È possibile suddividere al 50% il tempo del figlio tra i genitori?
09 Giugno 2020
Massima
La regolamentazione dei rapporti fra genitori non conviventi e figli minori non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dalla esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all'esplicazione del loro ruolo educativo. Il caso
Il tribunale di Reggio Calabria disponeva l'affido condiviso di una bambina con residenza prevalente presso la madre e l'assegnazione a quest'ultima della casa familiare. Il decreto regolava altresì i tempi di visita del padre e lo obbligava a corrispondere alla donna un assegno mensile di Euro 200,00 oltre al 50% delle spese straordinarie quale contributo al mantenimento della figlia. Il reclamo dell'uomo contro tale provvedimento veniva respinto dalla Corte d'Appello. Ne seguiva ricorso in Cassazione. La questione
La vicenda ruota intorno all'affido condiviso e alla sua applicazione, ci si è chiesti se la piena realizzazione del principio di bigenitorialità, sui cui si fonda l'affidamento condiviso, necessiti di una rigida ripartizione dei tempi di permanenza presso ciascuno dei due genitori o se possa invece essere ottenuta anche in maniera più elastica. Nella prassi i giudici nell'applicare il principio hanno, anche al fine di evitare l'acuirsi delle occasioni di litigio, hanno previsto con quale dei due genitori il figlio deve vivere e quale deve essere la sua residenza, stabilendo per l'altro un diritto di visita. Lo scopo è quello di garantire al minore una residenza anagrafica e un contesto abitativo (scuola, parrocchia, centro sportivo) prevalente. E' sorto peraltro in materia ampio dibattito. Si discute infatti se il collocamento presso un genitore divenga un modo per disapplicare l'affido condiviso, rendendo uno dei due, di fatto, affidatario della prole, oltreché effettivo assegnatario della casa coniugale e titolare di un assegno di mantenimento e se non sarebbe pertanto più adatto alla realizzazione del principio di bigenitorialità stabilire una parità dei tempi di frequentazione dei genitori. Le soluzioni giuridiche
Nella specie il padre aveva richiesto al Tribunale di disporre una convivenza paritaria in termini di tempo con entrambi i genitori. I giudici di merito avevano respinto tale istanza sottolineando che una tale previsione avrebbe causato un ingiustificato sconvolgimento della condizione attuale della bambina comportando un'organizzazione di vita più faticosa e destabilizzante. Sulla stessa linea si pone la Cassazione che respingendo il ricorso sottolinea come la Corte d'Appello avesse regolamentato l'affido della minore valutando adeguatamente la situazione di madre e padre, l'idoneità genitoriale di entrambi e il rapporto della bambina con loro. Si precisa inoltre, nel provvedimento in esame, che i giudici di merito avevano tenuto in debita considerazione le esigenze di stabilità della minore e il suo rapporto con la madre, essendo la piccola ancora nella fase della prima infanzia. Correttamente, pertanto, era stato ritenuto maggiormente rispondente a una crescita serena ed equilibrata della bambina la sua convivenza con la madre ed era stato stabilito un ampio riconoscimento della relazione e della frequentazione con il padre. Gli ermellini rafforzano tali considerazioni affermando il principio di diritto secondo cui «la regolamentazione dei rapporti fra genitori non conviventi e figli minori non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi». È necessario infatti che ci sia una valutazione ponderata, effettuata del giudice del merito, che tenga soprattutto in considerazione l'esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena. In sede di regolamentazione dell'affidamento va altresì considerato il diritto dei genitori ad una realizzazione della relazione con i figli e all'esplicazione del loro ruolo educativo; tale aspetto peraltro, si precisa, è subordinato all'interesse del minore a una crescita serena. Inoltre, aggiunge la Corte nella specie, gli incontri tra padre e figlia così come fissati in sede di merito corrispondono all'interesse della minore perché consentono un ampio spazio relazionale con il padre senza turbare i ritmi di vita della bambina e la sua relazione con la madre. L'esplicazione dell'affido condiviso con una rigida ripartizione dei tempi di permanenza del bambino tra i due genitori è stata attuata da vari provvedimenti di merito, che però si sottolinea, nella maggior parte dei casi prendevano atto degli accordi conclusi tra madre e padre quando non contrari all'interesse dei figli, come prescritto dall'art. 337-ter c.c. (Trib. Lecce, 16 maggio 2017, n. 2000; App. Lecce 5 ottobre 2018, n. 1696). Tale soluzione è stata peraltro in altre occasioni attuata anche in presenza di disaccordo tra i genitori. Si è in particolare evidenziato che la suddivisione paritetica dei tempi di permanenza presso ciascun genitore è l'opzione preferibile laddove ve ne siano le condizioni di fattibilità e, quindi, tenendo sempre in considerazione le caratteristiche del caso concreto: quali l'età del minore, gli impegni lavorativi di ciascuno dei genitori, la disponibilità di un'abitazione dignitosa per la crescita dei figli, ecc. (Trib. Catanzaro 28 febbraio 2019, n. 443.) Di contrario avviso, come anche il provvedimento in esame, i precedenti di legittimità secondo cui il principio di bigenitorialità si traduce nel diritto di ciascun genitore a essere presente in maniera significativa nella vita del figlio, ma ciò non comporta l'applicazione di una proporzione matematica in termini di parità dei tempi di frequentazione del minore in quanto l'esercizio del diritto deve essere armonizzato in concreto con le complessive esigenze di vita del minore e dell'altro genitore (Cass. 31902/2018). Più in generale, secondo la Cassazione, il giudice di merito, ove si trovi ad affrontare la questione dell'affidamento dei figli, deve attenersi al criterio fondamentale costituito dall'esclusivo interesse morale a materiale della prole, privilegiando la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore. La regola dell'affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori infatti non esclude che il figlio sia collocato presso uno dei due e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l'altro. Attiene poi ai poteri del giudice di merito fornire una concreta regolazione del regime di visita secondo modalità che non sono sindacabili, nelle loro specifiche articolazioni, in sede di giudizio di legittimità (Cass. 22219/2018). La questione è divenuta particolarmente attuale alla luce di un recente disegno di legge che sancisce il diritto del minore a trascorrere, come regola, con ciascuno dei genitori “tempi paritetici o equipollenti salvi i casi di impossibilità materiale” (d.d.l. s. 735/2018). In proposito si è sollevato un vero e proprio dibattito tra favorevoli e contrari. Chi si oppone in particolare evidenzia come il regime che prevede tempi rigidi e paritari presso ciascuno dei genitori, anche se ritenuto in astratto più opportuno per il figlio, possa in concreto avere possibilità di riuscita solamente se c'è un completo accordo tra madre e padre (Danovi, Famiglia e diritto, 3/2019). È necessario inoltre, si sottolinea che le due residenze siano vicine in modo da consentire al figlio di frequentare un'unica scuola e vivere comodamente tutte le altre relazioni sociali quali sport, religione ecc. Si è anche in tal senso rilevato che la soluzione proposta, finalizzata a dare la giusta rilevanza al rapporto dei figli col padre, che è la figura ancora più frequentemente relegata in secondo piano, appare eccessivamente rigida. Un conto infatti è prevedere che i tempi di frequentazione debbano essere adeguati e il più possibile paritari e altro conto è prevedere l'obbligo di tempi paritetici in ragione della metà del tempo (Dosi, Lessico di diritto di famiglia, 2018). Un accenno merita anche il fatto che, nella specie, il padre aveva chiesto un tempo fisso giornaliero di conversazione audio-video con la figlia. Tale richiesta peraltro, inizialmente accolta, era stata poi revocata implicitamente e non è stata più oggetto di domanda da parte dell'uomo. Si tratta di una modalità di visita già presa varie volte in considerazione dalla giurisprudenza: la frequentazione telematica. Tale modalità, ha precisato la giurisprudenza in materia, prevista per lo più nei casi di lontananza geografica, è da considerarsi mera estensione o integrazione del diritto di visita e non può dunque sostituirsi agli incontri veri e propri, in quanto, non è reputata idonea a sostituire la relazione fisica (Cass. 19694/2014; Cass. 977/2017). Osservazioni
Merita un accenno la legislazione francese che, dal 2002, prevede la “garde alternée”, o “garde partagée”, ossia un affidamento alternato o condiviso in applicazione del quale il bambino trascorre lo stesso tempo presso il domicilio dell'uno e dell'altro genitore. Nella prassi frequentemente, la garde alternée si svolge a settimane alterne, una settimana con la mamma e una con il papà. Il tutto accompagnato da un percorso di mediazione che aiuti i genitori a raggiungere un accordo e a stabilire un equilibrio di tempo e cura. Sottolineano peraltro gli operatori in Francia che tale tipo di organizzazione, oltre ad essere possibile solamente in presenza di accordo tra i due genitori, richiede adeguate condizioni finanziarie in quanto il figlio, o i figli devono avere un'idonea sistemazione in entrambe le abitazioni, che comunque non devono essere distanti tra loro.
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