione in caso di conflitto di conflitto di interessi nei confronti di taluni funzionari (responsabile del procedimento, titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali nonché il provvedimento finale). A differenza di quest'ultima disposizione di legge, l'art. 42 sembra superarne l'indeterminatezza fornendo una definizione di conflitto di interessi e di interesse rilevante assente nell'art. 6-bis, l. n. 241/1990.

L'art. 42, facendo sostanzialmente un copy out del comma 2 degli artt. 35, direttiva 2014/23 UE e 24, direttiva 2014/24UE, dispone che si ha conflitto di interessi «quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione. In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l'obbligo di astensione previste dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62».

Con tali espressioni il Legislatore ha voluto «compendiare (in termini generali ed astratti) tutte le situazioni in grado di compromettere, anche solo potenzialmente, l'imparzialità richiesta nell'esercizio del potere decisionale, ipotesi che si verificano quando il soggetto chiamato a svolgere una funzione strumentale alla conduzione della gara d'appalto è portatore di interessi della propria o dell'altrui sfera privata, che potrebbero influenzare negativamente l'esercizio imparziale ed obiettivo delle sue funzioni» (TAR Veneto, sez. I, 23 settembre 2019, n.1021).

S'individuano dunque due tipologie di conflitto di interessi: attuale e potenziale. Il conflitto di interessi attuale si realizza durante lo svolgimento della gara e nella fase esecutiva del contratto di appalto o di concessione; mentre il conflitto di interessi potenziale «non presuppone la realizzazione di un vantaggio competitivo, ma appunto il potenziale rischio di minaccia alla imparzialità̀ amministrativa» (Cons. St., sez. V, 28 ottobre 2019, n.7389).

Tale potenzialità del conflitto di interessi evidenzia come il Legislatore nazionale abbia voluto valorizzare e tutelare non solo il principio di imparzialità dell'azione amministrativa, funzionale a garantire il principio di libera concorrenza nella disciplina dei contratti pubblici, ma anche l'immagine ed il prestigio della pubblica amministrazione «ponendola al di sopra di ogni sospetto, indipendentemente dal fatto che la situazione incompatibile abbia in concreto creato o non un risultato illegittimo» (Cons. St., sez. VI, 13 febbraio 2004, n. 563).

Più in concreto, la disciplina sul conflitto di interessi vuole evitare che il concorrente possa ottenere una potenziale asimmetria informativa «grazie all'acquisizione di elementi ignoti agli altri partecipanti per il tramite di un soggetto in rapporto diretto con la stazione appaltante», potendo così conseguire un «potenziale indebito vantaggio competitivo», «in violazione dei principi di imparzialità, buon andamento e par condicio competitorum» (Cons. St., sez. III, 12 settembre 2019, n.6150).

Sull'uso della parola “potenziale”, di cui sopra, il Consiglio di Stato, nel recente parere emanato sulla bozza delle Linee guida n. 15 dell'ANAC, sopra richiamate, specifica la necessità di abbandonare l'espressione “conflitto potenziale”, che in maniera tautologica evidenza la natura di norma di pericolo del conflitto di interessi, in quanto si dovrebbe più correttamente parlare di “potenziale conflitto”, cioè di cause di conflitto di interessi non tipizzate che per loro natura sono destinate ad evolversi in un conflitto tipizzato, rilevando ogni qual volta il personale della stazione appaltante non possa svolgere in maniera imparziale l'azione amministrativa. Difatti, «la qualificazione “potenziale” e le “gravi ragioni di convenienza” sono espressioni equivalenti perché teleologicamente preordinate a contemplare i tipi di rapporto destinati, secondo l'id quod plerumque accidit, a risolversi (potenzialmente) nel conflitto per la loro identità o prossimità alle situazioni tipizzate» (Cons. Stato, Sezione Consultiva per gli atti normativi, 5 marzo 2019, Parere n. 667 del 2019, par. 2.4, il quale riporta come esempio «la situazione di pregressa frequentazione abituale (un vecchio compagno di studi) che ben potrebbe risorgere (donde la potenzialità) o comunque ingenerare dubbi di parzialità (dunque le gravi ragioni di convenienza)».

Quanto agli interessi rilevanti nella fattispecie, come visto, il Legislatore riconduce i casi di conflitto d'interessi a quelli indicati (in “particolare”) dall'art. 7 d.P.R. n. 62/2013, rendendoli un mero elenco esemplificativo. Infatti, secondo il dettato normativo «le cause di conflitto d'interessi possono essere rinvenute volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall'art. 97 Cost., quando esistano contrasto ed incompatibilità, anche solo potenziali, fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite» (Consiglio di Stato sez. V, 11 luglio 2017, n.3415).

Alla luce dei concetti giuridici indeterminati utilizzati dal Legislatore sia nella definizione del conflitto d'interessi appena vista, sia nel rimando all'art. 7 d.P.R. n. 62/2013, come “le gravi ragioni di convenienza”, l'“interesse personale”, la “frequentazione abituale” o la “grave inimicizia”, la giurisprudenza del Consiglio di Stato e l'ANAC evidenziano le regole necessarie per individuare tali situazioni conflittuali, senza dare loro direttamente colore per una definizione adeguata per tutto il territorio nazionale.

La prerogativa appena indicata è riservata al personale della stazione appaltante che, attraverso le coordinate fornite dal diritto vivente e sulla base del contesto socio-economico in cui opera, sarà tenuto a dare colore agli interessi rilevanti nella motivazione della segnalazione di conflitto di interessi, evidenziando se tale situazione conflittuale possa mettere in pericolo l'imparzialità dell'agire amministrativo o possa essere percepita come tale (Cons. Stato, Comm. Spec., 5 marzo 2019, n. 667, par. 2.4)

Ebbene, dall'analisi della giurisprudenza nazionale ed europea emergono due regole utili agli operatori giuridici per individuare una situazione di conflitto di interessi: la prima impone che le cause di conflitto di interessi devono essere valutate ex ante dal funzionario pubblico e devono verificarsi «in concreto e sulla base di prove specifiche» (Cons. St., sez. V, 17 aprile 2019, n. 2511; TAR Lazio, Roma, sez. III, 31 luglio 2019, n. 10186; Id., sez. III, 3 luglio 2018, n.4054); infatti, sussistendo un conflitto di interessi di carattere oggettivo è necessario prescindere per la sua definizione «dalle intenzioni degli interessati, e in particolare dalla loro buona fede» (Trib. UE, sez. I, 20 marzo 2013, Nexans France, T-415/10); la seconda, invece, impone che il «rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che l'operato del funzionario non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità» (Cons. St., Sez. VI, 9 luglio 2018, n. 4169).

Nello specifico, poi, l'ANAC evidenzia che l'interesse in conflitto del funzionario «può essere di natura finanziaria, economica o dettato da particolari legami di parentela, affinità, convivenza o frequentazione abituale con i soggetti destinatari dell'azione amministrativa»; ed inoltre che può realizzarsi «in danno della stazione appaltante oppure a vantaggio dell'agente o di un terzo senza compromissione dell'interesse pubblico» (Linee guida ANAC n. 15, par. 2.4). Si rileva, poi, che gli interessi economici e finanziari non derivano da una posizione giuridica soggettiva indifferenziata o casuale quale quella di utente o (a fortiori) di cittadino, ma da un collegamento personale, diretto, qualificato e specifico dell'agente con le conseguenze e con i risultati economici finanziari degli atti posti in essere. Gli interessi personali vengono ricondotti poi (Cons. Stato, Comm. Spec., 5 marzo 2019, n. 667)

In evidenza:

La tassatività dei casi di conflitto di interessi ed il rapporto con il principio della certezza del diritto: aporie del Consiglio di Stato e dell'A.N.A.C.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato, con orientamento costante (ex multis Cons. St., sez. V, 11/7/2017, n. 3415; TARPiemonte, sez. I, 14 agosto 2019, n.948; Id., sez. III, 12 settembre 2019, n.6150; TAR Emilia- Romagna, Parma, sez. I, 8 giugno 2018, n. 154, afferma la necessità di non considerare tassative le cause di astensione richiamate dall'art. 7, d.P.R. n. 62/2013, in forza della locuzione «in particolare» utilizzata dal Legislatore nella formulazione dell'art. 42, comma 2, d.lgs. n. 50/2016. I giudici di Palazzo Spada sembrano valorizzare un'interpretazione letterale dell'art. 42, precisando che le regole in tema di conflitto di interessi sono rivolte ad assicurare il «prestigio della pubblica amministrazione, ponendola al di sopra di ogni sospetto, indipendentemente dal fatto che la situazione incompatibile abbia in concreto creato o non un risultato legittimo» (Cons. Stato, sez. VI, 13 febbraio 2004, n. 563) e, come tali, devono essere rilevate volta per volta in relazione alla fattispecie concreta. Naturale conseguenza di quanto appena detto è la difficoltà di predeterminare situazioni di conflitto di interessi rilevanti nelle procedure ad evidenza pubblica, con il rischio concreto di causare incertezza del diritto, in termini di prevedibilità delle conseguenze dell'azione, sia nei confronti degli operatori economici, sia nei confronti dei funzionari pubblici chiamati ad applicare tale disciplina. Ciò a differenza di quanto avviene per la disciplina del conflitto di interessi nel procedimento amministrativo dove trova applicazione il principio di tassatività delle cause di astensione previste dall'art. 51 c.p.c. e dell'art. 7 d.P.R. n. 62/2013, al fine di garantire certezza dei rapporti giuridici ed evitare un utilizzo strumentale dell'istituto (tra le più recenti, TARLazio, Roma, sez. III, 12 giugno 2018, n. 6526; Cons. St., sez. VI, 10 luglio 2017, n.3373; TAR Puglia, Lecce, sez. II,4settembre2017, n.1430)..

Lo stesso Consiglio di Stato, nell'esercizio delle sue funzioni consultive, ha criticato fortemente l'interpretazione fornita dalle sezioni giurisdizionali che ritengono non tassative le cause di conflitto di interessi indicate nell'art. 7. D.P.R. n. 62/2013, evidenziando che «l'affermazione desta perplessità. Considerare le ipotesi di cui all'art. 7 ripetutamente citato solo come esemplificazione, significa postulare la esistenza di una categoria sconosciuta ma più ampia, e contestualmente aprire a quella indeterminatezza e genericità che si è visto essere congenere con la infinitezza del possibile piuttosto che con la semplice probabilità, propria del rischio» (Cons. Stato, comm. Spec., 5 marzo 2019, n. 667, par. 3). L'indeterminatezza richiamata sembra entrare in contrasto con il principio di certezza del diritto, che oltre ad informare la disciplina dei contratti pubblici (TAR. Lazio, Roma, sez. III, 6 novembre 2018, n. 10681; Cons. St., Sez. V, 28 ottobre 2019, n. 7389; CGUE, V Sezione, 8 maggio 2014, in C-161/13) è finalizzato a garantire prevedibilità delle conseguenze dell'azione. L'aporia appena indicata sembra riguardare anche la stessa ANAC che, prima facie, dichiara la necessità di «enucleare fattispecie tipiche di conflitto di interesse» nel Piano nazionale anticorruzione del 2016 in relazione agli acquisti in ambito sanitario (pag. 86), richiedendo l'adozione di tale misura «per una corretta gestione dei conflitti potenziali e/o effettivi», salvo poi mettere in discussione tale impostazione nelle recenti Linee guida n. 15, dichiarando che «le situazioni di conflitto di interesse non sono individuate dalla norma in modo tassativo, ma possono essere rinvenute volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall'articolo 97 della Costituzione, quando esistano contrasto ed incompatibilità, anche solo potenziali, fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite» (punto 2.6.)».

In evidenza:

Gli ambiti esclusi del conflitto di interessi.: i limiti della causa pendente e dei rapporti di colleganza.

La giurisprudenza amministrativa, oltre ad individuare i perimetri ed i parametri attraverso i quali sia le figure filtro (infra par. Obbligo di segnalazione e di (eventuale) astensione nella fase pubblicistica e privatistica), sia il personale della stazione appaltante determinano la rilevanza delle situazioni conflittuali, si occupa anche di indicare i casi di conflitti di interessi che si reputano non rilevanti ai sensi dell'

art. 42, d.lgs.n. 50/2016

.

In un primo caso la giurisprudenza afferma che non ricorre alcuna situazione di conflitto di interessi qualora un dirigente nominato presidente di una commissione giudicatrice abbia adottato molteplici provvedimenti pregiudizievoli tali da determinare l'insorgere di diverse controversie giurisdizionali con l'impresa concorrente non ricorrendo «alcuna delle condizioni tassativamente previste dall'

art.

51 c.p.c.

e dall'articolo

42

del

decreto legislativo n. 50 del 2016

, in presenza delle quali sussiste l'obbligo di astensione dalle funzioni di commissario, né un potenziale conflitto di interessi per l'esistenza di grave ragioni di convenienza, di una causa pendente tra le parti o di una grave inimicizia tra le medesime (che, peraltro, per essere rilevante ai fini che qui interessano deve essere reciproca, trovare fondamento esclusivamente in rapporti personali, derivare da vicende estranee allo svolgimento delle funzioni ed estrinsecarsi in dati di fatto concreti, precisi e documentati)»; (così

Cons

.

Stato sez. V

,

20

dicembre

2018, n. 7170

).

Si segnala, anche in questo caso, una contraddizione rispetto all'affermazione di un'assenza di tassatività delle situazioni conflittuali, così come indicato dalla giurisprudenza maggioritaria in materia di conflitto di interessi nelle procedure ad evidenza pubblica.

In un secondo caso, i giudici amministrativi escludono dal novero dei casi di conflitto di interessi,

i singoli e occasionali rapporti di

collaborazione

tra uno dei candidati ed un membro della Commissione giudicatrice, non comportando sensibili alterazioni della par condicio tra i concorrenti (

TAR

Campania,

Salerno, sez. I, 07

maggio

2018, n.706

;

TA

R

Siclia

,

Palermo,

sez. II, 18

ottobre

2016, n. 2397

. Dello stesso avviso,

TAR

Veneto

, sez. I, 23

settembre

2019, n.1021

).

Tale giurisprudenza si pone in continuità con quanto già affermato in materia di procedure concorsuali; in base a cui i rapporti personali di colleganza o di collaborazione tra alcuni componenti della commissione e determinati candidati ammessi alla prova orale non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione della commissione stessa» (

Cons

.

Stato sez. III, 31

gennaio

2020, n.796

)

In evidenza:

Il rapporto tra le società controllate o collegate

ex

art. 2359 c.c.

della stazione appaltante e la disciplina del conflitto di interessi.

Premesso che, ad oggi, non risulta disciplinata nel nostro ordinamento la partecipazione alla gara di una società controllata o collegata

ex

art. 2359 c.c.

alla stazione appaltante, per il Consiglio di Stato non sussiste alcuna situazione di conflitto di interessi tra il personale della stazione appaltante ed una società concorrente, legati da una situazione di controllo o collegamento ai sensi dell'

art. 2359 c.c.

.

Infatti, sebbene la disciplina sul conflitto di interessi presupponga un conflitto tra l'interesse pubblico «funzionalizzato» della stazione appaltante e «l'interesse dell'agente o di un terzo con il quale l'agente versi in particolare rapporto tale da condividerne l'interesse stesso», nel caso di un rapporto tra la stazione appaltante e la società concorrente

ex art. 2359 c.c.

, non si verifica tale conflitto in quanto l'interesse della società partecipante coincide con l'interesse funzionalizzato della stazione appaltante proprietaria (Cons. St., comm. spec., 5 marzo 2019, n. 667, par. 5).

Ambito soggettivo di applicazione della norma: il personale della stazione appaltante e la commissione giudicatrice

Nel definire l'ambito soggettivo di applicazione della disciplina sul conflitto di interessi nei contratti pubblici, il Legislatore individua il personale della stazione appaltante, in accordo alla ratio sopra evidenziata dell'art. 42, volta a garantire il principio di libera concorrenza attraverso l'imparzialità dell'azione amministrativa e dell'immagine della stessa pubblica amministrazione.

Al fine di comprendere limiti e portata della nozione in analisi sia la giurisprudenza che l'ANAC sono intervenuti sul punto. Per la giurisprudenza, la nozione di personale della stazione appaltante non è riferita «solo ai dipendenti in senso stretto (ossia, i lavoratori subordinati) dei soggetti giuridici ivi richiamati, ma anche a quanti, in base ad un valido titolo giuridico (legislativo o contrattuale), siano in grado di validamente impegnare, nei confronti dei terzi, i propri danti causa o comunque rivestano, di fatto o di diritto, un ruolo tale da poterne obiettivamente influenzare l'attività esterna» (Cons. St. sez. V, 11 luglio 2017, n.3415; dello stesso avviso TAR Lazio, Roma,sez. III, 31 luglio 2019, n.10186; Cons. St., sez. V, 17 aprile 2019, n.2511; Id., 5 giugno 2018, n.3401).

Pertanto, tale nozione non consente di ricomprendere le società partecipate o controllate dalla stazione appaltante, con la naturale conseguenza che «la compartecipazione societaria dell'amministrazione aggiudicatrice alla società concorrente non determina alcuna automatica violazione dei principi concorrenziali e di parità di trattamento», a meno che non siano violate le regole delle procedure ad evidenza pubblica nella procedura di affidamento (Cons.St., sez. V, 5 giugno 2018, n.3401). Per l'ANAC, infatti, sono obbligati a rispettare gli obblighi derivanti dall'art. 42 «tutti i soggetti coinvolti in una qualsiasi fase della procedura di gestione del contratto pubblico (programmazione, progettazione, preparazione documenti di gara, selezione dei concorrenti, aggiudicazione, sottoscrizione del contratto, esecuzione, collaudo, pagamenti) o che possano influenzarne in qualsiasi modo l'esito in ragione del ruolo ricoperto all'interno dell'ente» (Linee guida ANAC n. 15, par. 4).

Per espresso richiamo dell'art. 77, comma 6, d.lgs. n. 50/2016, la commissione giudicatrice rientra nell'ambito oggettivo di applicazione dell'art. 42, estendendo ai commissari di gara gli obblighi di segnalazione e di (eventuale) astensione in caso di conflitto di interessi. Merita sul punto rilevare che l'art. 77, comma 6, non si limita ad indicare il solo art. 42, ma anche l'art. 51 c.p.c., che prevede come noto un obbligo di astensione del giudice in caso di conflitti di interessi, e l'art. 35-bis, d.lgs. n. 165/2001.

Quest'ultima disposizione di legge prevede diverse cause di incompatibilità degli incarichi nei quali rientra quello di commissario di gara. Tale incompatibilità va poi a sommarsi a quella espressamente richiamata dallo stesso art. 77, comma 6, secondo cui sono esclusi dall'incarico di commissario «coloro che, in qualità di membri delle commissioni giudicatrici, abbiano concorso, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale con sentenza non sospesa, all'approvazione di atti dichiarati illegittimi».

Sebbene la sezione consultiva del Consiglio di Stato (5 marzo 2019, parere n. 667, par. 2.4) affermi che non possano configurarsi antinomie tra lo stesso art. 42 e le norme appena richiamate, in quanto complementari, la giurisprudenza specifica che esse necessitano di un coordinamento alla luce del sistema delineato dall'art. 97 Cost.. Infatti, devono considerarsi obbligatorie le cause di astensione facoltative previste dal comma 2 dell'art. 51 c.p.c. (le «gravi ragioni di convenienza»), «estendendo il principio di «astensione» tutte le volte che possa manifestarsi un «sospetto», consistente, di violazione dei principi di imparzialità, di trasparenza e di parità di trattamento, (comunque inquadrabile nell'art. 51, comma 2, c.p.c.)» del commissario di gara (TAR Campania, Salerno, sez. I, 7 maggio 2018, n. 7069); anche in accordo a quanto rilevato dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cass., civile sez. un., 13 novembre 2012, n. 19704).

Obbligo di segnalazione e di (eventuale) astensione nella fase pubblicistica e privatistica.

Come sopra accennato, uno dei principali obblighi previsti dall'art. 42, comma 3 risulta essere quello di comunicazione e di (eventuale) astensione nei casi di conflitto di interessi indicati in particolare, dall'art. 7 d.P.R. n. 62/2013.

Tale obbligo va a sommarsi a quello previsto per i membri di commissione giudicatrice di dichiarare al conferimento dell'incarico sia la presenza di situazioni conflittuali previste dal medesimo art. 7 del codice di comportamento, sia di «non aver ricoperto cariche di pubblico amministratore (componente di organo amministrativo, incarichi amministrativi di vertice) nel biennio antecedente all'indizione della procedura di aggiudicazione, per l'amministrazione che ha indetto la gara» (Linee guida n. 5 ANAC recanti “Criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell'Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici”, par. 3.6 e art. 77, d.lgs. n. 50/2016).

È opportuno sin da ora precisare che il principale obbligo che il personale della stazione appaltante è chiamato a rispettare è quello di comunicazione delle situazioni conflittuali. Infatti, secondo quanto riportato dalle linee guida ANAC n. 15 (par. 8.3), che riprendono quanto previsto dal Piano Nazionale Anticorruzione 2019 (paragrafo 1.4.1) in merito all'art. 6-bis, l. n. 241/1990, s'impone al personale della stazione appaltante la preliminare segnalazione al responsabile dell'ufficio di appartenenza o, nel caso del dirigente, al superiore gerarchico che presumibilmente può essere rappresentato dal responsabile per la prevenzione della corruzione e trasparenza (riprendendo lo schema del primo Piano Nazionale Anticorruzione 2012, par. 3.1.5).

Attraverso questa cautela l'ANAC propende per una soluzione volta a bilanciare il principio della libera concorrenza, inteso come par condicio e favor partecipationis, con quello di continuità dell'azione amministrativa, al fine di evitare le più disparate astensioni che, visti i molteplici interessi rilevanti, potrebbero condurre ad una paralisi dell'azione amministrativa senza un adeguato filtro.

Nel bilanciamento appena indicato tra amministrazione di risultato e di garanzia - sulla scorta di quanto affermato dall'art. 7, d.P.R. n. 62/2013, secondo cui «sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza» - l'ANAC individua un sub procedimento per la gestione della segnalazione (Linee guida ANAC n. 15 par. 8). In tal senso, sia il responsabile dell'ufficio del segnalante, sia il superiore gerarchico del dirigente segnalante (d'ora in poi figure filtro), individuati nel Piano triennale di prevenzione della corruzione delle stazioni appaltanti, saranno chiamati a valutare (filtrare) le comunicazioni ad essi pervenute, instaurando un contraddittorio con il funzionario che ha segnalato la situazione conflittuale.

Quanto al sub procedimento appena richiamato, l'ANAC raccomanda che le figure filtro, in relazione alla segnalazione ricevuta, valutino «se la causa di astensione sia grave e metta in pericolo l'adempimento dei doveri di integrità, indipendenza e imparzialità del dipendente, considerando, altresì, il pregiudizio che potrebbe derivare al decoro e al prestigio dell'amministrazione di appartenenza»; inoltre, tutte le circostanze del caso concreto, tenendo conto dell'organizzazione della stazione appaltante, degli interessi e della qualifica del funzionario segnalante e deltipo di procedura in cui è coinvolto il segnalante stesso (Linee guida ANAC n. 15 par. 8.4).

Nel caso in cui le figure filtro dovessero rilevare una situazione di conflitto di interessi, l'ANAC raccomanda di sostituire il funzionario in conflitto con un altro soggetto competente, o, in assenza di figure competenti, le medesime figure filtro potrebbero avocare a sé le loro funzioni. Solamente in questo caso insorge dunque l'obbligo di astensione del funzionario e non prima, rendendolo di fatto eventuale.

Sebbene l'astensione risulti essere lo strumento principale per garantire nella fattispecie in esame il principio di imparzialità del pubblico funzionario, l'ANAC evidenzia come tale soluzione non sia l'unica. Infatti, alla luce dell'entità e della natura del conflitto, del ruolo e degli adempimenti del personale segnalante, le figure filtro possono decidere di adottare nuove cautele, come ad esempio di nominare un funzionario volto ad affiancare, supervisionare e controllare il funzionario in conflitto o predisporre un obbligo di motivazione delle scelte adottate più stringente, «soprattutto con riferimento alle scelte connotate da un elevato grado di discrezionalità» (Linee guida ANAC n. 15 par. 8.4).

Inoltre, l'art. 42, comma 3 si sofferma sulle conseguenze che derivano dalla violazione degli obblighi di segnalazione e di eventuale astensione, affermando che «fatte salve le ipotesi di responsabilità amministrativa e penale, la mancata astensione nei casi di cui al primo periodo costituisce comunque fonte di responsabilità disciplinare a carico del dipendente pubblico». Il Legislatore sembra qui replicare quanto indicato dall'art. 53, comma 4, d.lgs. n. 165/2001, secondo cui «la violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all'attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare. La violazione dei doveri è altresì rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile ogniqualvolta le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti. Violazioni gravi o reiterate del codice comportano l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 55 quater, comma 1». Risulta infatti immediato il collegamento tra la violazione dell'art. 42 e la violazione delle norme del codice di comportamento con particolare riferimento all'art. 7 richiamato, come visto, proprio dallo stesso art. 42.

Attraverso l'esplicito richiamo alla responsabilità disciplinare, il Legislatore, mediante la formulazione dell'art. 42 cit., delinea un sistema binario in cui la violazione dell'obbligo di segnalazione e di (eventuale) astensione non solo è fonte di responsabilità disciplinare, ma anche di annullabilità degli atti amministrativi emanati dal funzionario in conflitto di interessi per violazione di legge o per eccesso di potere, ai sensi dell'art. 21-octies, l. n. 241/1990, secondo la figura sintomatica dello «sviamento di potere» (PNA 2013, All. I, par. B.6).

Il sistema evidenziato per combattere alla radice il conflitto di interessi si compone dunque di due elementi: il primo è un deterrente per il pubblico funzionario attraverso il richiamo alla responsabilità disciplinare, il cui sistema, come è noto, prevede l'obbligo di esercizio dell'azione disciplinare del dirigente, ai sensi dell'art. 55-bis d.lgs. n. 165/2001; il secondo, invece, è rappresentato dall'invalidità del provvedimento amministrativo per evitare che la sua efficacia possa realizzare il contenuto di un pactum sceleris che ha determinato il conflitto di interessi o ledere in concreto l'integrità della singola gara. A tal riguardo si è specificato che l'illegittimità del provvedimento di nomina della commissione di gara, in violazione degli artt. 42 e 77 comma 6, d.lgs. n. 50/2016, travolge «tutti gli atti successivi della procedura (…), ma non certo gli atti anteriori, anche in ossequio al principio generale per il quale l'invalidità ha effetti nei confronti degli atti a valle, non certo degli atti a monte» (Cons. St., sez. III, 15 novembre 2018, n. 6448; in senso conforme Cons. St., Ad Plen., 7 maggio 2013, n. 13).

Come indicato in precedenza, gli obblighi di segnalazione e di eventuale astensione stabiliti dall'art. 42 rilevano, ai sensi del comma 4, non solo nella fase pubblicistica ma anche in quella privatistica di esecuzione del contratto. L'estensione della disposizione in analisi alla fase privatistica s'inserisce evidentemente nella maggiore attenzione del Legislatore nazionale ed europeo nel disciplinare la fase di esecuzione del contratto di appalto e di concessione rispetto a quanto avveniva nel precedente codice del 2006.

Merita infine ricordare come la situazione di conflitto di interessi esistente al momento dello svolgimento della gara e persistente nella fase successiva, non altrimenti risolvibile e che può determinare l'esclusione della gara ai sensi dell'art. 80, comma 5 lett. d), deve ritenersi sufficiente a giustificare l'annullamento o la risoluzione del contratto (TAR Piemonte, sez.I,14 agosto 2019, n.948; Linee guida ANAC n. 15, par. 9.2).

In evidenza

: il rapporto tra l'

art. 67

e l'art.

42, d.lgs. n. 50/2016

Al pari dell'

art. 42,

l'art.

67 d.lgs. n. 50/2016

(rubricato “Partecipazione precedente di candidati o offerenti”) individua l'obbligo di adozione per la stazione appaltante di misure volte a garantire il favor partecipationis e la par condicio (

Cons

.

St

.,

sez. V, 11

luglio

2017, n.

3415

).

La prima differenza dell'art. 67, rispetto all'art. 42, riguarda l'assenza di un «interesse» del funzionario pubblico, richiesto dallo stesso art. 42, ed il campo d'applicazione. La prima disposizione, infatti, opera nell'ambito delle consultazioni preliminari di mercato per evitare che il partecipante a questa «pre-fase» di gara (

Cons

.

St

.,

sez. III, 23

settembre

2019, n.

6302

), volta ad ottenere consulenze, relazioni o altra documentazione tecnica per la pianificazione e per la gestione della gara, possa, attraverso il suo apporto, falsare la concorrenza.

La seconda differenza riguarda la tipologia delle misure da adottare. Se l'art. 42 conferisce piena discrezionalità alla stazione appaltante per individuare misure volte a combattere il conflitto di interessi, l'art. 67, al primo comma, individua due misure minime, sulla scorta di quanto affermato dall'art. 41 della direttiva 2014/24UE: «la comunicazione agli altri candidati e offerenti di informazioni pertinenti scambiate nel quadro della partecipazione del candidato o dell'offerente alla preparazione della procedura o ottenute a seguito di tale partecipazione, nonché la fissazione di termini adeguati per la ricezione delle offerte».

L'ANAC, attraverso le Linee guida n. 14, recanti “Indicazioni sulle consultazioni preliminari di mercato”, approvate con

Delibera n.161 del 6

marzo

2019

, raccomanda poi ulteriori misure, quali «la convocazione, adeguatamente pubblicizzata, di un evento pubblico ove svolgere una consultazione collettiva aperta» ed il rispetto dell'obbligo di segretezza circa l'invio delle comunicazioni effettuate ai sensi del comma 1 dell'art. 67 affinché non contengano «informazioni coperte da diritti di privativa, rivelatori di segreti aziendali, tecnici o commerciali o comunque non diffondibili in applicazione della pertinente normativa di riferimento».

Un punto di contatto tra l'

art. 42

e l'art.

67 del

C

odice dei contratti

si ravvisa nelle cause di esclusione dell'operatore economico. Al pari dell'

art. 80

,

comma 5 lett. d)

, d.lgs. n. 50/2016

, che prevede l'esclusione dalla gara dell'operatore economico che abbia determinato un conflitto di interessi non altrimenti risolvibile, l'art. 67, comma 2 prevede «l'esclusione dell'operatore economico che ha partecipato alla consultazione preliminare di mercato se qualora non sia in alcun modo possibile garantire il rispetto del principio della parità di trattamento, il candidato o l'offerente interessato è escluso dalla procedura».

Al fine di garantire il principio di tassatività in materia, tale causa di esclusione viene replicata dall'

art. 80

,

comma 5 lett. e

)

, d.lgs. n. 50/2016

, il quale dispone l'esclusione del partecipante alla gara in caso di «distorsione della concorrenza derivante dal precedente coinvolgimento degli operatori economici nella preparazione della procedura d'appalto di cui all'articolo 67» che «non possa essere risolta con misure meno intrusive». Nello specifico l'ANAC, nelle Linee guida n. 14, afferma che tale esclusione può essere disposta ove sia dimostrato che l'operatore economico abbia intenzionalmente influenzato l'esito dell'indagine di mercato, senza imputare a questi «l'eventuale effetto distorsivo della concorrenza derivante da scelte errate della stazione appaltante».

L'obbligo di adozione delle misure di prevenzione per il conflitto di interessi

L'obbligo di adozione di misure di contrasto della corruzione volte ad individuare, prevenire e risolvere conflitti di interessi, disciplinato ai sensi dell'art. 42, comma 1, richiama il modello di redazione del Piano anticorruzione - sia nazionale che locale - fondato sulla procedura di risked based approach, introdotta nel nostro ordinamento dal d.lgs. n. 231/2001 (e da cui l'art. 1, comma 9, l. n. 190/2012 prende le mosse).

Tale procedura consiste nel mettere in evidenza i casi di corruzione attraverso l'attività di monitoraggio da parte di determinati soggetti, come ad esempio il Responsabile della prevenzione della corruzione nella redazione dei Piani Triennali di prevenzione della corruzione, per l'individuazione degli ambiti più esposti a fenomeni corruttivi. La stazione appaltante può discrezionalmente adottare la tipologia delle misure appena richiamate sia in forza della formulazione della disposizione di legge in analisi, sia in forza dell'espresso richiamo della direttiva 2014/24UE, secondo cui, all'art. 24 comma 1, «gli Stati membri provvedono affinché le amministrazioni aggiudicatrici adottino misure adeguate a prevenire, individuare e porre rimedio in modo efficace a conflitti di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici».

Sulla base di quanto indicato nel comma 1, dell'art. 42, due sono i parametri che guideranno la stazione appaltante nell'adozione delle suddette misure: adeguatezza ed efficacia. Parametri, questi, oltre a ricordare i limiti della discrezionalità amministrativa, evidenziano la necessità di adattare alle peculiarità dell'ente le stesse misure, rafforzando il legame con la struttura e la finalità della l. n. 190/2012. Il principio di adeguatezza, infatti, sta alla base dei Piani triennali di prevenzione della corruzione e trasparenza (PTPCT) che devono adattare alle peculiarità dell'ente le misure previste nel Piano nazionale anticorruzione.

Prendendo le mosse dalla prassi delle P.A. tenute all'applicazione della l. n. 190/2012 e al fine di agevolare lo svolgimento dell'attività di verifica delle situazioni di conflitto di interessi, come previsto dal comma 5 dell'art. 42, l'ANAC raccomanda nelle linee guida n. 15 le misure volte a risolvere situazioni di conflitto di interessi, nel senso di l'utilizzo dei PTPCT, formazione dei pubblici dipendenti, autodichiarazioni, patti d'integrità.

In merito ai PTPCT, l'ANAC, ricordando come nella mappatura dei processi di risk assesment e management sia necessario prevedere come area di rischio la disciplina dei “contratti pubblici” in relazione alla discrezionalità della stazione appaltante, individua delle misure minime per combattere le situazioni di conflitto di interessi. La prima impone di individuare soggetti ed uffici preposti a monitorare costantemente che le disposizioni indicate dall'art. 42 siano rispettate. La seconda, invece, consiste nel richiamare l'obbligo del Responsabile per la prevenzione della corruzione e trasparenza di monitorare, d'intesa con i dirigenti, l'effettivo rispetto del principio di rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento di attività più esposte a rischio di corruzione sulla base delle dichiarazioni rese ai sensi dell'art. 6, d.P.R. n. 62/2013 e dell'art. 6-bis l. n. 241/1990. La terza misura, infine, impone di prevedere nei PTPCT la predisposizione obbligatoria di piani di formazione per i pubblici dipendenti della stazione appaltante sulla disciplina del conflitto di interessi sia nel codice dei contrati pubblici che nella legge sul procedimento amministrativo. L'ANAC raccomanda l'adozione di attività formative e di sensibilizzazione rivolte ai pubblici dipendenti con particolare riferimento alle figure filtro (Linee guida n. 15, par. 12). Le attività di formazione devono riguardare prevalentemente l'analisi sia delle conseguenze che derivano dalla violazione degli obblighi di segnalazione e di astensione che di quelle derivanti da false dichiarazioni ai sensi del d.P.R. n. 445/2000. Sul piano relativo alle conseguenze che derivano dalla violazione degli obblighi di astensione e di segnalazione, la formazione deve mettere in luce il tipo di invalidità del provvedimento amministrativo, consigliando in tal senso di ritenerlo annullabile per eccesso di potere, ai sensi dell'art. 21- octies l. n. 241/1990, sotto la figura sintomatica dello sviamento di potere, così da permettere l'adozione in autotutela di provvedimenti di secondo grado come l'annullamento d'ufficio ex art. 21-nonies, l. n. 241/1990 al fine di sterilizzare possibili ricorsi nei confronti della stazione appaltante. Si evidenzia, inoltre, di dare adeguata pubblicità alle conseguenze appena evidenziate mediante «l'affissione in bacheca di specifiche informazioni, comunicazioni mediante circolari, o altre modalità ritenute idonee».

Quanto alle autodichiarazioni, l'ANAC distingue due tipologie che seguono entrambe il regime del d.P.R. n. 445/2000: quelle riferite alla singola procedura di gara, da inviare al RUP o all'organo gerarchicamente superiore, e quelle che per legge, ai sensi dell'art. 6 d.P.R. n. 62/2013, il funzionario è obbligato ad effettuare (Linee guida n. 15 par. 6 e PNA 2019 par. 1.4.1). Secondo quest'ultima disposizione di legge, infatti, «il dipendente, all'atto dell'assegnazione all'ufficio, informa per iscritto il dirigente dell'ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando: a) se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione; b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate». Tali dichiarazioni dovranno essere aggiornate durante lo svolgimento del contratto di lavoro che si instaura con la stazione appaltante, tenendo in considerazione gli atti di programmazione delle procedure ad evidenza pubblica come campo d'elezione degli interessi rilevanti (ravvisando ad esempio se sussistano o meno interessi personali o economici verso un futuro partecipante alla gara). Le diverse autodichiarazioni da effettuare all'interno della singola gara, invece, impongono al personale della stazione appaltante e ai membri della commissione giudicatrice di comunicare «ogni situazione potenzialmente idonea a porre in dubbio la loro imparzialità ed indipendenza» (Linee guida ANAC n. 15 par. 6.2). Nel silenzio dell'ANAC, merita segnalare sul punto la difficoltà per il personale della stazione appaltante di adempiere a quanto raccomandato senza individuare preventivamente gli interessi rilevanti da indicare nell'autodichiarazione, dato l'indefinito coacervo di interessi privati e pubblici che possono entrare in gioco in una qualsiasi procedura ad evidenza pubblica sulla base del contesto socioeconomico in cui s'innesta. Infine, si raccomanda per ragioni di certezza del diritto di inserire nei moduli delle dichiarazioni le conseguenze che derivano dalla violazione degli obblighi previsti dall'art. 42, d.lgs. n. 50/2016, al fine di rendere prevedibili le conseguenze di tale violazione (Linee guida ANAC n. 15, par. 12.6).

In relazione ai patti d'integrità, come è noto, essi sono accordi negoziali predisposti unilateralmente dall'amministrazione volti ad imporre specifici comportamenti ai partecipanti alle gare in cui sono previsti. Tali patti rappresentano condizioni generali di contratto (ai sensi dell'art. 1341, comma 2 c.c.) che necessitano dell'accettazione per iscritto dell'operatore economico a pena di inefficacia. Il contenuto del patto risulta libero (ex art. 1322 c.c.), ma pur sempre finalisticamente vincolato a garantire «il rispetto del principio della parità di trattamento e dell'obbligo di trasparenza» (Cons.St., sez. III, 27 settembre 2018, n.5547) che, oltre ad evidenziare lo scopo dello strumento, ne rappresentano anche il limite al suo utilizzo. La violazione dei patti da parte dell'operatore economico, secondo l'art 1, comma 17, l. n. 190/2012, può costituire una causa di esclusione della gara se le stazioni appaltanti la prevedono espressamente come tale negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito. Vista la libertà di contenuto degli atti appena richiamati, finalizzati a garantire l'integrità delle procedure ad evidenza pubblica, l'ANAC, riprendendo la prassi delle amministrazioni (Patto d'integrità in materia dei contratti pubblici regionali, Regione Abruzzo, art. 1 lett. f) in www.regione.abruzzo.it/system/files/bandi-giunta/patto_integrita.pdf; Patto d'integrità tra il Consiglio nazionale delle ricerche e gli operatori economici partecipanti alle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture ai sensi del d.lgs. 50/2016, art. 2 comma 3, lett. d), in www.urp.cnr.it; Patto d'integrità in materia di contratti pubblici, Città metropolitana di Bologna, in www.cittametropolitana.bo.it/ art. 4 comma 2; Patto d'integrità in materia di contratti pubblici predisposto dall'Azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata, Regione Lazio, art. 3, www.hsangiovanni.roma.it.) raccomanda di prevedere nei patti indicati l'obbligo per tutti i concorrenti di una «preventiva dichiarazione sostitutiva della sussistenza di possibili conflitti di interesse rispetto ai soggetti che intervengono nella procedura di gara o nella fase esecutiva e la comunicazione di qualsiasi conflitto di interesse che insorga successivamente» (Linee guida n. 15, par. 11.1). In tal modo l'ANAC estende attraverso un atto negoziale l'obbligo di segnalazione delle situazioni di conflitto di interessi agli operatori economici che altrimenti spetterebbe per legge, ai sensi dell'art. 42, come visto, al solo personale della stazione appaltante. Si raccomanda inoltre alle stazioni appaltanti di prevedere delle sanzioni, nel rispetto del principio di proporzionalità, per gli operatori economici che non rispettino il contenuto del patto, evidenziando come tale violazione possa determinare l'esclusione dell'operatore economico della gara ai sensi dell'art. 80 coma 5 lett. c- bis, d.lgs. n. 50/2016 in relazione alla natura del conflitto di interessi omesso nella dichiarazione. Tale motivo di esclusione può infatti operare anche se la violazione del patto d'integrità non è espressamente previsto dagli atti di gara come causa di esclusione come richiesto dall'art. 1 comma 17, l. n. 190/2012.

In evidenza

: il conflitto di interessi “strutturale” e il pantouflage come misure di prevenzione della corruzione.

L'ipotesi del conflitto di interessi “strutturale” è stata introdotta recentemente dall'ANAC e si riferisce al caso in cui il pubblico dipendente incaricato di svolgere una certa funzione, per la disparata presenza di interessi privati di cui è titolare, sarebbe costretto a segnalare continue situazioni di conflitto di interessi comportando così il rischio di una frequente astensione in violazione dei principi di buon andamento e di continuità dell'azione amministrativa. L'astensione dunque non si rileverebbe lo strumento ideale per garantire l'imparzialità dell'azione amministrativa con la conseguenza di valutare l'opportunità del conferimento dell'incarico attraverso apposita misura da introdurre nel PTPCT (PNA 2019, par. 1.4.).

Anche il divieto di pantouflage è considerato dall'ANAC una misura idonea a combattere alla radice il conflitto di interessi nelle procedure ad evidenza pubblica. Come è noto, tale divieto è disciplinato dall'

art. 53

,

comma 16-

ter

, d.lgs. n. 50/2016

, secondo cui «I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti».

L'ANAC pertanto impone di prevedere nei bandi di gara o negli atti prodromici agli affidamenti dei contratti pubblici «l'obbligo per l'operatore economico concorrente di dichiarare di non avere stipulato contratti di lavoro o comunque attribuito incarichi a ex dipendenti pubblici in violazione del predetto divieto, in conformità̀ a quanto previsto nei bandi-tipo adottati dall'Autorità̀ ai sensi dell'

art. 71 del d.lgs. n. 50/2016

» (PNA 2019, par. 1.8)

In evidenza:

La mappatura delle aree di rischio secondo l'ANAC.

L'ANAC raccomanda alle pubbliche amministrazioni l'individuazione di determinate aree di rischio al fine di attuare l'obbligo previsto dall'

art. 42 comma 1, d.lgs. N. 50/2016

(v. la News Anac: in G.U. le Linee Guida n. 11 e n. 15 e la delibera sugli obblighi di pubblicità per i dirigenti PA e la delibera Linee guida ANAC n. 15, par. 10)

Il conflitto di interessi come motivo di esclusione dalla gara

Come già anticipato, l'art. 42, d.lgs. n. 50/2016 deve essere letto in combinato disposto con l'art. 80, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 50/2016. Tale disposizione afferma l'esclusione dalla gara dell'operatore economico nel caso in cui la sua partecipazione «determini una situazione di conflitto di interesse ai sensi dell'articolo 42, comma 2, non diversamente risolvibile». Dalla lettura della norma si desume una fattispecie complessa a formazione progressiva in cui, per determinare l'esclusione, non è sufficiente la rilevazione di un conflitto di interessi attraverso la partecipazione alla gara, ma è necessario che la pubblica amministrazione non sia in grado di risolverlo. Si evidenzia infatti (Cons. Stato, Comm. spec., 5 marzo 2019, n. 667, par. 9) come l'esclusione dalla gara non possa essere determinata unicamente dalla partecipazione dell'operatore economico, richiedendosi che tale esclusione sia determinata dalla impossibilita oggettiva dell'amministrazione di risolvere il conflitto e non per sua culpa in organizzando. Secondo il Collegio, infatti, non può essere addossato all'operatore economico l'obbligo di risolvere il conflitto di interessi, sia perché preliminarmente può non essere «necessariamente a conoscenza della situazione personale che genera il conflitto», sia perché altrimenti l'operatore economico stesso sarebbe costretto a non partecipare alla gara, limitando per un deficit di organizzazione o di azione della pubblica amministrazione il principio del favor partecipationis tutelato anche dall'art. 41 Cost.. Al fine di tutelare il principio appena richiamato la P.A. ha dunque l'obbligo di modellare la propria organizzazione per limitare ogni situazione di conflitto di interessi, considerando come extrema ratio l'esclusione dell'operatore economico (Cons.St., sez. III, 12 settembre 2019, n. 6150), facendo recedere il principio del favor partecipationis a favore dell'integrità e dell'imparzialità della gara.

Quanto indicato è ravvisabile nelle linee guida n. 15 dell'ANAC, che raccomandano l'esclusione dalla gara solo «quando sono assolutamente e oggettivamente impossibili sia la sostituzione del dipendente che versa nella situazione di conflitto di interesse, sia l'avocazione dell'attività al responsabile del servizio, sia il ricorso a formule organizzative alternative previste dal codice dei contratti pubblici», prevedendouna motivazione rafforzata del provvedimento di esclusione (Linee guida ANAC n. 15, par. 9.1).

Infine, considerata la rilevanza, come visto, della disciplina sul conflitto di interessi, ex art. 42 comma 4, anche nella fase di esecuzione del contratto, l'ANAC raccomanda alle stazioni appaltanti di valutare la possibilità di annullare l'aggiudicazione o di risolvere il contratto se la situazione di conflitto di interessi non sia altrimenti risolvibile, nei termini sopra precisati, dopo l'aggiudicazione (Linee guida ANAC n. 15, par. 9.1 e TAR Piemonte, sez. I, 14 agosto 2019, n. 948 che, come già evidenziato, ritiene sufficiente la sussistenza di una situazione di conflitto di interessi rilevata dopo l'aggiudicazione, nella fase dei controlli, per giustificare l'adozione di un provvedimento di annullamento o di risoluzione del contratto).

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